IL VANGELO DEL GIORNO

17 Marzo 2018

SABATO FERIA IV SETTIMANA QUARESIMA


Oggi Gesù ci dice: “Beati coloro che custodiscono la parola di Dio con cuore integro e buono e producono frutto con perseveranza” (Cfr. Lc 8,15).


Dal Vangelo secondo Giovanni 7,40-53: Continua il dibattito sulla vera identità di Gesù: è il profeta per eccellenza o lo stesso Messia? C’è, però, una difficoltà di fondo: Gesù proviene dalla Galilea. Se la folla di Gerusalemme sembra ignorare le origini betlemitiche di Gesù, le autorità giudaiche non hanno esitazioni: Gesù è troppo pericoloso e deve essere arrestato. Ma le guardie rimangono anch’esse conquistate dalle parole di Gesù, suscitando un aspro rimprovero da parte dei loro mandanti. A questi disegni si oppone Nicodemo, che protesta sul metodo repressivo seguito dai suoi colleghi. Ma essi gli replicano, ritornando sulla questione delle origini del Messia, in modo sprezzante: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». Sprofondati nella più cupa confusione, ciascuno tornò a casa sua.


Carlo Buzzeti (Il Vangelo di Giovanni): vv. 40-43 - alcuni fra la gente dicevano. Nuovamente sono presentate varie opinioni su Gesti. Alcune sono positive e l’evangelista le ricorda per polemica apologetica nei confronti dei Giudei increduli. Le idee della gente non sono concordi, ma si collegano alle attese messianiche: per i titoli di “profeta” e “Cristo” vedi 1,20-21; 1,41; 4,19.25.29; 6,14; 7,26-27. Altri Giudei fanno obiezioni citando le Scritture; ora la difficoltà a credere che Gesù sia il Messia è diversa da quella appena vista in 7,27; consiste nel fatto che Gesti è originario della Galilea, mentre la dogmatica messianica giudaica dice che se il Messia deve avere una patria questa è Betlemme, il villaggio di Davide (vedi Mt 2,5-6 che cita Michea 5,2). Essi non sanno che di fatto Gesti è nato proprio là!
Questo “dissenso” (7,43) riflette le discussioni tra Giudei e cristiani al tempo dell’evangelista: molto probabilmente, lì l’origine galilaica di Gesù era un problema per la fede che lo dichiarava “Cristo”.


Costui è davvero il profeta! - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): L’appellativo “il profeta” evoca Dt 18,18, che annunzia la venuta nei tempi ultimi di un profeta al quale tutti dovranno prestare ascolto (cfr Gv 1,21; 6,14); a sua volta, “il Cristo” (“il Messia”) era nell’Antico Testamento il titolo più comune per designare il futuro Salvatore mandato da Dio. Il passo evidenzia ancora una volta la disparità delle opinioni intorno a Gesù. Molti Giudei ignoravano - senza prendersi alcuna briga per accertare la verità - che il Signore era nato a Betlemme, la città di Davide, nella quale, secondo Michea (5,2), doveva nascere il Messia. Tale ignoranza colpevole era un pretesto per non accogliere Gesù come il Messia. Alcuni però, davanti ai miracoli del Signore, intuiscono che Gesù doveva essere il Messia. Anche nel corso della storia emergono opinioni diverse intorno alla figura di Gesù Cristo: certuni lo reputano solamente un uomo straordinario senza voler comprendere che la sua grandezza gli deriva proprio dal fatto di essere il Figlio di Dio.


Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 14 gennaio 1998): La grande ora nella storia del mondo è quella in cui il Figlio dà la vita, facendo udire la sua voce salvatrice agli uomini che sono sotto il dominio del peccato. È l’ora della redenzione. Tutta la vita terrena di Gesù è orientata verso quest’ora [...]. Quest’ora drammatica è voluta e determinata dal Padre. Prima dell’ora scelta dal disegno divino, i nemici non possono impadronirsi di Gesù. Parecchie volte si è tentato di fermare Gesù o di ucciderlo. Riportando uno di questi tentativi, il Vangelo di Giovanni pone in luce l’impotenza degli avversari: “Cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora” (7,30). Quando l’ora viene, appare anche come l’ora dei nemici. “Questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre”, dice Gesù a “coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani” (Lc 22,52-53). In quest’ora buia sembra che il potere erompente del male non possa essere fermato da nessuno. E tuttavia anche quest’ora rimane sotto il potere del Padre. Sarà Lui a permettere ai nemici di Gesù di catturarlo. La loro opera si inscrive misteriosamente nel piano stabilito da Dio per la salvezza di tutti.  Più che l’ora dei nemici, l’ora della passione è dunque l’ora di Cristo, l’ora del compimento della sua missione. Il Vangelo di Giovanni ci fa scoprire le disposizioni intime di Gesù all’inizio dell’ultima Cena: “Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). È dunque l’ora dell’amore, che vuole andare “sino alla fine”, cioè fino al dono supremo. Nel suo sacrificio, Cristo ci rivela l’amore perfetto: non avrebbe potuto amarci più profondamente!


Testimonianza senza paura - Basilio Caballero (La Parola per ogni giorno): L’intervento di Nicodemo a favore di Gesù è molto significativo. Egli, che in un’altra occasione si era messo in contatto con Gesù di notte e in segreto per paura dei suoi colleghi, i capi religiosi, è adesso quello che risponde per lui. La sua paura è diventata coraggio, perché ha aperto il cuore alla verità. Ebbene, il suo caso è un esempio per noi. Spesso la paura di confessare la nostra fede in Cristo, la paura di farci notare, la paura del ridicolo, di perdere la nostra reputazione e sicurezza, ci porta a indebolire, se non a tradire, le nostre convinzioni.
A volte la paura d’impegnarci incondizionatamente alla sequela di Cristo riesce a dominarci. Quando confrontiamo il vangelo con i nostri criteri personali e con quelli del mondo che ci circonda, siamo presi dallo scoraggiamento vedendo che a ogni passo perdiamo la bussola. La parola di Dio è fuoco incandescente, e noi cediamo alla tentazione di volerla prendere con le pinze per non scottarci. Gesù, sapendolo, quando mandò i suoi apostoli ad annunciare il vangelo, li prevenne contro la paura: «E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima... Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,28ss).
La testimonianza coraggiosa della fede cristiana, il prender partito per il vangelo, il rispondere per Cristo e per i fratelli, specialmente quelli più dimenticati, è atteggiamento necessario e di perenne attualità. Questa professione di fede non è riservata solamente alle situazioni limite di persecuzione religiosa ufficiale e aperta, il cui fine è il carcere, la tortura e anche la morte. No; è piuttosto compito di tutti i giorni, nei mille dettagli dell’esistenza quotidiana, in mezzo a un ambiente sempre più difficile e scristianizzato. Ma Dio ci aiuta con la sua forza.


Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili della morte di Gesù: CCC 597: Tenendo conto della complessità storica del processo a Gesù espressa nei racconti evangelici, e qualunque possa essere stato il peccato personale dei protagonisti del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo conosce, non si può attribuirne la responsabilità all’insieme degli Ebrei di Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata e i rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla conversione dopo la pentecoste. Gesù stesso perdonando sulla croce e Pietro sul suo esempio hanno riconosciuto l’«ignoranza» degli Ebrei di Gerusalemme ed anche dei loro capi. Ancor meno si può, a partire dal grido del popolo: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli» (Mt 27,25) che è una formula di ratificazione, estendere la responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello spazio: Molto bene la Chiesa ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: «Quanto è stato commesso durante la passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. [...] Gli Ebrei non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura».


Compostella (Messale per la Vita Cristiana): Gesù prese su di sé le sorti del profeta rifiutato e quelle di tutti gli esclusi e gli abbandonati. Egli ha preso su di sé le sorti delle nazioni perseguitate per aver combattuto per la libertà, le sorti dei militanti condannati per la loro fede, sia che essi siano perseguitati da un potere laico ateo, sia dai seguaci di un’altra confessione. Il Vangelo di oggi ci mostra le poche persone che hanno tentato di difendere Gesù. Le guardie del tempio non hanno voluto arrestarlo, e Nicodèmo l’ha timidamente sostenuto, argomentando che non si può condannare qualcuno senza aver prima ascoltato il suo difensore. Nel mondo di oggi, anche noi cerchiamo timidamente di prendere le difese di quelli che sono ingiustamente perseguitati. A volte è l’esercito che rifiuta di sparare sui civili, come è successo di recente nei paesi baltici. A volte è nell’arena internazionale che viene negato - assai timidamente - ad una grande potenza il diritto di opprimere un popolo. Il dramma del giudizio subito da Cristo, seguito dal suo arresto e dalla sua crocifissione, come riporta il Vangelo di oggi, perdura ancora nella storia umana. Ogni uomo ha, in questo dramma, un certo ruolo, analogo ai ruoli evocati nel Vangelo. Gesù è venuto da Dio per vincere il male per mezzo dell’amore. La sua vittoria si è compiuta sulla croce.
La sua vittoria non cessa di compiersi in noi, passando per la croce. Dobbiamo osservare la scena del mondo attuale alla luce del processo a Gesù e del dibattito suscitato dalla sua persona, quando viveva e compiva la sua missione in Palestina. Siamo capaci di percepire Gesù e il suo insegnamento nella Chiesa? Non rifiutiamo davvero nessuno, e non giudichiamo nessuno ingiustamente? Siamo capaci di vedere Gesù nei poveri e nelle vittime della terra? Chi è ognuno di noi oggi nel dramma dei profeti contemporanei rifiutati, e nel dramma odierno di Gesù Cristo e del suo Vangelo? Gesù? Nicodemo? Le guardie del tempio?


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Chi è ognuno di noi oggi nel dramma dei profeti contemporanei rifiutati, e nel dramma odierno di Gesù Cristo e del suo Vangelo? Gesù? Nicodemo? Le guardie del tempio?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Signore onnipotente e misericordioso, attira verso di te i nostri cuori, poiché senza di te non possiamo piacere a te, sommo bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo...