21 Luglio 2025
Lunedì XVI Settimana Tempo Ordinario
Es 14,5-18; Salmo Responsoriale Esodo 15,1-6; Mt 12,38-42
Colletta
Sii propizio a noi tuoi fedeli, o Signore,
e donaci in abbondanza i tesori della tua grazia,
perché, ardenti di speranza, fede e carità,
restiamo sempre vigilanti nel custodire i tuoi comandamenti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Maestro… - Catechesi Tradendae 7-8: Gesù ha insegnato: è, questa, la testimonianza che dà di se stesso: “Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare” (Mt 26,55; cfr. Gv 18,20). È l’osservazione ammirata degli Evangelisti, sorpresi di vederlo sempre e in ogni luogo nell’atto di insegnare, in un modo e con un’autorità fino ad allora sconosciuti. “Di nuovo le folle si radunavano intorno a lui, ed egli, come era solito, di nuovo le ammaestrava” (Mc 10,1); “ed essi erano colpiti dal suo insegnamento, perché insegnava, come avendo autorità” (Mc 1,22; cfr. anche Mt 5,2; 11,1; 13,54; 22,16; Mc 2,13; 4,1; 6,2; 6,6; Lc 5,3; 5,17; Gv 7,14; 8,2; ecc). È quanto rilevano anche i suoi nemici, per ricavarne un motivo di accusa, di condanna: “Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui” (Lc 23,5). Colui che insegna a questo modo merita, ad un titolo del tutto speciale, il nome di “Maestro”. Quante volte, in tutto il Nuovo Testamento e specialmente nei Vangeli, gli è dato questo titolo di Maestro! Sono evidentemente i Dodici, gli altri discepoli, le moltitudini degli ascoltatori che, con un accento di ammirazione, di confidenza e di tenerezza, lo chiamano Maestro (cfr. tra gli altri, Mt 8,19; Mc 4,38; 9,38; 10,35; 13,1; 11,28). Perfino i Farisei ed i Sadducei, i dottori della Legge, i Giudei in generale non gli rifiutano questo appellativo: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia vedere un segno” (Mt 12,38); “Maestro, che debbo fare per ottenere la vita eterna?” (Lc 10,25; cf. Mt 22,16). Ma è soprattutto Gesù stesso, in momenti particolarmente solenni e molto significativi, a chiamarsi Maestro: “Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono” (Gv 13,13ss.; cfr. Mt 10,25;26,18; ecc); egli proclama la singolarità, il carattere unico della sua condizione di Maestro: “Voi non avete che un Maestro: il Cristo” (Mt 23,8). Si comprende come, nel corso di duemila anni, in tutte le lingue della terra, uomini di ogni condizione, razza e nazione, gli abbiano dato con venerazione questo titolo, ripetendo ciascuno nel modo suo proprio il grido di Nicodemo: “Sappiamo che sei un maestro venuto da Dio” (Gv 3,2). Questa immagine del Cristo docente, maestosa insieme e familiare, impressionante e rassicurante, immagine disegnata dalla penna degli Evangelisti e spesso evocata in seguito dall’iconografia sin dall’età paleo-cristiana - tanto è seducente - amo evocarla, a mia volta, all’inizio di queste considerazioni intorno alla catechesi nel mondo contemporaneo.
I Lettura: “II passaggio del mar Rosso è il momento culminante dell’esodo. Se il racconto dell’uscita degli ebrei dall’Egitto è affrettato, come l’uscita stessa, e senza rilievo grafico, il passaggio del mar Rosso attira l’attenzione dei narratori che cercano di riprodurlo fino agli ultimi particolari con tutti i mezzi. Questo punto geografico del mare è la vera frontiera egiziana; e, nella misura in cui l’Egitto è l’oppressione e fuori della sua frontiera è la liberazione, il passaggio di questa frontiera è allo stesso tempo un salto geografico e un cambiamento di condizione, un passare dalla schiavitù alla libertà” (Angel Gonzales).
Vangelo
La regina del Sud si alzerà contro questa generazione.
I Niniviti accolsero la predicazione di Giona e si convertirono, la regina del Sud rimase meravigliata della sapienza che Dio aveva elargito al re Salomone e intraprese un lungo viaggio per incontrarlo, la generazione di Gesù non accetta la sua predicazione e crede che opera in combutta con il demonio. Per tanta miscredenza il Vangelo sarà predicato ai pagani che lo accoglieranno, e i Giudei, chiusi nei loro ragionamenti insipienti, non entreranno nel regno di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 12,38-42
In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno».
Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».
Parola del Signore.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 38 Il passo 12, 38-45, per l’argomento che tratta, è connesso con Mt., 12, 24-34. Matteo dopo aver ricordato la cecità ostinata dei Farisei davanti agli esorcismi compiuti da Cristo narra che gli stessi avversari chiedono al Maestro di poter vedere un prodigio per esser convinti del suo messianismo. Σημεῖον (segno) accentua il carattere visibile del miracolo.
39 O generazione malvagia e adultera! Gesù risponde sdegnato agli interlocutori. Egli, consapevole della cecità spirituale degli avversari, non accondiscende alla loro richiesta perché ingiustificata ed insincera. Gli Scribi ed i Farisei non chiedono un segno per essere illuminati, ma per vedere che cosa Gesù è capace di compiere. Il Maestro denunzia la ostinazione interiore dei suoi interlocutori per i quali nessun miracolo è sufficiente. Generazione... adultera; immagine derivata dal Vecchio Testamento (cf. Osea, 2; Ezechiele, 16); le relazioni tra il popolo eletto e Dio sono paragonate dagli scrittori sacri a quelle che intercorrono tra due sposi; Israele, quando non crede a Dio, è come una sposa infedele e adultera.
40 Gesù fa un velato accenno alla sua risurrezione; questo fatto costituirà il segno più convincente della sua natura divina. L’analogia tra il racconto del libro di Giona e la risurrezione va contenuta nei dovuti limiti. Come il mostro marino ha tenuto per tre giorni nel suo ventre Giona, il predicatore della penitenza, così il seno della terra racchiuderà il corpo di Cristo. Tre giorni e tre notti; l’espressione non va presa con rigore matematico, ma in modo approssimativo, perché è ricalcata sul libro di Giona; essa indica il tempo durante il quale il corpo di Gesù rimase chiuso nella tomba (1 notte, 1 giorno, ed 1 notte). L’esegeta rileva che tra Giona e Cristo vi è un’analogia, non già una adequazione o corrispondenza perfetta; ad esempio: Giona rimase vivo nel ventre del cetaceo, Gesù invece nella tomba giaceva morto. Il versetto costituisce un’indubbia profezia della risurrezione.
41-42 Con due vivissime immagini Gesù condanna l’incredulità e l’ostinazione dei suoi avversari. Egli presenta i Niniviti e la regina del Mezzogiorno che condannano i suoi contemporanei, i quali, pur avendo ricevuto un dono maggiore, non si sono ravveduti come gli abitanti di Ninive, né hanno voluto ascoltare, come la regina del Mezzogiorno, l’insegnamento di un Maestro più sapiente di Salomone. Il passo evangelico è di una potenza evocatrice piena di effetto. Per i Niniviti, cf. Giona, 3; con questo richiamo Gesù accentua l’impenitenza dei Farisei. Vi è un contrasto tra la penitenza dei Niniviti alla predicazione di un profeta (Giona) e l’ostinazione degli Ebrei al messaggio di chi è più di un profeta (Cristo). Il contrasto invece suggerito dal richiamo della regina di Sheba consiste nell’antitesi tra la ricerca della sapienza di Salomone da parte di questa regina e il rifiuto di accogliere la sapienza di uno più grande di Salomone da parte degli Ebrei. Per la regina del Mezzogiorno, cf., 1 Re, 10, 1. Mezzogiorno è un’indicazione geografica e designa, in modo generico, la regione di cui questa innominata regina aveva la reggenza; nel libro dei Re è indicato il nome proprio di questo paese: Sheba (regione a sud-ovest della penisola arabica).
Maestro, da te vogliamo vedere un segno: Nell’uso linguistico greco, il segno in quanto “contrassegno” o “indizio” è il riferimento a un dato di fatto che ne facilita il riconoscimento. Un concetto formale simile si trova anche nell’Antico Testamento. Per esempio, l’“arco sulle nubi” è segno, anzi pegno della fedeltà di Dio all’alleanza con Noè e con i suoi discendenti (Gen 9,12ss). Un rapporto ancora più stretto fra segno e cosa indicata è presupposto nelle “azioni simboliche” dei profeti veterotestamentari: convinzione, derivante dall’ambito del rito sacrale, dell’efficacia operativa dei segni. Il fatto che Ezechiele non faccia alcuna lamentazione funebre per sua moglie è un’anticipazione del futuro destino d’Israele, la cui realizzazione comincia già nel segno. Il segno è inoltre tre anche annuncio ai contemporanei, una caratteristica, questa, propria della profezia classica. Il segno di Ezechiele non annuncia soltanto la realtà dell’evento futuro; esso è per gli spettatori addirittura una rappresentazione attualizzata di ciò che accadrà. Nei Sinottici prevale la comprensione formale di segno come “indizio” o “contrassegno”. Nell’apocalittica si conosceva l’esistenza di determinati eventi come indizio della fine di “questo eone” e questa concezione è presupposta anche in Mc 13, Mt 24 e Lc 21. Il significato di “contrassegno”, “prova” è presente in Mt 12,38ss: Gesù deve legittimarsi agli occhi dei giudei con un segno. Egli però risponde col “segno del profeta Giona”, col segno cioè costituito “dalla figura stessa di Giona, vale a dire, come rimando al Dio presente nella sua predicazione penitenziale”. In Giovanni si trova una concezione dei segni caratterizzata soprattutto dal contenuto, come prodigi, miracoli che Gesù compie nella sua gloria. Essi, tuttavia, non lo fanno univocamente riconoscere come Figlio di Dio. Essi sono comprensibili soltanto per colui che è a conoscenza dell’“l’ora” della passione di Gesù, cioè per il credente, come rivelazione dell’amore di Dio per il mondo peccatore (Gv 2,1ss).
La Regina dell’Austro sorgerà ... - Nicola di Lira (Postilla super Lucam, XI): la Regina dell’Austro rappresenta l’anima razionale, che, se governa bene le forze inferiori secondo il dettame della legge di natura, è detta Regina. E se fa questo col fervore della carità, è giustamente chiamata Regina dell’Austro, perché l’Austro simboleggia proprio il calore della carità. E questa Regina viene al vero Salomone: Gesù Cristo, offrendogli, per mezzo della devozione, l’oro della sapienza, le gemme delle virtù e gli aromi dell’onore, usandoli tutti per la gloria di Dio.
Santo del giorno - 21 Luglio 2024 - San Lorenzo da Brindisi, Sacerdote e Dottore della Chiesa: Giulio Cesare Russo (questo era il suo vero nome) nacque a Brindisi - sul luogo in cui egli stesso volle che sorgesse la chiesa intitolata a Santa Maria degli Angeli - il 22 luglio 1559, da Guglielmo Russo ed Elisabetta Masella.
Perse il padre da bambino e la madre ch’era appena adolescente. A 14 anni fu costretto a trasferirsi a Venezia da uno zio sacerdote, dove proseguì gli studi e maturò la vocazione all’Ordine dei Minori Cappuccini. Assunse il nome di Lorenzo e il 18 dicembre 1582 divenne sacerdote. Nel 1602 fu eletto Vicario generale. Nel 1618, sentendosi prossimo alla fine, voleva tornare a Brindisi, ma i nobili napoletani lo convinsero a recarsi dal re di Spagna Filippo III, per esporre le malversazioni di cui erano vittime per colpa del viceré spagnolo Pietro Giron, duca di Osuna. Il 22 luglio 1619 padre Lorenzo morì a Lisbona, forse avvelenato. Fu beatificato nel 1783 da Pio VI; canonizzato nel 1881 da Leone XIII; proclamato dottore della Chiesa, col titolo di doctor apostolicus, nel 1959 da Giovanni XXIII. (Avvenire)
Assisti con bontà il tuo popolo, o Signore,
e poiché lo hai colmato della grazia di questi santi misteri,
donagli di passare dall’antica condizione di peccato
alla pienezza della vita nuova.
Per Cristo nostro Signore.