IL PENSIERO DEL GIORNO

17 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «La parola di Dio è viva, efficace: discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12; Acclamazione al Vangelo).


Vangelo secondo Luca 11,37-41: “Nel contesto di un pranzo nella casa di un fariseo, Luca colloca sorprendentemente una serie di sei invettive durissime di Gesù contro i farisei prima e gli scribi poi, tre bordate per ogni gruppo separatamente, che in Matteo invece vanno insieme [Mt 23,13ss].
Ma in entrambi gli evangelisti il motivo comune per le invettive è l’ipocrisia, che costituisce il lievito dei fa­risei, dal quale i discepoli devono guardarsi [Lc 12,1].
Il testo evangelico di oggi è l’introduzione a questi sei inquietanti «guai a voi!», nei quali si mescola l’in­dignazione e il dolore, la maledizione e la condanna del giudizio messianico di Cristo. L’occasione si presenta quando Gesù, sedendosi alla tavola del fariseo che lo aveva invitato a mangiare a casa sua, non si attiene alle abluzioni rituali, cioè non si lava le mani. Questo sorprende oltremodo il suo anfitrione. Allora il Signore gli dice: «Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità ».
Gesù non si sottomette intenzionalmente a una pratica pseudoreligiosa, dettata dalle tradizioni rabbiniche che egli aveva già condannato in un’altra occasione simile, quando scribi e farisei avevano richiamato la sua attenzione sul fatto che i suoi discepoli mangiavano senza lavarsi le mani [Mc 7,1ss]. Gesù allora li aveva accusati di essere pignoli con le regole di purezza legale esterna, in base a tradizioni umane, mentre disprezzavano i comandamenti di Dio. Adesso li accusa di essere ipocriti, avidi e intemperanti.
Di fronte alla loro scaltra ipocrisia, Gesù aveva fatto notare che non è quello che entra dalla bocca che contamina l’uomo, ma quello che viene dal cuore [Mc 7,21s]. Pertanto, è il cuore dell’uomo e della donna, cioè il nucleo più intimo della persona, con i suoi interessi e criteri, i suoi atteggiamenti e le sue intenzioni, che bisogna convertire prima di tutto. E poi, da un cuore convertito scaturiranno il bene e le buone azioni.
Questo vuole dire Gesù con l’espressione che conclude il vangelo di oggi: «Stolti!... Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro [alla coppa e al piatto], ed ecco, per voi tutto sarà mondo». L’elemosina vi lascerà più puri delle vostre ripetute e inutili purificazioni. Perché è ciò che l’uomo tiene egoisticamente per se stesso che lo rende impuro davanti a Dio; invece, quello che divide con i fratelli bisognosi, inclusa la sua stessa vita, lo rende puro e pulito davanti a Dio” (Basilio Caballero, La Parola per ogni giorno).


C. WJÉNER (Dizionario di Teologia Biblica)

1. La pratica dell’elemosina - Essa è ammirata dai fedeli, soprattutto quanto è praticata da stranieri, da «persone che temono Dio», che manifestano in tal modo la loro simpatia per la fede (Lc 7,5; Atti 9,36; 10,2). Del resto Gesù l’aveva annoverata, assieme con il digiuno e con la preghiera, come uno dei tre pilastri della vita religiosa (Mt 6,1-18). 
Ma, raccomandandola, Gesù esige che sia fatta con un perfetto disinteresse, senza alcuna ostentazione (Mt 6,1-4), «senza nulla aspettare in cambio» (Lc 6,35; 14,14), e persino senza misura (Lc 6,30). Di fatto non ci si potrebbe accontentare di raggiungere una «tariffa» codificata per quanto elevata: alla decima tradizionale Giovanni Battista sembra sostituire una divisione a metà (Le 3, 11), che di fatto Zaccheo realizza (Lc 19,8), ma quel che Cristo si aspetta dai suoi è che non restino sordi a nessun appello (Mt 5,42 par.), perché i poveri sempre in mezzo a noi (Mt 26,11 par.); infine, se non si ha più niente di proprio (cfr. Atti 2, 44), rimane il dovere di comunicare almeno i doni di Cristo (Atti 3,6) e di lavorare per sovvenire a coloro che sono nel bisogno (Ef 4,28). 
2. L’elemosina e Cristo. - L’elemosina è un dovere così radicale perché trova il suo significato nella fede in Cristo, questo in misura più o meno profonda. 
a) Se Gesù, con la tradizione giudaica, insegna che l’elemosina è fonte di retribuzione celeste (Mt 6,2ss), costituisce un tesoro in cielo (Lc 12,21.33 s), grazie agli amici che uno vi si fa (Lc 16,9), non è a motivo di un calcolo interessato, ma perché attraverso i nostri fratelli disgraziati noi raggiungiamo Gesù in persona: «Ciò che avete fatto ad uno di questi piccoli ... » (Mt 25,31-46). 
b) Se il discepolo deve dare tutto in elemosina (Lc 11,41; 12,33; 18,22), è anzitutto per poter seguire Gesù senza rimpiangere i suoi beni (Mt 19,21s par.); e poi per essere liberale come Gesù stesso, che «da ricco qual era si è fatto povero per voi, per arricchirvi mediante la sua povertà» (2Cor 8,9). 
c) Infine, per dimostrare che l’elemosina cristiana soggiace ad altre leggi oltre a quelle della semplice filantropia, Gesù non si è peritato di difendere contro Giuda il gesto gratuito della donna che aveva «sprecato» il valore di trecento giornate di lavoro, versando il suo prezioso profumo: «I poveri li avrete sempre con voi, ma non avrete sempre me» (Mt 26,11 par.). I poveri appartengono all’economia ordinaria (Deut 15,11), naturale in una umanità peccatrice; Gesù, invece, significa l’economia messianica soprannaturale; e la prima non trova il suo vero senso se non per mezzo della seconda: i poveri non sono cristianamente soccorsi se non in riferimento all’amore di Dio manifestato nella passione e morte di Gesù Cristo. 
3. L’elemosina nella Chiesa. - Anche se taluni atti gratuiti rimangono necessari per evitare di confondere il vangelo del regno e l’estinzione del pauperismo, rimane vero che per raggiungere lo «sposo che ci è stato tolto» (cfr. Mt 9,15) bisogna soccorrere il nostro prossimo: «In che modo l’amore di Dio potrà dimorare in colui che rifiuta ogni pietà dinanzi al fratello nel bisogno» (1Gv 3,17; cfr. Giac 2,15). Come celebrare il sacramento della comunione eucaristica senza dividere fraternamente i propri beni (1Cor 11,20ss)? 
Ora l’elemosina può avere una portata ancora più ampia, e significare l’unione delle Chiese. È quel che Paolo vuol dire quando dà un nome sacro alla questua, alla colletta, che fa in favore della Chiesa-madre di Gerusalemme: è un «ministero» (2Cor 8,4; 9,1.12s). «una liturgia» (9, 12). Di fatto, per colmare il fosso che incominciava a scavarsi tra la Chiesa d’origine pagana e la Chiesa d’origine giudaica, Paolo si preoccupa di manifestare mediante elemosine materiali l’unione di queste due categorie di membra dello stesso corpo di Cristo (cfr. Atti 11,29; Gal 2,10; Rom 15,26 s; 1Cor 16,1-4); con quale ardore egli pronunzia un vero «sermone di carità» all’indirizzo dei Corinti (2Cor 8 - 9)! Bisogna mirare a stabilire l’uguaglianza tra i fratelli (8,13), imitando la liberalità di Cristo (8,9); affinché Dio sia glorificato (9,11-14), bisogna «seminare con larghezza», perché «Dio ama chi dà con gioia» (9,6s). 


Catechismo della Chiesa Cattolica

579 Il principio dell’integralità dell’osservanza della Legge, non solo nella lettera ma nel suo spirito, era caro ai farisei. Mettendolo in forte risalto per Israele, essi hanno condotto molti ebrei del tempo di Gesù a uno zelo religioso estremo. E questo, se non voleva risolversi in una casistica « ipocrita», non poteva che preparare il popolo a quell’inaudito intervento di Dio che sarà l’osservanza perfetta della Legge da parte dell’unico Giusto al posto di tutti i peccatori.

588 Gesù ha scandalizzato i farisei mangiando con i pubblicani e i peccatori con la stessa familiarità con cui pranzava con loro. Contro quelli tra i farisei «che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri» (Lc 18,9), Gesù ha affermato: «Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi» (Lc 5,2). Si è spinto oltre, proclamando davanti ai farisei che, essendo il peccato universale, coloro che presumono di non avere bisogno di salvezza, sono ciechi sul proprio conto.

2447 Le opere di misericordia sono azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e spirituali. Istruire, consigliare, consolare, confortare sono opere di misericordia spirituale, come pure perdonare e sopportare con pazienza. Le opere di misericordia corporale consistono segnatamente nel dare da mangiare a chi ha fame, nell’ospitare i senza tetto, nel vestire chi ha bisogno di indumenti, nel visitare gli ammalati e i prigionieri, nel seppellire i morti. Tra queste opere, fare l’elemosina ai poveri è una delle principali testimonianze della carità fraterna: è pure una pratica di giustizia che piace a Dio: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3,11). «Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, e tutto sarà puro per voi» (Lc 11,41). «Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?» (Gc 2,15-16).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3,11).
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che nel sacrificio dei martiri edifichi la tua Chiesa, mistico corpo del Cristo, fa’ che la gloriosa passione che meritò a sant’Ignazio una corona immortale, ci renda sempre forti nella fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo.