IL PENSIERO DEL GIORNO

 23 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Io ho progetti di pace e non di sventura; voi mi invocherete e io vi esaudirò, e vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi» (Ger 29,11.12.14; Antifona).  


Vangelo secondo Luca 19,41-44: Gesù piange perché prevede la distruzione del tempio, della città e la dispersione del popolo d’Israele. Gerusalemme non accettato il Vangelo della pace, crocifiggerà il Cristo, e uccidendo Gesù ha rigettato Dio. I Romani abbatteranno le mura della città santa, e non lasceranno in essa pietra su pietra, perché non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata. La fine è imminente, e quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire (1Ts 5,3).


Non avete conosciuto il momento della mia venuta - Javier Pikaza (Commento della Bibbia Liturgica): Il testo ci mette di fronte a uno dei maggiori paradossi del vangelo. Gesù è asceso a Gerusalemme per essere condannato dall’autorità competente come un malfattore (espulso dal suo popolo). In realtà, attraverso questa condanna, Gesù si è assiso sul trono d’Israele come il Signore che regna sui suoi. In questa posizione di re, egli pronunzia la sentenza definitiva: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno. la via della pace! ... Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee ... è non lasceranno in te pietra su pietra».
Rigettando il Cristo e misconoscendo il senso della sua pace messianica, Gerusalemme è divenuta una semplice città della terra. Ha perso il suo carattere di segno salvatore e si definisce esclusivamente in funzione d’un estremismo politico, rappresentato nella sua lotta contro Roma, che termina tragicamente nella guerra del ‘70.
Questa sentenza non fu eseguita immediatamente. Il rigetto di Gerusalemme presenta una lunga storia. Ha ricevuto la parola di Gesù, la testimonianza dei primi cristiani, il messaggio di san Paolo (At 21ss), ma tutto è stato vano. Gerusalemme finisce sola. abbandonata da Dio e dalla Chiesa. In questo modo la vecchia città della speranza dell’Antico Testamento e della via di Gesù verso il Padre è divenuta un mucchio di rovine. D’ora in poi la salvezza si stacca dalle sue vecchie radici palestinesi e si porta sulla via di Gesù che, venuto dal Padre, manda i suoi discepoli nel mondo.
Le parole di Gesù sopra Gerusalemme, con il loro possibile fondo storico e il loro richiamo di meditazione ecclesiale, costituiscono una delle finalità dell’opera di san Luca. Là dove la salvezza è stata preparata e offerta in modo più intenso, la rovina e il rifiuto divengono più dolorosi. Salendo verso il Padre Gesù piange sullo sfondo delle rovine del suo popolo distrutto (19,41). Poche immagini sono più commoventi di questa. Tenendola presente, possiamo tirare due conclusioni generali.
a) Come un uomo che appartiene al ceppo di speranze e di crisi d’Israele, Gesù ama il suo popolo. Lo ama d’un amore intenso e doloroso, così che il rigetto dei suoi costituisce una delle basi della sua passione. Questo dolore può essere preso come fonte di consolazione per coloro che soffrono come lui per la morte dei loro popoli.
b) Una morte o una distruzione possono avere vari sensi. Per la Chiesa, la morte di Gesù, accettata in spirito di ubbidienza, è divenuta fondamento di gloria e di salvezza. Al contrario, la caduta di Gerusalemme, interpretata in chiave di rifiuto del messaggio di Gesù, è divenuta il riflesso d’una condanna. Ogni morte può assumere questi sensi: porta con Cristo alla Pasqua o con Gerusalemme alla rovina.


Quando fu vicino a Gerusalemme: Catechismo della Chiesa Cattolica 557: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme» (Lc 9,51). Con questa decisione, indicava che saliva a Gerusalemme pronto a morire. A tre riprese aveva annunziato la sua passione e la sua risurrezione. Dirigendosi verso Gerusalemme dice: «Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme» (Lc 13,33).


… pianse: Giovanni Paolo II (Omelia, 6 novembre 1994): C’è un luogo a Gerusalemme, sul versante del Monte degli Ulivi, dove secondo la tradizione Cristo pianse sulla città di Gerusalemme. In quelle lacrime del Figlio dell’uomo vi è quasi una lontana eco di un altro pianto, di cui parla la prima lettura tratta dal Libro di Neemia. Dopo il ritorno dalla schiavitù babilonese, gli Israeliti si accinsero a ricostruire il tempio. Prima, però, ascoltarono le parole della Sacra Scrittura, e del sacerdote Esdra, che poi benedisse il popolo con il libro della Legge. Allora tutti scoppiarono in lacrime. Leggiamo infatti che il governatore Neemia e il sacerdote Esdra dissero ai presenti: “Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non piangete! [...] non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza” (Ne 8,9.10).
Ecco, quello degli israeliti era pianto di gioia per il tempio ricuperato, per la libertà riacquistata.
2. Il pianto di Cristo sul versante del Monte degli Ulivi non fu, invece, un pianto di gioia. Egli infatti esclamò: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa vi sarà lasciata deserta” (Mt 23,37-38).
Parole simili Gesù dirà poco più tardi sulla via del Calvario, incontrando le donne di Gerusalemme in lacrime.
Nel pianto di Gesù su Gerusalemme trova espressione il suo amore per la Città Santa, assieme al dolore per il suo futuro non lontano, che egli prevede: la Città sarà conquistata e il tempio distrutto, i giovani saranno sottoposti allo stesso suo supplizio, la morte di croce. “Allora cominceranno a dire ai monti: cadete su di noi! e ai colli: copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?” (Lc 23,30-31).
3. Sappiamo che Gesù pianse, un’altra volta, presso la tomba di Lazzaro. “Dissero allora i Giudei: “Vedi come lo amava!”. Ma alcuni di loro dissero: “Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?” (Gv 11,36-37). Allora Gesù, manifestando nuovamente una profonda commozione, si recò al sepolcro, ordinò di togliere la pietra, e, alzati gli occhi al Padre, gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori dal sepolcro! (cf.Gv 11,38-43).
4. Il Vangelo ci parla ancora della commozione di Gesù, quando esultò nello Spirito Santo e disse: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto” (Lc 10,21). Gesù gioisce per la paternità divina; si rallegra perché gli è dato di rivelare questa paternità, e si allieta infine per una particolare irradiazione di questa paternità sui piccoli.
L’evangelista Luca definisce tutto questo come un’esultanza nello Spirito Santo. Esultanza che spinge Gesù a rivelarsi ancor di più: “Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Lc 10,22) (cf. Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, 20).
5. Nel cenacolo Gesù predice agli Apostoli il loro futuro pianto: “In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia”. E aggiunge: “La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16,20-21). Così Cristo parla della tristezza e della gioia della Chiesa, del suo pianto e della sua letizia, riferendosi all’immagine di una donna che partorisce.


Se avessi compreso…: Catechismo della Chiesa Cattolica 558: Gesù ricorda il martirio dei profeti che erano stati messi a morte a Gerusalemme. Tuttavia, non desiste dall’invitare Gerusalemme a raccogliersi attorno a lui: «Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!» (Mt 23,37b). Quando arriva in vista di Gerusalemme, Gesù piange sulla città ed ancora una volta manifesta il desiderio del suo cuore: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace! Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi» (Lc 19,42).


Hugues Cousin (Vangelo di Luca): Gesù non è né il primo né l’ultimo a profetizzare la distruzione di Gerusalemme. Geremia ed Ezechiele lo avevano fatto, prima della distruzione del 587 a. C. Secondo Flavio Giuseppe, quattro anni prima dello scoppio della guerra del 66-70 d.C., “un certo Gesù, figlio di Anania cominciò a profetizzare gridando nel tempio: «Una voce da oriente, una voce da occidente, una voce dai quattro venti, una voce contro Gerusalemme e il tempio, [ ... ] una voce contro il popolo intero!». E anche sotto la frusta, egli non cesserà di ripetere: «Guai a Gerusalemme!». Morì durante l’assedio. Proprio mentre «gridava, dalle mura, con voce penetrante: ‘Ancora guai alla città e al popolo e al tempio!’» e aggiungeva: «E guai anche a me! Fu colpito da una pietra ‘lanciata da una balista’ romana»” (La guerra giudaica, VI, 300-309). La novità di Gesù di Nazaret non consiste nell’annuncio della catastrofe, ma in quello che, ai suoi occhi, ne è la causa. Diversamente da coloro che avevano assistito alla risurrezione del figlio della vedova (cfr. 7,16), la città ha rifiutato di riconoscere che l’ora X annunciata dalle Scritture e attesa da Israele era suonata; essa rifiuta di credere che, quando Gesù predica e agisce, quando entra a Gerusalemme, acclamato dai suoi discepoli, è Dio stesso che visita il suo popolo per offrirgli la salvezza.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo…