IL PENSIERO DEL GIORNO

9 Febbraio 2018

VENERDÌ V SETTIMANA «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Sono io il Signore, tuo Dio: ascolta, popolo mio” (Salmo Responsoriale).


Dal Vangelo secondo Marco 7,31-37: Il miracolo compiuto da Gesù travalica il senso reale dello stesso prodigio: la guarigione del sordomuto deve perennemente ricordare ai cristiani la necessità di aprire le orecchie alla Parola di Dio e di sciogliere la lingua per proclamare le opere meravigliose di Dio che li ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce (1Pt 2,9). Il sordomuto è portato da Gesù da altri, che pregano per lui: è una buona lezione per i cristiani che dovrebbero avere il coraggio e la premura di portare al Signore gli uomini perché Lui li possa ristabilire nella luce di Dio. Gesù per guarire il sordomuto fa dei gesti molto conosciuti ai medici e ai guaritori del suo tempo. L’imposizione delle mani è un gesto per trasmettere poteri, benedizioni  o per guarire (cf. Gen 48,14ss; 2Re 4,34; 5,11; Mt 8,3.15; Lc 13.13; At 28,8; ecc.), invece le dita, nel linguaggio biblico, simboleggiano una qualche azione molto potente di Dio (cf. Es 8,19; Sal 8,4; Lc 11,20).


Gesù è in «pieno territorio della Decapoli», un raggruppamento di dieci città libere, con un proprio territorio, con abitanti anche pagani che agli occhi dei giudei era considerati «cani» (cf. Mt 15,26; Gv 4,9).
La legge di Mosè imponeva ai Giudei di amare e di rispettare i sordomuti (Lev 19,14), ma ai tempi di Gesù erano praticamente tagliati fuori dal consorzio civile e religioso per una miriade di motivi: erano considerati peccatori pubblici perché la loro infermità dai più era considerata il giusto castigo di chissà quali peccati occulti; poi, l’handicap, impedendo loro di procurarsi un lavoro, li costringeva a vivere di espedienti e, a volte, ponendoli fuori dalla legalità dalle guide spirituali erano posti tout court fuori anche dalla salvezza (cf. Gv 7,49).
Il sordomuto probabilmente aveva già incontrato Gesù e forse già aveva sentito nel suo cuore l’amore, la predilezione che il giovane Rabbi aveva per i più poveri, per i più indifesi, per gli ammalati.
Forse glielo avevano raccontato a gesti come si fa con i sordi (cf. Lc 1,59); comunque, quest’uomo incurante del rispetto umano, la sua malattia lo costringeva a stare nella classe degli impuri, si avvicina a Gesù e con la bocca dei suoi amici lo prega di toccarlo, di imporgli le mani. Lui non lo può fare con la sua bocca perché essa era arida, senza suoni; ma, certamente, lo avrà fatto con il volto, con gli occhi, con gesti frenetici delle mani, sopra tutto con il cuore.
Gesù, per evitare inutili clamori, in disparte, per dargli la guarigione, gli pone «le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua». Questi erano gesti abituali dei medici e dei guaritori in genere. Gli antichi ritenevano che la saliva contenesse sostanze medicamentose. Ma Gesù non è un guaritore, non è un mago e non fa gesti magici.
Avrebbe potuto guarirlo con un gesto, anche da lontano, ma Egli sa che la fede della folla che lo assediava non è ancora matura, per cui qualsiasi suo gesto, se fosse uscito fuori dai canoni del sentire comune, poteva essere equivocato.
Come nel racconto del cieco nato (Gv 9,1ss), la guarigione del sordomuto ha una valenza pedagogica e mistagogica: sotto la spinta della guarigione miracolosa, Gesù vuole dare alla fede incompleta della folla e del sordomuto la possibilità di essere indirizzata verso la vera conoscenza di Colui che guariva l’infelice infermo.
Gesù compie il miracolo in disparte lontano dalla folla per evitare che essa, essendo in gran parte pagana, lo scambiasse per uno stregone o per un guaritore che a quei tempi riempivano ogni angolo del Paese. Lo fa in disparte per non eccitare la folla, avrebbe preso lucciole per lanterne (Mt 16,14). Lo fa in disparte soprattutto perché Lui è umile e non ama gli strepiti, la pubblicità. Lo fa in disparte perché vuole manifestare il mistero della sua persona e della sua missione progressivamente.
Gesù guarda al cielo: per chiedere il sì del Padre?  Probabilmente. Emette un sospiro, forse è il suo cuore, spezzato dalle tante infermità a cui è sottoposto il genere umano, che lo fa gemere.
Ed è questa pietà che gli strappa l’assenso. Gesù è il Dio pietoso che si china sui malati, sugli infermi per consolarli, per guarirli: «Buono e pietoso è il Signore, grande nell’amore» (Sal 103,8; cf. Es 34,6; 1Gv 4,8.16). Lui è venuto nel mondo per liberare gli uomini dalla tirannia del peccato e introdurli in un paese dove Egli tergerà ogni lacrima dai loro occhi; un paese ove non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno (Ap 21,4).
Il comando di Gesù, effatà, una parola di origine aramaica, non riguarda solo gli orecchi e la bocca del sordomuto, ma si riferisce a tutta la sua persona, che si apre alla comprensione della persona del Cristo. La guarigione è immediata e definitiva.
Gesù realizza così la profezia di Isaia 35,5-6 (prima lettura; cf. Mt 11,5). Il sordomuto è la primizia di tutti quegli uomini che dalla potenza salvifica della Parola di Dio saranno guariti da quella sordità spirituale che impedisce loro di cogliere i segni e le parole rivelatrici di Gesù.
Il comando di non dirlo a nessuno è palesemente violato e le parole della folla - Ha fatto bene ogni cosa - ricordano il racconto della creazione: sono le stesse parole con le quali la Bibbia sigilla ciascuno dei sei giorni della creazione da parte di Dio (Gen 1-2,4). Vi è in questo modo una perfetta continuità tra l’agire di Dio creatore e l’agire di Gesù salvatore.
Lo stesso Dio che crea l’uomo, che lo libera dalla schiavitù egiziana e babilonese, è anche il Dio che, in Gesù, si prende cura dell’uomo infermo, lo libera dal peccato, dalla malattia e dalla morte ricreandolo: di nuovo lo apre alla luce e al suono, di nuovo gli fa udire il timbro della sua parola e della sua voce.
A ben dire, ogni miracolo di Gesù sull’uomo è, quindi, una nuova creazione.


I miracoli, segni efficaci della salvezza - Paul Ternant: Con i suoi miracoli Gesù manifesta che il regno messianico annunziato dai profeti è giunto nella sua persona (Mt 11,4 s); attira l’attenzione su di sé e sulla buona novella del regno che egli incarna; suscita un’ammirazione ed un timore religioso che inducono gli uomini a chiedersi chi egli sia (Mt 8,27; 9,8; Lc 5,8 ss). Con essi Gesù attesta sempre la sua missione e la sua dignità, si tratti del suo potere di rimettere i peccati (Mc 2,5-12 par.), o della sua autorità sul sabato (Mc 3,4 s par.; Lc 13,15 s; 14,3ss), della sua messianità regale (Mt 14,33; Gv 1,49), del suo invio da parte del Padre (Gv 10,36), della potenza della fede in lui (Mt 8,10-13; 15,28par.), con la riserva che impone la speranza giudaica di un messia temporale e nazionale (Mc 1,44; 5,43; 7,36; 8,26). Già in questo essi sono segni, come dirà S. Giovanni. Se provano la messianità e la divinità di Gesù, lo fanno indirettamente, attestando che egli è veramente ciò che pretende di essere.
Perciò non devono essere isolati dalla sua parola: vanno di pari passo con l’evangelizzazione dei poveri (Mt 11,5 par.). I titoli che Gesù dà a sé, i poteri che rivendica, la salvezza che predica, le rinunzie che esige, ecco ciò di cui i miracoli fanno vedere l’autenticità divina, a chi non rigetta a priori la verità del messaggio (Is 16,31). In tal modo questo è superiore ai miracoli, come lascia capire la frase su Giona secondo Lc 11,29-32. Esso si impone come il segno primario e solo necessario (Gv 20,29), per la ineguagliabile autorità personale del suo araldo (Mt 7,29) e per la sua qualità interna, costituita dal fatto che, realizzando la rivelazione anteriore (Lc 16,31; Gv 5,46 s), corrisponde negli uditori all’appello dello Spirito (Gv 14,17.26); proprio esso, prima di
essere confermato ed illustrato dai miracoli, i dovrà distinguere dai falsi segni (Mc 13,22s; Mt 7,22; 2Tess 2,9; Apoc 13,13). Qui come in Deut, «i miracoli discernono la dottrina, e la dottrina discerne i miracoli» (Pascal).


Compostella, Messale per la vita cristiana: Un sordomuto. Assomiglia molto a noi, quando siamo nel peccato. Possiamo avere accanto Dio, che ci sussurra le parole più dolci e imperiose. Non lo sentiamo. Possiamo aver vicino le persone più acute e più buone, che desiderano aiutarci. Non prestiamo attenzione. O passiamo davanti a chi ha bisogno di un conforto, di una speranza. È come se fossimo soli al mondo, chiusi nel nostro egoismo.
Ma se il sacramento di Cristo ci raggiunge... Può essere la Chiesa che battezza o ci offre il perdono a nome del Signore Gesù. Le dita, la saliva, l’«apriti» possono essere l’acqua o la mano benedicente che si leva su di noi: «Io ti battezzo»; «Io ti assolvo».
Allora avviene nuovamente il «miracolo».
Diventiamo capaci, per grazia, di udire le consolazioni e i suggerimenti e gli imperativi di Dio. Diventiamo capaci di rispondergli con la preghiera e con la vita.
E il prossimo è colui che dev’essere ascoltato e confortato.
Nasce la fraternità.
Se ci lasciamo salvare dal Signore. Se aderiamo a lui con tutte le forze.


Alessandro Maggiolini, Vescovo: I miracoli di Cristo non sono gesti spettacolari. Sono atti di bontà che manifestano il regno tra noi: il Regno che è salvezza di tutto l’uomo.
Così, anche la guarigione di un sordomuto, oltre che realtà, può essere «segno» di un intervento del Signore Gesù che ci libera il cuore.
L’egoismo è sempre disattenzione a Dio e agli altri. È chiusura in noi stessi. È affondare nella solitudine e nella disperazione.
Abbiamo bisogno di ascoltare e di parlare. Di ascoltare, innanzitutto. Viviamo in una cultura intrisa di parole e vuota di senso e di passione. Talvolta, una persona che taccia e presti ascolto è una grande benedizione.
Dio ci parla nella sua Chiesa. I fratelli ci dicono le loro sofferenze e le loro gioie avare.
Ascoltare e parlare, intervenendo con saggezza e pulizia, con tenerezza e vigore, con il linguaggio giusto, con il tono appropriato. Dicendo ciò che va detto. Ne nasce una incomparabile comunione con Dio che rende sorridente la vita.
Ne nasce una fraternità che ha Dio come Padre e Cristo come primogenito. Per morire e risorgere con lui.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Nella vita pubblica di Gesù la madre sua appare distintamente fin da principio, quando alle nozze in Cana di Galilea, mossa a compassione, indusse con la sua intercessione Gesù Messia a dar inizio ai miracoli [cfr. Gv 2 1-11]” (Lumen  gentium 58).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Custodisci sempre con paterna bontà la tua famiglia, Signore, e poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te, aiutaci sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo …