IL PENSIERO DEL GIORNO

4 Febbraio 2018

V DOMENICA «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Beati coloro che piangono, perché saranno consolati. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati ” (Mt 5,5-6 - Antifona alla Comunione).


Dal Vangelo secondo Marco 1,29-39: Gesù, dopo aver guarito la suocera di Pietro, guarisce molti ammalati e ossessi imponendo ai demoni, come ai miracolati e perfino agli apostoli (Cf. Mc 1,25.34.44; 3,12; 5,43; 7,36; 8,26.30; 9,9), una consegna di silenzio sulla sua identità messianica che sarà tolta solo dopo la sua morte (Cf. Mt 10,27). Per la Bibbia di Gerusalemme, poiché «il popolo si faceva una idea nazionalista e guerriera del Messia, molto diversa da quella che Gesù voleva incarnare, gli occorreva usare molta prudenza, almeno in terra d’Israele (Cf. Mc 5,19), per evitare spiacevoli equivoci sulla sua missione (Cf. Gv 6,15; Mt 13,13). Questa consegna del “segreto messianico” non è una tesi artificiosa inventata più tardi da Marco come alcuni hanno preteso; risponde invece a un atteggiamento storico di Gesù, benché Marco ne abbia fatto un tema su cui ama insistere».


Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): Ai tempi di Gesù si attribuiva spesso alla febbre un’origine diabolica. Per questo motivo Luca, nel suo vangelo, ha riferito questa guarigione della suocera di Simone come se si trattasse di un esorcismo (Lc 4,39). E quindi chiaro che, già per Marco, il gesto di Gesù verso questa donna dimostra il suo dominio sulle forze del male e della morte. Ecco qui il messia che offre i segni dell’avvento del regno di Dio. Ma dobbiamo procedere oltre. Marco, rivolto alla propria comunità cristiana, ha riletto questo episodio alla luce della risurrezione di Gesù: ciò è sottolineato con discrezione dall’uso di una formula significativa. In greco, il verbo «la fece alzare» (v. 31b) è lo stesso utilizzato da Marco per dire di Gesù: «È risorto» (16,6). È effettivamente necessario metterci nella situazione dei primi cristiani quando leggiamo questa pagina dell’evangelista. Per loro Gesù non è solo il guaritore prestigioso degli inizi della sua missione: grazie alla sua risurrezione, egli è riconosciuto come «Cristo e Signore» (At 2,36), colui che continua, ogni giorno, a salvare gli uomini dal peccato, a strapparli alla morte; è il salvatore che rimette in piedi tutti coloro che sono abbattuti dal male. E quando Marco descrive la donna, subito guarita, mettersi a servire i suoi ospiti (v. 31c), nessuno può dubitare che egli pensi al «servizio» del Cristo al quale i cristiani sono chiamati. Il Salvatore non cessa di liberare i suoi fedeli dal male per metterli al proprio servizio.  Noi siamo incessantemente invitati a leggere una pagina come questa a un duplice livello. Il primo è quello dell’azione di Gesù che fa irruzione nella storia: la storicità dell’episodio raccontato è chiaramente testimoniata. Ma il secondo livello è il più importante: è quello della rilettura delle azioni e delle parole di Gesù da parte della comunità cristiana alla luce della sua risurrezione. La fede si collega allora al «Signore» che continuamente esercita la propria opera di salvezza nella sua Chiesa e nel mondo.


Andiamocene altrove - I particolari su cui insiste Marco, la casa di Simone e Andrea, la presenza di Giacomo e Giovanni, due dei tre discepoli privilegiati, potrebbero tradire la testimonianza di un testimone oculare. Anche il racconto della guarigione della suocera di Simon Pietro a una lettura più attenta potrebbe celare delle sorprese. Per esempio, se letto con gli occhi di Luca assume un significato che va al di là del puro fatto di cronaca. Il terzo evangelista, infatti, «sottolinea la forza [con il verbo minacciò la febbre, lo stesso usato per indicare la scacciata del demonio] e l’istantaneità [con l’espressione Alzatasi all’istante], oltre alla gravità della malattia [era afflitta da una grande febbre]: egli perciò la considera come un potente esorcismo di Gesù, sempre impegnato nella lotta non solo contro Satana, ma anche contro le conseguenze del peccato [in questo caso contro la malattia]» (Carlo Ghidelli, Luca). La lotta contro Satana è una idea forza che troviamo diffusamente nei Vangeli ed è presente anche in Marco che ne fa quasi un tratto fondamentale del ministero apostolico di Gesù (Cf. Mc 1,39). San Giovanni, quasi a sintetizzare la missione di Gesù, afferma che Egli è «apparso per distruggere le opere del diavolo» (1Gv 3,8).
Vi è un altro particolare. Quando si dice della suocera di Pietro che Gesù la fece alzare, Marco usa il verbo egeirō che viene spesso usato per indicare la risurrezione di Gesù (Cf. Mc 14,28; 16,6; 1Cor 15,4; At 3,15; 13,37). Molto probabilmente la Chiesa primitiva ha letto il miracolo come una «prefigurazione della risurrezione escatologica operata nel genere umano attraverso la morte e la risurrezione di Cristo» (Edward J. Mally, S.J.).
Il racconto evangelico è attraversato da un crescendo di emozioni, di entusiasmo e di buoni sentimenti, almeno da parte della folla che non si stanca di ascoltare il Maestro e dei molti ammalati che assediano la casa dove Egli è ospite per ottenere la guarigione fisica. Si passa dalla entusiasta accoglienza nella sinagoga alla guarigione della suocera di Pietro; dalla guarigione di molti ammalati «affetti da varie malattie» alla liberazione di indemoniati e ossessi fino a raggiungere il culmine con la frase di Pietro: «Tutti ti cercano!». Ma su questo entusiasmo arriva una risposta a dir poco sconcertante e inattesa: «Andiamocene altrove».
Con questa nota sembra che Marco abbia intenzione di mettere in evidenza l’andare di Gesù di villaggio in villaggio. Egli è stato mandato per andare e dedicarsi alla salvezza dei Giudei e dei pagani: «per questo Egli è venuto». Egli è venuto a chiamare i peccatori (Cf. Mc 2,17), a cercare la pecora perduta (Cf. Lc 14,4-6) e a dare «la propria vita in riscatto per molti» (Cf. Mc 10,45).
Con queste parole, Andiamocene altrove, Gesù per la prima volta «parla della sua missione e manifesta chiaramente il proposito di volersi attenere alla volontà del Padre, considerando suo compito primo l’annuncio della salvezza e non quello di soddisfare la curiosità o l’entusiasmo delle folle come un qualunque guaritore più o meno abile» (ADALBERTO SISTI, Marco, NVB).
La vita di Gesù è una vita girovaga senza riposo e senza un tetto sotto il quale ripararsi (Cf. Mt 8,20), uno stile di vita che i discepoli devono saper imitare. Sul suo esempio, Egli vuole che i suoi discepoli siano decisi ad abbracciare questo stile di vita intessuto di povertà e di precarietà, pronti nell’abbandonare affetti, case e parentele varie per mettersi al suo seguito (Cf. Mt 8,21-22). Un distacco totale che contrassegna la sequela cristiana. Ritirandosi in un luogo deserto per pregare, Gesù indica ai suoi discepoli la fonte dove trovare la forza per attuare un simile programma di vita.
I Vangeli amano parlare della preghiera di Gesù. Sopra tutto la ricordano in occasione dei momenti più importanti del ministero pubblico del Signore: il battesimo (Cf. Lc 3,21), la chiamata degli Apostoli (Cf. Lc 6,12), la prima moltiplicazione dei pani (Cf. Mc 6,46), la Trasfigurazione (Cf. Lc 9,29), nel Getsemani (Cf. Mt 26,39), sulla croce quando prega per i suoi carnefici (Cf. Lc 23,34). Altresì, possiamo ricordare quante volte la preghiera ottenne il dono della guarigione da Gesù: il cieco nato (Cf. Mc 10,46-56), la guarigione del lebbroso (Cf. Mt 8,23), la Cananea (Cf. Mt 15,21-28). Il discepolo apprende in questo modo il segreto della preghiera come unico fondamento su cui poggiare la sua fede, la sua speranza. Senza la preghiera il cristiano non può essere fedele alla sua vocazione e alla sua elezione (2Pt 2,10).


La preghiera - Helen Scüngel: La preghiera di Gesù è menzionata molto spesso e questo ha indubbiamente impressionato profondamente i suoi discepoli e la prima chiesa. Mt 6,5; Mc 14,34 e altri passi tramandano indicazioni di Gesù sulla preghiera; in Mt 7,9-11 e Mc 11,23 egli assicura che la preghiera sarà esaudita, in Lc 18,1ss usando addirittura un paragone molto ardito. La parabola in Lc 18,9ss contrappone la preghiera erronea, vanagloriosa a quello verace e giustificante. Infine da Gesù deriva l’appellativo di Dio come padre, soprattutto nel Padrenostro.
La chiesa primitiva ha sperimentato la propria preghiera come qualcosa di nuovo, di inaudito. Supportata dalla  fede di essere “liberata dal potere delle tenebre e trasferita nel regno dell’amore del Figlio” (Col 1,13), sapeva di esser autorizzata a pregare “nel nome del Signore” (1Cor 1,10) o “per Cristo”. Tutte le promesse di Dio sono state confermate e adempiute in Gesù e per mezzo suo; nel momento in cui i credenti dicono l’“amen”, ren­dono a Dio l’onore di essere fedele, poiché essi lo fanno nella speranza di sperimentare lo stesso adempimento delle promesse (2Cor 1,20). Così può pregare soltanto colui al quale Dio si è rivelato, mediante Gesù, come il Dio fedele e salvatore e che rimane in questo rapporto con Dio (Gv 15,16). Credere significa dunque saper pregare ed essere certi dell’adempimento (Gv 15,7; 6,23ss). La preghiera cristiana ha perciò la sua motivazione nell’azione salvifica di Dio, ma allo stesso modo rimane orientata verso l’estrema azione di Dio: è un pregare escatologico; nell’invocazione liturgica Maranà tha la comunità prega per la venuta definitiva del suo Signore. Pregando, il cristiano sperimenta la sua distanza dal mondo, soprattutto anche dai propri desideri più vari; egli sa che la sua preghiera, come la sua vita in genere, è determinata dal “non aver nulla e invece possedere tutto” (2Cor 6,10). Una tale preghiera avviene nello Spirito Santo “perché noi nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26); in questa preghiera ci uniamo al “genere della creazione” (Rm 8,22s). Questa preghiera, dunque, che libera dal mondo, è al tempo stesso la forma più profonda di solidarietà con il mondo.


 ... non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Gli spiriti immondi sono in possesso di un sapere sovrumano; perciò sanno che Gesù è il Messia (Me 1,24). Per mezzo degli indemoniati, essi avevano la possibilità di svelare la natura messianica di Gesù. Ma il Signore, col suo potere divino, intima loro di tacere. La medesima cosa ordina ai discepoli in altre occasioni (Mc 8,30; 9,9); così come anche agli ammalati, dopo che li ha guariti, comanda di non divulgare la notizia che egli è il Messia (Mc 1,44; 5,43; 7,36; 8,26). Questo modo di procedere da parte del Signore può trovare spiega­zione alla luce della pedagogia divina: con la sua condotta Gesù insegna che l’idea del Messia nutrita dalla maggioranza dei contemporanei era troppo umana e politicizzata (cfr la nota a Mt 9,30). Perciò il Signore vuole prima destare l’interesse dei Giudei con i miracoli, e poi spiegare con le parole il senso del suo messianismo, in maniera che i discepoli e tutto il popolo possano gradualmente intenderlo.
E inoltre da osservare, con alcuni Santi Padri, che Gesù non vuole accettare a favore della verità la testimonianza di colui che è il padre della menzogna. E pertanto, benché i demòni lo riconoscevano, non permette loro di dire che chi egli sia.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Gesù non vuole accettare a favore della verità la testimonianza di colui che è il padre della menzogna.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nel tuo amore di Padre ti accosti alla sofferenza di tutti gli uomini e li unisci alla Pasqua del tuo Figlio, rendici puri e forti nelle prove, perché sull’esempio di Cristo impariamo a condividere con i fratelli il mistero del dolore, illuminati dalla speranza che ci salva. Per il nostro Signore Gesù Cristo...