IL PENSIERO DEL GIORNO


27 Dicembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Gioite, giusti, nel Signore» (Salmo responsoriale).  


Vangelo secondo Giovanni 20,2-8: Nonostante che siano state le donne, e in modo particolare Maria di Magdala, le prime a recarsi alla tomba, sono tuttavia Pietro e Giovanni i primi ad entrarvi e ad osservare «i teli posati là, e il sudario... avvolto in un luogo a parte», segni che rivelano tangibilmente la risurrezione di Cristo: infatti, era «inammissibile che un ladro lasciasse le cose così in ordine. La conclusione non andava certo troppo lontano» (Felipe F. Ramos). Che sia Pietro ad entrare, e non l’altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, lascia intravedere che già allora a Pietro era riconosciuta una certa preminenza (cfr. Gv 21,15-17).


Benedetto Prete (Vangelo secondo Giovanni): Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo; questo particolare rileva che Pietro era considerato il capo degli apostoli. E dall’altro discepolo che Gesù amava; cf. 18,15; 13,23; 21,17; dal testo non si può stabilire il fatto se i due discepoli si trovassero insieme o se invece stessero in due luoghi distinti; la formulazione della frase (ripetizione della preposizione pros davanti ai nomi dei due discepoli) lascia supporre che Maria si recasse in due abitazioni distinte. Hanno portato via il Signore dal sepolcro; la scomparsa della salma del Redentore dalla tomba fa pensare subito ad un trafugamento, non già alla risurrezione. E non sappiamo dove lo hanno posto: il plurale - non sappiamo - lascia facilmente supporre che si tratta del gruppo delle pie donne accorse al sepolcro di Gesù, secondo l’esplicita testimonianza dei sinottici (Mt., 28,1; Mc., 16,1; Lc., 24,1). Anche queste pie donne avevano osservato la tomba vuota; Maria Maddalena le precede anche presso gli apostoli, prima ancora che apparisse l’angelo ad annunziare loro che Gesù era risorto (cf. Mt., 28,5-7; Mc., 16,5-8; Lc., 24,3-8).
Uscirono e si recarono verso il sepolcro; appena avvertiti dalla Maddalena, i due discepoli si avviano in tutta fretta al sepolcro del Maestro. Non vi è nessun commento sull’annunzio della tomba vuota, recato dalla donna.
L’altro discepolo che correva più  veloce di Pietro arrivo per primo; l’altro discepolo, essendo più giovane di Pietro, naturalmente giunge per primo alla tomba [...].
Ed egli, curvatosi vide le bende riposte [a terra]; il discepolo, appena giunto, si preoccupa di gettare uno sguardo nella tomba; egli si curva per introdurre la testa nell’apertura bassa della tomba e con un rapido sguardo constata che è vero quanto Maria Maddalena aveva riferito. Le bende giacciono per terra; il particolare offre un elemento nuovo per confermare che la salma è stata asportata, anche se tale asportazione non può essere chiamata trafugamento. Ma non entrò; anche se l’evangelista non indica quale sia il motivo che trattenga il discepolo dall’entrare nella tomba, bisogna ammettere che il discepolo si comporta in questo modo perché riconosce in Pietro una certa autorità (cf. 21,15-17).
E vide le bende riposte [a terra], e il sudario non era insieme con le bende; Pietro entra nella cella funeraria e constata che le bende ed il sudario si trovano nella tomba. Questi particolari sono ordinati ad escludere l’ipotesi di un trafugamento clandestino della salma, ipotesi presentata da Maria Maddalena; infatti, nel caso di un trafugamento, il cadavere sarebbe stato asportato come si trovava (cf. Giov., 11,44), cioè con le bende ed il sudario, poiché i trafugatori non potevano pensare di levare le bende ed il sudario e di deporli ordinatamente sul pavimento. L’evangelista annota che le bende ed il sudario erano stati deposti in due punti differenti della camera funeraria; di più egli rileva che il sudario era piegato e arrotolato; ciò fa pensare ad un oggetto trattato con cura, non già tolto in fretta e gettato via precipitosamente da coloro che avrebbero compiuto il supposto trafugamento.
Allora entro anche l’altro discepolo; dopo Pietro entrò anche l’altro discepolo, il quale nel constatare che le bende e il sudario si trovavano piegati con cura nella tomba, capì che la salma non era stata trafugata, ma che il Maestro era risorto. Egli vide e credette; il discepolo prediletto ricorda con commozione il momento in cui giunse ad una fede compiuta e piena in Cristo; egli, nella tomba vuota e semibuia, trovò la luminosità della fede; egli credette alla risurrezione per aver visto l’abbigliamento funerario di Gesù (bende e sudario), rimasto nel sepolcro. Il testo non dice nulla di Pietro; ciò non significa che il capo degli apostoli non credette alla risurrezione, ma che il primo a credere alla risurrezione del Maestro è stato il discepolo prediletto.


La fede nel Signore risorto - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni, III Volume): Il quarto evangelista rappresenta in modo drammatico lo sbocciare della fede nella risurrezione di Gesù, nel cuore dei primi discepoli. Nella descrizione delle apparizioni del Signore ai suoi amici dentro il cenacolo è sottolineata la dipendenza della fede dal vedere il Risorto; questa pericope tuttavia termina con la beatitudine di coloro che credono senza aver visto (Gv 20,29). Non solo qui, ma anche nel brano iniziale è narrato come il discepolo amato giunse alla fede nella risurrezione del Cristo (Gv 20,8s). Dunque la fede nel Signore risorto costituisce uno degli elementi dottrinali di maggior rilievo in Gv 20.
In realtà questa fede forma la base della religione cristiana; esclama, Paolo: «Se Cristo non è risorto, è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede ... Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati» (1Cor 15,14.17). La risurrezione di Gesù è il fondamento della nostra fede e deve essere la forza che anima la nostra esistenza. La certezza che il Cristo ha vinto la morte e il peccato, deve infondere nel nostro cuore la speranza di partecipare a questa vittoria sul male. La fede nel Signore risorto che vive in seno alla chiesa, deve suscitare tanta serenità nel popolo di Dio, soprattutto nei momenti di crisi e di oscurità, allorché sembra prevalgano l’odio e le tenebre.
Il concilio Vaticano II ricorda che la chiesa «dalla virtù del Signore risorto trova forza per vincere con pazienza e amore le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà» (Lumen gentium, 8).


Il sepolcro vuoto - Catechismo della Chiesa Cattolica n. 640: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato” (Lc 24,5-6). Nel quadro degli avvenimenti di Pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta. L’assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti. Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della Risurrezione. Dapprima è il caso delle pie donne, poi di Pietro. “Il discepolo... che Gesù amava” (Gv 20,2) afferma che, entrando nella tomba vuota e scorgendo “le bende per terra” (Gv 20,6), “vide e credette” (Gv 20,8). Ciò suppone che egli abbia constatato, dallo stato in cui si trovava il sepolcro vuoto, che l’assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana e che Gesù non era semplicemente ritornato ad una vita terrena come era avvenuto per Lazzaro.


San Giovanni, il veggente di Patmos - Benedetto XVI (Udienza Generale, 23 Agosto 2006): Al centro delle visioni che l’Apocalisse espone ci sono anche quelle molto significative della Donna che partorisce un Figlio maschio, e quella complementare del Drago ormai precipitato dai cieli, ma ancora molto potente. Questa Donna rappresenta Maria, la Madre del Redentore, ma rappresenta allo stesso tempo tutta la Chiesa, il Popolo di Dio di tutti i tempi, la Chiesa che in tutti i tempi, con grande dolore, partorisce Cristo sempre di nuovo. Ed è sempre minacciata dal potere del Drago. Appare indifesa, debole. Ma mentre è minacciata, perseguitata dal Drago è anche protetta dalla consolazione di Dio. E questa Donna alla fine vince. Non vince il Drago. Ecco la grande profezia di questo libro, che ci dà fiducia! La Donna che soffre nella storia, la Chiesa che è perseguitata alla fine appare come Sposa splendida, figura della nuova Gerusalemme dove non ci sono più lacrime né pianto, immagine del mondo trasformato, del nuovo mondo la cui luce è Dio stesso, la cui lampada è l’Agnello.
Per questo motivo l’Apocalisse di Giovanni, benché pervasa da continui riferimenti a sofferenze, tribolazioni e pianto - la faccia oscura della storia -, è altrettanto permeata da frequenti canti di lode, che rappresentano quasi la faccia luminosa della storia. Così, per esempio, vi si legge di una folla immensa, che canta quasi gridando: “Alleluia! Ha preso possesso del suo Regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell’Agnello, e la sua sposa è pronta” (Ap 19,6-7). Siamo qui di fronte al tipico paradosso cristiano, secondo cui la sofferenza non è mai percepita come l’ultima parola, ma è vista come punto di passaggio verso la felicità e, anzi, essa stessa è già misteriosamente intrisa della gioia che scaturisce dalla speranza. Proprio per questo Giovanni, il Veggente di Patmos, può chiudere il suo libro con un’ultima aspirazione, palpitante di trepida attesa. Egli invoca la venuta definitiva del Signore: “Vieni, Signore Gesù!” (Ap 22,20). È una delle preghiere centrali della cristianità nascente, tradotta anche da san Paolo nella forma aramaica: “Marana tha”. E questa preghiera “Signore nostro, vieni!” (1Cor 16,22) ha diverse dimensioni. Naturalmente è anzitutto attesa della vittoria definitiva del Signore, della nuova Gerusalemme, del Signore che viene e trasforma il mondo. Ma, nello stesso tempo, è anche preghiera eucaristica: “Vieni Gesù, adesso!”. E Gesù viene, anticipa questo suo arrivo definitivo. Così con gioia diciamo nello stesso tempo: “Vieni adesso e vieni in modo definitivo!”. Questa preghiera ha anche un terzo significato: “Sei già venuto, Signore! Siamo sicuri della tua presenza tra di noi. È una nostra esperienza gioiosa. Ma vieni in modo definitivo!”. E così, con san Paolo, con il Veggente di Patmos, con la cristianità nascente, preghiamo anche noi: “Vieni, Gesù! Vieni e trasforma il mondo! Vieni già oggi e vinca la pace!”. Amen!

 
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** La risurrezione di Gesù è il fondamento della nostra fede e deve essere la forza che anima la nostra esistenza.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che per mezzo dell’apostolo Giovanni ci hai rivelato le misteriose profondità del tuo Verbo: donaci l’intelligenza penetrante della Parola di vita, che egli ha fatto risuonare nella tua Chiesa. Per il nostro Signore.