IL PENSIERO DEL GIORNO

19 Febbraio 2018

LUNEDÌ DELLA I SETTIMANA DI QUARESIMA


Oggi Gesù ci dice: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo” (I Lettura).


Dal Vangelo secondo Matteo 25,31-45: Gesù verrà nella sua gloria, alla fine del mondo, come Giudice di tutti gli uomini. Essi saranno giudicati sull’amore: Cristo, infatti, vaglierà attentamente soltanto le opere di misericordia (Cf. Is 58,7; Gb 22,6s; Sir 7,32s; ecc.) tralasciando le azioni eccezionali (Cf. Mt 7,22s). Gli eletti, i misericordiosi, entreranno beati nel regno di Dio. I reprobi se ne andranno al supplizio eterno.


Venite, benedetti del Padre mio - La descrizione del giudizio finale presenta Gesù come un re che viene a separare «gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre», avendo come criterio discriminante le opere di misericordia.
Davanti al Giudice saranno radunati tutti i popoli, espressione che include sia i pagani che i giudei. Prima della fine il «vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo» (Mt 24,14).
Il Re-Pastore separerà «le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra». Presso i giudei, il capro era l’animale che veniva immolato a Yavhé nel rito espiatorio (Cf. Es 30,10; Lv 4,22-23; Nm 7,16.22.28; ecc.). Nel grande giorno dell’espiazione, Aronne aveva posato le mani sul capo di un capro vivo, aveva confessato «sopra di esso tutte le iniquità degli Israeliti, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati» e li aveva, in questo modo, riversati sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di ciò, l’aveva mandato via nel deserto per essere offerto ad Azazel, un demone che gli antichi ebrei e cananei credevano abitasse il deserto (Cf. Lv 16,9-10). Il deserto, nella fantasia popolare, era la sede dei demoni (Cf. Lv 17,7; Is 13,21; 34,14; Bar 4,35; Mt 8,28; 12,43; Ap 18,2). Forse per questi motivi Gesù nel discorso del giudizio universale ha usato l’immagine del capro perché questo animale tout court poteva richiamare alla memoria degli ascoltatori la bruttura del peccato.
Il criterio di giudizio saranno le azioni di misericordia fatte a uno dei «fratelli più piccoli» di Gesù.
Tra i «più piccoli» forse vanno annoverati anche gli stessi discepoli di Gesù, accolti e rifocillati amorevolmente dagli uomini a cui portano la Buona Notizia (Cf. Mt 10,40-42; Lc 9,48; 10,16)
La sorpresa dei giusti è nel sentire che tutte le volte che hanno soccorso qualcuno nel bisogno lo hanno fatto al Signore. È la stessa sorpresa degli empi, ai quali Gesù dirà: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».
Gli uomini per ricevere in «eredità il regno» preparato per loro «fin dalla creazione del mondo» dovranno quindi superare un esame, la cui unica materia da vagliare sarà l’amore. Il regno di Gesù è un regno di santità, di pace e di amore e vi può entrare soltanto chi ama e compie opere di misericordia verso gli afflitti.
Il Re che siede sul trono della gloria e che raccoglie dinanzi al suo tribunale tutti gli uomini, afferma con chiarezza che atto formale di riconoscimento della sua regalità sono le attenzioni usate a quanti hanno fame e sete, ai forestieri, agli indigenti, ai poveri, ai malati e ai carcerati. Perché soltanto «questo è il punto che ci qualifica definitivamente davanti a Dio. Non contano tanto i sentimenti e le intenzioni, l’ideologia e le parole, cioè “Signore, Signore”, quello che uno fu e fece, che apprezzò e rappresentò, che lavorò o soffrì, creò e organizzò, quanto se amò o non amò i fratelli. Perché questa è la volontà di Dio, che chi lo ama, ami anche i fratelli» (Basilio Caballero).
Solo l’amore può costruire all’uomo una casa eterna dove abitano la gioia e la pace.


Gesù giudicherà tutti gli uomini: CCC 678-679: In linea con i profeti e con Giovanni Battista Gesù ha annunziato nella sua predicazione il giudizio dell’ultimo giorno. Allora saranno messi in luce la condotta di ciascuno e il segreto dei cuori. Allora verrà condannata l’incredulità colpevole che non ha tenuto in alcun conto la grazia offerta da Dio. L’atteggiamento verso il prossimo rivelerà l’accoglienza o il rifiuto della grazia e dell’amore divino. Gesù dirà nell’ultimo giorno: «Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Cristo è Signore della vita eterna. Il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in quanto Redentore del mondo. Egli ha «acquisito» questo diritto con la sua croce. Anche il Padre «ha rimesso ogni giudizio al Figlio» (Gv 5,22). Ora, il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare e per donare la vita che è in lui. È per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso, riceve secondo le sue opere e può anche condannarsi per l’eternità rifiutando lo Spirito d’amore.


Benedetto XVI (Angelus, 2 Novembre 2008): Il Vangelo odierno insiste proprio sulla regalità universale di Cristo giudice, con la stupenda parabola del giudizio finale, che san Matteo ha collocato immediatamente prima del racconto della Passione (25,31-46). Le immagini sono semplici, il linguaggio è popolare, ma il messaggio è estremamente importante: è la verità sul nostro destino ultimo e sul criterio con cui saremo valutati. “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35) e così via. Chi non conosce questa pagina? Fa parte della nostra civiltà. Ha segnato la storia dei popoli di cultura cristiana: la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali. In effetti, il regno di Cristo non è di questo mondo, ma porta a compimento tutto il bene che, grazie a Dio, esiste nell’uomo e nella storia. Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi. Se invece ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina.
Cari amici, il regno di Dio non è una questione di onori e di apparenze, ma, come scrive san Paolo, è “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17). Al Signore sta a cuore il nostro bene, cioè che ogni uomo abbia la vita, e che specialmente i suoi figli più "piccoli" possano accedere al banchetto che lui ha preparato per tutti. Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice “Signore, Signore” e poi trascura i suoi comandamenti (cfr Mt 7,21). Nel suo regno eterno, Dio accoglie quanti si sforzano giorno per giorno di mettere in pratica la sua parola. Per questo la Vergine Maria, la più umile di tutte le creature, è la più grande ai suoi occhi e siede Regina alla destra di Cristo Re. Alla sua celeste intercessione vogliamo affidarci ancora una volta con fiducia filiale, per poter realizzare la nostra missione cristiana nel mondo.


Papa Francesco (Angelus, 26 Novembre 2017): La pagina evangelica si apre con una visione grandiosa. Gesù, rivolgendosi ai suoi discepoli, dice: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria» (Mt 25,31). Si tratta dell’introduzione solenne del racconto del giudizio universale. Dopo aver vissuto l’esistenza terrena in umiltà e povertà, Gesù si presenta ora nella gloria divina che gli appartiene, circondato dalle schiere angeliche. L’umanità intera è convocata davanti a Lui ed Egli esercita la sua autorità separando gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre.
A quelli che ha posto alla sua destra dice: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (vv. 34-36). I giusti rimangono sorpresi, perché non ricordano di aver mai incontrato Gesù, e tanto meno di averlo aiutato in quel modo; ma Egli dichiara: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (v. 40). Questa parola non finisce mai di colpirci, perché ci rivela fino a che punto arriva l’amore di Dio: fino al punto di immedesimarsi con noi, ma non quando stiamo bene, quando siamo sani e felici, no, ma quando siamo nel bisogno. E in questo modo nascosto Lui si lascia incontrare, ci tende la mano come mendicante.  Così Gesù rivela il criterio decisivo del suo giudizio, cioè l’amore concreto per il prossimo in difficoltà. E così si rivela il potere dell’amore, la regalità di Dio: solidale con chi soffre per suscitare dappertutto atteggiamenti e opere di misericordia.
La parabola del giudizio prosegue presentando il re che allontana da sé quelli che durante la loro vita non si sono preoccupati delle necessità dei fratelli. Anche in questo caso costoro rimangono sorpresi e chiedono: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?» (v. 44). Sottinteso: “Se ti avessimo visto, sicuramente ti avremmo aiutato!”. Ma il re risponderà: «Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me» (v. 45). Alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’amore, cioè sul nostro concreto impegno di amare e servire Gesù nei nostri fratelli più piccoli e bisognosi. Quel mendicante, quel bisognoso che tende la mano è Gesù; quell’ammalato che devo visitare è Gesù; quel carcerato è Gesù; quell’affamato è Gesù. Pensiamo a questo.
Gesù verrà alla fine dei tempi per giudicare tutte le nazioni, ma viene a noi ogni giorno, in tanti modi, e ci chiede di accoglierlo. La Vergine Maria ci aiuti a incontrarlo e riceverlo nella sua Parola e nell’Eucaristia, e nello stesso tempo nei fratelli e nelle sorelle che soffrono la fame, la malattia, l’oppressione, l’ingiustizia. Possano i nostri cuori accoglierlo nell’oggi della nostra vita, perché siamo da Lui accolti nell’eternità del suo Regno di luce e di pace.


Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore - Misericordiae vultus 15: Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete. Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo. Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero (cfr Mt 25,31-45). Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine; se saremo stati capaci di vincere l’ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell’aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà; se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto; se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza; se avremo avuto pazienza sull’esempio di Dio che è tanto paziente con noi; se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle. In ognuno di questi “più piccoli” è presente Cristo stesso. La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga… per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura. Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore».


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore” (San Giovanni della Croce, Parole di luce e amore, 57).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Convertici a te, o Padre, nostra salvezza, e formaci alla scuola della tua sapienza, perché l’impegno quaresimale lasci una traccia profonda nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...