IL PENSIERO DEL GIORNO

12 Febbraio 2018

LUNEDÌ FERIA VI SETTIMANA  «PER ANNUM»


Oggi Gesù ci dice: “La vostra fede, messa alla prova, produce la pazienza perché siate perfetti e integri” (Prima Lettura).

Dal Vangelo secondo Marco 8,11-13: La richiesta del segno da parte dei farisei è registrata anche nel Vangelo di Matteo (16,1-4), e nel Vangelo di Luca (Lc 11,29-32), ma con delle differenze. Marco più breve, a differenza di Matteo e Luca, non fa menzione al segno di Giona e alla regina del sud. Il racconto marciano, “è spesso considerato più originario della promessa del «segno di Giona» in Matteo e Luca. Forse però Marco ha omesso questo ricordo biblico perché rischiava di sfuggire ai suoi lettori, e Gesù ha realmente promesso questo segno per annunziare il trionfo della sua liberazione finale, così come Matteo l’ha ben esplicitato [cf. Mt 12,39]” (Bibbia di Gerusalemme). I farisei si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova: in verità, ai farisei non interessano i segni, interessa trovare un modo per smentire Gesù di fronte alle folle. E questo è suffragato dal fatto che la domanda del segno avviene nel contesto di una sezione caratterizzata dai due miracoli dei pani (Mc 6,30-44; 8,1-9), due miracoli fra i più spettacolari del vangelo. La richiesta è per mettere alla prova Gesù: l’uomo spesso va in cerca di segni costruiti in base alla propria immaginazione e non s’accorge dei molti segni che Dio ha di sua iniziativa seminato lungo la strada.

  
Segno - Wolfgang Winter: Nell’uso linguistico greco, il segno in quanto “contrassegno” o “indizio”, è il riferimento a un dato di fatto che ne facilita il riconoscimento. Un concetto formale simile si trova anche nell’Antico Testamento. Per esempio l’“arco sulle nubi” è segno, anzi pegno della fedeltà di Dio all’alleanza con Noè e con i suoi discendenti (Gen 9,12ss). Un rapporto ancora più stretto fra segno e cosa indicata è presupposto nelle “azioni simboliche” dei profeti veterotestamentari: convinzione, derivante dall’ambito del rito sacrale, dell’efficacia operativa dei segni. Il fatto che Ezechiele non faccia alcuna lamentazione funebre per sua moglie è un’anticipazione del futuro destino d’Israele, la cui realizzazione comincia già nel segno. Il segno è inoltre anche annuncio ai contemporanei, una caratteristica, questa, propria della profezia classica. Il segno di Ezechiele non annuncia soltanto la realtà dell’evento futuro; esso è per gli spettatori addirittura una rappresentazione attualizzata di ciò che accadrà. Nei Sinottici prevale la comprensione formale di segno come “indizio” o “contras­segno”. Nell’apocalittica si conosceva l’esistenza di determinati eventi come indizio della fine di “questo eone” e questa concezione è presupposta anche in Mc 13, Mt 24 e Lc 21. Il signifi­cato di “contrassegno”, “prova” è presente in Mt 12,38ss: Gesù deve legittimarsi agli occhi dei giudei con un segno. Egli però risponde col “segno del profeta Giona”, col segno cioè costituito dalla figura stessa di Giona, vale a dire, come rimando al Dio presente nella sua predicazione penitenziale. In Giovanni si trova una concezione dei segni caratterizzata soprattutto dal contenuto, come prodigi, miracoli che Gesù compie nella sua gloria. Essi, tuttavia, non lo fanno univocamente riconoscere come Figlio di Dio. Essi sono comprensibili soltanto per colui che è a conoscenza dell’“ora” della passione di Gesù, cioè per il credente, come rivelazione dell’amore di Dio per il mondo peccatore (Gv 2,lss).



I segni nella vita di Gesù - Paul Ternant (Dizionario di Teologia Biblica): All’epoca del Nuovo Testamento, i Giudei attendevano per i giorni del messia prodigi per lo meno pari a quelli dell’esodo, e connessi a sogni di vittoria sui pagani (cfr. 1Cor 1,22). gesù delude quest’attesa nel suo aspetto carnale. Ma l’appaga spiritualmente, inaugurando la vera salvezza con i suoi miracoli, e apportandola con il suo «esodo» (Lc 9, 31), con il grande segno (Gv 12,33) della sua elevazione in croce e in gloria. Contraddetto da certuni, Gesù, attraverso tutta la sua missione di servo che assume su di sé le nostre infermità (Mt 8,17 = Is 53,4), è il segno efficace che fa sì che la moltitudine si risollevi (Lc 2,34), lo stendardo (Is 11,10ss: eb. nes; gr. semèion) eretto per il raduno dei dispersi (Gv 11,52).
Fedele alla promessa divina di un rinnovamento delle antiche meraviglie (Mt 11,4s = Is 35,5s; 26,19), Gesù moltiplica i miracoli, che, pur accreditandone la parola, rientrano nello stesso tempo nei segni-avvenimenti salvifici e nella mimica profetica (cfr. Mc 823ss): sono soprattutto questi miracoli, uniti alla sua autorità personale e a tutta  la sua attività, a costituire «i segni dei tempi» (Mt 16, 3), cioè gli indizi dell’inizio dell’era messianica. Ma all’opposto di Israele nel deserto (Es 17,2.7; Num 14,22), egli si di rifiuta di tentare Dio, esigendo da lui dei segni a proprio vantaggio (Mt 4,7 = Deut) e di soddisfare quelli che, avidi di spettacolari, gli domandano un segno per tentarlo (Mt 16,1ss). Così i Sinottici, eco della sua riservatezza, evitano a proposito dei miracoli di usare la parola «segni», a cui ricorrono i suoi avversari (Mt 12,38; Lc 23,8). Certo Dio, fornisce dei segni dell’avvento della salvezza ai poveri, come Maria (Lc 1, 36 ss), o i pastori (2,12). Però offrire ai Giudei i segni che essi si aspettano; ciò significherebbe pervertire la sua missione. Questi ciechi dovrebbero cominciare a prestare attenzione al «segno di Giona» secondo Lc 11,29-32, cioè alla predicazione di penitenza di Gesù. Sarebbero in grado di decifrare i «segni dei tempi», senza pretenderne altri per convenienza e sarebbero preparati a ricevere la testimonianza del più decisivo di essi, il «segno di Giona» secondo Mt 12,40, cioè la risurrezione di Cristo.
Ogni riserbo concernente l’uso della parola semèion scompare nella narrazione giovannea (salvo Gv 4,48), sia negli Atti che lettere. Per Giovanni, la visione dei segni avrebbe dovuto indurre i contemporanei Gesù a credere in lui (Gv 12,37-38): questi segni rendevano manifesta la sua gloria (2,11) a uomini provati (6,6), come Jahve aveva manifestato la propria (Num 14, 22), imponendo al popolo la prova del deserto (Deut 8,2). Essi li preparavano così a vedere (Gv 19,37 = Zac 12,10), grazie alla fede, il segno del Trafitto elevato sulla croce fonte di vita (12,33), che realizza la figura del serpente guaritore eretta da Mose su uno «stendardo» (Num 21,8: ebr. nes; gr. semèion; Gv 3,14), per la salvezza del popolo dell’esodo. Ai cristiani convertiti da questo sguardo di fede (cfr. Gv 20,29) e raffigurati dai Greci che chiesero di vedere Gesù (12,21.32ss), il sangue e l’acqua che sgorgano dal Trafitto (19,34) appaiono allora i simboli della vita dello Spirito e della realtà del sacrificio che ce ne apre l’accesso grazie ai sacramenti del battesimo, della penitenza, dell’eucaristia. E di questi gesti salvifici del Risorto, vero tempio da cui scaturisce l’acqua viva (2,19; 7,37ss; 19,34; cfr. Zac 14,8; Ez 47,1ss), i segni anteriori di Gesù (5,14; 6; 9; 13,1-10) appariranno a loro volta le prefigurazioni.


Compostella (Messale per la vita cristiana): I farisei chiedono un segno per credere. Anche noi chiediamo a Dio segni e miracoli. La tentazione più grande contro la fede è dire: Perché Dio non interviene? Perché non si manifesta in modo più evidente? Perché non entra con più forza nella storia degli uomini, cambiando situazioni ingiuste, liberando gli oppressi, convertendo i cuori induriti? Noi stessi siamo sempre alle prese con le nostre debolezze e peccati: perché Dio non ci cambia e non ci rende più buoni? La fede si vive nell’oscurità. Noi non comprendiamo le vie di Dio, che rimane inaccessibile, incomprensibile, misterioso. Dio ci dà tanti motivi per credere ed un egual numero di motivi per non credere. Ci lascia veramente liberi, non vuole imporci nulla né vincerci con la sua forza. Dio si capisce solo nella fede e nell’amore. Fede significa anche fiducia completa.
La mancanza di efficacia della fede è la difficoltà maggiore del credere. Il cristianesimo sembra inefficace nella storia degli uomini: sembra che non cambi nulla, che lasci tutto come prima. La via evangelica della conversione del cuore e della non violenza appare spesso perdente. Il marxismo, ad esempio, è sembrato per decenni ben più efficace per risolvere i problemi sociali e dare ai popoli la liberazione. Oggi non è più così: la storia ha fatto giustizia.


Rinaldo Fabris (Il Vangelo di Marco): I tratti di questa scena, inserita tra l’arrivo alla sponda occidentale e la nuova partenza, sono rapidi e nervosi come il significato della sentenza di Gesù. L’evangelista poteva tracciare in maniera più netta e vistosa il contrasto tra il gesto prodigioso di Gesù, che sfama i pellegrini, e il rifiuto secco di un segno ai farisei. I farisei rappresentano una categoria: la generazione che respinge Gesù, quella dal cuore indurito, incapace di cogliere il vero significato dei suoi gesti, 2,16.24; 3,5.
La domanda di un segno di autenticazione dal cielo, da Dio, è una tentazione per Gesù, 8,12b. È l’invito subdolo, in nome di una presunta serietà religiosa, a percorrere la strada del messianismo spettacolare. Da parte dei farisei è la pretesa di basare la fede sulla dimostrazione evidente e controllabile di Dio, senza correre il rischio dell’impegno personale. Da spettatori e controllori neutri e distaccati, sono in grado di stabilire ciò che è segno o meno della presenza di Dio. Questo significa ridurre la libertà di Dio entro i limiti dei propri pregiudizi, dei propri schemi soggettivi. A tali condizioni non c’è più spazio né per la libertà umana, né per l’esperienza genuina della fede. La fede è il confronto più serio di Dio con l’uomo, come è avvenuto nella vicenda di Gesù.
Il rifiuto di Gesù di strumentalizzare la libertà di Dio a chi ha paura di vivere nel rischio della libertà, è il rifiuto di vendere a buon mercato la libertà dell’uomo.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Si leva col suo ardore e fa seccare l’erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco nelle sue imprese appassirà” (Gc 1,11)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Risanaci, o Padre, dal peccato che ci divide, e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all’opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...