IL PENSIERO DEL GIORNO


13 Febbraio 2018

MARTEDÌ FERIA VI SETTIMANA  «PER ANNUM»


Oggi Gesù ci dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui” (Gv 14,23).


Dal Vangelo secondo Marco 8,14-21: Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!: l’evangelista Matteo (16,12) interpreta il lievito dei farisei come l’insegnamento dei farisei e dei sadducei e Luca (12,1) come la loro ipocrisia. Alla base di entrambe le interpretazioni possiamo pensare che originariamente il detto deve essere stato riferito all’atteggiamento ostile dei farisei e dei sadducei nei confronti di Gesù e del suo messaggio. Le parole di Gesù però non vengono comprese dai discepoli: la preoccupazione per il cibo materiale impediva loro di comprendere che Gesù, che da poco aveva nutrito le folle operando un miracolo, era il Messia atteso dai Profeti, il vero Pane disceso dal Cielo in grado di nutrirli con il pane della vita. È “un invito per i discepoli a superare le preoccupazioni materiali per riflettere alla missione di Gesù illuminata dai suoi miracoli” (Bibbia di Gerusalemme).


Rinaldo Fabris (I Vangeli, Marco): All’ottusità dei farisei, che pretendono da Gesù un segno di autenticazione, segue l’incomprensione dei discepoli che non sanno cogliere la portata dei segni già compiuti da Gesù. L’attuale racconto si adatta molto bene  alla «sezione del pane», perché il dialogo chiarificatore tra Gesù e i discepoli prende avvio dalla dimenticanza della provvista di pane, 8,14. La sentenza di Geni sul lievito dei farisei e di Erode è stata associata a questo contesto per la sua affinità tematica. Nel vangelo di Marco i farisei e gli aderenti al partito di Erode sono associati nei loro progetti contro Gesù, M 3,6; 12,13. La paura di perdere il prestigio religioso, per farisei, o la paura di compromettere il potere o successo politico, per gli erodiani, alimenta il comune sospetto e la comune ostilità nei confronti di Gesù. Questa paura è come una fonte nascosta di corruzione, «il lievito», che impedisce di comprendere e accogliere il progetto di Gesù.
È un pericolo al quale i discepoli non sono per nulla estranei. Anzi la loro cecità e sordità spirituale, a paragone di quelli che stanno fuori, hanno radici in un cuore indurito, cioè nel centro della personalità chiusa ai progetti di Dio. L’invito insistente di Gesù ai discepoli di penetrare nella comprensione del miracolo dei pani fa intuire che quel gesto, nel progetto di Gesù, non è stato un gioioso picnic popolare, ma un preciso momento di rivelazione del suo compito e della sua persona.
Il miracolo del cieco guarito, che segue immediatamente, 8,22-26, e corrisponde al miracolo del sordomuto della sezione parallela, 7,31-37, è in questa linea di rivelazione salvifica: c’è una sordità e cecità dell’uomo più grave e profonda di quella fisica; essa non può essere guarita da nessun miracolo fino a quando il cuore non è cambiato. A questo precisamente punta Gesù con la sua azione e parola.


I Farisei - Guida alla Bibbia (Edizioni Paoline): Erano i puristi religiosi, un partito sviluppatosi dai ‘Cassidim’ (= i fedeli di Dio) del II secolo a.C e dedito al controllo della vita religiosa più che di quella politica. La loro preoccupazione e il loro punto d’onore erano l’osservanza scrupolosa della legge, ivi incluse naturalmente le tradizioni. (La maggior parte degli scribi apparteneva al loro partito). Sotto questo profilo erano ebrei esemplari (Filippesi 6) e a questo scopo si tenevano il più lontano possibile dagli altri uomini, perché, per esempio, non potevano mangiare con un non fariseo un alimento di cui non fosse stata pagata la decima (cioè la decima parte offerta a Dio).
Questa politica segregazionista li portò, forse inevitabilmente, a disdegnare gli altri mortali e ad attribuirsi il monopolio della santità, cosa che ha dato alloro nome un senso peggiorativo fino ai nostri giorni. La loro arroganza, unita a un arido legalismo che anteponeva l’osservanza rituale esatta all’amore e alla misericordia, li pose in conflitto con Gesù. Questi non n mise in discussione l’ortodossia, ma il modo superbo e scostante con cui la sostenevano. L’influsso da essi esercitato era molto superiore al loro numero, che non fu mai alto.
Furono essi a tracciare le linee secondo cui il giudaismo si sviluppò dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C., a insistere sul valore della pietà individuale e a imporre norme morali rigide insieme al loro ben più noto rigido formalismo. E gli altri ebrei, se non li amavano, perlomeno li rispettavano.


Benedetto Prete (Vangelo secondo Marco): Guardatevi dal lievito dei Farisei e dal lievito di Erode; il Maestro prende in senso metaforico il termine lievito, che, nel presente contesto, indica il principio della corruzione morale. Gli Ebrei infatti consideravano la fermentazione prodotta dal lievito come una forma di corruzione; per questo motivo il Levitico interdiceva l’uso del lievito per alcune offerte destinate al tempio (cf. Levitico, 2, 11). Gesù raccomandava ai discepoli di guardarsi dal lievito dei Farisei e da quello di Erode. Il lievito dei Farisei designava la loro ipocrisia religiosa, come indica apertamente Luca, 12,1. L’evangelista parla anche del lievito di Erode (Matteo omette questa allusione al tetrarca), segnalando cosi un altro tipo di corruzione morale. Gesù riprova la falsa pietà dei Farisei che erano attaccati ad un formalismo religioso tutto apparenza ed esteriorità, come pure condanna i principi politici e morali del tetrarca che era un uomo abile, astuto, ambizioso, adultero, amante dello sfarzo e dei piaceri della vita. Gesù premunisce i suoi contro l’influenza corruttrice dei Farisei e di Erode Antipa.


Lievito - Gottfried Hierzenberger: Nell’Antico Testamento il lievito è importante nella celebrazione della memoria dell’esodo dall’Egitto, in quanto la rinuncia al lievito esprime il nuovo inizio, l’essere in cammino e l’essere pronto d’Israele (Es 12,15ss). Nel Nuovo Testamento il lievito riveste il ruolo di immagine: in Mt 13,33 il lievito indica l’efficacia del regno di Dio che compenetra ogni cosa. In Mt 16,6 invece si parla del lievito dei farisei e dei sadducei, cioè dell’effetto rovinoso della loro dottrina e della loro condotta di vita riguardo al rapporto con Dio da parte d’Israele e del discepolo credente. Similmente Paolo nella prima Lettera ai Corinzi usa il lievito come immagine per indicare l’antica condotta di vita improntata alla vana gloria e all’empietà, di cui ciascuno nella fede deve radicalmente liberarsi (lCor 5,6-8) per aver parte a Gesù Cristo, l’agnello pasquale, come uomo nuovo, in purezza e verità (lCor 5,7).


Il lievito: Catechismo della Chiesa Cattolica 2832: Come il lievito nella pasta, così la novità del Regno deve «fermentare» la terra per mezzo dello Spirito di Cristo. Deve rendersi evidente attraverso l’instaurarsi della giustizia nelle relazioni personali e sociali, economiche e internazionali; né va mai dimenticato che non ci sono strutture giuste senza uomini che vogliono essere giusti.


La Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): In altri passi evangelici - Lc 13,20-21; Mt 13,33-Gesù si servì dell’immagine del lievito per significare il vigore racchiuso nella sua dottrina. Qui la parola “lievito” viene usata nel senso di cattiva disposizione. È ben noto infatti che, nella preparazione del pane, il lievito è l’ingrediente che fa fermentare la pasta. L’ipocrisia dei farisei e la vita dissoluta di Erode, che agiva mosso unicamente da ambizione personale, erano il lievito che contaminava dal di dentro la “pasta” d’Israele, fino a guastarla del tutto. Gesù vuole premunire i discepoli contro questi pericoli, e far loro comprendere che per accogliere la sua dottrina è necessario avere un cuore semplice e puro. Ma i discepoli non comprendono. «Non erano colti, e neppure molto intelligenti, almeno per ciò che si riferisce alla comprensione delle realtà soprannaturali. Perfino gli esempi e i paragoni più semplici risultavano loro incomprensibili e dovevano ricorrere al Maestro: Domine, edissere nobis parabolam, Signore, spiegaci la parabola. Quando Gesù con una metafora allude al lievito dei farisei, credono che li stia rimproverando per non aver comprato del pane [...]. Erano questi i discepoli scelti dal Signore; tali apparivano prima che, ripieni di Spirito Santo, diventassero colonne della Chiesa. Sono uomini comuni, con i loro difetti, le loro debolezze, la loro parola più lunga delle opere. E tuttavia Gesù li chiama per farne dei pescatori di uomini, i corredentori e amministratori della grazia di Dio» (È Gesù che passa, n.2). Lo stesso può succedere a noi. Anche se non abbiamo grandi doti o qualità, il Signore ci chiama, e l’amore di Dio e la docilità alle sue parole faranno germogliare nelle nostre anime frutti imprevisti di santità e di efficacia soprannaturale.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Guai a noi, sventurati, se abbiamo ereditato i vizi dei farisei!” (San Girolamo).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O  Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo...