IL PENSIERO DEL GIORNO

21  Gennaio 2018

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)


Oggi Gesù ci dice: “Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15).


Dal Vangelo secondo Marco 1,14-20: Il tempo è compiuto (Cf. Gal 4,4), la Parola si è fatta Carne (Cf. Gv 1,14); ora, il Verbo attraversa le strade dell’uomo «che egli ama», invitandolo ad abbandonare le tortuose vie del peccato ed entrare nel Regno già presente nella Persona di Gesù. Le condizioni fondamentali sono due: convertirsi e credere al Vangelo.


Catechismo degli Adulti 107: Gesù di Nàzaret non insegna una visione del mondo, ricavata dalla comune esperienza umana, un insieme di verità religiose e morali, frutto di riflessione particolarmente penetrante. Si presenta piuttosto come il messaggero di un avvenimento appena iniziato e in pieno svolgimento. Il suo, prima di essere un insegnamento, è un annuncio, un grido di gioia: viene il regno di Dio!
Una semplice frase, collocata in apertura del vangelo di Marco, riassume tutta la sua predicazione: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15). Questa è la buona notizia che Gesù ha da comunicare. Questa è la causa per cui vive, la ferma speranza che lo sostiene.


Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo»: Catechismo della Chiesa Cattolica 1427: Gesù chiama alla conversione. Questo appello è una componente essenziale dell’annuncio del Regno: «Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è ormai vicino; convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Nella predicazione della Chiesa questo invito si rivolge dapprima a quanti non conoscono ancora Cristo e il suo Vangelo. Il Battesimo è quindi il luogo principale della prima e fondamentale conversione. È mediante la fede nella Buona Novella e mediante il Battesimo che si rinuncia al male e si acquista la salvezza, cioè la remissione di tutti i peccati e il dono della vita nuova.


Senza la conversione non si può entrare nel regno di Dio: Catechismo della Chiesa Cattolica 545: Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: «Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17). Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l’infinita misericordia del Padre suo per loro e l’immensa «gioia» che si fa «in cielo per un peccatore convertito» (Lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita «in remissione dei peccati» (Mt 26,28)


Convertitevi e credete al Vangelo - L’introduzione del Vangelo di Marco (1,1-13) abbraccia una trilogia: la predicazione di Giovanni Battista, il battesimo di Gesù e il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto. Tutto questo fa da sfondo al breve brano marciano di questa III domenica «per annum». La pagina evangelica odierna contiene l’inizio del ministero pubblico di Gesù e il racconto vocazionale di Simon Pietro, del fratello Andrea, di Giacomo e Giovanni suo fratello.
L’inizio del ministero pubblico di Gesù in Galilea sta ad indicare che i tempi sono compiuti (Cf. Gal 4,4) e questo significa che non solo «le Scritture [Mt 1,22] e la legge [Mt 5,17], ma tutta l’economia dell’antica alleanza è portata da Dio alla pienezza [Mt 9,17; 26,28; Rom 10,4; 2Cor 3,14-15; Eb 10,1.14; ecc.]. Al termine di quest’ultimo periodo della storia [1Cor 10,11; 1Tm 4,1; 1Pt 1,5.20; 1Gv 2,18], che è la “fine dei tempi” [Eb 9,26], sopraggiungerà un’altra fine, quella “del tempo” [Mt 13,40.49; 24,3; 28,20], cioè il “giorno” [1Cor 1,8; Cf. Am 5,18] della venuta del Cristo [1Cor 15,23], della sua rivelazione [1Cor 1,7] e del giudizio [Rom 2,6; Cf. Sal 9,5]» (Bibbia di Gerusalemme).
L’annuncio del Cristo è in sintonia con la predicazione dei profeti e di Giovanni Battista: una predicazione «gridata» (Gv 1,23), il cui cuore era la necessità di convertirsi, di abbandonare le vie tortuose del peccato, di cambiare mentalità e stile di vita. Ma il messaggio di Gesù porta con sé una novità. Essa sta nel fatto che ora, nella Persona di Gesù, il regno di Dio è vicino, o meglio «è già presente», e questo consente all’uomo di buona volontà di stabilire una nuova relazione con Dio: la Buona Novella che Gesù predica non è più rivolta a un popolo, ma al cuore di ogni uomo colto nella situazione concreta della sua vita. Un invito perché egli si apra spontaneamente alla signoria di Dio.
L’accoglienza del Vangelo, letteralmente «buona notizia», avviene nella fede che comporta il cambiamento del modo di pensare e di vivere.
Gesù chiede un capovolgimento totale e radicale nel modo di pensare, nei comportamenti, nell’impostazione della vita: «Chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità [...]. Chi dice di rimanere in Cristo, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (1Gv 2,4-6).
Soltanto l’uomo che «davanti a Dio diventa come un bambino, come un servo inutile, come un pubblicano pentito può entrare nel regno dei cieli. Conversione significa allora: abbandonare le categorie valide fino ad allora e conformarsi completamente a Gesù per condividere, alla sua sequela, gli altri tesori del tempo messianico con i discepoli di Gesù. Così è Gesù stesso l’elemento critico della conversione» (Erich Zenger).
Infine, la chiamata dei primi quattro Apostoli. Se il Vangelo di Marco ha avuto la sua gestazione nella comunità congregatasi dopo la risurrezione del Cristo, allora le scene di vocazioni nel racconto marciano trasudano di riflessione teologica; perciò ogni parola e ogni gesto hanno un peso specifico per spiegare la grazia della sequela.
Innanzi tutto, l’accento va posto sulla prontezza della risposta umana: «subito lasciate le reti... lasciarono il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono». Questa prontezza diventa così il paradigma di ogni vocazione.
Gesù non è un solitario, ma cerca collaboratori per portare a compimento la sua missione di salvezza e di redenzione. Anche loro avranno la missione di promuovere la conversione al Regno e l’accetta-zione della sua Magna Charta: «Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio [...]. Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome» (Rom 1,1.5).
Nei primi quattro chiamati vi è in seme la Chiesa che avrà la gioia e l’onere di continuare a ripetere al mondo l’annuncio del Cristo: «Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo».
Che l’iniziativa della chiamata dei quattro pescatori è di Gesù, questo sta a dire che si diventa cristiani e Chiesa non per iniziativa propria ma grazie alla chiamata di Gesù, risuonata storicamente una volta in terra di Galilea, e da allora sempre riecheggiante in tutti gli angoli della terra.
La missione dei vocati, che si esplica nel pescare gli uomini, non è in riferimento alla loro professione, ma con il fatto che il popolo credeva che il mare, essendo la quintessenza della potenza caotica e demoniaca, fosse il sito di residenza dei demoni e delle potenze caotiche; per cui nella indicazione vi è tutto il ministero degli Apostoli, quello di trarre fuori dal peccato e dalla morte tutti gli uomini. In questa chiamata si realizza un’altra promessa di Dio preconizzata dal profeta Geremia: «E io [il Signore,] ricondurrò [gli Israeliti] nella loro terra che avevo concesso ai loro padri. Ecco, io invierò numerosi pescatori a pescarli» (Ger 16,14-18).
Apostolato e sequela sono inscindibili: si è sempre chiamati per una missione. Diventare «pescatori d’uomini, anche alla luce di Ger 16,14-18, vuol dire proclamare a tutti la convocazione finale per la salvezza. La chiamata è sempre orientata, in forme diverse, alla costruzione di comunità» (P. Luigi Di Pinto, s.j.).


Regno di Dio - Anselm Urban: L’espressione greca basileia theoù (“regalità di Dio” - ebraico malkut JHWH) designa in primo luogo il potere esercitato, l’effettivo governare di Dio. In genere sarebbe consigliabile la traduzione “signoria di Dio”. Tuttavia s’intende talvolta un particolare ambito o stato nel quale la sovranità di Dio si esplica pienamente, in tal caso si parla di regno.
“Regno dei cieli” (in Mt: meglio: “signoria dei cieli”) perifrasa soltanto il nome di Dio e sarebbe totalmente frainteso se fosse concepito come un “regno al di sopra delle nubi”: si tratta della pretesa di governo che Dio avanza su questo mondo. Nell’Antico Testamento si parla molto della sovranità regale di JHWH, ma raramente nel senso di “regno”. In 1Cr 17,14 viene chiamato così il regno davidico (idealizzato teocraticamente); nelle visioni di Daniele i regni di questo mondo vengono sostituiti dal regno del figlio dell’uomo (7,14 - e rispettivamente del popolo dei santi, come accenna il v. 27). Mentre nel giudaismo rabbinico la “signoria dei cieli” è piuttosto un’entità spirituale, nell’apocalittica vive e si sviluppa ulteriormente (naturalmente accanto a speculazioni escatologiche) la grande visione dei profeti (per es. Is 11): un regno universale di pace e di salvezza che trasforma anche la creazione, una vita purificata degli uomini al di là della colpa e del peccato, sotto l’ordine onnicomprensivo della legge divina. Gesù non annuncia né un regno politico, né puramente spirituale ­ morale, ma si ricollega alle visioni profetiche. La novità è che tutto ciò è “vicino” (Mc 1,15), “è alle porte” (13,19). Il regno non viene attraverso i nostri sforzi, per quanto noi siamo assegnati al lavoro nella vigna (Mt 20,1ss), ma cresce soltanto ad opera di Dio (cf. Mc 4,26-29). Si può essere certamente “collaboratori” per il regno (Col 4,11), ma “edificare il regno” lo può soltanto Dio stesso. A noi rimane l’umile invocazione: “Venga il tuo regno!” (Mt 6,10).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Ora, l’appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa che «comprende nel suo seno i peccatori» e che, «santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento». Questo sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana. È il dinamismo del «cuore contrito» (Sal 51,19) attirato e mosso dalla grazia a rispondere all’amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo. (Catechismo della Chiesa Cattolica 1428)
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono, fa’ che sentiamo l’urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l’anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te...