IL PENSIERO DEL GIORNO

5 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15; Cfr. Acclamazione al Vangelo).


Vangelo secondo Luca 10,1-12: Gesù è venuto a portare la pace destinandola a tutti gli uomini. Lo fa intendere anche col numero dei missionari inviati ad annunciare la Parola: secondo i Giudei, i popoli della terra erano settantadue e presumibilmente l’evangelista Luca vuol prefigurare la missione universale alla quale sarà inviata la Chiesa. La missione ha le note della massima sollecitudine svolgendosi «sotto il segno di un’urgenza escatologica: si deve annunziare che il Regno è vicino; non è consentito attardarsi per via negli interminabili saluti caratteristici degli Orientali. È scoccata ormai l’ora della mietitura: tradizionale immagine del “Giorno di Jahvé”, l’intervento definitivo Dio, salvifico e giudiziale al tempo stesso» (V. Fusco).


La messe è abbondante...: Paolo VI (Regina Coeli, 12 aprile 1970): La Chiesa ci ricorda oggi che è problema di capitale importanza e, per certi aspetti, è problema che riguarda tutti. Perché, senza Sacerdoti, e senza Religiosi e Religiose, come può la Chiesa compiere la sua missione? Il Signore ha voluto che la sua parola e la sua redenzione avesse apostoli, ministri, testimoni, che ne diffondessero e ne perpetuassero il felice annuncio. Il Signore ha voluto salvare gli uomini mediante gli uomini. Se viene a mancare questo ministero che cosa sarà del Vangelo, che cosa sarà della salvezza del mondo? Non tutti certo sono chiamati a questo ministero, ma tutti sono interessati a che esso ci sia; e tutti perciò sono obbligati a favorirne la continuazione e la perfezione, almeno pregando il Signore (come Egli stesso ci ha insegnato) perché «mandi operai nella sua messe» (Matth. 9,37) «La messe è molta, Egli ha detto riferendosi all’umanità bisognosa d’essere evangelizzata, ma gli operai sono pochi». Questo è problema gravissimo oggi nella Chiesa: le vocazioni sono poche; il loro numero è assai inferiore al bisogno, mentre il bisogno cresce. La vita moderna non offre facili condizioni per una vocazione; si sa, si vede; mentre essa, con la sua cultura, avrebbe tanto da dare e, con la sua fame di Cristo, avrebbe tanto da ricevere, in ordine a coloro che consacrano totalmente la loro vita al regno di Dio. Bisogna dunque pregare per le vocazioni. Unica attrattiva ch’esse offrono oggi è il sacrificio, cioè l’amore che si dà, la Croce. Bisogna pregare affinché anime generose, giovani specialmente, ne sentano il fascino misterioso e potente.


Pregate dunque...: Pio XI (Lettera Enciclica AD CATHOLICI SACERDOTII): ... quantunque debba sempre tenersi ben ferma la verità che il numero da sé non deve essere la principale preoccupazione di chi lavora per la formazione del clero, tutti però devono sforzarsi che si moltiplichino i validi e strenui operai della vigna del Signore, tanto più che i bisogni morali della società anziché diminuire vanno crescendo. E tra tutti i mezzi per sì nobile scopo, il più facile insieme e il più efficace è anche il più universalmente accessibile a tutti e quindi tutti devono assiduamente usarlo, cioè la preghiera, secondo il comando di Gesù Cristo stesso: “La messe è veramente copiosa, ma gli operai sono pochi; pregate adunque il Padrone della messe, che mandi operai alla sua messe”. E quale preghiera può essere più gradita al Cuore Santissimo del Redentore? Quale preghiera può sperare d’essere esaudita più prontamente e più abbondantemente di questa, che è sì conforme alle ardenti aspirazioni di quel Cuore divino? “Chiedete, e vi sarà dato”; chiedete dei buoni e santi sacerdoti e il Signore non li negherà alla sua Chiesa, come sempre ne ha concessi attraverso i secoli, anche in tempi che meno sembravano propizi al fiorire di vocazioni sacerdotali, anzi proprio allora in maggior copia, come attesta anche solo l’agiografia cattolica del secolo XIX, così ricca di nomi gloriosi dell’uno e dell’altro clero; fra i quali brillano come astri di prima grandezza quei tre veri giganti di santità, esercitata in tre campi così diversi, che Noi stessi avemmo la consolazione di cingere dell’aureola dei Santi: San Giovanni Maria Vianney, San Giuseppe Benedetto Cottolengo e San Giovanni Bosco.


Pastores dabo vobis 30

La povertà evangelica

Della povertà evangelica i Padri sinodali hanno dato una descrizione quanto mai concisa e profonda, presentandola come «sottomissione di tutti i beni al Bene supremo di Dio e del suo Regno». In realtà, solo chi contempla e vive il mistero di Dio quale unico e sommo Bene, quale vera e definitiva Ricchezza, può capire e realizzare la povertà, che non è certamente disprezzo e rifiuto dei beni materiali, ma è uso grato e cordiale di questi beni ed insieme lieta rinuncia ad essi con grande libertà interiore, ossia in ordine a Dio e ai suoi disegni.
La povertà del sacerdote, in forza della sua configurazione sacramentale a Cristo Capo e Pastore, assume precise connotazioni «pastorali», sulle quali, riprendendo e sviluppando l’insegnamento conciliare, si sono soffermati i Padri sinodali. Scrivono tra l'altro: «I sacerdoti, sull’esempio di Cristo che da ricco come era si è fatto povero per nostro amore, devono considerare i poveri e più deboli come loro affidati in una maniera speciale e devono essere capaci di testimoniare la povertà con una vita semplice e austera, essendo già abituati a rinunciare generosamente alle cose superflue».
È vero che «l’operaio è degno della sua mercede» e che «il Signore ha disposto che quelli che annunziano il Vangelo vivano del Vangelo», ma è altrettanto vero che questo diritto dell’apostolo non può assolutamente confondersi con qualsiasi pretesa di piegare il servizio del Vangelo e della Chiesa ai vantaggi e agli interessi che ne possono derivare. Solo la povertà assicura al sacerdote la sua disponibilità ad essere mandato là dove la sua opera è più utile ed urgente, anche con sacrificio personale. È condizione e premessa indispensabile alla docilità dell'apostolo allo Spirito, che lo rende pronto ad «andare», senza zavorre e senza legami, seguendo solo la volontà del Maestro.
Personalmente inserito nella vita della comunità e responsabile di essa, il sacerdote deve offrire anche la testimonianza di una totale «trasparenza» nell’amministrazione dei beni della comunità stessa, che egli non tratterà mai come fossero un patrimonio proprio, ma come cosa di cui deve rendere conto a Dio e ai fratelli, soprattutto ai poveri. La coscienza poi di appartenere all’unico presbiterio spingerà il sacerdote ad impegnarsi per favorire sia una più equa distribuzione dei beni tra i confratelli, sia un certo uso in comune dei beni.
La libertà interiore, che la povertà evangelica custodisce e alimenta, abilita il prete a stare accanto ai più deboli, a farsi solidale con i loro sforzi per l’instaurazione d’una società più giusta, ad essere più sensibile e più capace di comprensione e di discernimento dei fenomeni riguardanti l’aspetto economico e sociale della vita, a promuovere la scelta preferenziale dei poveri: questa, senza escludere nessuno dall’annuncio e dal dono della salvezza, sa chinarsi sui piccoli, sui peccatori, sugli emarginati di ogni specie, secondo il modello dato da Gesù nello svolgimento del suo ministero profetico e sacerdotale.
Né va dimenticato il significato profetico della povertà sacerdotale, particolarmente urgente nelle società opulente e consumiste: «Il sacerdote veramente povero è di certo un segno concreto della separazione, della rinuncia e non della sottomissione alla tirannia del mondo contemporaneo che ripone ogni sua fiducia nel denaro e nella sicurezza materiale».
Gesù Cristo, che sulla croce conduce a perfezione la sua carità pastorale con un'abissale spogliazione esteriore e interiore, è il modello e la fonte delle virtù di obbedienza, castità e povertà, che il sacerdote è chiamato a vivere come espressione del suo amore pastorale per i fratelli. Secondo quanto Paolo scrive ai cristiani di Filippi, il sacerdote deve avere gli «stessi sentimenti» di Gesù, spogliandosi del proprio «io», per trovare, nella carità obbediente, casta e povera, la via maestra dell’unione con Dio e dell’unità con i fratelli.


Papa Francesco (Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni 2017)

Gesù si affianca al nostro cammino

Dinanzi alle domande che emergono dal cuore dell’uomo e alle sfide che si levano dalla realtà, possiamo provare una sensazione di smarrimento e avvertire un deficit di energie e di speranza. C’è il rischio che la missione cristiana appaia come una mera utopia irrealizzabile o, comunque, una realtà che supera le nostre forze. Ma se contempliamo Gesù Risorto, che cammina accanto ai discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-15), la nostra fiducia può essere ravvivata; in questa scena evangelica, abbiamo una vera e propria “liturgia della strada”, che precede quella della Parola e del Pane spezzato e ci comunica che, in ogni nostro passo, Gesù è accanto a noi! I due discepoli, feriti dallo scandalo della Croce, stanno ritornando a casa percorrendo la via della sconfitta: portano nel cuore una speranza infranta e un sogno che non si è realizzato. In loro la tristezza ha preso il posto della gioia del Vangelo. Che cosa fa Gesù? Non li giudica, percorre la loro stessa strada e, invece di innalzare un muro, apre una nuova breccia. Lentamente trasforma il loro scoraggiamento, fa ardere il loro cuore e apre i loro occhi, annunciando la Parola e spezzando il Pane. Allo stesso modo, il cristiano non porta da solo l’impegno della missione, ma sperimenta, anche nelle fatiche e nelle incomprensioni, «che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario» (Esort. ap. Evangelii gaudium 266).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Il cristiano non porta da solo l’impegno della missione, ma sperimenta, anche nelle fatiche e nelle incomprensioni, «che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui».
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore...