IL PENSIERO DEL GIORNO

5 Gennaio 2018


Oggi Gesù ci dice: “Vieni e vedi” (Gv 1,46).


Dal Vangelo secondo Giovanni 1,43-51: Filippo è, dopo Andrea e Simon Pietro, il terzo discepolo che viene chiamato con il suo nome: tutti e tre vengono da Betsaida, città di pescatori situata in riva al lago di Tiberiade. Lo scetticismo di Natanaele è comprensibile: il messia non poteva venire da una città insignificante come Nazaret. Questo contrasto tra il messia glorioso atteso e l’origine umile di Gesù è lo scandalo dell’Incarnazione. Solo la fede può vincere questo scetticismo ed entrare nel mistero del Cristo, solo la fede può sollevare il velo della  povertà della carne è conoscere che Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio, il Verbo fatto Carne (Gv 1,14). Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi:  nel vangelo di Giovanni, Gesù dà spesso prova di una conoscenza superiore degli avvenimenti e delle persone, e di essere padrone di ogni situazione che gli si presenta. Il titolo Figlio dell’uomo nel vangelo di Giovanni si ispira alla scala di Giacobbe (Gn 28,10-17), a differenza dei sinottici che fanno riferimento al libro di Daniele (7,13). Come in quell’episodio della Genesi, il riferimento agli angeli significava l’incontro e la comunicazione di Dio con gli uomini, così qui Gesù, in quanto Figlio dell’uomo, è diventato il luogo d’incontro tra Dio e l’uomo, tra il cielo e la terra.


Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): L’incontro Gesù-Natanaele è ben descritto. Gesù gli fa capire che lo conosce in profondità; anzi, che l’ha conosciuto e visto, e perciò scelto, prima ancora che Filippo lo chiamasse. Gesù già sapeva che Natanaele era un vero israelita, cioè che apparteneva a quel resto di Israele, povero e umile, che viveva, alimentandosi alle Scritture, l’ansiosa attesa del Messia. Di fronte a questa esperienza Natanaele pronuncia il suo atto di fede, premettendo di riconoscersi discepolo. Egli chiama Gesù «Rabbi», cioè «Maestro», e poi aggiunge: «Tu sei il Figlio di Dio; tu sei il re d’Israele», Il suo atto di fede è unicamente fondato sulle Scritture ed è strettamente legato alle profezie messianiche davidiche. L’espressione «Figlio di Dio» non ha qui la solennità di 1,34. Qui è spiegata dall’espressione: «Tu sei il re d’Israele». Il Messia, atteso come discendente di Davide, era, secondo la promessa, chiamato «Figlio di Sion (2 Sam 7,14; Sal 89,4-3.27-28).Natanaele si mantiene come Filippo, in un orizzonte puramente nazionalistico. E Gesù che lo porta a conoscere il di più: «Vedrai cose maggiori di queste»; e poi passa all’uso del plurale, chiaro indizio che qui Natanaele è visto come tipo di un gruppo Natanaele: «Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo» (1,51).
Natanaele, sentendo Gesù, è subito riportato alle Scritture, a quanto scrisse Mosè; in particolare al sogno di Giacobbe (Gn 28,10-22). Ora però, si parla di «cielo aperto» e non si parla di «terra»; perciò non si può dire con Giacobbe: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è la casa di Dio questa è la porta del cielo». Ora questo luogo, questa casa, questa porta è il Figlio dell’uomo, come ama chiamarsi Gesù; ed è lui che apre la via del cielo.
È difficile dire che cosa, quel giorno, abbia capito Natanaele, ma è certo che per l’evangelista e la comunità cristiana Gesù è il tempio di Dio, il luogo di incontro tra Dio e l’umanità, tra Dio e ciascun uomo, Certamente le Scritture (per noi cristiani l’Antico Testamento) ci parlano e ci conducono a Gesù, come hanno condotto Filippo e Natanaele. Il compimento delle Scritture, però, va oltre il previsto: la realtà supera sempre la promessa.


Vieni e vedi: Benedetto XVI (Udienza Generale, 6 settembre 2006): Il Quarto Vangelo racconta che, dopo essere stato chiamato da Gesù, Filippo incontra Natanaele e gli dice: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe, di Nazaret” (Gv 1,45). Alla risposta piuttosto scettica di Natanaele (“Da Nazaret può forse venire qualcosa di buono?”), Filippo non si arrende e controbatte con decisione: “Vieni e vedi!” (Gv 1,46). In questa risposta, asciutta ma chiara, Filippo manifesta le caratteristiche del vero testimone: non si accontenta di proporre l’annuncio, come una teoria, ma interpella direttamente l’interlocutore suggerendogli di fare lui stesso un’esperienza personale di quanto annunciato. I medesimi due verbi sono usati da Gesù stesso quando due discepoli di Giovanni Battista lo avvicinano per chiedergli dove abita. Gesù rispose: “Venite e vedrete” (cfr. Gv 1,38-39). Possiamo pensare che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento. Anche a noi dice quanto disse a Natanaele: “Vieni e vedi”. L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino. In effetti, l’amicizia, il vero conoscere l’altro, ha bisogno della vicinanza, anzi in parte vive di essa. Del resto, non bisogna dimenticare che, secondo quanto scrive Marco, Gesù scelse i Dodici con lo scopo primario che “stessero con lui” (Mc 3,14), cioè condividessero la sua vita e imparassero direttamente da lui non solo lo stile del suo comportamento, ma soprattutto chi davvero Lui fosse. Solo così infatti, partecipando alla sua vita, essi potevano conoscerlo e poi annunciarlo. Più tardi, nella Lettera di Paolo agli Efesini, si leggerà che l’importante è “imparare il Cristo” (4,20), quindi non solo e non tanto ascoltare i suoi insegnamenti, le sue parole, quanto ancor più conoscere Lui in persona, cioè la sua umanità e divinità, il suo mistero, la sua bellezza. Egli infatti non è solo un Maestro, ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani? L’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo. Ecco: è proprio questo che ci ricorda l’apostolo Filippo. E così ci invita a “venire”, a “vedere”, cioè ad entrare in un contatto di ascolto, di risposta e di comunione di vita con Gesù giorno per giorno.


Vedrete il cielo aperto... Catechismo della Chiesa Cattolica n. 326: «Il cielo», o «i cieli», può indicare il firmamento, ma anche il «luogo» proprio di Dio: il nostro «Padre che è nei cieli» (Mt 5,16) e, di conseguenza, anche il «cielo» che è la gloria escatologica. Infine, la parola «cielo» indica il «luogo» delle creature spirituali - gli angeli - che circondano Dio.


... e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo: Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 350-352: Gli angeli sono creature spirituali che incessantemente glorificano Dio e servono i suoi disegni salvifici nei confronti delle altre creature: «Ad omnia bona nostra cooperantur angeli - Gli angeli cooperano ad ogni nostro bene». Gli angeli circondano Cristo, loro Signore. Lo servono soprattutto nel compimento della sua missione di salvezza per tutti gli uomini. La Chiesa venera gli angeli che l’aiutano nel suo pellegrinaggio terreno e che proteggono ogni essere umano.


Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): A) ACCOSTARSI A GESÙ CON SINCERITÀ - Natanaele è stato trasformato dall’incontro con Gesù, perché in lui non c’era falsità; egli si è accostato al Maestro con cuore sincero e semplice. Chi invece vive nell’ipocrisia, è impermeabile all’azione salvifica della parola e della persona di Gesù. Tali furono i giudei. Perché il Cristo possa convertire i cuori, perché la parola di Dio possa cambiare radicalmente la nostra esistenza, è necessario avvicinarsi a queste realtà salvifiche con semplicità e sincerità, con la disponibilità del discepolo che vuole accogliere tutto dal suo Maestro e Dio. B) ACCOGLIERE LA PAROLA E LA PERSONA DI GESÙ - Nella pericope della vocazione dei primi discepoli Gesù è presentato come il Messia escatologico che porta la rivelazione perfetta e definitiva. A noi il bisogno, più che al dovere, di accogliere la parola del figlio di Dio. Gesù inoltre realizza le Scritture. Noi viviamo la bibbia, quando crediamo nel Cristo, quando polarizziamo la nostre esistenza verso la sua persona. Il Verbo incarnato è la rivelazione piena e perfetta dell’amore del Padre; quindi per ottenere la salvezza, dobbiamo accogliere e accettare la persona del figlio di Dio. Gesù è il re messianico, in quanto testimone della verità ossia in quanto rivelatore escatologico. A noi il dovere e il bisogno di ascoltare la voce del Maestro, di accogliere la sua rivelazione, facendola penetrare nel nostro cuore, affinché trasformi tutta Ia nostra viva, rendendola conforme al messaggio evangelico.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  Il Verbo incarnato è la rivelazione piena e perfetta dell’amore del Padre; quindi per ottenere la salvezza, dobbiamo accogliere e accettare la persona del figlio di Dio.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nella nascita del tuo unico Figlio hai dato mirabile principio alla nostra redenzione, rafforza la fede del tuo popolo, perché sotto la guida del Cristo giunga alla meta della gloria eterna. Egli è Dio, e vive e regna con te...