17 Maggio 2025
Sabato IV Settimana di Pasqua
At 13,44-52; Salmo Responsoriale dal Salmo 97 (98); Gv 14,7-14
Colletta
O Dio, che nella solennità della Pasqua
agisci per la salvezza del mondo,
continua a elargire alla Chiesa la tua benevolenza,
perché, fedele ai tuoi comandamenti nella vita presente,
possa giungere alla pienezza della gioia eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Credere in Gesù Cristo, Figlio di Dio: Catechismo della Chiesa Cattolica 151: Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in colui che egli ha mandato, il suo Figlio prediletto nel quale si è compiaciuto; Dio ci ha detto di ascoltarlo. Il Signore stesso dice ai suoi discepoli: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1). Possiamo credere in Gesù Cristo perché egli stesso è Dio, il Verbo fatto carne: «Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18). Poiché egli «ha visto il Padre» (Gv 6,46), è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare.
Chi ha visto me, ha visto il Padre: Catechismo della Chiesa Cattolica 516: Tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre: le sue parole e le sue azioni, i suoi silenzi e le sue sofferenze, il suo modo di essere e di parlare. Gesù può dire: «Chi vede me, vede il Padre» (Gv 14,9), e il Padre: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo» (Lc 9,35). Poiché il nostro Signore si è fatto uomo per compiere la volontà del Padre, i più piccoli tratti dei suoi Misteri ci manifestano «l’amore di Dio per noi» (1Gv 4,9).
I Lettura - Bibbia per la Formazione Cristiana: La reazione degli ascoltatori: il passo del profeta Abacuc, citato da Paolo al termine del suo discorso, sembra preannunciare ciò che accadrà in seguito. L’assemblea chiede un po’ di tempo per riflettere ed esprime il desiderio di ascoltare di nuovo Paolo il sabato successivo. Il messaggio della salvezza è destinato innanzitutto ai discendenti di Abramo, ma è anche luce per i pagani e salvezza per tutta la terra. Dio è fedele e realizza la sua parola. Anche gli apostoli si mantengono fedeli alla volontà di Dio.
Se la grande maggioranza dei giudei si rifiuta di credere e non si ritiene degna della vita eterna, essi annunceranno il vangelo ai pagani.
Luca sottolinea la gioia di questi ultimi, che glorificano la parola di Di e la diffondono in tutta la regione. Per il lettore, questa notizia è un invito alla gioia e uno stimolo a glorificare a sua volta i piani di Dio, che fa sì che tutto concorra al bene di coloro che lo amano.
«Le donne pie di alto rango e i notabili della città», sobillati dai giudei, scatenano una persecuzione contro i due missionari. Il risultato è un’ulteriore diffusione dell’annuncio evangelico. La storia si ripete con frequenza: annuncio del vangelo; rifiuto e persecuzione da parte dei potenti; accettazione e gioia degli umili; nuova diffusione della parola di Dio sotto l’impulso dello Spirito.
Vangelo
Chi ha visto me, ha visto il Padre.
La rivelazione di Gesù si incunea in una atmosfera gravida di tristezza. Gli apostoli sono in uno stato di profondo turbamento per le tre predizioni che Gesù ha fatto poco prima relativamente al tradimento di Giuda, alla sua dipartita da questo mondo e al rinnegamento di Pietro (Gv 13,21.33.38). Gesù li esorta a superare tale momento difficile invitandoli a credere in lui in modo rinnovato e più profondo: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1). Questa fede trova la sua ragione nel fatto che il Figlio possiede la stessa natura divina del Padre, e per questo motivo la preghiera che viene rivolta al Padre nel nome del Figlio verrà immantinente accolta. Le parole di Gesù sono rivelazione e, allo steso tempo, profezia: chi rimane in Gesù compirà le opere che Lui compie e ne compirà di più grandi. Nella fede e nel rimanere in Gesù la missione dell’apostolo troverà le risorse per raggiungere il cuore dell’uomo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,7-14
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
Parola del Signore
Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio... Tommaso, l’apostolo incredulo (Gv 20,27), dice di non conoscere la via della verità e della vita pur avendola davanti. I sensi sono inutili, occorre mettere in campo la fede: bisogna «conoscere che Gesù è l’Unigenito del Padre per riconoscere che Dio è il Padre che ci ama [Gv 3,14]» (Bibbia di Gerusalemme).
Allo stupore segue la rivelazione. Gesù e il Padre sono una «cosa sola» (Gv 10,30): «Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me». Chi vede Gesù vede il Padre. È il vedere della fede, non della visione. Ma lo stesso testo giovanneo afferma che il Padre e il Figlio sono due persone distinte: Gesù dichiara di recarsi dal Padre per preparare un posto ai suoi discepoli, è la via che conduce gli uomini al Padre, infine i seguaci devono credere in Lui e nel Padre. Il Padre e il Figlio, pur vivendo l’uno nell’altro, sono due Persone distinte e quindi non vanno confuse. Gesù è pertanto vero Uomo e vero Dio. Un’affermazione che aveva precedentemente provocato un tentativo di lapidazione, perché considerata blasfema dai Giudei (Cf. Gv 10,30-31).
Gesù chiede ai suoi Apostoli un supplemento di fede che può essere rinforzata dalla memoria delle opere da lui compiute. È un invito a leggere la vita del Maestro alla luce della fede, una lettura però attualmente ardua perché non avevano ancora ricevuto lo Spirito Santo: il «Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). Solo quando riceveranno lo Spirito Santo comprenderanno la personalità misteriosa del Cristo: come egli ha compiuto le Scritture (Cf. Gv 5,39), quale sia il senso delle sue parole e dei suoi insegnamenti (Cf. Gv 2,19), dei suoi atti, dei suoi «segni», delle sue opere (Cf. Gv 14,16; 16,13; 1Gv 2,20s), della sua passione, morte e risurrezione (Cf. Lc 24,25-26).
Chi crede in me, anch’egli compirà le opere... Non si intenda che il discepolo sarà più grande del Maestro.
Queste opere grandi sono il molto frutto che i discepoli porteranno restando uniti a Gesù: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
Solo la fede in Gesù, e la comunione con lui, donerà al discepolo di partecipare al suo potere di rimettere i peccati e di dare la vera vita attraverso l’opera dello Spirito Santo.
Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? - Corbon e Vanhoye - 1. Sinottici. - Gesù era il solo capace di rivelare il Padre (Lc 10, 22) e di spiegare il mistero del regno di Dio (Mt 13,11). Egli insegnava con autorità (Mt 7,29). Rifiutando di soddisfare le vane curiosità (Atti 1,7), il suo insegnamento non era teorico, ma si presentava come una «buona novella» ed un appello alla conversione (Mc 1,14s). Dio si fa vicino, bisogna discernere i segni dei tempi (Lc 12,56; 19,42), ed essere disposti ad accoglierlo (Mt 25,10 ss). Alle parole Gesù univa i miracoli, segni della sua missione (ad es. Mt 9,6). Ma tutto questo non era che una preparazione. Non soltanto i suoi nemici (Mc 3,5), ma i suoi stessi discepoli avevano lo spirito ottuso (Mc 6,52; Mt 16,23; Lc 18,34). Soltanto quando sarà sparso il sangue della nuova alleanza (Lc 22,20 par.) potrà farsi la piena luce: « allora egli aprì la loro intelligenza » (Lc 24,45), allora effuse lo Spirito Santo (Atti 2,33). Così furono instaurati gli ultimi tempi, tempi della vera conoscenza di Dio.
2. San Giovanni. - Ancor più nettamente dei sinottici, Giovanni nota le tappe di questa rivelazione. Bisogna anzitutto lasciarsi istruire dal Padre; coloro che sono docili nei suoi confronti sono attratti verso Gesù (Gv 6,44s). Gesù li riconosce ed essi lo riconoscono (10,14), ed egli li conduce verso il Padre (14,6). Tuttavia tutto ciò che egli dice e fa rimane per essi enigmatico (16,25) finché egli non è stato innalzato sulla croce. Soltanto questa elevazione glorificante lo mette veramente in evidenza (8,28; 12,23.32); essa sola ottiene ai discepoli il dono dello Spirito (7,39; 16,7). Questi rivela loro tutta la portata delle parole e delle opere di Gesù (14,26; cfr. 2,22; 12,16) e li conduce a tutta la verità (16,13). Così i discepoli conoscono Gesù, e per mezzo di Gesù, il Padre (14,7.20). Come aveva predetto Geremia, si stabilisce un nuovo rapporto con Dio: «Il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza affinché conoscessimo il vero» (1Gv 5,20; 2,14). La vita eterna non si definisce diversamente: consiste nel «conoscere te, solo vero Dio, ed il tuo inviato Gesù Cristo» (Gv 17,3), conoscenza diretta, la quale fa sì che in un certo senso i cristiani «non hanno più bisogno di essere ammaestrati» (1Gv 2,27; cfr. Ger 31,34; Mt 23,8). Questa conoscenza implica una capacità di discernimento di cui Giovanni spiega gli aspetti fondamentali (1Gv 2,3ss; 3,19.24; 4,2.613), mettendo in guardia contro le false dottrine (2,26; 4,1; 2 Gv 7). Tuttavia, questa conoscenza di Dio, colta nella sua estensione, merita il nome di «comunione» (1Gv 1,3), perché è partecipazione ad una stessa vita (Gv 14,19s), unione perfetta nella verità dell’amore (Gv 17,26; cfr. 1Gv 2,3s; 3,16...).
E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò … - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): 13 Qualunque cosa chiederete in nome mio io la farò; oltre la promessa di compiere opere grandi, il Salvatore assicura i discepoli che la loro preghiera sarà esaudita. La dichiarazione enunzia due principi teologici: la necessità della preghiera e la certezza che essa verrà esaudita (cf. 15,16; 16,23, 24,26). La formula «in nome mio» non significa elevare la propria preghiera al Padre in qualità di discepoli di Gesù, né semplicemente in unione con lui, né facendo proprio ciò che sta a cuore a lui, ma significa fare appello al potere di Cristo, come intendevano tale formula i primi cristiani; per l’importanza del nome di Gesù nella vita della Chiesa primitiva cf. Atti, 3,6,16; 4,10; 16,18; Filippesi, 2,10; Romani, 10,13 ecc. Il potere di Cristo non si limita a quello di un intercessore o di un mediatore, ma è un potere che Gesù esplica di sua propria autorità («io la farò»). Affinché il Padre sia glorificato nel Figlio; il Padre è glorificato per mezzo dell’opera del Figlio (cf. 17, 1), poiché il Figliò attuerà quanto i discepoli gli chiederanno con la loro preghiera.
14 Se voi mi domanderete qualche cosa nel mio nome io lo farò; ora in modo esplicito si dichiara che la preghiera dei discepoli è rivolta a Cristo personalmente. Il Maestro parla dell’efficacia della preghiera in occasione dell’annunzio della sua andata al Padre; ciò significa che egli è presso il Padre per ascoltarli e per esaudirli; il testo ha una notevole importanza dottrinale, perché mette in luce la necessità apostolica della preghiera, vera anima di ogni apostolato. Indubbiamente i discepoli pregano Cristo per i bisogni della loro opera apostolica; egli li esaudisce, e così continua la sua opera in stretta collaborazione con gli apostoli di tutti i tempi.
Il Padre è maggiore di me - Vittore di Vita: «Ma poiché professiamo che nel Figlio vi sono due nature, cioè che egli è vero Dio e vero uomo, dotato di corpo e di anima, tutto quello dunque che le Scritture dicono di lui, con eminente e sublime efficacia, noi riteniamo che si debba riferire alla sua ammirevole divinità; ciò che invece è detto di lui stesso in maniera più dimessa e inferiore all’onore dovuto alla sua dignità celeste, noi lo riferiamo non a Dio Verbo, ma all’umanità di lui assunta. Si riferisce dunque alla natura divina quello che più sopra abbiamo riferito, dove dice: “Io e il Padre siamo una cosa sola” [Gv 10,30] e: “Chi vede me, vede anche il Padre” [Gv 14,9], e: “Tutto quello che fa il Padre, lo stesso ugualmente lo fa anche il Figlio” [Gv 5,9] ... Queste sono, invece, le affermazioni che sono dette di lui con riguardo alla sua natura umana: “Il Padre è maggiore di me” [Gv14,28]» (Vittore di Vita, De persecutione, II, 4, 63).
Il Santo del giorno - 17 Maggio 2025 - San Pasquale Baylon. L’Eucaristia è il segno dell’amore più grande: In quel pezzo di pane in cui Dio si fa presente nella storia c’è un messaggio universale, che unisce i “grandi” e gli ultimi della Terra: siamo tutti amati allo stesso modo. Di questo mistero, profondo quando semplice e universale, fu testimone san Pasquale Baylon il «teologo dell’Eucaristia». Il suo amore per l’Eucaristia non era il frutto di studi e lezioni, ma di una vicinanza assidua e costante. Era nato il giorno di Pentecoste, il 16 maggio 1540, a Torre Hermosa nel regno di Aragona e da piccolo fu mandato a pascolare le greggi. Si sentì però chiamato alla vita religiosa e per questo, compiuti i 18 anni di età, si presentò al convento di santa Maria di Loreto dei Francescani Riformati (Alcantarini): dopo essere stato rifiutato una prima volta, forse perché ritenuto ancora troppo giovane, venne ammesso al secondo tentativo ed emise la professione religiosa nel 1564.
Non si sentì degno di essere ordinato prete, ma si dedicò con umiltà ai compiti più difficili che gli venivano assegnati: venne ad esempio inviato nel 1576 a Parigi per consegnare importanti documenti, rischiando la vita a causa di possibili attacchi dai calvinisti: un compito che Baylon assolse con successo. Scrisse un’opera sulla presenza di Cristo nel pane e nel vino consacrati e morì il giorno di Pentecoste, il 17 maggio 1592 a Villa Real. È santo dal 1690.
O Dio, nostro Padre, che ci hai dato la gioia
di partecipare a questo sacrificio, memoriale
della morte e risurrezione del tuo Figlio,
fa’ di tutti noi un’offerta perenne per la tua gloria.
Per Cristo nostro Signore.