IL PENSIERO DEL GIORNO

6 Gennaio 2018

Epifania del Signore


Oggi Gesù ci dice: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1).


Dal Vangelo secondo Matteo 2,1-12: Epifania (Epiphaneia) significa venuta, manifestazione, apparizione: Oggi la Chiesa lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo, suo Sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa (Ant. al Ben. Liturgia delle Ore). I Magi ed il re Erode sono i protagonisti del racconto evangelico. I Magi si mettono in cammino guidati da una stella per andare ad adorare un bambino: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode rimane paralizzato, inchiodato nei suoi sogni di grandezza: i primi hanno il cuore colmo di una gioia grandissima, il cuore di Erode invece è divorato dalla serpe della follia e concepisce progetti omicidi, e mentendo dice ai Magi: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Ma in verità cerca il Bambino per ucciderlo. I Magi sono la primizia dei popoli che aderiranno con gioia grandissima alla Chiesa edificandola cattolica, universale, Erode è la profezia del tragico destino che attende il Messia: solo i lontani sanno che Israele ha già il Messia e lo cercano per adorarlo, benché ignorino chi è e dove trovarlo. Il doloroso destino di Cristo Gesù, di essere ignorato da compatrioti e cercato dagli estranei, incomincia a realizzarsi dall’inizio stesso della sua apparizione sulla terra. Manifestazione pubblica e pubblico rifiuto vanno uniti.


L’epifania del nostro Salvatore - C. Festa (Schede Bibliche - Ed. Dehoniane): Quando, verso la fine della vita e nell’imminenza del suo martirio (2Tim. 4,6), s. Paolo scrive dalla prigionia romana al diletto discepolo Timoteo, applica per la prima volta al mistero dell’incarnazione il vocabolo greco epiphàneia (2Tim. 1,9s), che fino allora aveva usato solo nel senso di parusia (1Tim. 6,14; Tito 2,13), ossia in relazione alla grandiosa manifestazione del Signore attesa per l’ultimo giorno: «Egli ci ha salvati e ci ha chiamati a una vocazione santa, non in base alle nostre opere. ma al suo disegno e alla sua grazia: la quale ci è stata donata fin dall’eternità, ma fu manifestata adesso con l’apparizione del nostro Salvatore Cristo Gesù, che ha vinto la morte e ha acceso la vita e l’immortalità con il Vangelo» (2Tim. 1,9s.).
Il termine epifania sta in genere a designare l’irruzione di Dio nel mondo, che appare e scompare repentinamente agli occhi degli uomini, in una forma distinta a confusa, di carattere naturale e misterioso. Ma con la nascita di Cristo l’intervento del divino nell’umano ha assunto un carattere permanente: egli è veramente «l’Emmanuele» (Is. 7,14). Dio che ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini (Gv. 1,14). Tutto questo però non è avvenuto nel corso di avvenimenti sconvolgenti e terrificanti come quelli che avevano accompagnato le manifestazioni di Iahvé nell’Antico Testamento, bensì sotto le umili e amabili sembianze di un bimbo, talché nella meditazione del mistero della natività l’elemento umano, con la sua tenera e commovente fragilità, sembra quasi avere il sopravvento sul divino.
Ma nei Vangeli scritti e, prima ancora, nel «Vangelo orale» che ha preceduto quelli «scritti», noi ci troviamo di fronte a una testimonianza di fede e non ad un semplice racconto storico. La storia dell’infanzia di Gesù non è la narrazione degli esordi della vita di un grande eroe o di un celebre sapiente, ma il preludio religioso al ministero pubblico di Gesù, e più ancora al mistero della sua morte e della sua risurrezione.
Il vangelo dell’infanzia appartiene al nucleo essenziale della storia della salvezza.
Si comprende allora perché, quando verso il secolo V, la Chiesa romana adottò la festa orientale dell’Epifania del Signore, concentrò la sua meditazione sul mistero dell’adorazione dei Magi nella quale Cristo viene presentato per la prima volta come Re e Salvatore di tutte le genti, relegando in secondo piano la vera, prima e grande epifania storica di Gesù, e cioè il suo battesimo che aveva costituito e costituisce l’oggetto principale della festa dell’Epifania nelle Chiese d’Oriente.


Ortensio Da Spinetoli (Matteo): L’avanzata processionale dei magi verso il presepio, non impedisce di osservare la marcia inversa che la nazione israelitica, rappresentata dai suoi capi, sta compiendo all’annuncio della nascita del salvatore. I magi sono pieni di gioia, gli abitanti di Gerusalemme in preda al terrore.
I giudei sono capaci di scrutare le Scritture e di scoprire il luogo predetto dal profeta per la nascita del condottiero messianico, ma non fanno nessun passo per rintracciarlo, per mettersi almeno al seguito degli adoratori stranieri. Il loro raduno nella reggia di Erode sembra piuttosto un consiglio di guerra e non una serena ricerca della volontà di Dio. La capitale messianica, la piccola Betlem, la minima tra le città di Giuda, adombra la grande Gerusalemme: questa le si lancerà contro con tutte le sue forze, ma inutilmente, il messia sfuggirà ai suoi attacchi. La tensione che il racconto dei magi riflette, abbraccia e riguarda soprattutto le lotte che la comunità apostolica deve sostenere da parte del giudaismo. Il comportamento di Erode, dei sacerdoti, degli scribi e del popolo contro il messia è lo stesso che le autorità gerosolimitane (di nuovo i sacerdoti, gli scribi ed Erode) hanno assunto contro il Cristo sia durante gli anni del ministero pubblico che nella settimana di passione. Lo stesso atteggiamento assumono, mentre l’evangelista scrive, in ogni città della Palestina, dell’Asia o della Grecia all’apparire dei predicatori evangelici. I giudei si disinteressano di indagare sull’identità del messia, si scandalizzano dei suoi umili natali, trarre più intimamente nella dignità e missione del Cristo.
Mentre i racconti precedenti cercano di mettere in luce la sua discendenza davidica e l’origine soprannaturale, il presente «episodio» scopre i lati opposti. Egli sarà non solo un «Dio con noi», ma anche un re perseguitato, un «servo sofferente», si potrebbe dire con un po’ di anticipo. Suoi antenati sono i dinasti di Giuda ma i suoi prototipi sono Mosè e l’Israele dell’esodo. Egli raccoglierà le loro prove prima di ereditare le promesse loro affidate. Prima di iniziare la propria carriera, di ripetere cioè i loro successi, deve ripercorrere, almeno spiritualmente, il loro cammino di sofferenza. Le ostilità vengono solo a caratterizzare la missione di Gesù, non ad arrestarla.


Benedetto Prete (Vangelo secondo Matteo): Magi: il nome è di origine semitica; etimologicamente significa sacerdote oppure grande. Secondo Erodoto e Senofonte i Magi costituivano presso i Medi ed i Persiani una casta: di sacerdoti che si occupavano di astronomia, di divinazione e di medicina. Per Matteo i Magi sembrano essere delle persone che si occupavano di astronomia per scoprire nel cielo segni precursori di lieti eventi; essi quindi non erano uomini dediti alla divinazione o ad arti magiche. Il loro paese di origine è indicato con un termine vago: l’oriente. Per un palestinese l’oriente era la Transgiordania; è perciò logico pensare che i  Magi venuti dall’Arabia - come si può dedurre dalla natura dei loro doni - risalirono per Moab e la Transgiordania, attraversarono il Giordano e vennero a Gerusalemme ed a Bethleem. Non è il caso di immaginare un oriente lontano come la Mesopotamia o la Persia un viaggio durato più mesi. Il testo non dice che essi erano dei re, né indica il loro numero, né i loro nomi.


Giovanni Paolo II, (Omelia, 6 Gennaio 2002): Quest’oggi, solennità dell’“Epifania”, che significa “Manifestazione”, ritorna con vigore il tema della luce. Quest’oggi il Messia, che a Betlemme si manifestò a umili pastori della regione, continua a rivelarsi luce dei popoli di ogni tempo e di ogni luogo. Per i Magi, venuti dall’Oriente ad adorarlo, la luce del “re dei Giudei che è nato” (Mt 2,2) assume la forma di un astro celeste, così splendido da attirare i loro sguardi e guidarli fino a Gerusalemme. Li pone così sulle tracce delle antiche profezie messianiche: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele...” (Nm 24,17). Quanto è suggestivo il simbolo della stella che ricorre in tutta l’iconografia del Natale e dell’Epifania! Ancor oggi evoca profondi sentimenti anche se, come tanti altri segni del sacro, rischia talora di venire banalizzato dall’uso consumistico che ne vien fatto. Tuttavia, ricollocata nel suo contesto originario, la stella che contempliamo nel presepe parla alla mente ed al cuore anche dell’uomo del terzo millennio. Parla all’uomo secolarizzato, ridestando in lui la nostalgia della sua condizione di viandante in cerca della verità e desideroso dell’assoluto. L’etimologia stessa del verbo “desiderare” evoca l’esperienza dei naviganti, i quali si orientano nella notte osservando gli astri, che in latino si chiamano “sidera”. Chi non sente il bisogno di una “stella” che lo guidi nel suo cammino sulla terra? Avvertono questa necessità sia gli individui che le nazioni. Per venire incontro a quest’anelito di universale salvezza, il Signore si è scelto un popolo, che fosse stella orientatrice per “tutte le famiglie della terra” (Gen 12,3). Con l’Incarnazione del suo Figlio, Dio ha poi allargato l’elezione ad ogni altro popolo, senza distinzione di razza e cultura. È nata così la Chiesa, formata da uomini e donne i quali, “riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti” (GS 1). Risuona, pertanto, per l’intera Comunità ecclesiale l’oracolo del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, / la gloria del Signore brilla sopra di te... Cammineranno i popoli alla tua luce, / i re allo splendore del tuo sorgere” (Is 60,1.3).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...