IL PENSIERO DEL GIORNO


15 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «I ricchi impoveriscono e hanno fame, ma chi cerca il Signore non manca di nulla» (Sal 34,11; Cf. Antifona alla Comunione).


Vangelo secondo Matteo 22,1-14: La parabola del banchetto nuziale è facilmente comprensibile da tutti, illetterati e letterati: il re è Dio; il convito nuziale è la felicità messianica; i messi sono gli apostoli; gli invitati che insultano e uccidono i servi del re sono i giudei; i chiamati dalla strada sono i peccatori e i pagani; l’incendio della città sta a significare la rovina di Gerusalemme. La generosità del re verso gli ultimi che affollano la sala del banchetto ha però un limite, espresso dalla parabola della veste nuziale. L’uomo che risponde all’invito deve portare sempre la veste nuziale, questo significa che le opere della giustizia devono accompagnare la fede (Cf. Mt 3,8; 5,20; 7,21s; 13,47s; 21,28s).


Il regno dei cieli è simile… -  B. KLAPPERT. (Regno, in Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento - EDB): Il regno di Dio nella predicazione di Gesù - Il regno di Dio, così come si presenta nella predicazione di Gesù, può essere caratterizzato come una realtà «opposta a tutto ciò che è presente e terreno ... perciò come un qualcosa di semplicemente prodigioso» (ThW I, 585). Per cui la venuta del regno di Dio non può essere accelerata dall’uomo con la lotta contro i nemici di Dio (come gli zeloti vorrebbero), e neppure fare pressione su di esso per mezzo di una meticolosa osservanza della legge (vedi i farisei).
L’uomo non può che aspettarne la venuta in pazienza e fiducia (Cf. le parabole del granello di senape in Mc l,4,30-32, del lievito in Mt 13,33 e del seme che cresce da solo in Mt 4.26-29). [...],
Il fatto che il regno è dono di Dio (Lc 12,32), che è legato a un testamento (Lc 22,29), esprime in un altro modo che l’uomo lo può ricevere solo come un bambino (Mc l0,15par.), che l’uomo lo può solo attendere (Mt 15,43par). Molto significativa la  locuzione «andare dentro», «entrare» nel regno di Dio (Mt 5,20; 7,21; 18,3par.; 19,23; 23,12 e altrove); in tutti questi casi questo entrare è inteso in senso futuro (Mc 9,43ss; Mt 25,34). Siccome il regno di Dio è presente nella persona di Gesù; il singolo è posto di fronte a una decisione assoluta. Ciò che caratterizza questa situazione sono gli «aut-aut» dei discorsi iperbolici di Gesù, che dice: «se la tua mano destra ti tenta al peccato, tagliala ... » (Mt 5, 29s). Anzi alcuni si sono addirittura resi eunuchi per amore del regno di Dio (Mt 19,12), infatti: «Chi mette mano all’aratro e poi guarda indietro non è adatto per il regno di Dio» (Lc 9, 62).
Questa decisione non è frutto di semplice entusiasmo, ma nasce dopo appassionata riflessione (Lc 14,282), in obbedienza alla parola di Gesù (Mt 7,24-27), e in uno spirito di rinuncia che accetta il sacrificio di sé fino all’odio dei propri familiari (Mt 10,17ss.37). Questa decisione tuttavia non deriva da un duro rigorismo, bensì ha come sfondo la gioia traboccante di fronte alla grandezza del dono (parabole del tesoro nel campo e della perla preziosa; Mt 13,4 4-46).
Il regno di Dio è trascendente e soprannaturale: proviene solo da Dio, solo dall’alto. Ma allo stesso tempo è completamente immanente. Dove arriva il regno di Dio, là gli affamati vengono saziati, gli afflitti consolati (Mt 5,3-10: le beatitudini),  si amano i nemici (Mt 5,38-42) e sull’esempio degli uccelli e dei fiori del campo non si preoccupa più del cibo o del vestito (Mt 6,25-33).
Anzi qui solo la persona di Gesù può rendere presente il regno di Dio che deve venire, nelle cui parole e opere la sovranità di Dio è un fatto concreto. Il regno è già qui in quanto Gesù cerca la compagnia dei pubblicani e dei peccatori e siede con essi a tavola e a essi dichiara il perdono dei peccati. Come colui che ha preparato il pranzo invita a tavola i mendicanti e i senza tetto (Mt 22,1-10), come l’amore del padre riaccoglie il figlio perduto (Lc 15,11-32), come il pastore va in cerca della pecora smarrita (Lc 15,4-7), come la donna ricerca la moneta perduta (Lc 15,8-10), come il padrone dà per sua bontà la paga completa agli operai dell’ultima ora (Mt 20,1-15), così Gesù va verso i peccatori per dichiarare loro il perdono, «poiché è per essi il regno dei cieli» (Mt 5,3). Solo i peccatori, coscienti di grosse colpe (Lc 7,41-43), sono in grado di misurare il significato del perdono, della bontà di Dio, perché «non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Mc 2,17).
La caratteristica della predicazione di Gesù sul regno di Dio non consiste dunque nel fatto che Gesù abbia portato una nuova dottrina circa il regno di Dio, oppure radicalizzato le attese escatologico-apocalittiche, bensì nel fatto che egli ha creato un rapporto inscindibile tra il regno di Dio e la sua persona. L’aspetto nuovo della predicazione del regno di Dio da parte di Gesù è lui stesso, semplicemente la sua persona» (Schniewind).


Il banchetto nuziale è pronto - La cornice della parabola del banchetto nuziale è l’ennesima lite con i farisei e i capi dei sacerdoti incontrati nel tempio all’indomani del solenne ingresso nella città santa (Cf. Mt 21,18-23). A costoro è rivolto anche l’attuale discorso parabolico.
Il protagonista della parabola evangelica non è un benestante qualsiasi, ma un re che fece una festa di nozze per suo figlio. Sembrano particolari messi a caso nel racconto e invece racchiudono un profondo significato teologico: la salvezza è vista non solo come un banchetto di cibi succulenti, di vini raffinati (Is 25,6), ma anche come unione nuziale fra Dio e il suo popolo (Cf. Os 1-3; Ger 2,1-2,20; Ez 16; ecc.). Nella prospettiva neotestamentaria lo sposo è Gesù, il Figlio, e la sposa è la Chiesa (Cf. Mt 8,1; Ef 5,21-23; Ap 19,7; 21,9; ecc.).
L’invito è rivolto innanzi tutto al popolo d’Israele, il quale rifiuta di partecipare alla festa di nozze. Il re insiste, ma alcuni invitati non se ne curano e altri addirittura insultano e uccidono i servi. Per tutta risposta, il re fa uccidere gli assassini e distrugge la loro città, tramutando in questo modo le «reiterate pressioni esercitate presso gli invitati in gesti di spietata severità e giustizia» (Ortensio da Spinetoli).
E poiché il banchetto è ancora preparato, il re, non rinunciando alla sua decisione, dà ai suoi servi un comando ben preciso: andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Gli invitati che riempiono la sala del banchetto sono ora gente raccogliticcia, cattivi e buoni, un’espressione con la quale si vuole esprimere la totalità (Cf. Gen 2,17).
Ma prima che la festa abbia inizio il re entra per vedere i commensali e trovando un invitato senza l’abito nuziale lo esclude dalla festa. Il senso è patente: le porte della Chiesa sono state spalancate a tutti gli uomini, cattivi e buoni, ma guai ad illudersi che la salvezza sia scontata o che sia garantita dal fatto di essere entrati nella sala del banchetto. Se è facile entrare, è altrettanto facile ritrovarsi fuori nelle tenebre. Un messaggio, quindi, per tutti i credenti: non basta il battesimo, ma occorrono la fede e i sacramenti, accompagnati dalle opere (Cf. Mc 16,16; Gc 2,14s). L’abito sta così a significare un impegno etico serio e radicale: «Prima di entrare nel regno di Dio si può essere dei comuni peccatori, ma una volta entrati dentro bisogna tendere a diventare giusti, santi, perfetti» (Ortensio da Spinetoli): «“... Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria perché sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta: le fu data una veste di lino puro e splendente”. La veste di lino sono le opere giuste dei santi» ( Ap 19,8).
L’invito alla festa e l’accesso alla sala del banchetto sono doni gratuiti (Cf. Mt 21,31; Lc 22,29; Eb 12,28) che impegnano fortemente chi l’ha ricevuti (Cf. Mt 6,33). Per cui entra nella sala del banchetto chi fa a se stesso violenza e chi rinuncia a tutto (Cf. Mt 11,12; 13,44-45). Vi entrano soltanto coloro che resistono radicalmente al potere della seduzione (Cf. Mt 18,8). Non vi entra chi dice: Signore, Signore, ma colui che fa la volontà del Padre che è nei cieli (Cf. Mt 7,21). Vi entra colui che ascolta la Parola e la mette in pratica (Cf. Mt 7,24ss). Vi entra e vi resta chi vive in pienezza il discorso della Montagna (Mt 51-12). In definitiva, essere invitati come contropartita esige dedizione piena e assoluta a Gesù fino all’odio della propria vita e della propria famiglia (Cf. Mt 10,37-39). In questa luce, il messaggio della parabola non è quello della chiamata degli invitati al banchetto nuziale, ma che il Regno, nella sua fase terrena, contiene sia i giusti che i cattivi, praticamente lo stesso tema sottolineato nelle parabole della zizzania e della rete (Cf. Mt 13,23-30; 13,47-50). Nel regno di Dio tutti, cattivi e buoni, sono in cammino, solo alla fine, chi non porta addosso la veste di lino (Ap 19,8), la veste nuziale, sarà escluso dal banchetto: sarà gettato fuori nelle tenebre, lontano da Dio, nello stagno di fuoco (Ap 20,15).
È insito anche un forte invito alla vigilanza: «Ma poiché non conosciamo né il giorno né l’ora, bisogna vegliare assiduamente, come ci ammonisce il Signore, affinché, terminato l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo di entrare con lui al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati [Cf. Mt 25,31-46], anziché essere mandati, perché servi malvagi e pigri [Cf. Mt 25,26], nel fuoco eterno [Cf. Mt 25,41], nelle tenebre esteriori dove “ci sarà pianto e disperazione”» (LG 48).
L’assioma, molti sono chiamati, ma pochi eletti, sta ad esprimere tutta l’amarezza di Gesù nel costatare «come il suo appello di salvezza rivolto a tutti avesse trovato così scarsa corrispondenza. Riportato qui a conclusione della parabola del convito nuziale, va riferito principalmente al rifiuto dei “primi” invitati: i “molti chiamati” sono dunque gli Israeliti che non hanno risposto all’appello divino: è su questa triste realtà che si accentua tutta l’amarezza del detto di Gesù» (Angelo Lancellotti).
Ma il monito è rivolto anche ai cristiani: la scortesia dei primi invitati e l’insolenza dell’uomo sprovvisto della veste nuziale si può ripetere sempre nella storia dell’uomo, anche nella storia della Chiesa.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** «Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l'abito nuziale. Per il nostro Signore Gesù Cristo...