IL PENSIERO DEL GIORNO


18 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui» (Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 18,1-8: La parabola è facile da comprendere: se persino l’uomo più iniquo cede di fronte ad una supplica incessante, Dio, che è buono, non ascolterà e salverà prontamente chi lo invoca? Ma non si confonda la giustizia umana con quella di Dio. L’agire di Dio è molto diverso da quello umano.


Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? - Prima di entrare nei dettagli bisogna ricordare che il racconto lucano è una parabola e che «la parabola è una storia che sovente comprende alcuni dati umoristici con lo scopo di far risaltare un’idea fondamentale. Bisognerà perciò stare attenti a non architettare teorie sulla base di un solo dettaglio. Che il giudice di questa parabola sia un disonesto è provocante, ma ciò non ha nulla a che vedere con Dio» (I Quattro Vangeli Commentati, ELLEDICI).
Il brano lucano va posto nel suo contesto e cioè tra il diciassettesimo e il ventunesimo capitolo che sono dominati da una domanda insistentemente posta a Gesù: «Quando verrà il Regno di Dio?» (Lc 17,20). La risposta di Gesù non lascia spazio a dubbie interpretazioni: il «Regno di Dio in parte è già presente, in parte deve ancora venire. Nel suo primo stadio, il regno “è già in mezzo a voi”; nel suo secondo stadio esso verrà di sorpresa. Nel tempo intermedio i credenti devono cooperare al suo avvento e perseverare nella preghiera» (Adrian Schenker - Rosario Scognamiglio).
La parabola odierna si inserisce in questa cornice di tempo intermedio, che spiega così la domanda finale, apparentemente senza alcun nesso immediato con la parabola: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Il fine della parabola poi è abbastanza chiaro: Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli la necessità di «pregare sempre, senza stancarsi mai» e di attendere con perseveranza il suo ritorno perché Egli certamente ritornerà come giudice degli uomini.
Luca ama soffermarsi sulla preghiera di Gesù: è l’orante perfetto in continua comunione di amore con il Padre. Gesù prega sopra tutto nei momenti più importanti della sua vita: è orante nelle acque del Giordano (Lc 3,21); è orante sul monte Tabor (Lc 9,28); prega prima di compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Lc 9,16); prega nel Cenacolo quando istituisce l’Eucarestia (Lc 22,19-20); prega prima di consegnarsi alla sua beata Passione (Lc 22,39-46); confitto sulla croce prega per i suoi aguzzini (Lc 23,34); muore pregan­do: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).
La vedova fa parte degli anawim, i poveri di Dio.
Spesso abbandonati alla loro sorte vengono maltrattati, vessati, derubati. Un’accusa mossa ai Farisei è proprio quella di divorare le case delle vedove (Lc 20,47) con pretestuosi e interessati consigli.
Nonostante che la legge ammonisse i giudici ad emettere giuste sentenze (Cf. Dt 16,18), nella prassi contavano molto le regalie e le influenze degli amici potenti. La sentenza iniqua che condannò Nabot alla lapidazione fu confezionata solo per soddisfare i capricci del re Acab e della regina Gezabele (Cf. 1Re 21,1-16). Anna, Caifa e compagni di congrega si serviranno di falsi testimoni per emettere la sentenza di morte che porterà sulla croce il Figlio di Dio (Cf. Mt 26,60-61).
Che il giudice sia iniquo quindi non sorprende chi ascolta la parabola, la sorpresa sta nel fatto che alla fine il giudice, pur consapevole della sua empietà e del suo disprezzo verso il prossimo, si arrenda alle suppliche della vedova. Una manovra meschina pensata unicamente per liberarsi delle noiose insistenze della donna.
Che le istanze fossero veramente insistenti a suggerirlo è il verbo che Luca usa: hypopiazo, alla lettera «sbattere sotto gli occhi».
Nel commentare la parabola, Gesù mette in evidenza il punto focale del racconto: se quel giudice disonesto e crudele accondiscese ad aiutare una povera vedova unicamente per togliersela di torno, come potrebbe Dio, buono, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), non aiutare i suoi eletti che si rivolgono a lui «giorno e notte» con grande fede?
Un’altra grande differenza tra i due attori principali della parabola sta nel loro intervenire: il giudice per la sua iniquità ha obbligato la vedova ad attendere penosamente la sentenza, Dio che è buono (Cf. Lc 18,19) invece interverrà prontamente.
Rifacendoci sempre alla lingua greca, l’espressione corrispondente all’avverbio prontamente può significare sia la prontezza di Dio, sia improvvisamente, di sorpresa: in tal caso il monito che Gesù rivolge al suo uditorio - Dio farà loro giustizia prontamente - assume una valenza preziosissima: è un’incitazione all’attesa e alla vigilanza escatologica: «Sì, vieni presto, Gesù!» (Cf. Ap 22,20).
Se vale quest’ultima lettura, allora si comprende nel suo significato più genuino la domanda di Gesù «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Negli ultimi tempi la fede avrà vita difficile, ma sarà salvato chi vigila nella preghiera con spirito pentito e umile.


Il giudizio nei Vangeli XAVIER LEON-DUFOUR (Giudizio, Dizionario di Teologia Biblica - Marietti): 1. Nei sinottici, la predicazione di Gesù si riferisce frequentemente al giudizio dell’ultimo giorno. Allora tutti gli uomini dovranno rendere conto (Cf. Mt 25,14-30).
Una condanna rigorosa attende gli scribi ipocriti (Mc 12,40 par.), le città del lago che non hanno ascoltato la predicazione di Gesù (Mt 11,20-24), la generazione incredula che non si è convertita alla sua voce (12,39-42), le città che non accoglieranno i suoi inviati (10,14s). Il giudizio di Sodoma e Gomorra non sarà nulla in confronto al loro (10,23s); essi subiranno il giudizio della Geenna (23,33). Questi insegnamenti pieni di minacce mettono in rilievo la motivazione principale del giudizio divino: l’atteggiamento assunto dagli uomini di fronte al vangelo. L’atteggiamento verso il prossimo conterà altrettanto: secondo la legge mosaica, ogni omicida era passibile di tribunale umano; secondo la legge evangelica, occorrerà molto meno per essere passibili della Geenna (Mt 5,21s)! Bisognerà rendere conto di ogni calunnia (12,36). Si sarà giudicati con la stessa misura che si sarà applicata al prossimo (7,1-5). Ed il quadro di queste assise solenni, in cui il figlio dell’uomo funzionerà da giustiziere (25,31-46), mostra gli uomini accolti nel regno o consegnati alla pena eterna, secondo l’amore o l’indifferenza che avranno dimostrato verso il prossimo.
C’è tuttavia un delitto che, più di qualunque altro, chiama il giudizio divino. È quello con cui l’incredulità umana ha raggiunto il colmo della malizia in un simulacro di giudizio legale: il processo e la condanna a morte di Gesù (Mc 14,63 par.; Cf. Lc 24,20; Atti 13,28). Durante questo giudizio iniquo, Gesù si è rimesso a colui che giudica con giustizia (1Piet 2,23); quindi Dio, risuscitandolo, lo ha ristabilito nei suoi diritti. Ma l’esecuzione di questa sentenza ingiusta ha richiesto, in cambio, una sentenza di Dio contro l’umanità colpevole. È sintomatico il fatto che la cornice, in cui il vangelo di Matteo colloca la morte di Gesù, coincide con lo scenario tradizionale del giudizio nell’escatologia del Vecchio Testamento (Mt 27,45.51ss). La morte di Gesù è quindi il momento in cui il mondo è giudicato; la storia successiva, fino all’ultimo giorno, non farà che esplicitare questa sentenza. Essa, secondo la testimonianza di Gesù stesso, colpirà dapprima «coloro che sono in Giudea», i primi colpevoli (24,15ss par.); ma questo non sarà che un preludio ed un segno, che annunzierà l’avvento finale del figlio dell’uomo, giudice del grande giorno (24,29ss). Il condannato della passione, vittima del peccato del mondo, pronunzierà allora contro il mondo peccatore una condanna clamorosa.
2. Il vangelo di Giovanni sviluppa questa teologia insistendo sulla attualizzazione del giudizio entro la storia, a partire dal tempo di Gesù. Non ignora che Gesù, come figlio dell’uomo, è stato stabilito dal Padre giudice dell’ultimo giorno (Gv 5,26-30).
Ma, di fatto, il giudizio si realizza fin dal momento in cui il Padre manda il Figlio suo nel mondo. Non già che egli sia mandato per giudicare il mondo: al contrario, viene per salvarlo (3,17). Ma, secondo l’atteggiamento che ciascuno assume nei suoi confronti, il giudizio si compie subito: chi crede non sarà giudicato, chi non crede è già giudicato perché ha rifiutato la luce (3,18ss). Quindi il giudizio non è tanto una sentenza divina, quanto una rivelazione del segreto dei cuori umani. Coloro le cui opere sono malvagie preferiscono le tenebre alla luce (3,19s), e Dio non ha che da lasciare che questi uomini superbi, che si vantano di vederci chiaro, si accechino; quanto agli altri, Gesù viene a guarire i loro occhi (9,39), affinché, operando nella verità, essi vengano alla luce (3,21). Il giudizio finale non farà altro che manifestare pubblicamente questa distinzione operata fin d’ora nel segreto dei cuori. Giovanni non è meno attento al significato del processo e della morte di Gesù. In lui il processo dura quanto lo stesso ministero, e Gesù invano si sforza di portare i Giudei, proseliti di Satana e del mondo malvagio, a «giudicare con equità» (7,24).
Di fatto, egli sarà consegnato a Pilato per essere condannato a morte (19,12-16). Ma la morte di Gesù significherà il giudizio del mondo e la sconfitta di Satana (12,31), come se la sua elevazione sulla croce anticipasse in certo modo il suo ritorno glorioso come figlio dell’uomo. A partire da questo momento egli potrà mandare ai suoi lo Spirito: il Paraclito confonderà in modo permanente il mondo, attestando che il suo principe è già giudicato, cioè condannato (16,8.11). Questo è il modo in cui si realizza il giudizio escatologico annunziato dai profeti: a partire dal tempo di Cristo esso è un fatto già acquisito, costantemente presente, di cui si attende soltanto la consumazione finale.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo...