IL PENSIERO DEL GIORNO


21 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Cfr. Lc 11,27-28; Acclamazione al Vangelo).  


Vangelo secondo Matteo 12,46-50: Benedetto Prete (Vangelo secondo Matteo): v. 46 Mentre egli ancora parlava: l’indicazione dell’evangelista è una vaga formula di sutura con i fatti precedenti (cf. Mt., 9,18; 17,5; 26,47); essa non va presa alla lettera. L’episodio narrato (12,46-50) non ha quindi una relazione né cronologica né logica con il contesto. I suoi fratelli; non sono già i figli di Maria e, conseguentemente fratelli di Gesù, ma prossimi parenti (cugini di vario grado); in ebraico ed in aramaico sono chiamati fratelli anche i cugini; cf. Genesi, 13,8; 14, 16; 29,15; Levitico, 10,4; 2Cronache, 23,22. Matteo non aveva bisogno di evitare questo termine, perché ne conosceva il vero significato ed i suoi lettori non ne rimanevano disorientati, poiché erano pienamente convinti della perpetua verginità di Maria. Anche in qualche nostra regione si parla di fratello carnale e di fratello cugino. L’evangelista non indica il motivo per il quale i parenti di Gesù volevano parlare con il Maestro. v.  47 Il versetto manca in codici autorevoli; esso è una ripetizione del verso 16, ed è inserito nell’attuale contesto per desiderio di chiarezza. In alcune edizioni critiche è omesso e da autorevoli esegeti è considerato non autentico. Riteniamo che il versetto sia un’aggiunta. v. 48 L’espressione non è irriverente per la Madre di Gesù. Il Maestro coglie l’occasione che gli si offre per ammaestrare i presenti; egli infatti parla di una nuova parentela spirituale (cf. 8,21-22; 10,37) che è basata sul compimento della volontà del Padre celeste. vv. 49-50 Con un gesto e con una dichiarazione Cristo indica coloro che gli sono legati con questo vincolo di parentela spirituale. Sono congiunti di Gesù tutti quelli che obbediscono al suo Pad celeste. II Maestro conserva i termini fratello, sorella, madre per designare quella parentela spirituale che rende le anime care a Dio come ad ognuno sono cari il fratello, la sorella e la madre. La risposta di Gesù rivela in forma indiretta tutto il suo vivo amore per la madre; Maria fu maggiormente cara a Cristo per il motivo che egli stesso ha indicato in questa circostanza; nessuna creatura infatti fece la volontà di Dio come la mamma di Gesù (cf. Lc., 1,38), perciò nessuno è madre, sorella, fratello a Cristo come Maria.


Nota storico-liturgica -  Enzo Lodi (I Santi del Calendario Romano): La memoria obbligatoria, che dal secolo XIV (1372) è entrata nel culto dei latini di Cipro per decreto di Gregorio Xl e si celebrava già nel secolo IX nei monasteri orientali dell’Italia meridionale, è stata introdotta nel messale Romano da11472 con Sisto IV. Una sequenza nell’Ufficio faceva menzione di un particolare della leggenda riportata dal Protoevangelo di Giacomo (secolo II), secondo cui Maria, condotta al tempio a tre anni dai suoi genitori, avrebbe salito una scala di vari gradini (il numero era di tre, poi ampliato fino a quindici: «Ter quinis gradibus») senza poi voltarsi indietro.
In realtà la memoria celebra l’entrata della santa Madre di Dio nel tempio di Gerusalemme secondo la dicitura dell’ufficio bizantino attuale (eisodos), in rapporto alla dedicazione della basilica di Santa Maria la Nuova (Nea), al 21 novembre del 543, sotto Giustiniano I (cfr. Procopio, storico dell’imperatore, che attesta la consacrazione di «un santuario che non ha l’uguale»); tanto più che nel secolo VIII si trova già a Costantinopoli questa festa alla data del 21 novembre, codificata poi da Giorgio di Nicomedia e inserita nel ciclo delle dodici feste. Fu poi commentata da molti scrittori ecclesiastici orientali con oltre quaranta omelie (Andrea di Creta, Germano di Costantinopoli, Tarasio di Costantinopoli, Giorgio di Nicomedia). In Occidente, dopo il decreto detto di Gelasio (secolo V) che condannava, fra gli altri, anche il Libro della nascita di Maria, tale memoria non figura fra le quattro feste mariane introdotte da papa Sergio I di origine siriana ( 701), anche perché la basilica nuova era stata distrutta dai persiani nel 614. Tuttavia in Inghilterra è già nota una festa liturgica della Presentazione nel secolo Xl, al21 novembre. Anche l’iconografia si è ispirata variamente all’apocrifo Libro di Giacomo, così denominato da Origene (cfr. le pitture di Giotto, 1305 e di Taddeo Gaddi, 1338, ecc.).


Presentazione della Beata vergine Maria al Tempio: Quando Maria «compì l’anno, Gioacchino fece un gran convito: invitò i sacerdoti, gli scribi, il consiglio degli anziani e tutto il popolo di Israele. Gioacchino presentò allora la bambina ai sacerdoti, i quali la benedissero, dicendo: “O Dio dei nostri padri, benedici questa bambina e dà a lei un nome rinomato in eterno in tutte le generazioni”. E tutto il popolo esclamò: “Così sia, così sia! Amen”. La presentò anche ai sommi sacerdoti, i quali la benedissero, dicendo: “O Dio delle sublimità, guarda questa bambina e benedicila con l’ultima benedizione, quella che non ha altre dopo di sé. [...]. Terminato il banchetto, se ne partirono pieni di allegria, glorificando il Dio di Israele. Per la bambina passavano intanto i mesi. Giunta che fu l’età di due anni, Gioacchino disse a Anna: “Per mantenere la promessa fatta, conduciamola al tempio del Signore, affinché il Padrone non mandi contro di noi e la nostra offerta riesca sgradita”. Anna rispose: “Aspettiamo il terzo anno, affinché la bambina non cerchi poi il padre e la madre”. Gioacchino rispose: “Aspettiamo. Quando la bambina compì i tre anni, Gioacchino disse: “Chiamate le figlie senza macchia degli Ebrei: ognuna prenda una fiaccola accesa e la tenga accesa affinché la bambina non si volti indietro e il suo cuore non sia attratto fuori del tempio del Signore”. Quelle fecero così fino a che furono salite nel tempio del Signore. Il sacerdote l’accolse e, baciatala, la benedisse esclamando: “Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni. Nell’ultimo giorno, il Signore manifesterà in te ai figli di Israele la sua redenzione”. La fece poi sedere sul terzo gradino dell’altare, e il Signore Iddio la rivestì di grazia; ed ella danzò con i suoi piedi e tutta la casa di Israele prese a volerle bene. I suoi genitori scesero ammirati e lodarono il Padrone Iddio perché la bambina non s’era voltata indietro. Maria era allevata nel tempio del Signore come una colomba, e riceveva il vitto per mano di un angelo.» (Protovangelo di Giacomo, 6-8).
Il Protovangelo di Giacomo non è uno scritto ispirato, ma le sue pagine ci fanno comprendere come i credenti anelassero conoscere “qualcosa” della Madre di Gesù, e questo ci suggerisce come Maria fosse amata, venerata, innanzi tutto come serva del Signore, poi come discepola, e ancora come Maestra, e infine Madre di Gesù, vero Dio e vero Uomo, e dolcissima Madre e Regina di tutti gli uomini.


La famiglia di Gesù - Felipe F. Ramos: Non sappiamo con esattezza quale sia stata la relazione di Gesù con la sua famiglia. Dall’informazione di Marco (3,21), sappiamo che i suoi familiari non credevano in lui e che, anzi, pensavano che non fosse sano di mente e tentarono di riportarselo a casa. Matteo ha tralasciato questa informazione di Marco: era troppo forte e scandalosa per i suoi lettori. Ci offre invece questa scena, che ha un parallelo in Marco (3,31-35).
Gesù è il rivelatore del Padre, la sua stessa parola; la sua missione era dunque determinata dal servizio esclusivo alla parola di Dio e alle sue esigenze. In molte occasioni, egli resistette alle pressioni che si esercitavano su di lui per farlo agire in un altro senso (Mc l,36ss). Egli aveva parlato con tutta chiarezza delle dure esigenze che il discepolato impone: lasciare, a volte, anche le cose più amate e rinunziare alla propria famiglia (10,21.35ss) per il regno dei cieli. In questa scena, ci è presentata una illustrazione pratica di quelle esigenze di Gesù nella sui stessa persona. Egli subì la sorte che aveva annunziato per i suoi discepoli: dovette rinunziare e separarsi dalla propria famiglia, nella quale non era compreso. Lui che aveva detto che il discepolo non può pretendere di essere da più del maestro, visse anticipatamente nella propria carne il sacrificio di rinunziare alla propria famiglia.
La vita di Gesù fu determinata da una dedizione assoluta e incondizionata alla volontà del Padre: «Entrando nel mondo, dice:... Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,5ss). Chi vuol entrare nella sua famiglia ed essere suo vero discepolo (vv. 48-49) deve seguirlo (16. 24; Gv 15,14), imparare da lui (11,29), percorrere la via della rinunzia e del sacrificio che egli percorse (10,38-39; 16,23). Ma le rinunzie e i sacrifici non sono richiesti per se stessi: hanno un fine molto alto, il più grande e meraviglioso che l’uomo possa sognare. Gesù considera come «suoi» quelli che lo seguono su questa via. Sono suoi familiari, ed egli «non si vergogna di chiamarli fratelli»  (Eb 2,11). La famiglia di Gesù è costituita da coloro che compiono la volontà del Padre.



Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  Gesù considera come «suoi» quelli che lo seguono su questa via. Sono suoi familiari, ed egli «non si vergogna di chiamarli fratelli»  (Eb 2,11). La famiglia di Gesù è costituita da coloro che compiono la volontà del Padre.
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Guarda, Signore, il tuo popolo riunito nel ricordo delle beata Vergine Maria; fa’ che per sua intercessione partecipi alla pienezza della tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo.