IL PENSIERO DEL GIORNO

6 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore» (Cfr. Sal 94,8ab; Cfr. Acclamazione al Vangelo). 


Invito alla conversione continua - Basilio Caballero (La Parola per ogni giorno): Nel duro rimprovero alle città impenitenti c’è un ultimo invito alla conversione comunitaria e personali per un duplice motivo: perché il regno di Dio ha il primato assoluto e perché la semplice appartenenza al popolo israelita non garantisce l’ingresso nel regno. Questo vale anche per noi cristiani, membri battezzati della Chiesa. Sarebbe molto pericoloso non dare ascolto a Gesù oggi.
Ma c’è molta differenza tra il percepire l’urgenza della conversione come una fredda minaccia o come un invito liberatore. Nel caso della minaccia, l’imminenza del giudizio di Dio crea angoscia; nel caso dell’invito liberatore, invece, si tratta di un richiamo stimolante che genera gioia perché ci libera della zavorra che sta impedendoci di crescere come persone e come credenti.
Non crediamo che la conversione riguardi solo i grandi peccatori e i miscredenti. Anche se forse siamo cri­stiani da tutta la vita, abbiamo sempre bisogno di convertirci. L’«uomo vecchio» che portiamo dentro si op­pone costantemente all’«uomo nuovo» liberato da Cristo. Per questo la conversione a Dio e ai valori evan­gelici del suo regno è fatica continua di tutta l’esistenza, compito silenzioso di ogni giorno. Non saremo mai convertiti abbastanza, perché l’amore cristiano non arriva mai alla fine della tappa; la meta sta sempre più in là. La conversione continua è, quindi, una materia sempre pendente. Abbiamo bisogno di convertirci ogni giorno dal peccato profondo che si annida nel nostro cuore con molteplici manifestazioni: egoismo e super­bia, aggressività e violenza, menzogna e lussuria, indifferenza e classismo, doppiezza, apatia e disperazione... per diventare altruisti e generosi, umili e pacifici, sinceri e casti, servizievoli e accoglienti, solidali con gli altri e testimoni di speranza per tutti.


Vangelo secondo Luca 10,13-16: Nell’ascoltare il Vangelo sul nostro cuore scende un velo di tristezza: Gesù, che è la Verità, ci dice che v’è il rischio che gli uomini possano rigettare il Vangelo e andare incontro a un terribile castigo, e nessuno è escluso da questo rischio. Dinanzi a questa triste eventualità risuona chiara la parola di Gesù: “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato”. Gesù ha affidato alla Chiesa il Vangelo, un tesoro inestimabile, la via maestra che conduce alla salvezza, e vuole che tutti gli uomini lo conoscano.


Fino agli inferi precipiterai: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 28 Luglio 1999): Le immagini con cui la Sacra Scrittura ci presenta l’inferno devono essere rettamente interpretate. Esse indicano la completa frustrazione e vacuità di una vita senza Dio. L’inferno sta ad indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio, sorgente di vita e di gioia. Così riassume i dati della fede su questo tema il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Morire in peccato mortale senza esserne pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola ‘inferno’» (CEC 1033). La ‘dannazione’ non va perciò attribuita all’iniziativa di Dio, poiché nel suo amore misericordioso egli non può volere che la salvezza degli esseri da lui creati. In realtà è la creatura che si chiude al suo amore. La ‘dannazione’ consiste proprio nella definitiva lontananza da Dio liberamente scelta dall’uomo e confermata con la morte che sigilla per sempre quell’opzione. La sentenza di Dio ratifica questo stato. 


Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me: Lumen gentium 20: I vescovi dunque hanno ricevuto il ministero della comunità per esercitarlo con i loro collaboratori, sacerdoti e diaconi. Presiedono in luogo di Dio al gregge di cui sono pastori quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa. Come quindi è permanente l’ufficio dal Signore concesso singolarmente a Pietro, il primo degli apostoli, e da trasmettersi ai suoi successori, cosi è permanente l’ufficio degli apostoli di pascere la Chiesa, da esercitarsi in perpetuo dal sacro ordine dei Vescovi. Perciò il sacro Concilio insegna che i vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli Apostoli quali pastori della Chiesa, e che chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li disprezza, disprezza Cristo e colui che ha mandato Cristo (cfr. Lc 10,16).


Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! - Mario Galizzi (Vangelo secondo Luca): Come interpretare questi versetti? Non perdendo di vista il contesto né la struttura del brano. Essi, infatti, come dimostrano i versetti 12 e 16, continuano il discorso di Gesù ai suoi discepoli, mentre i versetti 13-15 danno l’esperienza di Gesù. L’esperienza del discepolo deve sempre richiamarsi all’esperienza di Gesù, e per essi, come lo è stato o lo è per lui, può essere un’esperienza di rifiuto.
Ora, se noi interpretiamo questa loro esperienza nella luce di quanto si è letto in 9,51-56, secondo cui Gesù rimprovera Giacomo e Giovanni che vogliono vendicarsi del rifiuto subito, siamo anche nel clima giusto per interpretare questi versetti. Gesù ha appena detto di reagire con mitezza al rifiuto, cercando di fare capire agli abitanti di quella città l’urgenza di convertirsi di fronte all’avvicinarsi del regno di Dio (10,11). Ora dice ai suoi discepoli a quale triste situazione si espongono coloro che li rifiutano: ad essere trattati più severamente di Sodoma (Mt 10,15 aggiunge anche Gomorra) in quel giorno. L’espressione è una frase già fatta per indicare il giudizio. Non è necessario aggiungere questo termine, anche se Matteo lo fa e Luca lo esplicita subito dopo. Si noti però che si dice in quel giorno, cioè non adesso. Al rifiuto non segue immediatamente il castigo, la condanna. Dio è paziente, Dio continua a offrire tempo ai peccatori per convertirsi (Rm 2,4; 2Pt 3,9). Il tempo della storia è il tempo della pazienza di Dio.
E questo vale anche per Corazin, Betsaida, Cafarnao, le tre città situate a nord del lago di Tiberiade, le più evangelizzate da Gesù, dove egli più ha compiuto prodigi, dove più è stato circondato dalle folle. Eppure, la maggioranza degli abitanti di quelle città non l’hanno accolto. Gesù li ha messi di fronte alla possibilità di salvarsi e ora si accorge che corrono il pericolo di condannarsi. Per questo, quale profeta, lancia i suoi «Guai». Non sono «Guai» di condanna, ma, come li abbiamo interpretati in 6,24-26, sono un pressante avvertimento, e non l’ultimo, a ritornare sui propri passi e a riflettere sulla parola ascoltata. È sempre questo il senso che i «Guai» hanno nei profeti (vedi per esempio Is cc. 5.28.29). E questo senso è più esplicito in Matteo dove il contesto presenta Gesù che sta parlando a coloro che lo rifiutano. Qui in Luca le sue parole richiamano ai discepoli la sua esperienza, che certo fu assai dolorosa e colma di tristezza e sofferenza. Gesù soffre di fronte al rifiuto e lo contempleremo lamentarsi su Gerusalemme e piangere (13,34-35; 19,41-44). Qui dice che se tutti quei prodigi si fossero com­piuti a Tiro e Sidone, gli abitanti di quelle città già da lungo tempo si sarebbero seduti coperti di sacco e cenere per fare penitenza. Quando Luca scrive queste parole, può constatare che davvero ciò è avvenuto a Tiro e Sidone, dove c’erano numerose comunità cristiane (At 21,3-4; 27,3).
Il brano si conclude risottolineando le due note, positiva e negativa, di cui si è parlato: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me; chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato». Lasciamo il negativo, guardiamo il positivo: Gesù sente i suoi discepoli intimamente uniti a lui, e uniti al Padre. Tale è per Gesù la dignità dei discepoli.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Il tempo della storia è il tempo della pazienza di Dio.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore...