IL PENSIERO DEL GIORNO

3 Gennaio 2018


Oggi Gesù ci dice: “Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie” (Salmo Responsoriale).


Dal Vangelo secondo Giovanni 1,29-34: Gesù agli inizi della sua missione, incomincia il suo cammino fra i peccatori e in solidarietà con essi, prendendo su di sé i loro peccati. Gesù è l’agnello di Dio, un’ immagine biblica che rievoca quella del servo sofferente di Ihawè che, come agnello mansueto, viene condotto al macello e porta su di sé i peccati del popolo (cfr. Isaia 53,4-7.11-12), e quella dell’agnello pasquale di Esodo (12,46) che l’evangelista accosterà più tardi alla morte innocente di Gesù in croce. La testimonianza del Battista si conclude con la proclamazione di Gesù Figlio di Dio. Tale riconoscimento non è frutto di conoscenza umana, ma è dono dello Spirito. Infatti Giovanni dichiara di non aver conosciuto la persona di Gesù nella profondità del suo mistero di Figlio di Dio, se non dopo aver visto lo Spirito discendere come una colomba dal cieli e rimanere su di lui (cfr. Is 11,2; 61,1).


Ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio - Ecco l’agnello di Dio... Applicando a Gesù il termine agnello, l’evangelista Giovanni offre al suo lettore diverse possibili interpretazioni. Le più comuni sono quelle che si rifanno all’agnello pasquale con cui è stato salvato il popolo d’Israele (Cf. Es 12,3) oppure all’Agnello apocalittico che distruggerà il male presente nel mondo (Cf. Ap 5,7; 17,14). Possono essere questi i riferimenti a cui il Precursore si è ispirato, ma poiché in aramaico per dire agnello si usa la parola talya, e la stessa parola designa anche il servo, al testo giovanneo possono essere date altre interpretazioni.
Giovanni Battista, può essersi ispirato al noto vaticinio presente nel quarto canto del servo del Signore: «Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello; come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53,7); oppure al servo sofferente preconizzato dal profeta Isaia: «Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,4).
Ma forse, il Precursore, ha voluto unire intenzionalmente in una sola parola i due significati presentando in questo modo Gesù servo e agnello: un lavoro di sutura con il quale assomma la sofferenza vicaria del Figlio di Dio alla sua umile e mite obbedienza alla volontà del Padre, «fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). Gesù è il servo-luce (Cf. Gv 3,19s; 12,46) che porterà «la salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6) e allo stesso tempo è l’Agnello-immolato (Cf. Gv 19,36; Ap 5,6), «colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29).
È probabile che il precursore abbia usato di proposito questa parola per assommare i due significati, ma «l’evangelista, scrivendo in greco, abbia dovuto scegliere» (Bibbia di Gerusalemme).
In ogni caso, con questa “immagine”, o faccia riferimento al servo-luce delle nazioni o all’agnello-immolato per la salvezza del popolo, bene viene messa in evidenza la missione del Verbo di Dio: strade intrise di sangue, di pene e di dolori indicibili che si incroceranno, sul Golgota, con la Croce, il supplizio infamante degli schiavi.
Comunque, il riferimento all’Agnello apocalittico che toglie il peccato del mondo «corrisponderebbe meglio al modo di pensare del Battista, così come possiamo trovarlo nei Sinottici: egli annuncia la venuta di colui che “ha in mano il ventilabro” e “pulirà la sua aia... brucerà la pula” [Matteo 3,12]. Egli in questo modo coincide con la concezione apocalittica, espressa in molti testi dell’epoca, dell’Agnello regale che lotta contro le fiere e distrugge il mondo cattivo [vedi Apocalisse 14,10; 17,14]. Qui però l’immagine ebraica è stata capovolta dalla fede cristiana: nell’Apocalisse, il combattimento dell’Agnello è la sua morte e sulla bocca del Battista non sono più i peccatori che sono vinti, ma il peccato del mondo che è tolto dall’Agnello di Dio» (I Quattro Vangeli Commentati, ELLEDICI).
... colui che toglie il peccato del mondo! Il peccato «al singolare indica la situazione in cui si trovavano gli uomini e che l’agnello di Dio prende su di sé per togliere» (Giuseppe Segalla). Mondo nel Vangelo di Giovanni indica l’ambiente in cui l’uomo vive, oppure gli uomini che lo abitano e che Dio ama e salva in Gesù (Cf. Gv 3,16-17), oppure tutto quello che si oppone al Vangelo di Gesù e alla salvezza da lui offerta (Cf. Gv 17,1s).
Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele. Che Giovanni Battista non conoscesse Gesù fa pensare che il quarto vangelo ignori la tradizione sull’infanzia di Gesù (Cf. Lc 1,41). Ma probabilmente il significato è ben diverso: nessuno può da solo conoscere il mistero di Gesù. C’è bisogno della rivelazione del Padre. Il battesimo di Giovanni non è un battesimo di perdono dei peccati, ma di preparazione alla rivelazione di Gesù. Il verbo manifestare (rivelare) è proprio del quarto vangelo ed indica l’uscire di Gesù dalle tenebre per essere visto e conosciuto dagli uomini.
Nella testimonianza del Battista vi è ancora un’immagine: Ho contemplato lo Spirito Santo discendere come una colomba.
La colomba, già presente in vari testi scritturali (come simbolo della nuova creazione nel libro della Genesi [8,8], come figura amorosa nel Cantico dei Cantici [2,14; 4,1; 5,2.12; 6,9] o della comunità d’Israele in Osea [11,11]), qui è il simbolo dello Spirito Santo che viene nel mondo rinnovandolo con il dono della pace, costituendolo nuovo Israele, la vera e unica Chiesa di Dio, e per unirlo come sposo, in mistiche nozze, al suo Creatore (Ap 21,2).
Lo Spirito si posa e rimane su Gesù: Giovanni, con quest’ultimo verbo, ama sottolineare il legame durevole della relazione tra il Padre e il Figlio e tra il Figlio e i discepoli. Ma il verbo rimanere è anche importante perché «nel quarto vangelo questo è il verbo che rende possibile il “portare frutto” [pensiamo al capitolo 15: nei primi versetti questo verbo compare ben 10 volte!]. “Rimanendo” in Gesù, lo Spirito Santo ne rende possibile il “portare frutto”, cioè ne rende possibile la missione, l’obbedienza al Padre, il cammino verso l’“ora” [tema caratteristico di Giovani], l’accettare la croce e l’esaltazione della gloria di Pasqua» (Don Primo Gironi).
Ed è stata la discesa dello Spirito Santo a manifestare al Battista la dignità messianica di Gesù.
E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio. Nell’annuncio del Precursore Figlio di Dio significa Messia, ma per i lettori cristiani esprime pure la sua Divinità come intende suggerire l’evangelista Giovanni (Cf. Gv 21,30-1). Quella di Giovanni Battista, è una professione di fede che dovrebbe risuonare nei cuori di tutti i credenti e «in tutto il mondo» (Mc 16,15) perché creda e si salvi.


Catechismo della Chiesa Cattolica

Il battesimo di Gesù n. 536: Il battesimo di Gesù è, da parte di lui, l’accettazione e l’inaugurazione della sua missione di Servo sofferente. Egli si lascia annoverare tra i peccatori; è già «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29); già anticipa il «battesimo» della sua morte cruenta. Già viene ad adempiere «ogni giustizia» (Mt 3,15), cioè si sottomette totalmente alla volontà del Padre suo: accetta per amore il battesimo di morte per la remissione dei nostri peccati. A tale accettazione risponde la voce del Padre che nel Figlio suo si compiace. Lo Spirito, che Gesù possiede in pienezza fin dal suo concepimento, si posa e «rimane» su di lui. Egli ne sarà la sorgente per tutta l’umanità. Al suo battesimo, «si aprirono i cieli» (Mt 3,16) che il peccato di Adamo aveva chiuso; e le acque sono santificate dalla discesa di Gesù e dello Spirito, preludio della nuova creazione.

Ecco l’agnello di Dio n. 608: Dopo aver accettato di dargli il battesimo tra i peccatori, Giovanni Battista ha visto e mostrato in Gesù l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo. Egli manifesta così che Gesù è insieme il Servo sofferente che si lascia condurre in silenzio al macello e porta il peccato delle moltitudini e l’Agnello pasquale simbolo della redenzione di Israele al tempo della prima pasqua. Tutta la vita di Cristo esprime la sua missione: servire e dare la propria vita in riscatto per molti.

Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui n. 1286: Nell’Antico Testamento, i profeti hanno annunziato che lo Spirito del Signore si sarebbe posato sul Messia atteso in vista della sua missione salvifica. La discesa dello Spirito Santo su Gesù, al momento del suo Battesimo da parte di Giovanni, costituì il segno che era lui che doveva venire, che egli era il Messia, il Figlio di Dio. Concepito per opera dello Spirito Santo, tutta la sua vita e la sua missione si svolgono in una totale comunione con lo Spirito Santo che il Padre gli dà «senza misura» (Gv 3,34).

Figlio unico di Dio n. 441: Figlio di Dio, nell’Antico Testamento, è un titolo dato agli angeli, al popolo dell’elezione, ai figli d’Israele e ai loro re. In tali casi ha il significato di una filiazione adottiva che stabilisce tra Dio e la sua creatura relazioni di una particolare intimità. Quando il Re-Messia promesso è detto «figlio di Dio», ciò non implica necessariamente, secondo il senso letterale di quei testi, che egli sia più che umano. Coloro che hanno designato così Gesù in quanto Messia d’Israele forse non hanno inteso dire di più.


Catechismo degli Adulti

Figlio di Dio

293: “Figlio di Dio”, nell’Antico Testamento, veniva chiamato Israele, in quanto scelto da Dio e prediletto tra tutti i popoli; e poi anche il re di Israele, in quanto governava come rappresentante di JHWH. La fede cristiana delle origini, attribuendo a Gesù questo titolo, lo intese in un senso incomparabilmente più alto: Gesù è  il Figlio unico di Dio, eternamente partecipe della sua vita, eternamente amato

  
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Chi rimane in Dio non pecca (I Lettura).
Questa parola cosa ti suggeriscono?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, tu hai voluto che l’umanità del Salvatore, nella sua mirabile nascita dalla Vergine Maria, non fosse sottoposta alla comune eredità dei nostri padri; fa’ che liberati dal contagio dell’antico male possiamo anche noi far parte della nuova creazione, iniziata da Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo...