IL PENSIERO DEL GIORNO

16 Novembre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Io sono la vite, voi i tralci, dice il Signore; chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto» (Gv 15,15 - Acclamazione al Vangelo).  


Vangelo secondo Luca 17,20-25: I farisei vogliono sapere quando verrà il regno di Dio. Gesù risponde loro che il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione. Il regno di Dio è già in mezzo a loro in modo misterioso, nascosto agli occhi degli uomini. Sarà luminoso, palese a tutti gli uomini alla fine dei tempi. Allo stesso modo sarà la venuta del Figlio dell’uomo, ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato dalla sua generazione.


Figlio dell’uomo - Piccolo Dizionario Biblico (Edizioni Paoline): Nell’ebraico si usa spesso nel senso di «uomo» (cfr. p. es. Is 51,12). In Dn 7,13s si chiama figlio dell’uomo un personaggio che riceve da Dio la signoria. Nell’attuale contesto di Daniele, figlio dell’uomo significa sicuramente il popolo di Israele. È molto discusso come si sia giunti a questa espressione: l’autore ha pensato all’uomo primordiale, ad un angelo, ad un altro essere celeste? L’immagine del figlio dell’uomo viene ripetuta in alcuni pseudoepigrafi o apocrifi; non sembra che essa sia stata di uso comune. Anche nel Nuovo Testamento ci sono dei passi in cui figlio dell’uomo, significa solo «uomo» (per esempio Eb 2,6). Secondo i vangeli «figlio dell’uomo» è stato soprattutto il modo con cui Gesù stesso si è qualificato (per esempio Mt 8,20). Nei passi in cui ricorre l’espressione figlio dell’uomo per lo più si distinguono: parole che esprimono la forza ed il potere di Gesù (per esempio sul sabato, Mc 2,28); parole che esprimono le sofferenze e la passione di Gesù (per esempio Mc 9,31; Mt 8,20; cfr. Lc 6,22); parole che si riferiscono alla parusia (per esempio Mc 13,26). L’interpretazione dell’espressione figlio dell’uomo deve tener conto di tutti questi usi; perciò non sembra giusta la spiegazione per la quale figlio dell’uomo significa «io». Genericamente parlando, si danno i seguenti tipi d’interpretazione: 1) L’espressione figlio dell’uomo non proviene da Gesù stesso, ma dalle comunità primitive; in questo caso resta aperta la questione per sapere che cosa esse con ciò volessero esprimere. 2) La maggior parte delle parole riguardanti il figlio dell’uomo sono autentiche di Gesù. Egli voleva cosi esprimere la sua idea messianica (trionfo e passione), cioè che egli era umanamente debole, eppure potente. 3) Le parole riguardanti il figlio dell’uomo presente provengono da Gesù, quelle riguardanti il figlio dell’uomo che deve venire sono post-pasquali. 4) Gesù non parla di se stesso, ma di un altro. Le comunità identificano però con quest’altro il Signore glorificato e immettono l’espressione figlio dell’uomo anche in altre parole che provengono da Gesù. La seconda di queste quattro opinioni sembra la più plausibile. Naturalmente essa riguarda solo la maggioranza dei passi: alcuni di essi possono essere stati riformulati dalle comunità


Il Figlio dell’uomo: Giovanni Paolo (Udienza Generale, 29 aprile 1987): Quando Gesù chiama se stesso “Figlio dell’uomo” usa un’espressione proveniente dalla tradizione canonica dell’Antico Testamento e presente anche negli apocrifi giudaici. Occorre però notare che l’espressione “Figlio dell’uomo” (ben-adam) era diventata nell’aramaico dei tempi di Gesù un’espressione indicante semplicemente “uomo” (“bar-enas”). Gesù, perciò, chiamando se stesso “figlio dell’uomo”, riuscì quasi a nascondere dietro il velo del significato comune il significato messianico che la parola aveva nell’insegnamento profetico. Non a caso, tuttavia, se enunciazioni sul “Figlio dell’uomo” appaiono specialmente nel contesto della vita terrena e della passione di Cristo, non ne mancano anche in riferimento alla sua elevazione escatologica.


Il regno di Dio è il suo potere universale e la sua provvidenza - Catechismo Tridentino 381: Il senso ... più comune di Regno di Dio che ricorre di frequente nella sacra Scrittura, è quello che non solo indica il potere di Dio su tutti gli uomini e le cose, ma anche la provvidenza che tutto regola e governa: Nelle sue mani, dice il Profeta, tiene la terra in tutta la sua estensione (Sal 94,4). E in questa estensione è compreso tutto ciò che, nascosto nelle profondità della terra e in tutte le parti del creato, si tiene celato a noi. Ciò intendeva Mardocheo quando diceva: Signore, Signore, re onnipotente, tutte le cose sono poste sotto la tua signoria, e non v’è chi possa opporsi alla tua volontà; sei tu Signore di tutti e non v’è chi possa resistere alla tua maestà (Est 13,9).
Con le parole Regno di Dio s’intende ancora la provvidenza particolare con cui Dio custodisce e vigila sugli uomini pii e i santi; provvidenza e cura esimia, per le quali David disse: Poiché Dio mi governa, nulla mi potrà mancare (Sal 22; Sal 1), ed Isaia: Il Signore è nostro re: egli ci salverà (Is 33,22).


Rapporti tra progresso terreno e sviluppo del regno di Dio  - Gaudium et spes 39: Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità e non sappiamo in che modo sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini .
Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l’incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l’uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova all’uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, è di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei valori, quali la dignità dell’uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre «il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace».
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.


L’accesso degli uomini al regno - Pierre Grelot (Dizionario di Teologia Biblica): Il regno è il dono di Dio per eccellenza, il valore essenziale che bisogna acquistare a prezzo di tutto ciò che si possiede (Mt 13,44ss). Ma per riceverlo, bisogna soddisfare a talune condizioni. Non già che esso possa mai essere considerato come una mercede dovuta per giustizia: Dio assolda liberamente gli uomini nella sua vigna e dà ai suoi operai ciò che gli piace dare (Mt 20,1-16). Tuttavia, se tutto è grazia, gli uomini devono rispondere alla grazia: i peccatori induriti nel male «non erediteranno il regno di Cristo e di Dio» (1Cor 6,9s; Gal 5,21; Ef 5,5; cfr. Ap 22,14s). Un animo di povero (Mt 5,3 par.), un atteggiamento di bambino (Mt 18,1-4 par.; 19,14), una ricerca attiva del regno e della sua giustizia (Mt 6,33), la sopportazione delle persecuzioni (Mt 5,10 par.; At 14,22; 2Ts 1,5), il sacrificio di tutto ciò che si possiede (Mt 13,44ss; cfr. 19,23par.), una perfezione maggiore di quella dei farisei (Mt 5,20), in una parola il compimento della volontà del Padre (Mt 7,21), specialmente in materia di carità fraterna (Mt 25,34): tutto ciò è richiesto a chi vuol entrare nel regno ed infine ereditarlo. Infatti, se tutti vi sono chiamati, non tutti saranno eletti: il convitato, che non ha la veste nuziale, sarà cacciato fuori (Mt 22,11-14). All’inizio è richiesta una conversione (cfr. Mt 18,3), una nuova nascita, senza la quale non si può «vedere il regno di Dio» (Gv 3,3ss). L’appartenenza al popolo giudaico non è più una condizione necessaria come nel Antico Testamento: «Molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e siederanno a mensa nel regno dei cieli, mentre i sudditi del regno saranno gettati fuori...» (Mt 8,11s par.). Prospettiva di giudizio, che talune parabole presentano in una forma concreta: separazione della zizzania e del buon grano (Mt 13, 24-30), scelta dei pesci (Mt 13,47-50), resa dei conti (Mt 20,8-15; 25,15-30); tutto ciò costituisce una esigenza di vigilanza (Mt 25,1-13).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Gesù invita a far parte del Regno di Dio tutti gli uomini. Anche il peggior peccatore è chiamato a convertirsi e ad accettare l’infinita misericordia del Padre. Il Regno appartiene, già qui sulla terra, a coloro che lo accolgono con cuore umile. È ad essi che sono rivelati i suoi Misteri (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica 107).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo.