IL PENSIERO DEL GIORNO

26 Dicembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro» (Vangelo Matteo 10,17-22).  


Vangelo secondo Matteo 10,17-22: Il discepolo che ha deciso di seguire il Maestro, non può aspettarsi un destino diverso da quello del Maestro perché il discepolo non è più del maestro (Lc 6,40). E se per Gesù la via della croce non solo fu prevista, ma voluta, così deve essere per il discepolo: la persecuzione fa parte della missione ed è il segno della sua verità. Il vero motivo per cui il mondo odia Cristo e continua ad odiarlo nei suoi discepoli è espresso da Gesù stesso: a causa del mio nome. Il discepolo deve comprendere tutto questo e accettarlo coraggiosamente: deve perfino gioire, ma senza falsi eroismi.  


Bibbia di Navarra (Vangelo secondo Matteo): Gesù dà qui una serie di istruzioni e di avvertimenti, che riceveranno applicazione costante nel corso di tutta la storia della Chiesa. Difficilmente lo spirito del mondo comprenderà le vie di Dio. Quando mancano le persecuzioni ci sarà l’indifferenza e l’incomprensione dell’ambiente. Ma seguire da vicino Gesù comporterà sempre fatica: non può sorprendere che sia così, dal momento che Gesù stesso fu segno di contraddizione; anzi, se un tal segno non è percepibile nella vita del cristiano, bisognerà domandarsi se questi non sia divenuto mondano. Un discepolo di Cristo non può transigere con certe manifestazioni frivole, per quanto possano essere di moda. Perciò la vita cristiana implica necessariamente un atteggiamento non conformistico nei confronti di tutto ciò che possa attentare alla fede e alla morale (cfr Rm 12,2). Non può stupire che la vita del cristiano si muova, non poche volte tra eroismo e tradimento. Innanzi alle difficoltà non dobbiamo aver paura: non siamo soli, possiamo fare affidamento sull’aiuto di Dio, nostro Padre, che ci renderà valorosi e audaci.

Giovanni Paolo II (Omelia, 19 Giugno 1988): Il Vangelo di oggi ci ha ricordato le parole con le quali Cristo Gesù ha annunciato ai suoi discepoli le persecuzioni che avrebbero subito: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani” (Mt 10,17-18). Gesù ha parlato agli apostoli e ai discepoli di tutti i tempi; ha parlato con grande franchezza! Non ha fatto baluginare davanti a loro delle false promesse ma, nella pienezza della verità che caratterizzava sempre le sue parole, li ha preparati al peggio: “II fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt 10, 21-22).
Tuttavia il divino Maestro non ha lasciato i suoi discepoli e i suoi fedeli indifesi di fronte alle grandi persecuzioni: “Quando vi arresteranno non preoccupatevi di ciò che direte; non sarete voi a parlare; lo Spirito di vostro Padre parlerà per voi” (Mt 10,19-20).
Lo Spirito santo. Lo Spirito della verità. Egli sarà la forza per la vostra debolezza. Con la sua forza voi darete testimonianza.
Il fatto stesso che dobbiate dare testimonianza di Cristo crocefisso, non necessita forse una saggezza e una forza superiori alle forze umane?
E non è forse a proposito di Cristo che l’Apostolo scrive che è considerato “scandalo secondo gli ebrei, stolto secondo i greci?” (1Cor 1,23).
Così avvenne ai tempi degli apostoli. Così ciò si ripete nelle diverse epoche della storia, in tempi e luoghi diversi. Così avvenne anche ai tempi della persecuzione religiosa contro i cristiani vietnamiti.
Era dunque necessaria la forza e la saggezza di Dio per proclamare questo mistero dell’amore di Dio, cioè, la redenzione del mondo per mezzo della croce: il mistero più grande ed, allo stesso tempo, umanamente inconcepibile.
 “Poiché ciò che è stolto in Dio è più saggio degli uomini, e ciò che è debole in Dio è più forte degli uomini” (1Cor 11,25).
Proprio per questo l’Apostolo scrive: “Noi predichiamo Cristo crocefisso”: Cristo che - concretamente nel suo mistero pasquale - è “forza e saggezza di Dio” (1Cor 1,23-24).


Raymond Deville (Dizionario di Teologia Biblica): Il mistero della persecuzione - Il fondo del problema - a) La persecuzione degli amici di Dio non è che un aspetto della guerra secolare che oppone Satana e le potenze del male a Dio ed ai suoi servi, e che si risolverà con lo schiacciamento del serpente. Dall’apparizione del peccato (Gen 3) fino alla lotte finali descritte nell’Apocalisse, il dragone «perseguita» la sua e la sua discendenza (Apoc 12; cfr. 17; 19). Questa lotta si estende a tutta la storia, ma si amplifica sempre più a mano a mano che il tempo avanza. Raggiunge il vertice al momento della passione di Gesù, che è nello stesso tempo l’ora del principe delle tenebre e l’ora di Gesù, l’ora della sua morte e l’ora della sua glorificazione (Lc 22,53; Gv 12,23; 17,1). Nella Chiesa, le persecuzioni sono il segno e la condizione della vittoria definitiva di Cristo e dei suoi. A questo titolo hanno un significato escatologico, perché sono un prodromo del giudizio (1Piet 4,17ss) e della instaurazione completa del regno. Legati alla «grande tribolazione» (Mc 13,9-13.14-20), esse preludono alla fine del mondo e condizionano la nascita di una nuova era (Apoc 7,13-17).
b) Se i perseguitati rimasti fedeli nella prova (Apoc 7,14) sono fin d’ora vincitori e «sovrabbondano di gioia», la loro sorte gloriosa non deve far dimenticare l’aspetto tragico del castigo dei persecutori. L’ira di Dio, che si rivela fin d’ora nei confronti dei peccatori (Rom 1, 18), alla fine dei tempi cadrà su coloro che si saranno induriti, specialmente sui persecutori (1Tess 2,16; 2Tess 1,5-8; Apoc 6,9ss; 11,17s; 16,5s; 19,2). La loro sorte era già annunziata nella fine tragica di Antioco Epifane (2Mac 9; Dan 7,11; 8,25; 11,45) che quella di Erode Agrippa ripete (Atti 12,21ss). Questo nesso delle persecuzioni con il castigo escatologico è sottolineato nelle parabole dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-46 par.) e del banchetto nuziale (22,1-14). L’ultimo delitto dei vignaioli ed i cattivi trattamenti subiti dagli ultimi servi costituiscono l’anello finale di una serie di oltraggi e scatenano l’ira del padrone o del re. «Poiché hanno versato sangue dei santi, sangue hai dato loro da bere; ne sono meritevoli» (Ap 16,6; 19,2).


Il martirio massima testimonianza di amore, dono insigne, assimila al Maestro: Lumen gentium 42: «Dio è amore e chi rimane nell’amore, rimane in Dio e Dio in lui» (1Gv 4,16). Dio ha diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr. Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di lui. Ma perché la carità, come buon seme, cresca e nidifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e con l’aiuto della sua grazia compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all’eucaristia, e alle azioni liturgiche; applicarsi costantemente alla preghiera, all’abnegazione di se stesso, all’attivo servizio dei fratelli e all’esercizio di tutte le virtù. La carità infatti, quale vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr. Col 3,14; Rm 13,10), regola tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine. Perciò il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dalla carità verso Dio e verso il prossimo.
Avendo Gesù, Figlio di Dio, manifestato la sua carità dando per noi la vita, nessuno ha più grande amore di colui che dà la vita per lui e per i fratelli (cfr. 1Gv 3,16; Gv 15,13). Già fin dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e altri lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d’amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salvezza del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Se il martirio viene concesso a pochi, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce nelle persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa.


Benedetto XVI (Udienza Generale, 10 Gennaio 2007): La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l’impegno sociale della carità dall’annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme. Soprattutto, santo Stefano ci parla di Cristo, del Cristo crocifisso e risorto come centro della storia e della nostra vita. Possiamo comprendere che la Croce rimane sempre centrale nella vita della Chiesa e anche nella nostra vita personale. Nella storia della Chiesa non mancherà mai la passione, la persecuzione. E proprio la persecuzione diventa, secondo la celebre frase di Tertulliano, fonte di missione per i nuovi cristiani. Cito le sue parole: «Noi ci moltiplichiamo ogni volta che da voi siamo mietuti: è un seme il sangue dei cristiani» (Apologetico 50,13: Plures efficimur quoties metimur a vobis: semen est sanguis christianorum). Ma anche nella nostra vita la croce, che non mancherà mai, diventa benedizione. E accettando la croce, sapendo che essa diventa ed è benedizione, impariamo la gioia del cristiano anche nei momenti di difficoltà. Il valore della testimonianza è insostituibile, poiché ad essa conduce il Vangelo e di essa si nutre la Chiesa. Santo Stefano ci insegni a fare tesoro di queste lezioni, ci insegni ad amare la Croce, perché essa è la strada sulla quale Cristo arriva sempre di nuovo in mezzo a noi.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Se il martirio viene concesso a pochi, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce nelle persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Donaci, o Padre, di esprimere con la vita il mistero che celebriamo nel giorno natalizio di santo Stefano primo martire e insegnaci ad amare anche i nostri nemici sull’esempio di lui che morendo pregò per i suoi persecutori. Per il nostro Signore Gesù Cristo...