IL PENSIERO DEL GIORNO

24 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco ed esse mi seguono» (Gv 10,27; Acclamazione al Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 19,45-48: La mia casa è casa di preghiera - Javier Pikaza (Commento della Bibbia Liturgica): L’ascesa di Gesù a Gerusalemme culmina nel tempio che, nell’episodio della sua infanzia (2,49), aveva chiamato casa o luogo del Padre. Dal tempio era venuta la parola di Dio che, collegandosi con la vecchia tradizione d’Israele, aveva indirizzato la storia degli uomini verso il suo compimento (cf 1.5s). Al tempio portarono Gesù quando era bambino, per presentarlo al Padre (2,22), e nel tempio era risuonato il canto di gioia e di promessa del vecchio Simeone (2,25-38). Lì era cominciata l’attività di Gesù che discuteva coi dottori del suo popolo (2.41-52) e lì egli conclude ora il suo viaggio (19,45-48).
Questa venuta di Gesù al tempio acquista il carattere d’una «purificazione». I giudei hanno trasformato la casa di Dio in un luogo di commercio, nel quale si cambiano le monete necessarie per il tributo sacro, e si comprano e si vendono i diversi animali destinati ai sacrifici. In prospettiva ritualistica, questo commercio è necessario; però agli occhi di Gesù, che vede il tempio come il luogo di Dio e il luogo della preghiera e dell’incontro col Padre questo commercio è immorale. Perciò purifica il tempio con un gesto che suscita l’opposizione delle autorità costituite (sacerdoti e giuristi).
Questa opposizione si aggiunge a quella che avevamo già notata in occasione dell’entrata trionfale nel giorno delle Palme (19,39-40). Allora erano i farisei che si scandalizzavano per averlo sentito acclamare come «colui che viene ... nel nome del Signore». Ora sono i sacerdoti i dottori che si oppongono al suo modo di agire riguardo all’antico tempio. Gesù resta solo di fronte agli uni e agli altri. Da questo momento, la sua storia sarà la storia d’una battaglia che è perduta in partenza e che termina con la morte del profeta. Ma, allo stesso tempo, sarà la storia del trionfo decisivo (ascensione). La verità del vecchio tempio terreno resta superata nel momento in cui Gesù sale al cielo (At 1,9-11). In cielo appunto, alla destra di Padre, si trova la sua pienezza e il vero luogo di salvezza per gli uomini (cf At 7,54-60; Le 22,68-69).
Perciò, sebbene il tempio sia all’inizio il centro dell’assemblea ecclesiale (cf At 5,12), la sua importanza tramontata. I credenti hanno, d’ora in poi, due focolari.
Il primo focolare è, da un lato, il mondo verso il qual devono camminare con il messaggio salvatore del vangelo: il secondo focolare finale, verso il quale tende ogni loro via, è il mistero di Gesù, esaltato alla destra del Padre. Lì culmina la verità del vecchio tempio d’Israele per la Chiesa.


Gesù tu un violento? - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni, I° Volume): Il gesto profetico e messianico di Gesù, allorché con la sferza scacciò i mercanti dal tempio, ci pone un interrogativo: Gesù fu un violento? Questa domanda è di grande attualità, oggi che si parla addirittura della teologia della rivoluzione e della violenza. E. Trocmé si chiede, se la purificazione del tempio non sia un atto zelote, simile a quello compiuto da Fineés (cf. Nm 25) e dal padre dei Maccabei (cf. 1Mac 2,15-28): costatando la violazione aperta della legge e l’incapacità dell’autorità a porvi rimedio, Gesù preso da santo zelo, è intervenuto. Questo gesto profetico però non prova che Gesù appartenesse al partito dei zeloti, perché lo zelo per la legge non era monopolio di questo gruppo politico-religioso.
Il quarto evangelista non ci presenta Gesù come un rivoluzionario o un violento. Per questo agiografo, Gesù aveva un carattere forte. Infatti non tiene nessun conto delle leggi e delle consuetudini sociali, quando puzzano di razzismo o di segregazione. Gesù perciò soggiorna in Samaria, una regione semipagana, anzi conversa affabilmente con una donna peccatrice, presso il pozzo di Giacobbe (Gv 4,4ss.); Gesù viola la legge del riposo sabatico, sfidando le rappresaglie dei giudei (Gv 5, 4ss.); egli affronta i suoi nemici, anche se costoro avevano ormai decretato di ucciderlo ed avevano inviato dei servi per catturarlo (cf. Gv 7,14-46; 8,12-59; 10,22-39). Gesù dunque è una persona coraggiosa e un aperto contestatore degli abusi della legge divina e delle tradizioni umane in opposizione con l’amore per tutti gli uomini. Egli però non è un violento.
A riprova della condanna pratica della violenza da parte di Gesù, basti pensare al suo arresto nell’orto degli ulivi (Gv 18,1ss.): Gesù si lascia catturare senza opporre resistenza, anzi esorta Pietro a non far uso della spada, dopo che questi ha tagliato l’orecchio destro di Malco (Gv 18,10s.).
Gesù dunque ha un carattere forte, è coraggioso, sa affrontare con fortezza e serenità la sua passione dolorosa e la morte obbrobriosa; egli però non è un violento. Il gesto profetico e messianico della cacciata dei mercanti dal tempio si deve collocare nella prospettiva dello zelo per la casa di Dio, il cui decoro vilipeso esigeva da parte di Gesù un atto di forza e di coraggio contro i violatori della santità del tempio.


Gli aspiranti al sacerdozio devono esse educati alla fortezza d’animo - Optatam totius 11: Si osservino diligentemente le norme della educazione cristiana, e queste siano convenientemente perfezionate coi dati recenti di una sana psicologia e pedagogia. Pertanto, per mezzo di una educazione saggiamente proporzionata alla loro età, si coltivi negli alunni anche la necessaria maturità umana. Questa si riconosce principalmente in una certa fermezza d’animo, nel saper prendere decisioni ponderate e nel retto modo di giudicare uomini ed eventi. Gli alunni si abituino a ben disciplinare il proprio carattere; siano formati alla fortezza d’animo, e in generale imparino a stimare quelle virtù che sono tenute in gran conto fra gli uomini e rendono accetto il ministro di Cristo quali sono la lealtà, il rispetto costante della giustizia, la fedeltà alla parola data, la gentilezza del tratto, la discrezione e la carità nel conversare.
La disciplina nella vita di seminario deve considerarsi non solo come un sostegno della vita comune e della carità, ma anche come un elemento necessario di una formazione completa in vista di acquistare il dominio di sé, assicurare il pieno sviluppo della personalità e formare quelle altre disposizioni di animo che giovano moltissimo a rendere equilibrata e fruttuosa l’attività della Chiesa. Tale disciplina tuttavia deve praticarsi in maniera da formare nell’animo degli alunni l’attitudine ad accogliere l’autorità dei superiori per intima convinzione, cioè per motivo di coscienza (cfr. Rm 13,5) e per ragioni soprannaturali. Le norme disciplinari poi devono applicarsi in modo conforme all’età degli alunni, cosicché essi, mentre si abituano gradualmente al dominio di sé, imparino nello stesso tempo a fare retto uso della libertà, a sviluppare lo spirito di iniziativa e a lavorare in comune con i confratelli e con i laici.
Tutta la vita di seminario, compenetrata di vita interiore, di silenzio e di premurosa sollecitudine verso gli altri, va ordinata in maniera tale da essere come una iniziazione alla futura vita sacerdotale.


La vita religiosa deve favorire la virtù della fortezza - Perfectae caritatis 5: I membri di qualsiasi istituto ricordino anzi tutto di aver risposto alla divina chiamata con la professione dei consigli evangelici, in modo che essi non solo morti al peccato (cfr. Rm 6,11), ma rinunziando anche al mondo, vivano per Dio solo. Tutta la loro vita, infatti, è stata posta al suo servizio, ciò costituisce una speciale consacrazione che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale l’esprime con maggior pienezza. Avendo poi la Chiesa ricevuto questa loro donazione di sé, sappiano di essere anche al servizio della Chiesa. Tale servizio di Dio deve in essi stimolare e favorire l’esercizio delle virtù, specialmente dell’umiltà e dell’obbedienza, della fortezza e della castità, con cui si partecipa all’annientamento del Cristo (cfr. Fil 2,7-8), e insieme alla sua vita nello Spirito (cfr. Rm8,1-13). I religiosi dunque, fedeli alla loro professione, lasciando ogni cosa per amore di Cristo (cfr. Mc 10,28), lo seguano (cfr. Mt 19,21) come l’unica cosa necessaria (cfr. Lc 10,42), ascoltandone le parole (cfr. Lc 10,39), pieni di sollecitudine per le cose sue (cfr. 1Cor 7,32). Perciò è necessario che i membri di qualsiasi istituto, avendo di mira unicamente e sopra ogni cosa Dio, uniscano la contemplazione, con cui aderiscono a Dio con la mente e col cuore, e l’ardore apostolico, con cui si sforzano di collaborare all’opera della redenzione e dilatare il regno di Dio.


La fortezza cristiana è particolarmente necessaria ai laici, i quali devono rendere testimonianza al Vangelo in ambienti spesso ostili al messaggio del Cristo - Apostolicam actuositatem 17: Questo apostolato individuale è di grande necessità e urgenza in quelle regioni in cui la libertà della Chiesa è gravemente impedita. In tali difficilissime circostanze i laici, sostituendo come possono i sacerdoti, mettendo in pericolo la propria libertà e talvolta anche la vita, insegnano la dottrina cristiana a coloro cui vivono vicino, li formano alla vita religiosa e allo spirito cattolico, li inducono a ricevere con frequenza i sacramenti e a coltivare la pietà, soprattutto quella eucaristica. Il sacro Concilio, mentre di tutto cuore ringrazia Dio che anche nella nostra epoca, non manca di suscitare laici di eroica fortezza in mezzo alle persecuzioni, li abbraccia con paterno affetto e con riconoscenza.
L’apostolato individuale ha luogo particolarmente in quelle regioni dove i cattolici sono pochi e dispersi. Ivi i laici, che solo individualmente possono esercitare l’apostolato, sia per i motivi suddetti, sia per speciali ragioni derivanti anche dalla loro attività professionale, opportunamente a tempo e luogo si radunano insieme in piccoli gruppi per scambiarsi le idee senza alcuna rigida formula di istituzione od organizzazione, in maniera che questo apparisca sempre come segno della comunità della Chiesa di fronte agli altri e quale vera testimonianza di amore. In questo modo, con l’amicizia e lo scambio di esperienze, aiutandosi a vicenda spiritualmente, si fortificano per superare i disagi di una vita e di una attività troppo isolate e per produrre frutti sempre più abbondanti di apostolato.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** In tali difficilissime circostanze i laici, sostituendo come possono i sacerdoti, mettendo in pericolo la propria libertà e talvolta anche la vita, insegnano la dottrina cristiana a coloro cui vivono vicino, li formano alla vita religiosa e allo spirito cattolico, li inducono a ricevere con frequenza i sacramenti e a coltivare la pietà, soprattutto quella eucaristica.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa:  O Dio, origine e fonte di ogni paternità, che hai reso fedeli alla croce del tuo Figlio fino all’effusione del sangue, i santi Andrea Dung-Lac e compagni martiri, per la loro comune intercessione fa’ che diventiamo missionari e testimoni del tuo amore fra gli uomini, per chiamarci ad essere tuoi figli. Per il nostro Signore.