IL PENSIERO DEL GIORNO

 16 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore» (Cfr. Sal 94,8ab; Acclamazione al Vangelo)


Non sarà dato alcun segno a questa generazione, se non il segno di Giona - Vangelo secondo Luca 11,29-32: I farisei avevano chiesto a Gesù un segno, cioè un miracolo che esprimesse e giustificasse la sua autorità. Gesù non soddisfa la loro richiesta, ma risponde ricordando due fatti  registrati nella sacra Scrittura: la conversione dei Niniviti, e il viaggio della Regina di Saba che da terre lontane giunge a Gerusalemme per ascoltare le parole sapienti di Salomone. Ora, nella pienezza del tempo, vi è uno più grande di  Giona, e  nel giorno del Giudizio gli abitanti di Ninive, conosciuti per la loro sanguinaria violenza, saranno  i giudici di Israele. Un capovolgimento paradossale: i Niniviti che erano ciechi aprirono con docilità gli occhi dell’anima alla predicazione di Giona e vennero restituiti alla Luce, i farisei che affermavano di vedere restarono nel buio della loro cecità e si fissarono nel loro peccato (Gv 9,39-41).


Segni nella vita di Gesù: R. Ternant (DTB): Fedele alla promessa divina di un rinnovamento delle antiche meraviglie (Mt 11,4s; Is 35,5s; 26,19), Gesù moltiplica i miracoli che, pur accreditandone la parola, rientrano nello stesso tempo nei segni avvenimenti salvifici e nella mimica profetica (cfr. Mc 8,23ss): sono soprattutto questi miracoli, uniti alla sua autorità personale e a tutta la sua attività, a costituire «i segni dei tempi» (Mt 16,3), cioè gli indizi dell’inizio dell’era messianica. Ma all’opposto di Israele nel deserto (Es 17,2.7; Num 14,22), egli si rifiuta di tentare Dio, esigendo da lui dei segni a proprio vantaggio (Mt 4,7; Deut 6,16), e di soddisfare quelli che, avidi di prodigi spettacolari, gli domandano un segno per tentarlo (Mt 16,1ss). Così i Sinottici, eco della sua riservatezza, evitano a proposito dei miracoli di usare la parola «segni», a cui ricorrono i suoi avversari (Mt 12,38 par.; Lc 23, 8). Certo Dio, fornisce dei segni dell’avvento della salvezza ai poveri, come Maria (Lc 1,36ss), o i pastori (2,12). Però non può offrire ai Giudei i segni che essi si aspettano: ciò significherebbe pervertire la sua missione. Questi ciechi dovrebbero cominciare a prestare attenzione al «segno di Giona» secondo Lc 11,29-32, cioè alla predicazione di penitenza di Gesù. Sarebbero allora in grado di decifrare i «segni dei tempi», senza pretenderne altri per convenienza, e sarebbero preparati a ricevere la testimonianza del più decisivo di essi, il «segno di Giona» secondo Mt 12, 40, cioè la risurrezione di Cristo. Ogni riserbo concernente l’uso della parola semèion scompare nella narrazione giovannea (salvo Gv 4,48), sia negli Atti che nelle lettere. Per Giovanni, la visione dei segni avrebbe dovuto indurre i contemporanei di Gesù a credere in lui (Gv 12,37-38): questi segni rendevano manifesta la sua gloria (Gv 2,11) a uomini provati (Gv 6,6), come Jahve aveva manifestato la propria (Num 14,22), imponendo al popolo la prova del deserto (Deut 8,2). Essi li preparavano così a vedere (Gv 19,37 ; Zac 12, 10), grazie alla fede, il segno del Trafitto elevato sulla Croce fonte di vita (12,33), che realizza la figura del serpente guaritore eretta da Mosè su uno «stendardo» (Num 21,8: ebr. nes; gr. semèion; Gv 3,14), per la salvezza del popolo dell’esodo. Ai cristiani convertiti da questo sguardo di fede (cfr. Gv 20,29) e raffigurati dai Greci che chiesero di vedere Gesù (Gv 12,21.32s), il sangue e l’acqua che sgorgano dal Trafitto (Gv 19,34) appaiono allora i simboli della vita dello Spirito e della realtà del sacrificio che ce ne apre l’accesso grazie ai sacramenti del battesimo, della penitenza, dell’eucaristia. E di questi gesti salvifici del Risorto, vero tempio da cui scaturisce l’acqua viva (Gv 2,19; 7,37ss; 19,34; cfr. Zac 14,8; Ez 47,1s), i segni anteriori di Gesù (Gv 5,14; 6; 9; 13,1-10) appariranno a loro volta le prefigurazioni.


Un segno: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 13 Gennaio 1988): L’ingresso di Dio nella dimensione della creazione si attua nella realtà dell’incarnazione in modo unico e agli occhi della fede diventa un “segno” incomparabilmente superiore a tutti gli altri “segni” miracolosi della presenza e dell’operare divino nel mondo. Anzi, tutti questi altri “segni” hanno radice nella realtà dell’incarnazione, ne irradiano la forza attrattiva, vi rendono testimonianza. Essi fanno ripetere ai credenti ciò che scrive l’evangelista Giovanni alla fine del Prologo sull’incarnazione: “Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14). Se l’incarnazione è il segno fondamentale a cui si ricollegano tutti i “segni” che hanno reso testimonianza ai discepoli e all’umanità che è “giunto … il Regno di Dio” (cfr. Lc 11,20), vi è poi un segno ultimo e definitivo, al quale allude Gesù riferendosi al profeta Giona: “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Mt 12,40): è il “segno” della risurrezione.


Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone: CCC 590: Soltanto l’identità divina della persona di Gesù può giustificare un’esigenza assoluta come questa: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c’è «più di Giona, [...] più di Salomone» (Mt 12,41-42), qualcosa più grande del Tempio; quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, e quando afferma: «Prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58); e anche: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30).

Il segno di Giona: CCC 994: Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua stessa Persona: «Io sono la Risurrezione e la Vita» (Gv 11,25). Sarà lo stesso Gesù a risuscitare nell’ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui e che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue. Egli fin d’ora ne dà un segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti, annunziando con ciò la sua stessa Risurrezione, la quale però sarà di un altro ordine. Di tale avvenimento senza eguale parla come del «segno di Giona» (Mt 12,39), del segno del tempio: annunzia la sua Risurrezione al terzo giorno dopo essere stato messo a morte.


La regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà... Per molti cristiani queste parole di Gesù sono da eliminare dal Vangelo, o qualcuno va dicendo che sono parole spurie inserite da qualche maldestro copista. Si grida a squarciagola “Misericordia, misericordia”, e poi le parole di Gesù, che si leggono nel Vangelo di oggi, buttano in faccia agli uomini una verità che fa male, che fa a pezzi ogni ragionevolezza, comprime il cuore facendo sprizzare fiotti lacrime, sospiri, e gemiti. Quindi, a un volto sereno, pacifico di Gesù, il Gesù misericordioso, vi è un volto severo, il Gesù giudice, e l’uomo al termine del sua povera può incontrarsi o con l’uno o con l’altro. Ma l’incontro, e quindi il giudizio, non è dettato dai capricci di Dio, ma dalle opere e dalla fede dell’uomo. Se la fede è rimasta accesa fino alla fine, se le opere sono state buone allora l’uomo si incontrerà con l’Amore misericordioso, al contrario se il lume della fede non è rimasto acceso, e il bagaglio è colmo di opere cattive allora l’uomo si incontrerà con il Giudice giusto, e come castigo prenderà dimora eterna nel regno di satana. Non basta dire “Misericordia, misericordia, o “Signore, Signore”, o dire abbiamo fatto miracoli nel tuo nome o abbiamo mangiato e bevuto in tua compagnia: sola la fede in Gesù salva, lo si legge spesso nei Vangeli, “Va’ la tua fede ti ha salvato”. Alla fede si devono accompagnare le opere, altrimenti la fede è morta. E non ci vogliono opere mirabolanti, ma il quotidiano spicciolo che deve diventare carità: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti; e poi occorre aggiungere: dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, e infine seppellire i morti. Tutto qui, né più né meno, perché alla sentenza “Benedetti, venite nella casa del Padre mio”, con orrore l’uomo, a suo dileggio, può sentire anche queste parola: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt 25, 31ss). In poche parole, l’uomo “raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna” (Gal 6,7-8).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.