4 Maggio 2025
III Domenica di Pasqua
At 5,27b-32.40b-41; Salmo Responsoriale Dal Salmo 29 (30); Ap 5,11-14; Gv 21,1-19
Colletta
O Padre, che hai risuscitato il tuo Cristo
e lo hai costituito capo e salvatore,
accresci in noi la luce della fede,
perché nei segni sacramentali della Chiesa
riconosciamo la presenza del Signore risorto
che continua a manifestarsi ai suoi discepoli.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
Catechismo degli Adulti - Gli Angeli servitori di Dio e di Cristo [378] Nella nostra cultura dubbi e negazioni riguardo agli angeli e ai demòni coesistono con il fascino dell’occulto.
Occorre chiarire e chiedersi: ci sono davvero queste presenze nella storia? quale incidenza hanno? La rivelazione attesta la creazione dei puri spiriti e la loro chiamata alla comunione con Cristo. Creati liberi, possono liberamente accogliere o rifiutare il disegno di Dio. Una parte di essi lo accoglie: sono gli angeli santi. Ora stanno davanti a Dio per servirlo, contemplano la gloria del suo volto e giorno e notte cantano la sua lode. «Potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola» (Sal 103,20), intervengono nella storia, a servizio del suo disegno di salvezza.
[379] Cristo è il loro capo ed essi sono «i suoi angeli» (Mt 25,31); gli sono accanto come servitori in alcuni momenti decisivi della sua vita. Un angelo porta a Maria e a Giuseppe l’annuncio dell’incarnazione del Figlio di Dio; una moltitudine di angeli loda Dio per la sua nascita; un angelo lo protegge dalla persecuzione di Erode; gli angeli lo servono nel deserto; un angelo lo conforta nell’agonia del Getsemani; gli angeli annunciano la sua risurrezione; infine, saranno ancora gli angeli ad assisterlo nell’ultimo giudizio.
Protettori della Chiesa [380] In modo analogo gli angeli accompagnano e aiutano la Chiesa nel suo cammino. Incoraggiano gli apostoli; li liberano dalla prigione; li sostengono nell’evangelizzazione. Proteggono tutti i fedeli e li guidano alla salvezza: «Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita». Si comprende così la tradizionale e bella devozione agli angeli custodi.
Prima Lettura: La missione degli Apostoli si muove tra il successo e la persecuzione scatenata dal Sinedrio che ritiene il cristianesimo un serio pericolo per il giudaismo ufficiale. Pietro ripercorre le vicende del Cristo senza tema di annunziare la sua risurrezione e di accusare il Sinedrio di aver ucciso l’Autore della Vita. La Risurrezione di Gesù è l’evento capitale al quale tutto deve essere subordinato e orientato. Gli Apostoli sono lieti «di subire oltraggi per il nome di Gesù» perché a loro è data «la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Solo lo Spirito Santo può donare questa gioia.
Seconda Lettura: Il 5° capitolo del libro dell’Apocalisse può essere considerato l’introdu-zione alle diverse sezioni che si susseguono nel libro: la sezione dei «sette sigilli» (6,1-8,1); la sezione delle «sette trombe» (8,2-11,19); la sezione delle «sette coppe» (15,1-16,21). L’Agnello è Gesù: è il Crocifisso e il Risorto; il Vivente, degno di «ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione».
L’aggettivo degno «non deve trarre in inganno: esso non si riferisce a valori morali, bensì alla capacità, da lui detenuta, di ricevere da Dio la potenza di agire, la ricchezza delle risorse divine, la sapienza nel condurre la storia e la forza di vincere il male, e dagli uomini l’onore, cioè la riconoscenza della sua azione di salvezza, insieme alla gloria e alla benedizione nella preghiera e nella liturgia» (Gaetano Di Palma).
Vangelo
Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.
Il vangelo attraverso delle immagini ci conduce alla comprensione delle vicende terrene della Chiesa e del Principe degli Apostoli. La grande quantità di pesci simboleggia il successo che avrà la Chiesa nella predicazione del Vangelo di Gesù. Pietro sarà il primo, ma il primato sarà sinonimo di servizio fino al dono della vita. Il martirio, la morte violenta, è espressa nelle parole di Gesù: «... quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Una vita intensa, ma sempre sostenuta dalla Presenza del Risorto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21,1-19
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora».
Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Parola del Signore.
Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli - Gesù si manifesta ai discepoli non più a Gerusalemme, teatro della sua passione, morte e risurrezione, bensì «sul mare di Tiberìade», dove aveva svolto gran parte della sua attività apostolica.
Simon Pietro aveva deciso di andare a pescare, una decisione condivisa da Tommaso, da Natanaele, dai figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, e da altri due discepoli anonimi. Una decisione che forse mette a nudo in Pietro e nei discepoli un sentimento di delusione (Cf. Lc 24,2: «noi speravamo ...»).
L’iniziativa si conclude con un sonoro fallimento, «in quella notte non presero nulla»; una scena che racchiude senz’altro un richiamo simbolico: senza Gesù, «luce del mondo» (Gv 8,12), gli uomini precipitano nelle tenebre e senza di Lui gli uomini non possono realizzare le opere di Dio (Gv 9,4; 15,5).
Quando era già l’alba, Gesù si presenta sulla riva, ma i discepoli non lo riconoscono, elemento tipico delle apparizioni (Cf. Lc 24,16; Gv 20,14).
Fanno però quanto viene loro comandato e traggono a terra la rete piena di una «grande quantità di pesci».
Questa sovrabbondanza richiama il miracolo di Cana (Cf. Gv 2,6), la moltiplicazione dei pani (Cf. Gv 6,11s), l’acqua viva (Cf. Gv 4,14; 7,37s), la vita data dal buon pastore (Cf. Gv 10,10), la pienezza dello Spirito data da Gesù (Cf. Gv 3,34).
A fronte di questo prodigio, il discepolo «che Gesù amava» riconosce nello sconosciuto il Risorto e lo riferisce a Pietro. La reazione di Pietro è repentina, propria del suo carattere impetuoso, si getta in acqua e raggiunge a nuoto la spiaggia; mentre gli altri trascinando la rete piena di pesci raggiungono la terra: «Ecco, dunque, la scena ormai completa di significato simbolico: gli Apostoli, con a capo Pietro, corrono verso Cristo, Cristo Risorto, trascinando la barca ricolma della pesca miracolosa!» (Massimo Biocco).
Pietro, ad un invito del Risorto, trae a terra la rete piena di «centocinquantatré grossi pesci». Un numero certamente simbolico (Cf. Ez 47,10), ma la sottolineatura benché fossero tanti, la rete non si squarciò, sta a simboleggiare il fatto che la Chiesa, autenticamente fondata sulla parola di Gesù e sulla fede di Pietro (Cf. Mt 16,16), non si spezzerà nonostante la pavidità di molti cristiani e le persecuzioni degli uomini: «doppio miracolo quindi: la pesca abbondante e le reti che non si rompono. Anche nell’unica barca [nel racconto di Luca sono due] e nella rete che non si rompe molti vedono il simbolo dell’unità della Chiesa» (G. Segalla).
L’apparizione si conclude con un banchetto dove Gesù offre ai suoi discepoli pane e pesce arrostito (Cf. Mt 14,17-19). Dopo aver mangiato, Gesù offre a Pietro, con una triplice professione d’amore, l’opportunità di controbilanciare il triplice rinnegamento (Cf. Mt 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,54-62; Gv 18,25-27). E solo alla fine di questa triplice professione di amore, Pietro, da Gesù, viene rinvestito nel suo mandato, quello di reggere e di pascere in suo nome il gregge (Cf. Mt 16,18; Lc 22,31s).
È da notare che il racconto della riabilitazione di Pietro abbonda di sinonimi, due diversi verbi per amare; due verbi per pascere; due nomi per pecore e agnelli; due verbi per sapere; come a voler esaltare l’episodio della investitura.
Ormai purificato e rinnovato nel cuore e nella mente, Pietro può conoscere «con quale morte egli avrebbe glorificato Dio»: «...quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Una profezia che si compirà a Roma, luogo della sua morte violenta: morirà crocifisso come il suo Signore.
L’immagine di cingersi ai fianchi la veste è «propria dell’uso di quei tempi di vestiti molto ampi che era necessario raccogliere e cingere per i viaggi molto lunghi. Pietro dovrà farlo, perché si troverà come un uomo anziano e indifeso davanti a coloro che lo metteranno a morte per la sua fede. D’altra parte, la scena mette in rilievo un altro pensiero interessante. Finora, Gesù era stato pastore. Ora, nel tempo della Chiesa, quest’ufficio è affidato a Pietro» (Felipe F. Ramos).
E solo ora, al termine di questo lungo cammino di purificazione, può, finalmente, risuonare nel cuore di Simone la voce di Dio che lo invita alla sequela: «E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Cf. 13,36: Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?». Gli risponde Gesù: «Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; m seguirai più tardi»).
La sequela è sempre un dono di Dio, mai iniziativa dell’uomo.
A Colui che siede sul trono e all’Agnello - Marie-Émile Boismard: In parecchi libri del NT (Gv, Atti, 1Piet, e soprattutto Apoc) Cristo è identificato con un agnello; questo tema proviene dal VT secondo due prospettive distinte.
1. Il servo di Jahvè. - Perseguitato dai suoi nemici, il profeta Geremia si paragona ad un «agnello che viene condotto al macello» (Ger 11,19).
Questa immagine in seguito fu applicata al servo di Jahvè che, morendo per espiare i peccati del suo popolo, appare «come un agnello condotto al macello, come pecora muta e che non apre bocca di fronte ai suoi tosatori» (Is 53,7). Questo testo, sottolineando l’umiltà e la rassegnazione del servo, annunziava nel modo migliore il destino di Cristo, come spiega Filippo all’eunuco della regina d’Etiopia (Atti 8,31-35). Ad esso rimandano gli evangelisti quando sottolineano che Cristo «taceva» dinanzi ai sinedriti (Mt 26,63) e non rispondeva nulla a Pilato (Gv 19,9). È possibile che anche Giovanni Battista vi si riferisca quando, secondo il IV vangelo, designa Gesù come «l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (1,29; cfr. Is 53,7.12; Ebr 9,28).
2. L’agnello pasquale. - Allorché Dio ebbe deciso di liberare il suo popolo schiavo degli Egiziani, ordinò agli Ebrei di immolare per ogni famiglia un agnello «senza difetti, maschio, di un anno» (Es 12,5), di mangiarlo alla sera e segnare col suo sangue gli stipiti della porta. Grazie a questo «segno» essi sarebbero stati risparmiati dall’angelo sterminatore che veniva a colpire tutti i primogeniti degli Egiziani. Arricchendo il tema primitivo, in seguito la tradizione giudaica diede un valore redentore al sangue dell’agnello: «In virtù del sangue dell’alleanza della circoncisione e in virtù del sangue della Pasqua, io vi ho liberati dall’Egitto» (Pirqe R. Eliezer, 29; cfr. Mekhilta su Es 12). Grazie al sangue dell’agnello pasquale gli Ebrei sono stati riscattati dalla schiavitù d’Egitto e quindi hanno potuto diventare «nazione consacrata», «regno di sacerdoti» (Es 19,6), legati a Dio da un’alleanza e governati dalla legge di Mosè. La tradizione cristiana ha visto in Cristo «il vero agnello» pasquale (prefazio della Messa di Pasqua), e la sua missione redentrice è ampiamente descritta nella catechesi battesimale soggiacente alla prima lettera di Pietro, ed alla quale fanno eco gli scritti giovannei e la lettera agli Ebrei. Gesù è l’agnello (1Piet 1,19; Gv 1,29; Apoc 5,6) senza difetto (Es 12,5), cioè senza peccato (1Piet 1,19; Gv 8,46; 1Gv 3,5; Ebr 9,14), che riscatta gli uomini a prezzo del suo sangue (1Piet 1,18s; Apoc 5,9s; Ebr 9,12-15). In tal modo egli li ha liberati dalla «terra» (Apoc 14,3), dal mondo malvagio dedito alla perversione che deriva dal culto degli idoli (1Piet 1,14.18; 4,2s), cosicché ormai essi possono evitare il peccato (1Piet 1,15s; Gv 1,29; 1Gv 3,5-9) e formare il nuovo «regno di sacerdoti», la vera «nazione consacrata» (1Piet 2,9; Apoc 5,9s; cfr. Es 19,6), offrendo a Dio il culto spirituale di una vita irreprensibile (1Piet 2,5; Ebr 9,14). Essi hanno lasciato le tenebre del paganesimo per la luce del regno di Dio (1Piet 2,9): questo è il loro esodo spirituale. Avendo, grazie al sangue dell’agnello (Apoc 12,11), vinto Satana, di cui il faraone era il tipo, essi possono intonare «il cantico di Mosè e dell’agnello» (Apoc 15,3; 7,9s.14-17; cfr. Es 15) che esalta la loro liberazione. Questa tradizione, che vede in Cristo il vero agnello pasquale, risale alle origini stesse del cristianesimo. Paolo esorta i fedeli di Corinto a vivere come azzimi, «nella purezza e nella verità», poiché «la nostra pasqua, Cristo, è stato immolato» (1Cor 5,7). Qui egli non propone un insegnamento nuovo su Cristo-agnello, ma si riferisce alle tradizioni liturgiche della Pasqua cristiana, ben anteriori quindi al 55-57, data in cui l’apostolo scriveva la lettera. Stando alla cronologia giovannea, l’evento stesso della morte di Cristo avrebbe fornito il fondamento di questa tradizione. Gesù fu messo a morte la vigilia della festa degli azzimi (Gv 18.28; 19,14.31), quindi il giorno della Pasqua, nel pomeriggio (19,14), nell’ora stessa in cui, secondo le prescrizioni della legge, si immolavano nel tempio gli agnelli. Dopo la morte non gli furono spezzate le gambe come agli altri condannanti (19,33), ed in questo fatto l’evangelista vede la realizzazione di una prescrizione rituale concernente l’agnello pasquale (19,36; cfr. Es 12,46).
3. L’agnello celeste. - Pur conservando fondamentalmente il tema di Cristo-agnello pasquale (Apoc 5,9s), l’Apocalisse stabilisce un netto contrasto tra la debolezza dell’agnello immolato e la potenza che la sua esaltazione al cielo gli conferisce. Agnello nella sua morte redentrice, Cristo è nello stesso tempo un leone, la cui vittoria ha liberato il popolo di Dio, prigioniero delle potenze del male (5,5s; 12,11). Condividendo ora il trono con Dio (22,1.3), ricevendo con lui l’adorazione degli esseri celesti (5,8.13; 7,10), eccolo investito d’un potere divino. Egli esegue i decreti di Dio contro gli empi (6,1 ...) e la sua ira li immerge nel terrore (6,16); egli conduce la guerra escatologica contro le potenze del male coalizzate, e la sua vittoria lo consacrerà «re dei re e Signore dei signori» (17,14; 19,16 ...). Egli non ritroverà la sua antica mitezza se non quando saranno celebrate le sue nozze con la Gerusalemme celeste che simboleggia la Chiesa (19,7.9; 21,9). Allora l’agnello si farà pastore per condurre i fedeli verso le sorgenti d’acqua viva della beatitudine celeste (7,17; cfr. 14,4).
M. Eckhart (Ex p. ev. Jo., XXI): … mi ami più di costoro?: la domanda può avere un duplice senso. Col primo, Cristo intende sottolineare che il discepolo cui è affidata la cura degli altri, non solo deve amare Dio come i sottoposti, ma più di essi ... Il secondo senso è: “Mi ami più di quanto ami costoro?”, secondo il passo di Mt. 10,37: Chi ama il padre e la madre più di Me, non è degno di Me. Certamente vi sono molti che in modo erroneo temono ben più di offendere il padre che Dio, e per amore dei loro cari non temono di offendere Dio col peccato. Contro questi è quel che qui è scritto, nel secondo senso della frase suddetta: “Mi ami più di costoro?”, ovvero più di quanto tu ami costoro. Perciò Mt. 19,29 dice: Chi avrà rinunciato a casa, o fratelli o sorelle, o padre o madre, o moglie o figli, o campi, per amor Mio, riceverà il centuplo e possiederà la Vita eterna.
Il Santo del Giorno 4 Maggio 2025 - Sant’Antonina di Nicea Martire: Nel Martirologio Romano questa santa è menzionata tre volte: il 1 marzo, il 4 maggio e il 12 giugno, e ogni volta in maniera diversa, come se si trattasse di tre persone distinte. Si tratta invece della stessa persona, il cui “dies natalis” è il 4 maggio, come appare nel Martirologio Siriaco del IV secolo. Gli elogi del Martirologio Romano rispecchiano un’antica “passio” perduta. Secondo queste fonti Antonina, cristiana di Nicea in Bitinia, durante la persecuzione di Diocleziano arrestata per ordine del prefetto Priscilliano, fu battuta con le verghe, sospesa al cavalletto, dilaniata ai fianchi e infine arsa viva. Qualche codice del Geronimiano aggiunge che Antonina fu uccisa di spada. Alcuni documenti dicono che fu rinchiusa in un sacco e gettata in una palude; sembra, però, che queste circostanze non appaiano nei documenti più antichi. Secondo il Martirologio Siriaco e molti codici del Martirologio Geronimiano il martirio sarebbe avvenuto a Nicomedia, mentre altri codici lo pongono a Nicea in Bitinia. Questo dato sembra essere abbastanza certo. (Avvenire)
Guarda con bontà, o Signore, il tuo popolo
che ti sei degnato di rinnovare con questi sacramenti di vita eterna,
e donagli di giungere alla risurrezione incorruttibile del corpo,
destinato alla gloria.
Per Cristo nostro Signore