IL PENSIERO DEL GIORNO


11 Ottobre 2017


Oggi Gesù ci dice: «Il Signore è buono con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca » (Lam 3,25; Cf. Antifona alla Comunione).


Vangelo secondo Luca 11,1-4: Signore, insegnaci a pregare: «Non è forse anzitutto contemplando il suo Maestro orante che nel discepolo di Cristo nasce il desiderio di pregare? Può allora impararlo dal Maestro della preghiera. È contemplando ed ascoltando il Figlio che i figli apprendono a pregare il Padre» (CCC 2061). Il discepolo è colui che prega con Gesù e come Gesù, e con Gesù e come Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre.


Gesù ha insegnato la preghiera del Padre nostro per ricordare all’uomo che il «combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. È per mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul Tentatore, fin dall’inizio e nell’ultimo combattimento della sua agonia. Ed è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata insistentemente. La vigilanza è “custodia del cuore” e Gesù chiede al Padre di custodirci nel suo Nome. Lo Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza. Questa richiesta acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza finale» (CCC 2849). Non abbandonarci alla tentazione: una richiesta che mette a nudo l’estrema fragilità dell’uomo e rivela, allo stesso tempo, la sguaiata ferocia di Satana, ma anche tutta la sua infernale debolezza: un leone affamato che gira continuamente attorno ai credenti cercando chi divorare (1Pt 5,8), ma già abbattuto e vinto dal Cristo. Una preghiera che punta diritto al cuore di Dio, l’Arbitro che ha in mano le sorti della partita: «Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi» (Rom 16,20). Il primato nella storia «non è, infatti, quello demoniaco, ma è la signoria divina ad avere l’ultima parola e la scena finale dell’Apocalisse [capp. 21-22] ne è la raffigurazione più luminosa» (Gianfranco Ravasi).


Catechismo della Chiesa Cattolica

2773 In risposta alla domanda dei suoi discepoli («Signore, insegnaci a pregare»: Lc 11,1), Gesù consegna loro la preghiera cristiana fondamentale del «Padre nostro».

2774 «L’Orazione domenicale è veramente la sintesi di tutto il Vangelo», «la preghiera perfettissima». Essa è al centro delle Scritture.

2775 È chiamata «Orazione domenicale» perché ci viene dal Signore Gesù, maestro e modello della nostra preghiera.

2776 L’Orazione domenicale è, per eccellenza, la preghiera della Chiesa. È parte integrante delle Ore maggiori dell’Ufficio divino e dei sacramenti dell’iniziazione cristiana: Battesimo, Confermazione ed Eucaristia. Inserita nell’Eucaristia, manifesta il carattere « escatologico » delle proprie domande, nella speranza del Signore, «finché egli venga» (1Cor 11,26).


Signore, insegnaci a pregare…: A fronte delle sette domande di Matteo, il testo lucano contiene solo cinque petizioni. Il testo di Luca, sostanzialmente identico a quello di Matteo, è forse quello che si avvicina di più all’originale. Mancano «sia fatta la tua volontà» e «liberaci dal male». Luca omette o attenua espressioni ebraiche per rendere il testo più comprensibile ai suoi lettori. Matteo inserisce la preghiera del Padre nostro nella magnifica cornice del ‘Discorso della Montagna’ per opporre l’agire cristiano a quello degli ipocriti (Mt 6,9-13); Luca invece, presentando Gesù in preghiera, trasforma intenzionalmente il racconto in una catechesi sulla preghiera: Gesù non insegna ai suoi discepoli una preghiera, ma insegna a pregare.
Oltre a chiedere che sia santificato il nome del Padre, il discepolo deve chiedere il pane quotidiano. Quotidiano, in greco epiousios, potrebbe significare necessario oppure per il giorno dopo, ma quest’ultima interpretazione è in contrasto con altri testi scritturistici: per esempio, in Mt 6,34 viene detto da Gesù: «Non affannatevi per il domani» (Cfr. Prov 27,l [LXX]).
Il primo significato (con Origene possiamo leggere il pane necessario per l’esistenza) suggerisce l’intenzione di Gesù nell’insegnare la preghiera del Padre nostro: l’uomo deve imparare a chiedere al Padre quanto è necessario per la sua sussistenza.
Altri invece vi vedono un pane spirituale: il pane della vita, la manna celeste che Gesù mangerà in eterno con i suoi discepoli (Cf. Lc 22,30; Mt 26,29; Ap 2,17). Così soprattutto i Padri della Chiesa, ma è fuor di dubbio che Gesù pensi al pane terreno.
Luca sottolinea la ripetizione della domanda: ogni giorno perché il Padre è Colui che dona all’uomo il pane giorno dopo giorno, senza mai stancarsi. È il Dio buono che «fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45).
Bisogna chiedere anche il perdono dei peccati.
Matteo parla di debiti, Luca di peccati: si «passa così da un contesto piuttosto giuridico ad un contesto più storico ed esistenziale: è il riconosci­mento di essere veramente peccatori di fronte a Dio, accompagnato da una sincera domanda di perdono» (Carlo Guidelli).
I discepoli che anelano al perdono di Dio, devono perdonarsi a vicenda (Cf. Mt 5,39; 6,12; 7,2; 2Cor 2,7; Ef 4,32; Col 3,13) e devono perdonare il prossimo senza mai stancarsi: fino a settanta volte sette (Cf. Mt 18,22). Chi non vuole perdonare non può pretendere di ricevere il perdono di Dio: se «vogliamo essere giudicati benignamente, anche noi dobbiamo mostrarci benigni verso coloro che ci hanno arrecato qualche offesa. Infatti ci sarà perdonato nella misura in cui avremo perdonato loro, qualunque cattiveria ci abbiano fatto» (Giovanni Cassano).
Con l’ultima petizione il discepolo chiede di non essere abbandonato alla tentazione. Una supplica che nasce dalla consapevolezza della propria debolezza dinanzi alla prepotenza e all’astuzia di Satana, il Tentatore per antonomasia: «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41).


La preghiera del Padre nostro: Paolo VI (Udienza Generale, 23 giugno 1976): Quanto ci fa umili e quanto ci fa grandi la preghiera del Padre nostro», insegnataci dallo stesso supremo ed unico Maestro, che è il Cristo! [cfr. Matth. 23,8] quali profondità soggettive e personali essa scava dentro di noi, e quali armonie comunitarie essa esige e promuove! Vorremmo che questa regina delle preghiere diventasse per noi la preferita. E fosse tema, una volta almeno, di speciale e attenta meditazione. Esiste tutta una letteratura su questa «oratio dominica», su questa preghiera che il Signore stesso ci ha insegnato [...]. Espressione della nostra insufficienza, della nostra debolezza, della nostra colpevolezza, la preghiera del Signore può diventare la nostra forza, la nostra fiducia, la nostra speranza: «Chiedete, e vi sarà dato», dice il Signore. «Chi tra di voi al Figlio che chiede un pane darà una pietra? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano?» [Matth. 7,9-11]. Pregare dunque, pregare sempre....


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole.
Questa parola cosa ti suggerisce?
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O  Dio, fonte di ogni bene,che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza te e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo.