IL PENSIERO DEL GIORNO

25 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Vegliate e tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate,  viene il Figlio dell’uomo» (Mt 24,42a.44 ; Cfr. Acclamazione al Vangelo).


Dal Vangelo secondo Luca 12,39-48: La vigilanza permette all’uomo di stare sempre unito con il suo Signore, donando, in questo modo, al suo cuore, trasfigurato dalla presenza viva dello Spirito Santo, la certezza infallibile del conseguimento dei beni promessi da Dio. In questo atteggiamento di attesa, costruito sull’amore, sulla fede e sulla speranza, c’è tutta la vita dell’uomo credente.


La venuta gloriosa di Cristo: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 673: Dopo l’Ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, anche se non spetta a noi “conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta” (At 1,7). Questa venuta escatologica può compiersi in qualsiasi momento anche se essa e la prova finale che la precederà sono “impedite”.


E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba...: Paolo VI (Angelus, 2 novembre 1969): Oggi più che mai, Noi vogliamo essere vicini a voi, se pur voi siete compresi dal mesto e pio pensiero dei vostri defunti. È un giorno dedicato alla memoria dei nostri morti. Il loro ricordo riempie l’animo d’immagini di persone che la morte rende più venerabili e care. La loro scomparsa ci fa sentire la precarietà della nostra vita presente e la nostra intima solitudine.
Ci pare così di camminare nella notte. Dove sono i nostri defunti? E dove siamo noi, destinati alla medesima sorte? La paura, la desolazione ci prenderebbe, se non avessimo in mano la nostra lampada, la lampada della fede, che ci rischiara l’immenso vuoto notturno del regno della morte. Noi vorremmo oggi accendere in ognuno di voi questa lampada. Subito una costellazione di scintille riempie la nostra oscurità; una moltitudine di anime ardenti della stessa luce si rivela d’intorno a noi: è la comunione dei Santi, cioè della Chiesa credente e pellegrinante, come una grande processione sospinta verso un’altra moltitudine di stelle lontane, oltre l’abisso del tempo, ma vicine per una stessa comunione di luce, nella Chiesa sofferente nel sonno della pace, dove forse sono ancora i nostri defunti.
Quali immensità, quali profondità avvolgono i nostri destini!
Ma vedete; sono sempre destini luminosi, destini vitali, se pur Cristo, ch’è la risurrezione e la vita, ch’è la luce di questo mondo, e la lucerna raggiante in quello futuro, è con noi. Sono destini di speranza. Noi vorremmo infonderla oggi, la speranza, che ha nella fede il suo fondamento, con quella certezza, che è propria del Nostro carisma apostolico, nei vostri cuori. E la speranza ha il suo linguaggio nella preghiera, la quale varca ogni distanza, e mediante le onde della carità, che non muore, può arrivare nell’aldilà, a consolazione, a suffragio, a preludio di eterna beatitudine dei nostri morti. Di tutti i morti. Di quelli specialmente vorremmo che il distacco violento da questa vita, per causa di guerra, di incidenti fatali, di decessi improvvisi ha portato via senza un previo viatico 


Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così: Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 6 maggio 2009): n quanto discepoli di Cristo, noi dobbiamo tenerci pronti per la venuta inattesa e improvvisa di Gesù. Essa è prospettata a noi come un punto di costante riferimento per tenere sveglie le nostre responsabilità e la nostra dedizione al regno del Signore. Il credente è colui che sa aspettarlo il Signore, e che sta ad aspettarlo. Veglia nella notte del mondo per far risplendere con le sue opere la luce di Dio. Il Vangelo stesso ci indica l’atteggiamento giusto per attendere il Signore: la cintura ai fianchi è la tenuta di lavoro, di servizio e di viaggio prescritta per la cena pasquale (cfr Es 12,11).
Ma c’è un altro aspetto che vorrei sottolineare: vigilanza e preghiera sono l’una indispensabile all’altra: non si vigila senza pregare, né si prega senza essere spiritualmente desti. Per noi, oggi, nel ritmo frenetico e coinvolgente della vita moderna, quale speranza ci può essere di non lasciarci addormentare dal canto di tante sirene? La risposta che troviamo nel Vangelo è la stessa della nostra esperienza umana: vigila bene chi ama. È dell’amore vigilare. Questo ci insegna la parabola delle vergini stolte e prudenti. Prima di tutto la nostra deve essere una vigilanza contro il male, contro il peccato, contro il non-amore. Gesù vuol trovarci con le lampade accese dalla sua luce e ci promette una cosa inaudita. Il padrone “si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. Davvero, “servire è regnare”, perché quando il padrone arriva, rende padrone il servo!


Catechismo Tridentino: Parte Prima: la fede e il suo simbolo - Articolo settimo n. 88: La duplice venuta di Cristo: La sacra Scrittura menziona due venute del Figlio di Dio: l’una, quando assunse l’umana natura per la nostra salvezza, facendosi uomo nel seno della Vergine; l’altra, quando alla fine dei secoli, verrà a giudicare tutti gli uomini. Questa seconda venuta nella Scrittura è chiamata giorno del Signore. Di essa l’Apostolo di ce: Il di del Signore verrà come il ladro notturno (1Th 5,2); e il Salvatore stesso: Quanto poi a quel giorno e quell’ora, nessuno lo sa (Mt 24,36). Per la realtà del supremo giudizio basti quel passo dell’Apostolo: E necessario per tutti noi di comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno ne riporti quel che è dovuto al corpo, secondo che ha fatto il bene o il male (2Cor 5,10). La sacra Scrittura è piena di passi, che i Parroci incontreranno ad ogni pagina, assai opportuni non solo a confermare detta verità, ma anche a metterla sotto gli occhi dei fedeli. Osserveranno che come dal principio del mondo fu sempre nel massimo desiderio di tutti il giorno in cui il Signore rivesti l’umana carne e riposero in esso la speranza della liberazione; cosi, dopo la morte e ascensione del Figlio di Dio, dobbiamo desiderare ardentemente quel secondo giorno del Signore, aspettando quella beata speranza e l’apparizione della gloria del grande Dio (Tt 2,13).


Imitazione di Cristo (Meditazione della morte, cap. XXIII): “Infatti, nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà” (Mt 24,44; Lc 12,40). Quando quell’ultima ora sarà giunta, comincerai a dare un ben diverso giudizio di tutta la tua vita passata e ti pentirai amaramente d’essere stato tanto negligente e fiacco. Quanto è felice nella sua previdenza colui che si sforza d’essere ora, in vita, quale desidera essere trovato al momento della morte! E gli daranno una grande fiducia di morire bene: il totale disprezzo del mondo, l’ardente desiderio di progredire nelle virtù, l’amore per la disciplina, l’esercizio della penitenza, la prontezza nell’obbedienza, la rinuncia a se stesso e la sopportazione di qualsiasi avversità per amore di Cristo. Finché sei sano, puoi compiere molte opere buone; ma se t’ammali, non so che cosa potrai fare. Pochi diventano migliori nell’infermità, allo stesso modo di quelli che raramente si santificano per i molti pellegrinaggi. Non confidare negli amici e nei parenti e non rimandare all’avvenire la tua salvezza, perché gli uomini si dimenticheranno di te più presto che tu non creda. È meglio provvedere ora, tempestivamente, e farsi precedere da un po’ di bene, che sperare nell’aiuto di suffragi da parte degli altri. Se non ti prendi cura, tu, ora di te stesso, chi si prenderà cura di te in avvenire? Tempo preziosissimo, perciò, è il presente:  “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (2Cor 6,2). Ma, ahimè! tu non spendi in modo più utile questo tempo, con il quale potresti meritare la vita eterna. Verrà il momento che tu desidererai d’avere un giorno solo, magari un’ora sola, per emendarti, e non so se l’avrai. Suvvìa, andiamo, o mio caro! Da che grandi pericoli ti potresti liberare, da che immenso timore potresti strapparti, se tu, adesso, avessi sempre presente il pensiero e la previsione della morte! Cerca di vivere, ora, in modo che, in punto di morte, tu possa più gioire che temere. Impara, ora, a morire al mondo, perché, allora, tu cominci a vivere con Cristo. Impara, ora, a disprezzare tutto, perché, allora, tu possa correre incontro a Cristo, liberamente. Castiga, ora, il tuo corpo con la penitenza, perché tu possa, allora, avere piena fiducia.  
  

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Davvero, “servire è regnare”, perché quando il padrone arriva, rende padrone il servo!
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...