IL PENSIERO DEL GIORNO

5 Dicembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Il Signore verrà, e tutti i santi con lui: in quel giorno splenderà una grande luce» (cf. Zc 14,5.7).  


Vangelo secondo Luca 10,21-24: L’espressione Signore del cielo e della terra, evoca l’azione creatrice di Dio (Cf. Gen 1,1). Il motivo della lode sta nel fatto che il Padre ha «nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli». Le cose nascoste «non si riferiscono a ciò che precede; si devono intendere invece dei “misteri del regno” in generale [Mt 13,11], rivelati ai “piccoli”, i discepoli [Cf. Mt 10,42], ma tenuti nascosti ai “sapienti”, i farisei e i loro dottori» (Bibbia di Gerusalemme).
Molti anni dopo Paolo ricorderà queste parole di Gesù ai cristiani di Corinto: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1Cor 1,26-29). ... nessuno sa chi è il Figlio... La rivelazione della mutua conoscenza tra il Padre e il Figlio pone decisamente il brano evangelico in relazione «con alcuni passi della letteratura sapienziale riguardanti la sophia. Solo il Padre conosce il Figlio, come solo Dio conosce la sapienza [Gb 28,12-27; Bar 3,32]. Solo il Figlio conosce il Padre, così come solo la sapienza conosce Dio [Sap 8,4; 9,1-18]. Gesù fa conoscere la rivelazione nascosta, come la sapienza rivela i segreti divini [Sap 9,1-18; 10,10] e invita a prendere il suo giogo su di sé, proprio come la sapienza [Prov 1,20-23; 8,1-36]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli).
... né chi è il Padre se non il Figlio... Gesù è l’unico rivelatore dei misteri divini, in quanto il Padre ne ha comunicato a lui, il Figlio, la conoscenza intera. Da questa affermazione si evince che Gesù è uguale al Padre nella natura e nella scienza, è Dio come il Padre, di cui è il Figlio Unico.


La Bibbia di Navarra, I Quattro Vangeli: Questo passo del Vangelo è comunemente noto come “l’inno di giubilo” del Signore. Lo troviamo anche in san Matteo (11,25-27). È uno dei momenti in cui Gesù manifesta la sua gioia vedendo che gli umili comprendono e accolgono la parola di Dio. Nostro Signore evidenzia inoltre un effetto dell'umiltà: linfanzia spirituale. Così, in altro luogo, dice: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Ma linfanzia spirituale non comporta debolezza, instabilità e ignoranza: «Ho meditato frequentemente sulla vita di infanzia spirituale: essa non è in contrasto con la fortezza; anzi, richiede una volontà forte, una maturità ben temprata, un carattere fermo e aperto [...]. Farsi bambini significa rinunziare alla superbia, alla sufficienza, riconoscere che, per imparare a camminare e perseverare nel cammino, da soli non possiamo nulla, ma abbiamo bisogno della grazia, del potere di Dio nostro Padre» (È Gesù che passa, nn. 10 e 143).


Carlo Ghidelli (Il Nuovo testamento): perché hai nascosto ... e le hai rivelate: ecco il duplice motivo della lode e del ringraziamento. Si potrebbero risolvere le due coordinate in una sola frase subordinata: «perché, mentre nascondi ... riveli», ma forse, così, si dà maggior rilievo alla volontà di Dio come valore sommo. - Queste cose, cioè i misteri del Regno di Dio (cf 8,10; 12,32): può riferirsi sia alle cose appena dette (la vittoria su Satana e i loro nomi scritti in cielo: v. 20), sia al mistero della persona e della missione di Gesù (soprattutto se consideriamo i vv. che seguono). - ai sapienti e agli intelligenti ... ai piccoli: ecco due categorie di persone che si atteggiano in modo contrario nei confronti del Regno di Dio. I primi non vanno identificati solamente con i «teologi» del tempo di Gesù, gli scribi e i farisei, i tipici nemici di Gesù, che pensavano di avere il monopolio della legge e perciò della conoscenza della volontà di Dio, ma rappresentano la categoria di persone che si credono autosufficienti, che non hanno bisogno della rivelazione salvifica di Gesù (Gv 7,48), che si affidano solo alla sapienza di questo mondo (cf 1Cor 1,18ss) per risolvere tutti i loro problemi, compreso quello della salvezza. I piccoli, invece, sono coloro che si aprono alla salvezza, come ad un dono che viene dal Padre. La loro caratteristica è la disponibilità ad essere donati da Dio. Sono in altri termini, i poveri, gli umili, i semplici, i peccatori pentiti di cui parla il vangelo; sono l’antitipo dei poveri di Jahvé di cui parla lAntico Testamento (cf Sof 3,12).


Evangelii gaudium 4-5: I libri dell’Antico Testamento avevano proposto la gioia della salvezza, che sarebbe diventata sovrabbondante nei tempi messianici. Il profeta Isaia si rivolge al Messia atteso salutandolo con giubilo: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2). E incoraggia gli abitanti di Sion ad accoglierlo con canti: «Canta ed esulta!» (12,6). Chi già lo ha visto all’orizzonte, il profeta lo invita a farsi messaggero per gli altri: «Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme» (40,9). La creazione intera partecipa di questa gioia della salvezza: «Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (49,13).
Zaccaria, vedendo il giorno del Signore, invita ad acclamare il Re che viene umile e cavalcando un asino: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso!» (Zc 9,9). Ma forse l’invito più contagioso è quello del profeta Sofonia, che ci mostra lo stesso Dio come un centro luminoso di festa e di gioia che vuole comunicare al suo popolo questo grido salvifico. Mi riempie di vita rileggere questo testo: «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia» (Sof 3,17).
È la gioia che si vive tra le piccole cose della vita quotidiana, come risposta all’invito affettuoso di Dio nostro Padre: «Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene … Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14). Quanta tenerezza paterna si intuisce dietro queste parole!
 Il Vangelo, dove risplende gloriosa la Croce di Cristo, invita con insistenza alla gioia. Bastano alcuni esempi: «Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28). La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti di gioia nel grembo di sua madre (cfr Lc1,41). Nel suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,47). Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). La nostra gioia cristiana scaturisce dalla fonte del suo cuore traboccante. Egli promette ai discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv 16,20). E insiste: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22). In seguito essi, vedendolo risorto, «gioirono» (Gv 20,20). Il libro degli Atti degli Apostoli narra che nella prima comunità «prendevano cibo con letizia» (2,46). Dove i discepoli passavano «vi fu grande gioia» (8,8), ed essi, in mezzo alla persecuzione, «erano pieni di gioia» (13,52). Un eunuco, appena battezzato, «pieno di gioia seguiva la sua strada» (8,39), e il carceriere «fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in Dio» (16,34). Perché non entrare anche noi in questo fiume di gioia?


A. Rdouard e M-F. Lacon: La gioia dello Spirito, frutto della croce - Di fatto Gesù, che aveva esultato di gioia perché il Padre si rivelava per mezzo suo ai piccoli (Lc 10,21 s), dà la propria vita per questi piccoli, suoi amici, allo scopo di comunicare loro la gioia di cui il suo amore è la fonte (Gv 15,9-15), mentre ai piedi della sua croce i suoi nemici ostentano la loro gioia malvagia (Lc 23,35 ss). Attraverso la croce Gesù va al Padre; i discepoli dovrebbero rallegrarsene, se lo amassero (Gv 14,28) e se comprendessero lo scopo di questa partenza, che è il dono dello Spirito (16,7). Grazie a questo dono, essi vivranno della vita di Gesù (14,16-20) e, poiché domanderanno nel suo nome, otterranno tutto dal Padre; allora la loro tristezza si muterà in gioia, la loro gioia sarà perfetta e nessuno la potrà togliere loro (14,13 s; 16,20-24).
Ma i discepoli hanno così poco compreso che la passione porta alla risurrezione, e la passione distrugge a tal punto la loro speranza (Lc 24,21) che non osano abbandonarsi alla gioia che li invade dinanzi alle apparizioni (24,41). Tuttavia quando il risorto, dopo aver loro mostrato che le Scritture erano compiute ed aver loro promesso la forza dello Spirito (24,44.49; Atti 1,8), sale al cielo, essi hanno una grande gioia (Lc 24,52 s); la venuta dello Spirito la rende tanto comunicativa (Atti 2,4.11) quanto incrollabile: «sono lieti di essere giudicati degni di soffrire per il nome» del salvatore di cui sono i testimoni (Atti 5,41; cfr. 4,12; Lc 24,46ss).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Gli Apostoli «sono lieti di essere giudicati degni di soffrire per il nome» del salvatore di cui sono i testimoni.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Accogli, o Padre, le preghiere della tua Chiesa e soccorrici nelle fatiche e nelle prove della vita; la venuta del Cristo tuo Figlio ci liberi dal male antico che è in noi e ci conforti con la sua presenza. Per il nostro Signore...