IL VANGELO DEL GIORNO

16 Marzo 2018

VENERDÌ FERIA IV SETTIMANA QUARESIMA


Oggi Gesù ci dice: “Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Cfr. Mt 4,4B).


Dal Vangelo secondo Giovanni 7,1-2.10.25-30: Contrastanti sono i pareri su Gesù. Alcuni dicevano: “«Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo?”. Altri dubitavano perché conoscevano Gesù, conoscevano la sua famiglia, i parenti, il paese natale: “costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia”. Questi ultimi dubbi nascevano dalla credenza che il Messia si sarebbe manifestato improvvisamente e senza equivoci, ma prima di tale manifestazione egli sarebbe stato completamente nascosto e sconosciuto. Di Gesù, invece, erano ben note a tutti le sue origini galilaiche: egli pertanto non poteva essere il Messia. Indagano, chiedono, scrutano, ma hanno gli occhi annebbiati perché il cuore è nudo di amore: Gesù stesso ha rivelato la sua origine, Egli viene da Dio, e siccome è venuto dal Padre egli è assolutamente l’unico che può rivelare Dio agli uomini. La folla invece di credere si esaspera e a questa rivendicazione di Gesù si straccia le vesti e accusandolo di bestemmia, pensa di catturarlo per ucciderlo. Ma c’è anche una parte della gente che rimane conquistata dai segni compiuti da Gesù e questa popolarità fa scattare la reazione ostile del Sinedrio. Ma Gesù è il Signore della storia, la sua ora la conosce soltanto lui, un’ora che gli uomini non conoscono e se la conoscessero non la potrebbero manovrare: Gesù è al di là di ogni progetto umano.

La festa delle Capanne (Es 23,16; Lev 23,33-43), era una festa autunnale celebrata al termine del raccolto. Il popolo viveva per sette giorni in capanne fatte di rami. Si tratta essenzialmente di una festa agricola, con la quale si rende grazie per il buon raccolto, ma allo stesso tempo serviva a ricordare i giorni dell’esodo nei quali il popolo abitò sotto le tende durante la peregrinazione nel deserto. Questa festa, come tutte le altre feste che il popolo celebrava, era considerata “santa”, giorni in cui si asteneva dall’attività ordinaria. La festa della Capanne (sukkot) era  “il più importante e più frequentato dei pellegrinaggi annuali al santuario. Lev 23,39 la chiama la «festa di Yahve», cfr. Num 29, 12; in Ez 45,25 e in 1Re 8, 2. 65 è la «festa» per eccellenza; può essere riconosciuta nella «festa di Yahve che si celebra ogni anno a Silo», Giud 21,19, ed è senza dubbio nell’occasione di essa che il padre di Samuele si portava annualmente al santuario, 1Sam 1,3; Zaccaria annuncia che tutte le nazioni saliranno ogni anno a Gerusalemme per adorare Yahve nella festa delle Tende, Zac 14,16. Per Giuseppe (Ant. VIII, 4, I) è «la festa più santa e più grande presso gli Ebrei» e un autore pagano, Plutarco (Quaest. conv. IV, 6), usa pressoché identica formula” (R. De Vaux).


Compostella (Messale per la Vita Cristiana): Il Vangelo di oggi ci presenta il dramma di Gesù abbandonato dai capi della sua nazione. Gesù deve nascondersi, e il popolo non sa cosa pensare di lui, perché i capi religiosi della nazione non credono nella sua dignità di Messia. I farisei non credono in Gesù, perché lo giudicano secondo i principi formali del sabato e delle abluzioni rituali, e non penetrano in profondità nel suo insegnamento. I sacerdoti rifiutano Gesù per motivi politici. Che cosa ne è di lui oggi, fra di noi? Le parole di Gesù che attestano la sua identità ed invitano a credere, non si scontrano oggi nel nostro mondo con simili difficoltà di credibilità?
Quali sono le cause della debolezza della nostra fede? Sicuramente le forme attuali di pensiero sembrano diverse da quelle del tempo di Gesù, e non si tratta sempre di formalismo religioso. È a volte scientifico, a volte legato ai costumi. Anche le considerazioni politiche si formano in modo diverso pur essendo comunque essenziali. I marxisti non sono i soli ad aver rifiutato la fede nel nome di una teoria politica. Le società del consumo, nella corsa al benessere materiale, fanno in pratica la stessa cosa, anche se non la teorizzano. E noi, siamo capaci di credere in modo da assumere la responsabilità del dramma di Gesù e, con lui, di esporci al rifiuto, al giudizio degli altri, o ancora di lasciarci implicare in qualche conflitto con chi ci sta intorno? Si può trattare semplicemente di un conflitto all’interno della Chiesa a motivo del formalismo morale, o un conflitto all’interno di una società laica nella difesa del bene, del prossimo e dei suoi diritti alla vita e a una giustizia equa. Che cosa abbiamo fatto per introdurre nella vita sociale e politica dei nostri paesi, che conoscono il Vangelo da secoli, i principi dell’amore del prossimo? Non meritiamo forse il rimprovero di Gesù, perché non osserviamo la legge divina, perché uccidiamo e nuociamo agli altri?


L’ignoranza di Dio - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Un problema teologico di carattere tragico, che sarà ripreso nel seguito del quarto vangelo (cf. Gv 8,19), è l’ignoranza di Dio da parte di coloro che si considerano i custodi e i difensori accreditati del monoteismo. Israele, il popolo che Dio stesso si è scelto come suo prediletto, in realtà non conosce il Padre, né colui che egli ha mandato: Gesù (Gv 7,28). Ma una simile deplorevole situazione può ripetersi anche per il nuovo popolo di Dio. La conoscenza del Signore infatti consiste nell’amore e nella fedeltà, nella giustizia e nella rettitudine (cf. Os 2,21s; 4,1ss; 6,5s; Ger 22,15s).
Non si tratta perciò di nozioni speculative su Dio, ma di un impegno concreto, attraverso il quale si fa l’esperienza del Signore.
Quando in una comunità non regna l’amore, la fedeltà, la giustizia, quando Dio e il vangelo del suo Figlio non incidono profondamente nella vita, allora si ignora il Signore, anche se si conosce la teologia in modo perfetto con tutte le distinzioni e sottigliezze dei dottori.
Noi possiamo essere battezzati, cattolici, religiosi, ministri della chiesa, e venirci a trovare nella medesima tragica situazione dei giudei: ignorare Dio. È possibile parlare del Signore, comunicarlo ai nostri fratelli, e ciò nonostante, non conoscere esistenzialmente chi egli veramente sia per la nostra persona, per la nostra esistenza concreta.


Catechismo degli Adulti

225 Gli avversari di Gesù: Tra i farisei, la cui influenza nelle sinagoghe era predominante, non pochi erano in preda a crescente inquietudine e irritazione. Secondo costoro, Gesù sovvertiva la Legge, violava il sabato, praticava la magia con la forza del demonio per sviare il popolo. Per questi reati era prevista la pena di morte, mediante lapidazione. Sadducei e anziani, o notabili, che controllavano il sinedrio di Gerusalemme, suprema assemblea della nazione, erano sempre più allarmati per la sua contestazione del tempio: un falso profeta, che bestemmiasse contro la legge di Mosè e il tempio, meritava di morire. Per di più si trattava di un profeta pericoloso per la notevole popolarità di cui ancora godeva, come aveva dimostrato l’ingresso messianico a Gerusalemme. I devoti osservanti, a qualunque gruppo appartenessero, educati come erano al rispetto dell’assoluta trascendenza di Dio, facilmente rimanevano scandalizzati di fronte a un uomo che si attribuiva un’autorità pari a quella di Dio. Questi risentimenti presero corpo in un complotto contro Gesù e in una prima condanna da parte del sinedrio, mentre egli si teneva nascosto.

226-227 Gesù era consapevole della morte che lo attendeva: Da tempo Gesù si rendeva conto del rischio mortale. Ripetutamente aveva affermato che quanti si convertono al Regno vanno incontro a persecuzioni: a maggior ragione la stessa sorte sarebbe toccata a lui; tanto più che anche Giovanni Battista era stato ucciso, per ordine di Erode. Nei Vangeli troviamo numerose predizioni di Gesù riguardo a un suo futuro di sofferenza: alcune sono allusive; tre sono piuttosto dettagliate, rese probabilmente più esplicite dai discepoli alla luce degli eventi compiuti. Gesù dunque è consapevole del pericolo; ma gli va incontro con decisione: «Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore» (Mc 10,32). Il pericolo non indebolisce la sua fedeltà a Dio e non rallenta i suoi passi. L’ostilità contro Gesù fu alimentata da quanti, senza comprenderne le opere e l’insegnamento, lo considerarono un sovvertitore della religione e un pericoloso agitatore di folle. Gesù era consapevole della morte che lo attendeva, ma andò incontro ad essa con coraggio, per essere fedele a Dio.


Il Verbo incarnato e la solidarietà umana: ha sacrificato la sua vita per i suoi amici: Gaudium et spes 32: Come Dio creò gli uomini non perché vivessero individualisticamente, ma perché si unissero in società, così a lui anche «... piacque santificare e salvare gli uomini non a uno a uno, fuori di ogni mutuo legame, ma volle costituirli in popolo, che lo conoscesse nella verità e santamente lo servisse». Sin dall’inizio della storia della salvezza, egli stesso ha scelto degli uomini, non soltanto come individui ma come membri di una certa comunità Infatti questi eletti Dio, manifestando il suo disegno, chiamò a «suo popolo» (Es3,7). Con questo popolo poi strinse il patto sul Sinai. Tale carattere comunitario è perfezionato e compiuto dall’opera di Cristo Gesù. Lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della solidarietà umana. Prese parte alle nozze di Cana, entrò nella casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori. Ha rivelato l’amore del Padre e la magnifica vocazione degli uomini ricordando gli aspetti più ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagini della vita d’ogni giorno. Santificò le relazioni umane, innanzitutto quelle familiari, dalle quali trae origine la vita sociale. Si sottomise volontariamente alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un artigiano del suo tempo e della sua regione. Nella sua predicazione ha chiaramente affermato che i figli di Dio hanno l’obbligo di trattarsi vicendevolmente come fratelli. Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi discepoli fossero una «cosa sola». Anzi egli stesso si offrì per tutti fino alla morte, lui il redentore di tutti. «Nessuno ha maggior amore di chi sacrifica la propria vita per i suoi amici» (Gv15,13).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Padre santo, che nei tuoi sacramenti hai posto il rimedio alla nostra debolezza, fa’ che accogliamo con gioia i frutti della redenzione  e li manifestiamo nel rinnovamento della vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...