IL PENSIERO DEL GIORNO

4 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno» (Cfr. Mc 11,25).


Vangelo secondo Matteo (11,25-30): Nel brano evangelico si possono mettere in evidenza almeno tre temi. Il primo è quello dei piccoli, i quali proprio per la loro umiltà riescono a cogliere il mistero del Cristo. Il secondo tema è la rivelazione della divinità di Gesù: il Figlio conosce il Padre con la medesima conoscenza con cui il Padre conosce il Figlio. Il terzo tema è quello del giogo di Gesù che è dolce e sopportabile a differenza di quello imposto dai Farisei, insopportabile perché reso pesante da minuziose norme di fatto impraticabili.


Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra... - L’espressione Signore del cielo e della terra, evoca l’azione creatrice di Dio (Cf. Gen 1,1). Il motivo della lode sta nel fatto che il Padre ha «nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli». Le cose nascoste «non si riferiscono a ciò che precede; si devono intendere invece dei “misteri del regno” in generale [Mt 13,11], rivelati ai “piccoli”, i discepoli [Cf. Mt 10,42], ma tenuti nascosti ai “sapienti”, i farisei e i loro dottori» (Bibbia di Gerusalemme).
Molti anni dopo Paolo ricorderà queste parole di Gesù ai cristiani di Corinto: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1Cor 1,26-29).
... nessuno conosce il Figlio... La rivelazione della mutua conoscenza tra il Padre e il Figlio pone decisamente il brano evangelico in relazione «con alcuni passi della letteratura sapienziale riguardanti la sophia. Solo il Padre conosce il Figlio, come solo Dio la sapienza [Gb 28,12-27; Bar 3,32]. Solo il Figlio conosce il Padre, così come solo la sapienza conosce Dio [Sap 8,4; 9,1-18]. Gesù fa conoscere la rivelazione nascosta, come la sapienza rivela i segreti divini [Sap 9,1-18; 10,10] e invita a prendere il suo giogo su di sé, proprio come la sapienza [Prov 1,20-23; 8,1-36]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli).
... nessuno conosce il Padre se non il Figlio... Gesù è l’unico rivelatore dei misteri divini, in quanto il Padre ne ha comunicato a lui, il Figlio, la conoscenza intera. Da questa affermazione si evince che Gesù è uguale al Padre nella natura e nella scienza, è Dio come il Padre, di cui è il Figlio Unico.
Venite a me... Gesù nell’offrire ai suoi discepoli il suo giogo dolce fa emergere la «nuova giustizia» evangelica in netta contrapposizione con la giustizia farisaica fatta di leggi e precetti meramente umani (Mt 15,9); una giustizia ipocrita, ma strisciante da sempre in tutte le religioni. Il ristoro che Gesù dona a coloro che sono stanchi e oppressi, in ogni caso, non esime chi si mette seriamente al suo seguito di accogliere, senza tentennamenti, le condizioni che la sequela esige: rinnegare se stessi e portare la croce dietro di lui, ogni giorno, senza infingimenti o accomodamenti: «Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”» (Lc 9,23). È la croce che diventa, per il Cristo come per il suo discepolo, motivo discriminante della vera sapienza, quella sapienza che agli occhi del mondo è considerata sempre stoltezza o scandalo (1Cor 1,17-31). Un carico, la croce di Cristo, che non soverchia le forze umane, non annienta l’uomo nelle sue aspettative, non lo umilia nella sua dignità di creatura, anzi lo esalta, lo promuove, lo avvia, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito Santo» (2Cor 3,18) ad un traguardo di felicità e di beatitudine eterna. La croce va quindi piantata al centro del cuore e della vita del credente.
Invece, molti, anche cristiani, tendono a porre al centro di tutta la loro vita, spesso disordinata, le loro scelte, non sempre in sintonia con la morale; o avvinti dai loro gusti e programmi, tentano di far ruotare attorno a questo centro anche l’intero messaggio evangelico, accettandolo in parte o corrompendolo o assoggettandolo ai propri capricci; da qui la necessità capricciosa di imporre alla Bibbia, distinguo, precetti o nuove leggi, frutto della tradizione umana; paletti issati come muri di protezione per contenere la devastante e benefica azione esplosiva della Parola di Dio (Cf. Mc 7,8-9).
Gesù è mite e umile di cuore: è la via maestra per tutti i discepoli, è la via dell’annichilimento (Cf. Fil 2,5ss), dell’incarnarsi nel tempo, nella storia, nel quotidiano dei fratelli, non come maestri arroganti o petulanti, ma come servi (Cf. 1Cor 9,22).


Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita - G. B., Mitezza in Schede Bibliche Pastorali, Volume Quinto, Ed. Dehoniane - Anzitutto è doveroso analizzare la beatitudine matteana: «Beati i miti (hóipraéìs), perché erediteranno la terra» (Mt 5,5). Il riferimento al salmo 37,11 [...], la mancanza di questa beatitudine nella versione di Luca, la constatazione che essa costituisce un doppione con la prima beatitudine («Beati i poveri in spirito») inducono a credere che si tratti di un passo redazionale, non privo di legittimazione storica. Matteo ha collocato la mitezza nell’elenco delle condizioni necessarie per poter entrare nel regno dei cieli.
Di grande rilievo è poi il passo di Gal 5,22-23 in cui la bontà e la mitezza sono presentate come frutto dello Spirito. Non siamo dunque di fronte, come nel mondo greco, a comportamenti etici e nobili e virtuosi in cui la persona eccelle, ma al risultato dell’animazione dello Spirito. Essere «buoni» e «miti» è grazia, dono: natu­ralmente grazia che responsabilizza e impegna. Ecco le parole dell’apostolo: «Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé».
Inoltre 1Cor 13,4 connette così strettamente l’agape con la mitezza da attribuire al dinamismo dell’agape la specificazione della mitezza: «La carità è paziente, è benigna la carità». Si noti che per l’apostolo l’agape non è una virtù tra le altre, ma il principio fontale, il dinamismo soprannaturale che abilita il soggetto ad agire in maniera coerente, nel nostro caso in maniera mansueta.
In questo profondo e vasto orizzonte si devono interpretare le numerose e molteplici esortazioni alla bontà e alla mitezza presenti nel Nuovo Testamento.
Le realtà implicate dello Spirito e dell’agape escludono che sia un discorso puramente moralistico. In Col 3,12 l’autore indica questi comportamenti come doverosi per l’esistenza della comunità cristiana: «Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza» (Cf. anche il passo parallelo di Ef 4,2, che però collega l’esortazione con il motivo della vocazione cristiana). In Gal 6,1 l’apostolo afferma che l’ammonizione fraterna nella chiesa deve avvenire «con dolcezza». Fil 4,5 esorta all’affabilità.
Tra le doti spirituali e morali necessarie ai ministri della comunità, le lettere pastorali elencano anche la benevolenza, la mitezza: «(l’episcopo) sia benevolo e non litigioso» (1Tm 3,3); «Un servo del Signore non dev’essere litigioso, ma mite con tutti» (2Tm 2,25); Timoteo è esortato, come uomo di Dio, a tendere alla mitezza (2Tm 6,11) e Tito a farsi efficace maestro dei credenti perché questi siano mansueti e dimostrino ogni dolcezza con tutti (Tt 3,2).
Gc 1,21 sollecita ad accogliere «con docilità (en praytétì) la parola che è stata seminata» in loro. La stessa lettera afferma che la mitezza e la sapienza superiore sono strettamente connesse (3,13; 3,17).
Ancora una volta emerge che gli autori del Nuovo Testamento restano racchiusi in prospettive puramente moralistiche.
La 1Pt fa obbligo ai domestici di stare sottomessi ai padroni, non solo a quelli miti, ma pure a coloro che sono difficili (2,18). La mitezza poi per lo stesso scritto è preziosa dote dell’anima incorruttibile (3,4). Infine l’autore della 1Pt sollecita i credenti a farsi testimoni autentici della speranza da essi vissuta, ma senza alterigia «con dolcezza» (metà praytètos) (3,15-16).


San Francesco d’Assisi: Benedetto XVI (Angelus, 17 giugno 2007): Otto secoli or sono, difficilmente la città di Assisi avrebbe potuto immaginare il ruolo che la Provvidenza le assegnava, un ruolo che la rende oggi una città così rinomata nel mondo, un vero “luogo dell’anima”. A darle questo carattere fu l’evento che qui accadde, e che le impresse un segno indelebile. Mi riferisco alla conversione del giovane Francesco, che dopo venticinque anni di vita mediocre e sognatrice, improntata alla ricerca di gioie e successi mondani, si aprì alla grazia, rientrò in se stesso e gradualmente riconobbe in Cristo l’ideale della sua vita [...]. Francesco d’Assisi è un grande educatore della nostra fede e della nostra lode. Innamorandosi di Gesù Cristo egli incontrò il volto di Dio-Amore, ne divenne appassionato cantore, come vero “giullare di Dio”. Alla luce delle Beatitudini evangeliche si comprende la mitezza con cui egli seppe vivere i rapporti con gli altri, presentandosi a tutti in umiltà e facendosi testimone e operatore di pace.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** [San Francesco] Innamorandosi di Gesù Cristo egli incontrò il volto di Dio-Amore, ne divenne appassionato cantore, come vero “giullare di Dio”.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che in san Francesco d’Assisi, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo, concedi anche a noi di seguire il tuo Figlio nella via del Vangelo e di unirci a te in carità e letizia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...