IL PENSIERO DEL GIORNO

2 Marzo 2018

VENERDÌ FERIA II SETTIMANA QUARESIMA


Oggi Gesù ci dice: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna” (Cfr. Gv 3,16 - Acclamazione al Vangelo).


Dal Vangelo secondo Matteo 21,33-43.45-46: La parabola dei contadini omicidi arriva senza difficoltà al cuore di chi ascolta. Il padrone della vigna è il Padre, i servi sono i profeti e il figlio prediletto, cacciato fuori dalla vigna e ucciso da coloro che avrebbero dovuto accoglierlo, è Gesù. Alla ostinazione e alla malvagità del suo popolo, il padrone della vigna risponderà facendo uccidere i vignaioli e affidando ad altri la vigna. Il regno di Dio andrà a coloro che avranno creduto, i quali consegneranno a suo tempo al padrone del campo i frutti. Per convalidare questo annuncio, Gesù evoca il testo del salmo 117 attribuendolo a se stesso. L’immagine della pietra, scartata dai costruttori e scelta da Dio come testata d’angolo, sta ad indicare che ciò che è disprezzato dagli uomini, per il Signore diviene fondamento di salvezza.


Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Gesù profetizza il castigo che Dio farà cadere sui malvagi: infliggerà loro la morte e affiderà la vigna ad altri. Siamo in presenza di una profezia della massima importanza: san Pietro dirà più tardi dinanzi al sinedrio: «La pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo» (At 4,11; 1Pt 2,4).
La pietra è Gesù di Nàzaret, ma gli architetti d’Israele, quelli che plasmano e governano il popolo, non hanno voluto usarla nella costruzione. Perciò, a causa della loro infedeltà, il regno di Dio sarà trasferito ad altro popolo. ai Gentili, che sapranno dare a Dio i frutti che egli attende dalla sua vigna (cfr Mt 3,8-10; Gal 6,16).
È necessario poggiarsi su questa pietra per edificare saldamente. Ma infelice chi inciampa in essa! (Mt 12,30; Lc 2,34). Prima quei Giudei e poi tutti i nemici di Cristo e della Chiesa ne faranno dura esperienza (Is 8,14-15). I cristiani d’ogni tempo dovranno ritenere questa parabola come una esortazione a costruire con fedeltà su Cristo, per non incorrere nel peccato di quella generazione giudaica. Al tempo stesso essa ci deve riempire di speranza e di certezza: sebbene l’edificio, cioè la Chiesa, sembri in qualche momento incrinarsi, la solidità ne è assicurata, perché ha Cristo come pietra angolare.


Piantò una vigna: Lumen gentium 6: La Chiesa è il podere o campo di Dio (cfr. 1Cor 3,9). In quel campo cresce l’antico olivo, la cui santa radice sono stati i patriarchi e nel quale è avvenuta e avverrà la riconciliazione dei Giudei e delle Genti (cfr. Rm 11,13-26). Essa è stata piantata dal celeste agricoltore come vigna scelta (Mt 21,33-43, par.; cfr. Is 5,1ss). Cristo è la vera vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in lui, e senza di lui nulla possiamo fare (cfr. Gv 15,1-5).


Da ultimo mandò loro il proprio figlio: Catechismo della Chiesa Cattolica  441: Figlio di Dio, nell’Antico Testamento, è un titolo dato agli angeli, al popolo dell’elezione, ai figli d’Israele e ai loro re. In tali casi ha il significato di una filiazione adottiva che stabilisce tra Dio e la sua creatura relazioni di una particolare intimità. Quando il Re-Messia promesso è detto «figlio di Dio», ciò non implica necessariamente, secondo il senso letterale di quei testi, che egli sia più che umano. Coloro che hanno designato così Gesù in quanto Messia d’Israele forse non hanno inteso dire di più.


Gesù Figlio di Dio: Catechismo della Chiesa Cattolica 442-443: Non è la stessa cosa per Pietro quando confessa Gesù come «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16), perché Gesù risponde con solennità: «Né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli» (Mt 16,17). Parallelamente Paolo, a proposito della sua conversione sulla strada di Damasco, dirà: «Quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani...» (Ga 1,15-16). «Subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio» (At 9,20). Questo sarà fin dagli inizi il centro della fede apostolica professata prima di tutti da Pietro quale fondamento della Chiesa. Se Pietro ha potuto riconoscere il carattere trascendente della filiazione divina di Gesù Messia, è perché egli l’ha lasciato chiaramente intendere. Davanti al Sinedrio, alla domanda dei suoi accusatori: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?», Gesù ha risposto: «Lo dite voi stessi: io lo sono» (Lc 22,70). Già molto prima, egli si era designato come «il Figlio» che conosce il Padre, che è distinto dai «servi» che Dio in precedenza ha mandato al suo popolo,  superiore agli stessi angeli. Egli ha differenziato la sua filiazione da quella dei suoi discepoli non dicendo mai «Padre nostro» tranne che per comandare loro: «Voi dunque pregate così: Padre nostro» (Mt 6,9); e ha sottolineato tale distinzione: «Padre mio e Padre vostro» (Gv 20,17).


La pietra che i costruttori hanno scartato: Catechismo della Chiesa Cattolica 756: «Più spesso ancora la Chiesa è detta l’edificio di Dio. Il Signore stesso si è paragonato alla pietra che i costruttori hanno rigettata, ma che è divenuta la pietra angolare (Mt 21,42 par.; At 4,11; 1Pt 2,7; Sal 118,22). Sopra quel fondamento la Chiesa è stata costruita dagli Apostoli e da esso riceve stabilità e coesione. Questa costruzione viene chiamata in varie maniere: casa di Dio, nella quale abita la sua famiglia, la dimora di Dio nello Spirito, la dimora di Dio con gli uomini, e soprattutto tempio santo, rappresentato da santuari di pietra, che è lodato dai santi Padri e che la liturgia giustamente paragona alla Città santa, la nuova Gerusalemme. In essa, infatti, quali pietre viventi, veniamo a formare su questa terra un tempio spirituale. E questa Città santa Giovanni la contempla mentre nel finale rinnovamento del mondo essa scende dal cielo, da presso Dio, “preparata come una sposa che si è ornata per il suo sposo” (Ap 21,1-2).


... a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti: Benedetto XVI (Omelia, 5 ottobre 2008): L’immagine della vigna, insieme a quella delle nozze, descrive [...] il progetto divino della salvezza, e si pone come una commovente allegoria dell’alleanza di Dio con il suo popolo. Nel Vangelo, Gesù riprende il cantico di Isaia, ma lo adatta ai suoi ascoltatori e alla nuova ora della storia della salvezza. L’accento non è tanto sulla vigna quanto piuttosto sui vignaioli, ai quali i “servi”del padrone chiedono, a suo nome, il canone di affitto. I servi però vengono maltrattati e persino uccisi. Come non pensare alle vicende del popolo eletto e alla sorte riservata ai profeti inviati da Dio? Alla fine, il proprietario della vigna compie l’ultimo tentativo: manda il proprio figlio, convinto che ascolteranno almeno lui. Accade invece il contrario: i vignaioli lo uccidono proprio perché è il figlio, cioè l’erede, convinti di potersi così impossessare facilmente della vigna. Assistiamo pertanto ad un salto di qualità rispetto all’accusa di violazione della giustizia sociale, quale emerge dal cantico di Isaia. Qui vediamo chiaramente come il disprezzo per l’ordine impartito dal padrone si trasformi in disprezzo verso di lui: non è la semplice disubbidienza ad un precetto divino, è il vero e proprio rigetto di Dio: appare il mistero della Croce.
Quanto denuncia la pagina evangelica interpella il nostro modo di pensare e di agire. Non parla solo dell’ora di Cristo, del mistero della Croce in quel momento, ma della presenza della Croce in tutti i tempi. Interpella, in modo speciale, i popoli che hanno ricevuto l’annuncio del Vangelo. Se guardiamo la storia, siamo costretti a registrare non di rado la freddezza e la ribellione di cristiani incoerenti. In conseguenza di ciò, Dio, pur non venendo mai meno alla sua promessa di salvezza, ha dovuto spesso ricorrere al castigo. È spontaneo pensare, in questo contesto, al primo annuncio del Vangelo, da cui scaturirono comunità cristiane inizialmente fiorenti, che sono poi scomparse e sono oggi ricordate solo nei libri di storia. Non potrebbe avvenire la stessa cosa in questa nostra epoca? Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni ora vanno smarrendo la propria identità, sotto l’influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna. Vi è chi, avendo deciso che “Dio è morto”, dichiara “dio” se stesso, ritenendosi l’unico artefice del proprio destino, il proprietario assoluto del mondo. Sbarazzandosi di Dio e non attendendo da Lui la salvezza, l’uomo crede di poter fare ciò che gli piace e di potersi porre come sola misura di se stesso e del proprio agire. Ma quando l’uomo elimina Dio dal proprio orizzonte, dichiara Dio “morto”, è veramente più felice? Diventa veramente più libero? Quando gli uomini si proclamano proprietari assoluti di se stessi e unici padroni del creato, possono veramente costruire una società dove regnino la libertà, la giustizia e la pace? Non avviene piuttosto - come la cronaca quotidiana dimostra ampiamente – che si estendano l’arbitrio del potere, gli interessi egoistici, l’ingiustizia e lo sfruttamento, la violenza in ogni sua espressione? Il punto d’arrivo, alla fine, è che l’uomo si ritrova più solo e la società più divisa e confusa.


Ma nelle parole di Gesù vi è una promessa: la vigna non sarà distrutta. Mentre abbandona al loro destino i vignaioli infedeli, il padrone non si distacca dalla sua vigna e l’affida ad altri suoi servi fedeli. Questo indica che, se in alcune regioni la fede si affievolisce sino ad estinguersi, vi saranno sempre altri popoli pronti ad accoglierla. Proprio per questo Gesù, mentre cita il Salmo 117 [118]: “La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo” (v. 22), assicura che la sua morte non sarà la sconfitta di Dio. Ucciso, Egli non resterà nella tomba, anzi, proprio quella che sembrerà essere una totale disfatta, segnerà l’inizio di una definitiva vittoria. Alla sua dolorosa passione e morte in croce seguirà la gloria della risurrezione. La vigna continuerà allora a produrre uva e sarà data in affitto dal padrone “ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo” (Mt 21,41).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente e misericordioso, concedi ai tuoi fedeli di essere intimamente purificati dall’impegno penitenziale della Quaresima, per giungere con spirito nuovo alle prossime feste di Pasqua. Per il nostro Signore Gesù Cristo...