IL PENSIERO DEL GIORNO

6 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli, e conoscerete la verità» (Gv 8,31b-32; Cf. Canto al Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 14,12-14: «Il Vangelo di Luca (Lc 14,1.7-14), ricorda l’insegnamento di Gesù in casa di uno dei farisei che lo aveva invitato a pranzo, dinanzi alla gente che stava ad osservarlo (Lc 14,1.7-14): vedendo che gli invitati sceglievano i primi posti, Gesù insegna il galateo dell’umiltà, non solo a tavola, ma in tutta la vita cristiana, ammonendo: “Chiunque si esalta, sarà umiliato, e chi si umilierà sarà esaltato”. Poi aggiunge la lezione del disinteresse, raccomandando al suo ospite di non invitare a pranzo i parenti e gli amici ricchi per averne il contraccambio. Infine gli segnala che la vera ricompensa del bene, che si fa agli indigenti, si trova in Dio, al quale si diventa più simili con la carità, fino alla piena gioia nella “risurrezione dei giusti”» (Giovanni Paolo II, Omelia 30 Agosto 1980).


Benedetto Prete (Vangelo secondo Luca - Nota a Lc 14,12-13): Disse a chi l’aveva invitato; formula di passaggio ad un nuovo insegnamento, introdotto da Luca per motivi redazionali; la circostanza di un invito a pranzo accolto dal Salvatore (cf. versetti 1-6) offre allo scrittore la situazione ideale per inserirvi questi preziosi ammaestramenti.
Si noti come l’autore abbia rielaborato questi opportuni consigli presentandoli con una struttura letteraria ben studiata: nel versetto 7 l’evangelista parlava degli invitati, qui invece egli considera colui che ha rivolto l’invito. Non invitare i tuoi amici;  gli amici sono ricordati per primi, sia perché a volte sono preferiti ai propri congiunti, sia anche perché l’amicizia, molto sentita ed apprezzata nell’antichità, rappresenta un intimo e nobile legame tra gli uomini che si fonda su una comunione di pensiero e di sentimento. I tuoi fratelli ... i tuoi parenti; i fratelli sono i parenti più vicini; i tuoi parenti indicano le persone legate da vincoli di parentela meno stretta.
Invita i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi; sono elencati quattro tipi di infelici, come nel versetto precedente erano state nominate quattro specie di invitati. «I poveri» figurano per primi poiché per Luca la povertà è una caratteristica ed una condizione fondamentale per l’appartenenza al regno dei cieli.


... e sarai beato perché non hanno da ricambiarti - Giovanni Bernini: La Bibbia testimonia ampiamente la presenza di una caratteristica forma letteraria che possiamo chiamare latinamente «beatitudine» o, dall’aggettivo greco corrispondente, «macarismo». Celebra una persona per la felicità ad essa accordata e in particolare evidenzia il motivo di questa felicità. L’ebraico ‘ashrè significa felicità, successo, fortuna. Il greco si è servito generalmente di una frase nominale: «Beato l’uomo», dove l’ebraico aveva un sostantivo in stato costrutto: «La beatitudine dell’uomo». Segue un participio o una proposizione relativa che indicano il beneficiario e la ragione della felicità.
Dal punto di vista contenutistico la beatitudine consiste, secondo il pensiero biblico, nel raggiungimento di ciò che appaga e fa felice il cuore umano. Tale è, per esempio, la condizione di una donna che è stata appagata della sua naturale aspirazione alla maternità (cf. Gn 30,12-13). Il concetto di beatitudine è diverso da quello di benedizione: questa consiste nell’augurio e nell’aspirazione a ricevere qualche bene che procura la felicità; la proclamazione della beatitudine invece suppone la presenza della felicità in chi ne realizza le condizioni. Alla beatitudine e alla benedizione si oppone la maledizione: quando prevale l’ira o l’odio, dal cuore dell’uomo scaturisce la maledizione, l’imprecazione, l’invettiva; se prevalgono invece la benevolenza e l’amore, l’uomo prorompe nell’augurio, nella benedizione, nella beatitudine.


Il segreto di una famiglia felice: Amoris laetitia 183: Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello: «Uno sguardo attento alla vita quotidiana degli uomini e delle donne di oggi mostra immediatamente il bisogno che c’è ovunque di una robusta iniezione di spirito famigliare. […] Non solo l’organizzazione della vita comune si incaglia sempre più in una burocrazia del tutto estranea ai legami umani fondamentali, ma, addirittura, il costume sociale e politico mostra spesso segni di degrado». Invece le famiglie aperte e solidali fanno spazio ai poveri, sono capaci di tessere un’amicizia con quelli che stanno peggio di loro. Se realmente hanno a cuore il Vangelo, non possono dimenticare quello che dice Gesù: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). In definitiva, vivono quello che ci viene chiesto in modo tanto eloquente in questo testo: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato» (Lc 14,12-14). Sarai beato! Ecco qui il segreto di una famiglia felice.  


Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo» - Evangelii gaudium 47-48: La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa.
Se la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi dovrebbe privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (Lc 14,14). Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo», e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli.


Tutti abbiano misericordia verso i poveri: Apostolicam actuositatem 8: La santa Chiesa, come fin dalle sue prime origini, unendo insieme l’«agape» con la cena eucaristica, si manifestava tutta unita nel vincolo della carità attorno a Cristo, così, in ogni tempo, si riconosce da questo contrassegno della carità, e mentre gode delle iniziative altrui, rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto inalienabile. Perciò la misericordia verso i poveri e gli infermi con le cosiddette opere caritative e di mutuo aiuto, destinate ad alleviare ogni umano bisogno, sono da essa tenute in particolare onore 


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo».
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, creatore e padre di tutti, donaci la luce del tuo Spirito, perché nessuno di noi ardisca usurpare la tua gloria, ma riconoscendo in ogni uomo la dignità dei tuoi figli, non solo a parole, ma con le opere, ci dimostriamo discepoli dell’unico Maestro che si è fatto uomo per amore, Gesù Cristo nostro Signore. Egli è Dio e vive e regna ...