IL PENSIERO DEL GIORNO

8 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito di Dio riposa su di voi. » (1Pt 4,14; Cf. Canto al Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 14,25,33: In termini recisi e mediante due severissime parabole vengono enunciate le condizioni poste a chi intende seguire Gesù come discepolo: distacco dai parenti, portare la propria croce, rinunziare ai beni.


Chi non porta la propria croce... - L’ entusiasmo della folla non si affievolisce e Gesù, in viaggio verso la Città santa, è seguito da «molta gente».
Potrebbe fare piacere a chiunque questo consenso popolare, ma non al Cristo il quale ha sempre  evitato certe manifestazioni di piazza. Inoltre, ha sempre dettato, senza infingimenti, norme ed esigenze per porsi alla sua sequela (cf. Lc 9,57-62).
Ora, rivolgendosi alla «molta gente» che «andava con lui», Gesù pone come condicio sine qua non il distacco dagli affetti e dai legami parentali, l’obbligo di seguirlo per l’irta salita del Calvario e la rinunzia ai beni.
Quindi, per essere veramente annoverati tra le fila dei suoi discepoli, è necessario compiere la scelta radicale di anteporre lui ad ogni persona o cosa, preferendolo anche ai familiari e alle persone più care. Un enorme sacrificio se pensiamo che ai tempi di Gesù il cardine di ogni relazione o convivenza sociale poggiava sull’istituzione della famiglia e del clan, una sorta di famiglia allargata.
Odiare il padre o la madre è un semitismo che significa amare meno (cf. Gen 29,30; Dt 21,15-17; Gdc 14,16). È un modo di dire per esplicitare una gerarchia di valori, Dio viene al primo posto gli uomini al secondo.
Gesù non domanda odio, ma il distacco completo e immediato (cf. Lc 9,57-62) e non intende infrangere la Legge di Dio (il quarto comandamento), ma vuole orientare l’uomo a scegliere i veri valori che contano, in questo caso il vero valore che conta è Dio. Ad una scelta orizzontale, parenti, genitori, figli, Gesù impone al discepolo una scelta verticale: gli affetti familiari praticamente devono essere gradini che devono slanciare l’uomo verso Dio.
La seconda condizione è  portare la propria croce.
Il verbo «portare» (bastazo) significa portare qualcosa di molto pesante, che opprime. Il verbo (attivo indicativo presente) descrive un’azione che si sta svolgendo ora, in questo momento, con tendenza a durare verso un immediato futuro.
La croce è quella di Gesù senza orpelli aggiuntivi, senza interpretazioni metaforiche.
È il ruvido legno con annessi e connessi: persecuzioni, ingiurie, torture, delazioni, calunnie, odio gratuito ... «quegli avvenimenti voluti o permessi da Dio, che ci fanno violenza, ci umiliano, ci causano dolore e pena e ci mettono alla prova in diverse maniere. Portare la croce significherà quindi entrare nelle intenzioni di Dio, che vede in questi avvenimenti degli strumenti della nostra salvezza; accettare o ricercare queste contrarietà come mezzi per far progredire il regno di Dio in noi e intorno a noi. Perché la croce sia meritoria per il Regno dei cieli deve essere accettata per amore di Dio; per volere seguire Cristo, bisogna volere tutto ciò che esige il suo amore» (Emilio Spinghetti).
Tanto richiede la vita cristiana: all’adorazione e all’amore è necessario aggiungere la riparazione e il patire. Quest’ultimo accettato volontariamente come stile di vita e non con entusiasmo effimero, con slancio di un’ora o di una settimana, ma «ogni giorno», senza sconti, senza respiro, senza riposo, fino alla fine: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23).
Con le due parabole, del costruttore e del re che muove guerra, Gesù vuole suggerire come la sequela cristiana comporti cautela, maturazione, serietà, propositi fermi. La scelta cristiana «non è cosa da poco, che si può fare a cuor leggero, con superficialità, senza soppesare la gravità dell’impegno che ci si assume. Pur ammettendo una gradualità, l’essere cristiano non è un distintivo o un diploma honoris causa, ma una decisione di volere mettere le proprie capacità, i propri talenti, il proprio tempo a disposizione di tutti prima che di se stessi, persino i propri averi» (O. Da Spinetoli).
Quello di Gesù non è un pauperismo a buon mercato o di bassa lega: la ricchezza è un pericolo mortale (cf. 1Tm 6,10) e chi ha voluto giocare con essa ha riportato a casa le ossa rotte. Possono esserci delle eccezioni, avere delle ricchezze e non attaccarsi ad esse, ma sono solo eccezioni. È più facile che un cammello passi per una cruna d’ago che un ricco entri nel regno dei cieli (cf. Lc 18,25).


Se uno viene a me…: Catechismo della Chiesa Cattolica 1618: Cristo è il centro di ogni vita cristiana. Il legame con lui occupa il primo posto rispetto a tutti gli altri legami, familiari o sociali. Fin dall’inizio della Chiesa, ci sono stati uomini e donne che hanno rinunciato al grande bene del matrimonio per seguire l’Agnello dovunque vada, per preoccuparsi delle cose del Signore e cercare di piacergli, per andare incontro allo Sposo che viene. Cristo stesso ha invitato certuni a seguirlo in questo genere di vita, di cui egli rimane il modello: «Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Mt 19,12).


La povertà di cuore: Catechismo della Chiesa Cattolica 2544-2545: Ai suoi discepoli Gesù chiede di preferire lui a tutto e a tutti, e propone di rinunziare a tutti i loro averi per lui e per il Vangelo. Poco prima della sua passione ha additato loro come esempio la povera vedova di Gerusalemme, la quale, nella sua miseria, ha dato tutto quanto aveva per vivere. Il precetto del distacco dalle ricchezze è vincolante per entrare nel regno dei cieli. Tutti i fedeli devono sforzarsi «di rettamente dirigere i propri affetti, affinché dall’uso delle cose di questo mondo e dall’attaccamento alle ricchezze, contrario allo spirito della povertà evangelica, non siano impediti di tendere alla carità perfetta».


La via maestra della Croce: Imitazione di Cristo (Capitolo XII, 1): Per molti è questa una parola dura: rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù (Mt 16,24; Lc 9,23). Ma sarà molto più duro sentire, alla fine, questa parola: “allontanatevi da me maledetti, nel fuoco eterno” (Mt 25,41). In verità coloro che ora accolgono volonterosamente la parola della croce non avranno timore di sentire, in quel momento, la condanna eterna. Ci sarà nel cielo questo segno della croce, quando il Signore verrà a giudicare. In quel momento si avvicineranno, con grande fiducia, a Cristo giudice tutti i servi della croce, quelli che in vita si conformarono al Crocefisso. Perché, dunque, hai paura di prendere la croce, che è la via per il regno? Nella croce è la salvezza; nella croce è la vita; nella croce è la difesa dal nemico; nella croce è il dono soprannaturale delle dolcezze del cielo; nella croce sta la forza delle mente e la letizia dello spirito; nella croce si assommano le virtù e si fa perfetta la santità. Soltanto nella croce si ha la salvezza dell’anima e la speranza della vita eterna. Prendi, dunque, la tua croce, e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto in croce per te, affinché anche tu portassi la tua croce, e desiderassi di essere anche tu crocefisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella gloria.  


Emma Cavallaro: Sono tanti i calcoli e i progetti che facciamo e disfacciamo ogni giorno della vita. Molto spesso fare calcoli si trasforma in una parte, non trascurabile, del nostro vivere quotidiano, un vivere affannato e forse anche angosciato.
Gesù ci dice che per iniziare una costruzione occorre sedersi e fare i calcoli necessari, se vogliamo portarla a compimento. E quale può essere per noi la costruzione più importante di quella della nostra vita? La vita che ci è affidata perché, realizzando il disegno che Dio ha su di noi, contribuiamo alla costruzione del regno.
Ecco allora che c’è un calcolo che dovremmo fare prima di tutti gli altri, un calcolo che se sarà esatto ci condurrà inevitabilmente a costruire tutta la nostra vita su Cristo. Una volta fatta la scelta giusta, tutto verrà di conseguenza.
Scoraggiamento e paura non ci mancheranno ma non spetta a noi nemmeno il giudizio su noi stessi, perché abbiamo scelto di rinunciare a tutti i nostri averi e quindi siamo dei «poveri», degli «affidati». Ci siamo affidati a Cristo Via, Verità e Vita e ci riaffidiamo a lui, costantemente, nella grande certezza che da lui prende luce ogni istante del nostro esistere e tutto il nostro progetto. Questa è la grande ricchezza di noi poveri!


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Se sarai stato compagno di Gesù nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella gloria.  
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, creatore e padre di tutti, donaci la luce del tuo Spirito, perché nessuno di noi ardisca usurpare la tua gloria, ma riconoscendo in ogni uomo la dignità dei tuoi figli, non solo a parole, ma con le opere, ci dimostriamo discepoli dell’unico Maestro che si è fatto uomo per amore, Gesù Cristo nostro Signore. Egli è Dio e vive e regna ...