IL PENSIERO DEL GIORNO

3 Dicembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà» (Vangelo).  


Vangelo secondo Marco 13,33-37: Il vangelo di questa prima domenica di Avvento è la parte conclusiva del discorso escatologico (Cf. Mt 24,1-3; Lc 21,5-7). Differentemente «dal discorso di Matteo, che aggiunge alla prospettiva della rovina di Gerusalemme e del tempio quella della fine del mondo [Cf. Mt 24,1], il discorso di Marco ha maggiormente conservato l’orientamento primitivo, che riguarda esclusivamente la rovina di Gerusalemme» (Bibbia di Gerusalemme). Al di là di questi rilievi, il tema centrale del vangelo è quello della vigilanza: il discepolo fedele, poiché non conosce «quando il padrone di casa ritornerà», vigila sostenuto dalla preghiera, dall’ascolto della Parola di Dio, dalla penitenza e dalla carità ardente, sopra tutto verso gli ultimi, i più indigenti.


Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate! - Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): L’evangelista conclude ricordando la particolare insistenza di Gesù: «Lo dico a tutti: vegliate!» (v. 37). Il discorso era iniziato con riservatezza, rivolto esclusivamente ai suoi discepoli (13,3-4) e si presentava come una confidenza per pochi eletti, proprio nello stile del «messaggio in codice» delle apocalissi, che si rivolgono ai lettori con linguaggio volutamente sibillino. I perseguitati devono capire, non i persecutori! Ma qui, in conclusione, il pressante richiamo a vigilare è diretto «a tutti», poiché riguarda molte generazioni.


Avvento del Signore. La venuta di Dio - W. Mundl (Venire in Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento - EDB) - La venuta di Gesù nella carne (1Gv 4,2) lascia adito al dubbio già manifestato dal Battista in carcere: sei tu il «venturo» cioè il messia promesso? (Mt 11,3e).
La folla di Gerusalemme, col Sal 118,25s, saluta in Gesù il re di salvezza che viene nel nome del Signore (Mt 21,9).
La morte di croce metterà in dubbio la messianicità di Gesù (Mt 27,42); ma con la risurrezione Gesù è «costituito figlio di Dio con potenza» (Rm 1,4): e questa potenza risulterà visibile anche sul mondo terreno. È pertanto attinente al messaggio pasquale la certezza che Gesù verrà con potenza e gloria. Il ritorno del Cristo è formulato nei sinottici a partire da Dn 7,13, interpretato messianicamente: il figlio dell’uomo verrà nelle nubi del cielo (Mt 24,30 par.; 26,64 par.). Il Cristo venturo sarà il giudice (Mt 25,31; 2Cor 5,10; ecc.). Non c’è alcuna differenza reale fra lui e Dio in questa funzione (Mt 10,32s). Il vigore di questa speranza, che percorre tutto il Nuovo Testamento, è attestato nell’invocazione maranathà (1Cor 16,22) e nella preghiera dell’Apocalisse 22,20: «Vieni, Signore Gesù».
La venuta del Signore si collega alla venuta del regno di Dio (Mt 6,10; Lc 11,2): non bisogna infatti separarle (Mt 16,28; Lc 22,29s). Precederanno il Cristo falsi profeti e messia, e l’anticristo (Mc 13,22s; 1Gv 2,18; 2Ts 2,3ss).
Il giorno e l’ora di questa venuta sono sconosciuti agli angeli del cielo, e anche al Figlio; solo il Padre li conosce: perciò neppure ai discepoli sarà dato di sapere (Mc 13,32; At 1,7). Il Signore verrà all’improvviso, inatteso come il «ladro di notte» (Mt 24,42; 1Ts 5,2 passim). I discepoli devono perciò «vigilare» attentamente per essere trovati pronti alla sua venuta (Mt 24,42; 25,13 e passim).
Quantunque il termine di questa venuta resti indeterminato, non si esclude la speranza in una venuta imminente (Ap 22,20).
Il quarto vangelo considera la pasqua e la pentecoste nella prospettiva della venuta di Gesù e dello Spirito. Gesù non lascia orfani i discepoli, ma verrà a confermarli. A coloro che lo amano si manifesterà; il Padre e il Figlio verranno e faranno dimora nel cuore dei credenti (Gv 14,16ss).
Gesù promette similmente la venuta del Paraclito, del Consolatore. Il Paraclito ha il compito di testimoniare Cristo e quale spirito di verità guiderà i discepoli alla verità (Gv 15,26; 16,7.8.13).
Questo non significa, come spesso si è creduto, una rinuncia alla speranza del futuro, tipica del cristianesimo primitivo. L’idea degli «ultimi giorni», della risurrezione e del giudizio sono ben presenti nei vangeli e inscindibili dalla persona di Gesù (Gv 5,25.29; 6,39.44.54; 11,25s). È posta in evidenza esclusivamente la stretta relazione che intercorre tra la presenza di salvezza nella venuta del Cristo e il futuro. Espressione classica resta la frase: «È giunto il momento ed è questo, in cui...» (Gv 4,23; 5,25).
Ora l’uomo deve andare a questo Signore, che è venuto e che verrà. L’accenno esplicito è contenuto nella parabola del banchetto nuziale (Mt 22,1ss; Lc 14,15ss). L’invito alla cena non è però accolto dall’uomo (Mt 22,3; Lc 14,20). Giovanni usa la medesima immagine (5,40; 7,37). Naturalmente non si tratta di un andare senza alcun nesso specifico; è piuttosto un seguire, un opìsò érchesthai oppure akolouthéin (Mc 1,20; Mt 10,38 par.; 16,24 par.; nel linguaggio di Giovanni troviamo, oltre a akolouthéin, anche pistéuein, credere) .
Il fatto che Cristo sia già venuto crea il presupposto perché l’uomo lo segua; ma la risposta all’invito di Gesù può essere soltanto opera della grazia divina (Gv 6,37.44).


E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine - La Chiesa, come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, «celebrando ogni anno la liturgia dell’Avvento, attualizza l’attesa del Messia: mettendosi in comunione con la lunga preparazione della prima venuta del Salvatore, i fedeli ravvivano l’ardente desiderio della seconda venuta» (524).
Ma come l’uomo del XXI secolo attende l’ultima venuta del Cristo? Come celebra la prima venuta del Salvatore? Domande che esigono una risposta, ma prima di queste domande, a monte, ce n’è una ancora più pregnante: Crede in Dio? Celebra il Natale, mistero del Dio «fatto carne» (Cf. Gv 1,14)? Attende la venuta gloriosa del Risorto?
Per molti, senza timore di esagerare, si può dire che l’incarnazione, la morte, la risurrezione e la parusia del Cristo sono eventi da relegare nella mitologia. Questi eventi non sono più patrimonio di valori per l’uomo contemporaneo, perché ha rinunciato al Dio rivelato. E poiché egli non sempre trova la soluzione dei tanti problemi che oggi lo angustiano, affida alla scienza il compito di spiegare ogni cosa e ciò che non viene spiegato o non è veritiero o non è utile al progresso dell’umanità.
Egli crede soltanto nella scienza elevandola a dogma inviolabile. La scienza è il nuovo dio dinanzi al quale piegare le ginocchia.
Il credo ateo del mondo sembra avere cancellato il credo religioso. E se la scienza può spiegare tutto, che bisogno c’è di un «Redentore? Da che cosa dobbiamo essere redenti? Pensare così è il risultato di un ingenuo ottimismo, ogni giorno l’uomo si accorge di rinnovare la costruzione della torre di Babele: un frenetico edificare sulle sabbie mobili della divisione, del peccato, della morte» (Messale Festivo, LDC).
Per il cristiano, come suggerisce la Costituzione dogmatica Dei Filius, anche «se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera divergenza tra fede e ragione: poiché lo stesso Dio che rivela i misteri comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il lume della ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, né il vero contraddire il vero» (c. 4). Perciò «la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche se egli non se ne avveda, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono» (GS 36).
Quando l’uomo rinuncia alla fede dimostra tutta la sua debolezza, tutta la sua vulnerabilità.
«Il pensiero moderno lontano dal cristianesimo, lungi dall’aver fatto un solo passo innanzi verso la soluzione del problema cruciale, sbocca invece nel pessimismo più nero e desolante. L’uomo è solo una volontà che cerca ciecamente la vita, la quale però non è altro che lotta e dolore [Schopenhauer]. Lo stato naturale dell’essere è il dolore, la felicità è una chimera [Hartmann]. L’uomo è e deve rimanere completamente disperato [Sartre]. L’uomo è obbligato a vivere l’assurdità della sua esistenza [Camus]. Ma tutte le filosofie più «disperate e agghiaccianti non potranno mai soffocare la ricerca ansiosa dell’uomo alla felicità, alla vita, alla salvezza, al conseguimento di un destino pari alla sua dignità» (Vncenzo Raffa).
Il tempo dell’attesa si incunea in questa ansiosa ricerca rendendo l’uomo più divino, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18).


Catechismo della Chiesa Cattolica

n. 1040 Il giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l’ora e il giorno, egli solo decide circo la sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l’opera della creazione e di tutta l’Economia della salvezza, e prenderemo le mirabili vie attraverso le quali la provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte.

n. 1041 Il messaggio del giudizio finale chiama alla conversione fin tanto che Dio donna agli uomini «il momento favorevole, il giorno della salvezza» (2Cor 6,2). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del regno di Dio. Annunzia la «beata speranza» (Tt 2,13) del ritorno del Signore il quale «verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto» (2Ts 1,10).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate! Il pressante richiamo a vigilare è diretto «a tutti», poiché riguarda molte generazioni.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro Padre, nella tua fedeltà che mai vien meno ricordati di noi, opera delle tue mani, e donaci l’aiuto della tua grazia, perché attendiamo vigilanti con amore irreprensibile la gloriosa venuta del nostro redentore, Gesù Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te ...