IL PENSIERO DEL GIORNO

11 Gennaio 2018

FERIA DELLA I SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)



Oggi Gesù ci dice: “Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).


Dal Vangelo secondo Marco 1,40-45: La guarigione del lebbroso rivela il cuore misericordioso e compassionevole di Gesù, ma è anche un messaggio chiaro ai suoi discepoli e al popolo d’Israele: Gesù con i suoi miracoli mostra che le sue opere inaugurano veramente l’èra messianica, ma sotto forma di doni e di salvezza e non di condanna e di castigo (Cf. Lc 4,17-21).


I Quattro Vangeli commentati (Elledici): versetto 41. Compassione. Alcuni antichi manoscritti leggono qui «irritato». Questa variante potrebbe costituire il testo primitivo. Comunque il v. 43 che in greco parla di severità e anche di irritazione ha in sé qualcosa di sorprendente.
Dobbiamo osservare che, stando al testo greco, nei vv. 43 e 45 il lebbroso esce (lo cacciò fuori: v. 43; uscito: v. 45). Questo suppone che sia prima entrato in un villaggio o in una casa, e ha reso impuri quei luoghi, contaminandoli e violando la legge. Evidentemente Gesù agli inizi del suo ministero cercava di osservare e di far osservare la legge. Per questo si irrita contro il lebbroso, lo caccia via e gli ordina di presentarsi al sacerdote.
Però il racconto è pieno di asprezze e dominato da tensioni: il lebbroso accorre, Gesù s’irrita. Lo guarisce ma poi rudemente lo manda via. Gli ordina di tacere, ma il lebbroso guarito diffonde apertamente la notizia. Gesù vuole isolarsi, ma tutti accorrono. Questo carattere del racconto è destinato a suggerire che Gesù a causa dell’osservanza della legge si trova come impacciato da legami? Le controversie che si verificheranno in seguito mostreranno come Gesù per compiere la sua missione sarà obbligato a liberarsi dalla legge.
versetto 44. Sacerdote. Il contrasto tra il ruolo del sacerdote, che si limita a costatare l’avvenuta guarigione, e l’azione di Gesù, che dà la guarigione, sottolinea l’efficacia della parola di Gesù, in opposizione alla inefficacia della legge.
Quello che Mosè ha ordinato. Qui si parla della legge mosaica che senz’altro va intesa in senso ampio. Difatti essa non soltanto ingloba un codice legislativo e prescrizioni rituali, ma trasmette un insegnamento rivelato attinente alla storia e aperto alla realizzazione delle promesse. Tuttavia per gli autori del Nuovo Testamento l’espressione «la legge » esprime molto sovente un regime di relazione tra l’uomo e Dio. Esso non misconosce l’iniziativa di Dio e l’importanza della fiducia in lui, ma subordina la salvezza al compimento delle opere imposte dalla legge.
San Paolo capovolge i dati del problema: l’essere cristiano non è qualcosa di indifferente, ma invece di essere una condizione previa alla salvezza, ne è la conseguenza. La salvezza è donata da Cristo gratuitamente, per amore. La fede è riconoscere questa generosità di Dio.
È naturale che si incontri in Marco una prospettiva simile, anche se non elaborata allo stesso grado di precisione raggiunto nelle lettere di Paolo. Questo è tanto più ovvio se si pensa che il vangelo di Marco fu con tutta probabilità scritto nella stessa comunità alla quale era stata indirizzata la lettera ai Romani.


Se vuoi - Pur consapevole di infrangere la Legge di Mosè che lo voleva segregato, il lebbroso si prostra ai piedi di Gesù per implorare la guarigione.
Se vuoi, puoi purificarmi: con questa decisa invocazione vuole dare forza alla sua preghiera; egli è profondamente certo che la guarigione può scaturire solo da un atto positivo della volontà del Cristo. Escluso dalla comunità ebraica a motivo della sua malattia, non chiede semplicemente di essere guarito, ma di tornare ad essere “puro”, reintrodotto nel consorzio umano, quello sociale e religioso.
Ne ebbe compassione, «in greco abbiamo un verbo, che risente della mentalità semitica, giacché indica propriamente un movimento delle viscere, considerate come sede dei sentimenti. Nella nostra lingua abbiamo qualcosa di simile quando parliamo di “amore sviscerato”» (Adalberto Sisti).
Ma a conturbare è il gesto di toccare il lebbroso.
Gesù rompendo ogni schema legale e ogni norma di prudenza scandalizza i presenti. Una affermazione che non è esagerata se si tiene presente che il lebbroso, era considerato alla stregua di un morto.
La lebbra, considerata come una punizione inflitta da Dio (Cf. Num 12,9s; 2Sam 3,29; 2Re 5,27; 15,5), rendeva impuri con conseguenze aberranti e degradanti per l’infettato: non solo era tagliato fuori dal consorzio civile, ma soprattutto era reso inabile alla liturgia del tempio e quindi escluso dalla stessa salvezza. La sua presenza infettava e rendeva impuri. Toccare un lebbroso era come toccare un morto. Una conferma viene dallo storico ebreo Giuseppe Flavio: i lebbrosi stavano «sempre fuori dalle città; dal momento che essi non potevano incontrare nessuno non erano in nulla diversi da un cadavere» (Antichità Giudaiche, III, 11,3).
Lo voglio, sii purificato cioè sii puro: Gesù, toccandolo, lo purifica e lo restituisce alla vita.
Ma quello che veramente sconcerta è il modo con il quale Gesù allontana il lebbroso dopo la guarigione: ammonendolo severamente, lo cacciò via subito (letteralmente: sdegnandosi con lui subito lo rimandò). Un gesto che è palesemente in contraddizione con la compassione mostrata inizialmente verso il lebbroso. Perché Gesù si è comportato in questo modo? L’atteggiamento di Gesù «sembra duro; ma può essere stato provocato sia dal fatto che il lebbroso non aveva tenuto conto delle regole di segregazione, sia dal desiderio dello stesso Gesù di non provocare un eccessivo entusiasmo tra la folla, come appare dal successivo comando di non parlare della cosa a nessuno» (Adalberto Sisti).
Va’ a mostrarti al sacerdote: la Legge infatti prescriveva che l’avvenuta purificazione doveva essere comprovata dai sacerdoti e suggellata da sacrifici. Sarebbe servito anche come testimonianza per loro: si credeva che nel tempo della salvezza non ci sarebbe stata più la lebbra. Le guarigioni dalla lebbra compiute da Gesù indicano perciò che il tempo della salvezza è giunto (Cf. Mt 8,2-4; 11,5). L’uomo, per Rinaldo Fabris, ormai «purificato deve essere riammesso nella comunità. Là dove arriva il regno di Dio cadono le barriere e le esclusioni; i tutori dell’antica legislazione devono riconoscere che questo è una prova del tempo nuovo. Il lebbroso guarito allora può diventare un “annunciatore della parola” [...], colui che comunica il messaggio nuovo racchiuso nel gesto di Gesù».
All’ordine tassativo di non dire nulla a nessuno, segue l’evidente violazione della consegna da parte dell’uomo, ormai guarito dalla lebbra. Gesù vuole evitare facili entusiasmi, non vuole che il popolo sia attratto unicamente dai suoi miracoli, ma è difficile nascondere un fatto così clamoroso.
Come è già successo altre volte, Gesù, a motivo del miracolo svelato dall’improvvisato banditore, non può più entrare nei centri abitati, ma è obbligato a starsene riparato in luoghi solitari. Ma questo non scoraggia la gente che numerosa si affolla attorno alla sua persona. La gente forse non ha capito il mistero del Cristo e lo cerca per un tornaconto personale, ma certamente ha compreso in modo netto una cosa: incontrare quel giovane Maestro, essere toccati da lui, ascoltare la sua parola è come l’essere introdotti in un nuovo mondo dove si respira il profumo della libertà, della sanità corporale e spirituale, della salvezza.


La lebbra: Pierre Grelot: Nella stessa categoria della lebbra propriamente detta (nega’, parola che significa
anzitutto «piaga, colpo»), la Bibbia raggruppa sotto nomi diversi parecchie affezioni cutanee particolarmente contagiose, e persino la muffa delle vesti e dei muri (Lev 13,47 ...; 14,33 ...).
1. La lebbra, impurità e castigo divino. - Per la legge, la lebbra è un’impurità contagiosa; perciò il lebbroso è escluso dalla comunità sino alla sua guarigione ed alla sua purificazione rituale, che esige un sacrificio per il peccato (Lev 13-14). Questa lebbra è la «piaga» per eccellenza con cui Dio colpisce (naga’) i peccatori. Israele ne è minacciato (Deut 28,27.35). Gli Egiziani ne sono colpiti (Es 9,9 ss), e così pure Maria (Num 12,10-15) ed Ozia (2 Cron 26.19-23). Essa è quindi, per principio, un segno del peccato. Tuttavia. se il servo sofferente è colpito (nagal; Vg: leprosum) da Dio, per modo che ci si scosta da lui come da un lebbroso, si è perché, quantunque innocente, egli porta i peccati degli uomini che saranno guariti in virtù delle sue piaghe (Is 53,3-12; cfr. Sal 73,14). 2. La guarigione dei lebbrosi. - Può essere naturale, ma anche avvenire per miracolo, come quella di Naaman nelle acque del Giordano (2 Re 5), segno della benevolenza divina e della potenza profetica. Gesù, quando guarisce i lebbrosi (Mt 8,1-4 par.; Lc 17, 11-19), trionfa della piaga per eccellenza; ne guarisce gli uomini di cui prende su di sé le malattie (Mt 8,17). Purificando i lebbrosi e reinserendoli nella comunità, egli abolisce con un atto miracoloso la separazione tra il puro e l’impuro. Se prescrive ancora le offerte legali, lo fa a titolo di testimonianza: i sacerdoti constateranno in tal modo il suo rispetto della legge e nello stesso tempo il suo potere miracoloso. Unita alle altre guarigioni, quella dei lebbrosi è quindi un segno che egli è proprio «colui che deve venire» (Mt 11,5 par.). Anche i Dodici, mandati da lui in missione, ricevono l’ordine ed il potere di mostrare con questo segno che il regno di Dio è giunto (Mt 10,8).


Benedetto XVI (Angelus, 12 Febbraio 29012): Il Vangelo di questa domenica (Mc 1,40-45) ci mostra Gesù a contatto con la forma di malattia considerata a quei tempi la più grave, tanto da rendere la persona “impura” e da escluderla dai rapporti sociali: parliamo della lebbra. Una speciale legislazione (cfr Lv 13-14) riservava ai sacerdoti il compito di dichiarare la persona lebbrosa, cioè impura; e ugualmente spettava al sacerdote constatarne la guarigione e riammettere il malato risanato alla vita normale.
Mentre Gesù andava predicando per i villaggi della Galilea, un lebbroso gli si fece incontro e gli disse: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Gesù non sfugge al contatto con quell’uomo, anzi, spinto da intima partecipazione alla sua condizione, stende la mano e lo tocca - superando il divieto legale - e gli dice: “Lo voglio, sii purificato!”. In quel gesto e in quelle parole di Cristo c’è tutta la storia della salvezza, c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni. In quel contatto tra la mano di Gesù e il lebbroso viene abbattuta ogni barriera tra Dio e l’impurità umana, tra il Sacro e il suo opposto, non certo per negare il male e la sua forza negativa, ma per dimostrare che l’amore di Dio è più forte di ogni male, anche di quello più contagioso e orribile. Gesù ha preso su di sé le nostre infermità, si è fatto “lebbroso” perché noi fossimo purificati.
Uno splendido commento esistenziale a questo Vangelo è la celebre esperienza di san Francesco d’Assisi, che egli riassume all’inizio del suo Testamento: “Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo” (FF, 110). In quei lebbrosi, che Francesco incontrò quando era ancora “nei peccati - come egli dice -, era presente Gesù; e quando Francesco si avvicinò a uno di loro e, vincendo il proprio ribrezzo, lo abbracciò, Gesù lo guarì dalla sua lebbra, cioè dal suo orgoglio, e lo convertì all’amore di Dio. Ecco la vittoria di Cristo, che è la nostra guarigione profonda e la nostra risurrezione a vita nuova!


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** La malattia è il pesante fardello che accompagna ogni uomo. La sofferenza si veste di gioia quando nella fede in Gesù la si accetta con serenità, e si tramuta in fecondità quando si accoglie e si offre per la salvezza di tutti gli uomini. 
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Ispira nella tua paterna bontà, o Signore, i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera, perché veda ciò che deve fare e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto. Per il nostro Signore Gesù Cristo...