IL PENSIERO DEL GIORNO

7 Dicembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli» (Vangelo).  


Vangelo secondo Matteo 7,21.24-27:  Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Chi si sforza di mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù, quantunque possano sopraggiungere tribolazioni personali, periodi di smarrimento nella vita della Chiesa, o si veda circondato dall’errore, rimarrà forte nella fede, come l’uomo saggio che edifica la propria casa sulla roccia. D’altra parte, per rimanere forti nei momenti difficili, è necessario, nei tempi di bonaccia, accettare di buon grado le piccole contrarietà, essere delicati nel rapporto con Dio e con il prossimo, adempiere con fedeltà e abnegazione i doveri inerenti al proprio stato. In tal maniera si scavano le fondamenta, si consolida la costruzione, si riparano le crepe che possono aprirsi nei muri.


Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli - Felipe F. Ramos: Gesù è il Signore ... è la sua parola è inappellabile e deve tradursi in ubbidienza incondizionata. Così si presenta la sua immagine nel corso del vangelo. Finché visse sulla terra, Egli fu il Signore umile e nascosto. La risurrezione lo avrebbe introdotto nella sua sovranità assoluta come «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19,16).
Le parole che Gesù dice qui sono pronunziate nella qualità di giudice e, in quanto tale, egli dichiara solennemente che l’appartenenza al regno, la sottomissione o, non esistono senza il compimento della sua volontà. Se uno lo confessa come Signore, dev’essere coerente e agire come servo, accettando e compiendo la volontà del suo Signore. Signore e servo sono parole e concetti correlativi, che si implicano a vicenda, col conseguente riconoscimento della dignità e dell’autorità del Signore una parte, e della situazione del servo e dei suoi obblighi dall’altra.
Sono condannati dal giudice non per la mancanza opere buone: hanno parlato profeticamente, hanno portato gli uomini a Dio, hanno vinto satana secondo lo stile della vittoria di Cristo su di lui (Mt 12,28); hanno fatto meraviglie ... ma non hanno compiuto la volontà di Dio.
Per questo coloro che si presentano con questa arroganza davanti a Dio sono chiamati «operatori di iniquità».
Quando parla con questa durezza, probabilmente, l’evangelista ha davanti agli occhi i sostenitori della gnosi, che si vantavano d’avere una conoscenza superiore di Dio, come Gesù pensava dei farisei.
In definitiva le loro opere buone stanno a significare un’eccessiva e intollerabile autosufficienza, quasi un presentare la fattura a Dio. E a Dio non si possono presentare fatture: nessuno ha il diritto di farlo. Chi si gloria, si glori nel Signore. E questo pericolo di gloriarsi in se tesso è tanto maggiore quanto maggiori sono le opere compiute e quanto più l’uomo è immerso, per professione, cose di Dio.
  

Sia fatta la tua volontà - E. Jacquemin e X. Léon-Dufour: Dopo che in Gesù la volontà di Dio si è realizzata sulla terra come in cielo, il cristiano può essere sicuro di essere esaudito nella sua ‘orazione domenicale (Mt 6,10). Deve quindi, da discepolo autentico, riconoscere e praticare questa volontà.
Discernere la volontà di Dio. - Il discernimento e la pratica della volontà divina si condizionano a vicenda: bisogna compiere la volontà di Dio per apprezzare la dottrina di Gesù (Gv 7,17), ma d’altra parte bisogna riconoscere in Gesù e nei suoi comandamenti i comandamenti stessi di Dio (14,23s). Ciò rientra nel mistero dell’incontro delle due volontà, quella dell’uomo peccatore e quella di Dio: per andare a Gesù, bisogna essere «attratti» dal Padre (6,44), attrazione che, secondo la parola greca, è ad un tempo costrizione e dilettazione (giustificando l’espressione di S. Agostino: «Dio che mi è più intimo di me stesso»). Per discernere la volontà di Dio non basta conoscere la lettera della legge (Rom 2,18), ma occorre aderire ad una persona, e ciò può avvenire solo per mezzo dello Spirito Santo che Gesù dona (Gv 14,26).
Allora il giudizio rinnovato permette di «discernere qual è la volontà di Dio, ciò che è bene, ciò che gli piace, ciò che è perfetto» (Rom 12,2). Questo discernimento non riguarda soltanto la vita quotidiana; perviene alla «piena conoscenza della sua volontà, sapienza ed intelligenza spirituale» (Col l,9): questa è la condizione di una vita che piaccia al Signore (1,l0; cfr. Ef 5,17). Anche la preghiera non può più essere che una preghiera «secondo la sua volontà» ( Gv 5,14), e la formula classica «se Dio lo vuole» assume una risonanza totalmente diversa (Atti 18,21; 1Cor 4,19; Giac 4,15), perché suppone un riferimento costante al «mistero della volontà di Dio» (Ef 1,3-14).
Praticare la volontà di Dio. - A che pro conoscere ciò che il padrone vuole, se non lo si mette in pratica (Lc 12,47; Mt 7,21; 21,31)? Questa «pratica» costituisce propriamente la vita cristiana (Ebr 13,21), in opposizione alla vita secondo le passioni umane (1Piet 4,2; Ef 6,6). Più precisamente, la volontà di Dio a nostro riguardo è santità (1Tess 4,3), ringraziamento (5,18), pazienza (1Piet 3,17) e buona condotta (2,15).
Questa pratica è possibile, perché «è Dio che suscita in noi e il volere e l’operare per l’esecuzione del suo beneplacito» (Fil 2,13). Allora c’è comunione delle volontà, accordo della grazia e della libertà.


Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica... - Ortensio Da Spinetoli (Matteo): Il presente testo è ancora un richiamo agli impegni della vita cristiana, un attacco al rilassamento e al quietismo che andavano insinuandosi nei fedeli della seconda ora.
Bisogna prestare un’obbedienza concreta alla volontà di Dio senza abbandonarsi a illusioni o esaltazioni carismatiche, ha detto in precedenza (vv. 21-23); ora ribadisce la medesima lezione tramite la parabola dei due costruttori, il saggio e lo stolto. Il primo erige la sua casa su un fondamento solido, il secondo su una base inconsistente. Il buon fondamento della casa e quindi della vita cristiana è, per Gesù, la pratica dei suoi insegnamenti. Poco sopra ha chiesto di «fare» ... la volontà del Padre, ora chiede di «compiere» ... «la sua parola». La raccomandazione è la stessa. La parola di Gesù ascoltata nel discorso della montagna (o nella catechesi apostolica) deve essere accolta con gioia ma più ancora deve essere tradotta nella vita pratica. L’ascolto è la condizione previa, ma quel che più conta è l’esecuzione di ciò che è stato udito. Con tale serietà di propositi la vita cristiana poggia su un fondamento solido e non teme di esser travolta alle prime avversità o prove, di cui avevano avuto ormai larga esperienza i primi fedeli.
La chiesa di Matteo non è una società perfetta. Essa annovera accanto ai costruttori saggi altri malavveduti. Costoro ascoltano l’annuncio ma non si risolvono a metterlo seriamente in pratica. Si tratta di una adesione superficiale non radicata nel proprio cuore e nella propria intelligenza, quindi può venir meno al primo urto con le forze contrarie. Il naufragio che ne può seguire può essere fatale.
La conclusione è anche questa volta dura e inesorabile.
Il contrasto tra le beatitudini, gli annunci iniziali del discorso, e queste affermazioni conclusive è evidente.


Benedetto XVI (Omelia, 27 Maggio 2006): Costruire su Cristo e con Cristo significa costruire su un fondamento che si chiama amore crocifisso. Vuol dire costruire con Qualcuno che, conoscendoci meglio di noi stessi, ci dice: “Tu sei prezioso ai miei occhi, ...sei degno di stima e io ti amo” (Is 43,4). Vuol dire costruire con Qualcuno che è sempre fedele, anche se noi manchiamo di fedeltà, perché egli non può rinnegare se stesso (cfr 2Tm 2,13). Vuol dire costruire con Qualcuno che si china costantemente sul cuore ferito dell’uomo e dice: “Non ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (cfr Gv 8,11). Vuol dire costruire con Qualcuno, che dall’alto della croce stende le sue braccia, per ripetere per tutta l’eternità: “Io do la mia vita per te, uomo, perché ti amo”. Costruire su Cristo vuol dire infine fondare sulla sua volontà tutti i propri desideri, le attese, i sogni, le ambizioni e tutti i propri progetti. Significa dire a se stessi, alla propria famiglia, ai propri amici e al mondo intero e soprattutto a Cristo: “Signore, nella vita non voglio fare nulla contro di Te, perché Tu sai che cosa è il meglio per me. Solo Tu hai parole di vita eterna” (cfr Gv 6,68). Amici miei, non abbiate paura di puntare su Cristo! Abbiate nostalgia di Cristo, come fondamento della vita! Accendete in voi il desiderio di costruire la vostra vita con Lui e per Lui! Perché non può perdere colui che punta tutto sull’amore crocifisso del Verbo incarnato.
Costruire sulla roccia significa costruire su Cristo e con Cristo, che è la roccia. Nella Prima Lettera ai Corinzi san Paolo, parlando del cammino del popolo eletto attraverso il deserto, spiega che tutti “bevvero ... da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo” (1Cor 10,4). I padri del popolo eletto certamente non sapevano che quella roccia era Cristo. Non erano consapevoli di essere accompagnati da Colui il quale, quando sarebbe venuta la pienezza dei tempi, si sarebbe incarnato, assumendo un corpo umano. Non avevano bisogno di comprendere che la loro sete sarebbe stata soddisfatta dalla Sorgente stessa della vita, capace di offrire l’acqua viva per dissetare ogni cuore. Bevvero tuttavia a questa roccia spirituale che è Cristo, perché avevano nostalgia dell’acqua della vita, ne avevano bisogno. In cammino sulle strade della vita, forse a volte non siamo consapevoli della presenza di Gesù. Ma proprio questa presenza, viva e fedele, la presenza nell’opera della creazione, la presenza nella Parola di Dio e nell’Eucaristia, nella comunità dei credenti e in ogni uomo redento dal prezioso Sangue di Cristo, questa presenza è la fonte inesauribile della forza umana. Gesù di Nazaret, Dio che si è fatto Uomo, sta accanto a noi nella buona e nella cattiva sorte e ha sete di questo legame, che è in realtà il fondamento dell’autentica umanità. Leggiamo nell’Apocalisse queste significative parole: “Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nel vescovo sant’Ambrogio ci hai dato un insigne maestro della fede cattolica e un esempio di apostolica fortezza, suscita nella Chiesa uomini secondo il tuo cuore, che la guidino con coraggio e sapienza. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.