IL PENSIERO DEL GIORNO

7 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28; Cf. Canto al Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 14,15-24: Coloro che per primi sono stati chiamati a partecipare al banchetto del Re hanno declinato l’invito preferendo occuparsi delle loro cose, alla beatitudine eterna hanno preferito la meschinità dei beni materiali. Di fronte al rifiuto Dio non insiste, Egli invita, ma non obbliga. Ma è da dire che chi rifiuta è autore della sua condanna, si autoesclude dal banchetto, ritrovandosi in questo modo fuori dalla sala conviviale: “Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti” (Mt 8,11-12).


Tutti invitati - Basilio Caballero (La Parola per ogni giorno): Nel clima disteso della conversazione al termine del banchetto e dopo aver udito le raccomandazioni di Gesù sulla scelta dei posti e degli invitati, uno dei presenti pronuncia la beatitudine con cui si apre il vangelo di oggi: «Beato chi mangerà il pane del regno di Dio!». Questa esclamazione offre a Gesù l’occasione di raccontare la parabola del grande banchetto, che è narrata anche da Matteo (22,1ss). Ma le differenze tra i due evangelisti sono notevoli in molti particolari, frutto senza dubbio di diverse tradizioni orali. Comunque, l’insegnamento fondamentale coincide in entrambe le versioni: le porte del regno si aprono ai non giudei.
Attraverso il banchetto aperto a tutti, segno dell’amore gratuito di Dio, la parabola mostra la vocazione universale al regno di Dio che, d’accordo con la tradizione profetica, è descritto come un lauto banchetto.
Secondo i profeti, nei tempi messianici il Signore avrebbe preparato per tutti i popoli, sul monte Sion, nella città di Gerusalemme, un banchetto di cibi succulenti e di vini raffinati (Is 25,6ss).
La comunità cristiana primitiva dovette meditare diligentemente la parabola di Gesù sul banchetto verificando che, come frutto della sua apertura missionaria, i gentili erano effettivamente venuti a occupare i posti lasciati vuoti dai primi invitati.
Nell’era messianica già iniziata, simboleggiata nel banchetto di nozze in cui Cristo è lo sposo della nuova umanità e del suo popolo, anche i non giudei sono ammessi al regno attraverso la loro incorporazione alla Chiesa. Qui raggiunge il suo obiettivo la missione evangelizzatrice della Chiesa, che continua la missione di Gesù.


Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Innanzi a Dio che invita alla fede e all’adesione personale bisogna sacrificare ogni interesse umano, per quanto lecito e nobile ci si possa presentare, se impedisce la risposta conveniente alla chiamata divina. Quelle apparenti ragioni, quegli apparenti doveri, sono in realtà dei meri pretesti. È pertanto manifesta la colpevolezza degli invitati, dimostratisi tanto ingrati.
«Spingili a entrare»: non si tratta di coartare la libertà di alcuno - Dio non vuole che lo amiamo per forza -, bensì di aiutare le persone a decidersi per il bene, facendola finita una buona volta col rispetto umano, con le occasioni di peccato, con l’ignoranza ... Si “spinge a entrare” con la preghiera, col sacrificio, con la testimonianza di una vita cristiana, con l’amicizia; in una parola, con l’apostolato. «Se, per salvare una vita terrena, con il plauso di tutti, impieghiamo la forza per evitare un suicidio ..., non potremo impiegare la stessa coazione - la santa coazione - per salvare la Vita (con la maiuscola) di molti che si ostinano a suicidarsi stupidamente nell’anima?» (Cammino, n. 399).


Questo è il fine della Chiesa... - Apostolica actuositatem 2: Questo è il fine della Chiesa: con la diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, rendere partecipi tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione, e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo. Tutta l’attività del corpo mistico ordinata a questo fine si chiama «apostolato»; la Chiesa lo esercita mediante tutti i suoi membri, naturalmente in modi diversi; la vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all’apostolato. Come nella compagine di un corpo vivente non vi è membro alcuno che si comporti in maniera del tutto passiva, ma unitamente alla vita partecipa anche alla sua attività, così nel corpo di Cristo, che è la Chiesa «tutto il corpo... secondo l’energia propria ad ogni singolo membro... contribuisce alla crescita del corpo stesso» (Ef 4,16). Anzi in questo corpo è tanta l’armonia e la compattezza delle membra (cfr. Ef 4,16), che un membro il quale non operasse per la crescita del corpo secondo la propria energia dovrebbe dirsi inutile per la Chiesa e per se stesso.


Andate e ammaestrate tutte le genti: Paolo VI (Udienza Generale 18 Ottobre 1972): Sì, l’apostolato è uno dei bisogni essenziali e primari della Chiesa; ma oggi più che mai. Prima di tutto perché è sempre stato così. Le parole conclusive del Vangelo non cessano di risuonare nel corso dei secoli a quanti hanno la fortuna, come cristiani, di accoglierne l’eco tuttora squillante ed imperativo: «andate e ammaestrate tutte le genti...» (Matth. 28, 19). In secondo luogo perché lo sviluppo storico dell’umanità dimostra con evidenza drammatica a chi lo sa cogliere il travaglio dello spirito umano impegnato, fino al fanatismo talvolta, a spegnere ogni senso religioso (siamo nell’epoca del secolarismo e dell’ateismo, antireligioso e anticristiano, ed anticlericale), e subito tormentato dalla carenza e dalla fame, che si producono nel medesimo spirito umano, del cibo che solo lo fa vivere in pienezza, la fede nella Parola di Dio (Cfr. Matth. 3,4). Diciamo semplicemente: oggi più che mai, e proprio in funzione del suo progresso, l’uomo, lo sappia o no, ha fame di Cristo. E allora ci domandiamo: chi può e come portare all’uomo del nostro tempo il contatto vitale con Cristo?
Qui si pone, come la scoperta d’una chiave esplicativa del disegno divino circa la salvezza del mondo, la necessità del mezzo umano fra Dio, fra Cristo, fra il Vangelo e l’uomo da salvare. La grande economia religiosa della salvezza suppone ed esige una rete intermediaria, un ministero, una trasmissione organizzata e autorizzata di uomo ad uomo. Il «Kerygma», cioè il messaggio evangelico, esige un messaggero, esige un apostolo, cioè un inviato, un missionario. La comunicazione di Dio all’uomo può essere diretta; lo Spirito di Dio può effondersi senza alcun tramite; ma non è questo il modo ordinario scelto da Dio per rivelare il regno soprannaturale ch’Egli apre, come un convito (Cfr. Luc. 14,16; Matth. 22,2) ai singoli uomini e all’intera umanità. Il fatto religioso rimane, sì, nella sua essenza, un fatto interiore e personale; ma di solito ha bisogno d’essere provocato da uno stimolo esterno; anzi, per il fatto religioso soprannaturale, ch’è quello più vero e reale, si richiede un servizio qualificato, un annuncio autentico, un magistero autorizzato (Cfr. Rom. 10,14 ss.). La fede non nasce da sé; essa è frutto d’una trasmissione, d’un apostolato.


Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio: Catechismo della Chiesa Cattolica 52: Dio che «abita una luce inaccessibile» (1Tm 6,16) vuole comunicare la propria vita divina agli uomini da lui liberamente creati, per farli figli adottivi nel suo unico Figlio. Rivelando se stesso, Dio vuole rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di quanto sarebbero capaci da se stessi.


“Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi: Catechismo della Chiesa Cattolica 29: Ma questo «intimo e vitale legame con Dio» può essere dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente rifiutato dall’uomo. Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse: la ribellione contro la presenza del male nel mondo, l’ignoranza o l’indifferenza religiosa, le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze, il cattivo esempio dei credenti, le correnti di pensiero ostili alla religione, e infine la tendenza dell’uomo peccatore a nascondersi, per paura, davanti a Dio e a fuggire davanti alla sua chiamata.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Se, per salvare una vita terrena, con il plauso di tutti, impieghiamo la forza per evitare un suicidio ..., non potremo impiegare la stessa coazione - la santa coazione - per salvare la Vita (con la maiuscola) di molti che si ostinano a suicidarsi stupidamente nell’anima?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, creatore e padre di tutti, donaci la luce del tuo Spirito, perché nessuno di noi ardisca usurpare la tua gloria, ma riconoscendo in ogni uomo la dignità dei tuoi figli, non solo a parole, ma con le opere, ci dimostriamo discepoli dell’unico Maestro che si è fatto uomo per amore, Gesù Cristo nostro Signore. Egli è Dio e vive e regna ...