5 Aprile 2025
 
Sabato IV Settimana di Quaresima

Ger 11,18-20; Salmo Responsoriale Dal Salmo 7; Gv 7,40-53
 
Colletta:
La tua misericordia, o Signore, guidi i nostri cuori,
poiché senza di te non possiamo fare nulla che ti sia gradito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Gli Ebrei non sono collettivamente responsabili della morte di Gesù: Catechismo della Chiesa Cattolica 597: Tenendo conto della complessità storica del processo a Gesù espressa nei racconti evangelici, e qualunque possa essere stato il peccato personale dei protagonisti del processo (Giuda, il Sinedrio, Pilato), che Dio solo conosce, non si può attribuirne la responsabilità all’insieme degli Ebrei di Gerusalemme, malgrado le grida di una folla manipolata e i rimproveri collettivi contenuti negli appelli alla conversione dopo la pentecoste. Gesù stesso perdonando sulla croce e Pietro sul suo esempio hanno riconosciuto l’«ignoranza» degli Ebrei di Gerusalemme ed anche dei loro capi. Ancor meno si può, a partire dal grido del popolo: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli» (Mt 27,25) che è una formula di ratificazione, estendere la responsabilità agli altri Ebrei nel tempo e nello spazio: Molto bene la Chiesa ha dichiarato nel Concilio Vaticano II: «Quanto è stato commesso durante la passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo. [...] Gli Ebrei non devono essere presentati né come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura».
 
I Lettura: Il profeta Geremia conosce la sua sorte, il Signore me lo ha manifestato ed io l’ho saputo. Una sorte dolorosa, gravida di umiliazioni, di sangue, di cieca e violenta persecuzione. Un odio senza senso, assurdo come è assurda la stoltezza e la cecità degli aguzzini. Il profeta sarà rigettato, e le sue parole inascoltate, Gerusalemme sarà devastata dall’esercito babilonese, gli abitanti saranno deportati, Geremia si salverà da questa furia devastatrice. ma dovrà attraversare per intero il cammino del dolore. Agnello mansueto che viene portato al macello, Geremia diventa figura del Cristo, entrambi saranno perseguitati, entrambi resteranno fino alla fine fedeli alla volontà di Dio, che a volte conduce gli uomini attraverso sentieri misteriosi e ad essi ignoti.
 
Vangelo
Il Cristo viene forse dalla Galilea?
 
Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!: comunemente si credeva che il Messia si sarebbe manifestato improvvisamente e senza equivoci, ma prima di tale manifestazione egli sarebbe stato completamente nascosto e sconosciuto. Di Gesù, invece, erano ben note a tutti le sue origini galilaiche: egli pertanto non poteva essere il Messia. I pregiudizi rendono ciechi le guide spirituali del popolo eletto, i loro occhi non vedono e le loro menti, vasi colmi d’ira, partoriscono progetti infami: vogliono uccidere Gesù, ma non sanno che tutto, anche la morte in croce del Figlio di Dio, entra nel progetto salvifico di Dio. L’ora di Gesù non è nelle mani degli uomini, ad essi compete scrutare sapientemente, e, abbandonando pregiudizi e menzogne, accogliere con fede l’amore del Padre.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 7,40-53
 
In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
 
Parola del Signore.
 
Bruno Maggioni (Il Vangelo di Giovanni): La reazione alla predicazione di Gesù (vv. 40-52), descritta con più ampiezza del solito, offre all’evangelista l’occasione per alcuni spunti che, se da una parte riflettono la situazione storica del Cristo, dall’altra riflettono in non minore misura le esperienze della comunità. Così, ad esempio, le obiezioni sulla discendenza davidica del Messia e sulla sua patria d’origine (vv. 41-42). L’origine nazaretana di Gesù costituì una grossa difficoltà per tutto il mondo giudaico. Rispondere a tale problema fu uno dei motivi per cui Matteo e Luca scrissero i vangeli dell’infanzia. E tra le polemiche di Gesù con gli scribi ce n’è una che riguarda precisamente il Messia figlio di Davide (Mt 22,41-46). La risposta è quasi unanime in tutte le tradizioni neostamentarie. Si afferma l’origine da Davide, ma insieme si nega il progetto messianico di restaurazione politica e religiosa che l’espressione figlio di Davide sottintendeva. Soprattutto si afferma che il Cristo trova la sua origine decisiva non nella linea davidica, ma in Dio.
Giovanni fa una distinzione tra le folle e i capi (vv. 45-49). Anche le prime spesso non comprendono, e soprat­tutto non sanno decidersi, ma hanno una sostanziale disponibilità. I capi esprimono invece un rifiuto deciso, senza appello, aprioristico, e qui sta la loro condanna.
Di fronte alla simpatia della gente per Gesù (e ancor più di fronte alla stessa parola del Messia) essi non hanno argomenti da opporre, ma solo la convinzione che il giudizio è nelle loro mani, i competenti, in nessun modo nelle mani della folla ignorante. E di fronte al sano ragionamento di Nicodemo non hanno altro che disprezzo.
 
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 14 gennaio 1998): La grande ora nella storia del mondo è quella in cui il Figlio dà la vita, facendo udire la sua voce salvatrice agli uomini che sono sotto il dominio del peccato. È l’ora della redenzione. Tutta la vita terrena di Gesù è orientata verso quest’ora [...]. Quest’ora drammatica è voluta e determinata dal Padre. Prima dell’ora scelta dal disegno divino, i nemici non possono impadronirsi di Gesù. Parecchie volte si è tentato di fermare Gesù o di ucciderlo. Riportando uno di questi tentativi, il Vangelo di Giovanni pone in luce l’impotenza degli avversari: “Cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora” (7,30). Quando l’ora viene, appare anche come l’ora dei nemici. “Questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre”, dice Gesù a “coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani” (Lc 22,52-53). In quest’ora buia sembra che il potere erompente del male non possa essere fermato da nessuno. E tuttavia anche quest’ora rimane sotto il potere del Padre. Sarà Lui a permettere ai nemici di Gesù di catturarlo. La loro opera si inscrive misteriosamente nel piano stabilito da Dio per la salvezza di tutti.  Più che l’ora dei nemici, l’ora della passione è dunque l’ora di Cristo, l’ora del compimento della sua missione. Il Vangelo di Giovanni ci fa scoprire le disposizioni intime di Gesù all’inizio dell’ultima Cena: “Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). È dunque l’ora dell’amore, che vuole andare “sino alla fine”, cioè fino al dono supremo. Nel suo sacrificio, Cristo ci rivela l’amore perfetto: non avrebbe potuto amarci più profondamente!
 
Rev. D. Antoni Carol i Hostench: «Oggi notiamo come si “complica” l’ambiente attorno al Signore, pochi giorni prima della sua Passione a Gerusalemme. Per causa sua si produce una sorta di discussione e controversia. Non potrebbe essere diversamente: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione» [Lc 12,51]. E non è che il Redentore desideri la controversia e la divisione, ma è che davanti a Dio non valgono i “mezzi termini”: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde» [Lc 11,23]. È inevitabile! Davanti a Dio non c’è nessuna posizione neutrale: o c’è o non c’è, è il mio Signore o non è il mio Signore. Non è possibile servire contemporaneamente due padroni [cfr. Mt 6,24]. Giovanni Paolo II considerava che di fronte a Dio bisogna scegliere. La fede semplice che il nostro buon Dio chiede, implica una scelta. Bisogna scegliere perché Lui non; venne sulla terra discretamente; morì rimpicciolito, senza ostentare la sua condizione divina [cfr. Fil 2,6]. Lo esprime meravigliosamente san Tommaso D’Aquino nell’Adoro Te devote: «Nella croce si nascondeva solo la divinità, qui [nell’Eucaristia] si nasconde anche l’umanità». Bisogna scegliere! Dio non si impone, si offre. E rimane a noi la decisione di scegliere a suo favore o di non farlo. È una questione personale che ognuno di noi - con l’aiuto dello Spirito Santo - deve risolvere. A niente servono i miracoli, se le disposizioni dell’uomo non sono quelle dell’umiltà e della semplicità. Di fronte agli stessi fatti, vediamo i giudei divisi. Ed è che nelle questioni dell’amore non si può dare una risposta tiepida, a metà: la vocazione cristiana comporta una risposta radicale, così radicale come fu la testimonianza di abbandono e di obbedienza di Cristo sulla Croce».
 
E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello… Le pecore in genere fornivano materia per vestirsi e per nutrirsi. Era molto importante il possesso di greggi; essi erano anche un importante bottino di guerra (Nm 31,32). In Israele veniva attribuito grande valore religioso al sacrificio degli agnelli, sopra tutto dopo la liberazione dalla cattività egiziana; perciò l’agnello era uno degli animali più importanti per il sacrificio, e in modo particolare nella celebrazione della Pasqua. Gesù è stato proclamato da Giovanni Battista agnello di Dio (Gv 1,29.36). Il Battista parlava in aramaico del servo di Iahvè e in aramaico si ha lo stesso vocabolo per indicare servo ed agnello. Forse si tratta di una confusione involontaria o di una volontaria identificazione. Gesù “agnello” è una immagine assai cara all’iconografia cristiana. Gesù è l’agnello mandato da Dio che è offerto per il mondo e così toglie il peccato. L’agnello, inoltre, indica l’innocenza, perciò è un’immagine che richiama l’innocenza del Cristo, l’assenza in lui del peccato: “Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4,14-16).  
 
Bruno di Segni (In Jo. ev. exp., I,7): Le guardie risposero quasi a dire: Magari anche voi foste stati presenti! Magari anche voi aveste udito le sue parole! Probabilmente non fareste più nulla contro di lui. Mai, infatti, un uomo ha parlato come parla quest’uomo, che sembra essere più di un uomo. Egli infatti è Dio e uomo. E se anche fossimo stati plagiati, sarebbe stato un bene, cioè lo saremmo stati per essere condotti dal male al bene.
 
Il Santo del giorno - 5 Aprile 2025 - Santa Caterina Thomas, Vergine: Caterina (Catalina) Thomas nasce il 1 maggio 1531 a Valldemoza sull’isola di Maiorca (Baleari). Cresciuta in una fede semplice ma provata in molte piccole cose, rimane orfana a sette anni. Trasferitasi dagli zii deve badare al bestiame, riducendo così la preghiera in chiesa. Per i giorni feriali costruisce dei piccoli altari ai piedi degli ulivi. La svolta nella sua vita avviene con l’incontro di padre Antonio Castaneda (1507-1583), del vicino collegio di Miramar. Grazie a lui Caterina prende la decisione di entrare in monastero. Superate tutte le difficoltà nel 1553 è accolta come corista nel monastero delle Canonichesse Regolari di Sant’Agostino di Palma. Professa i voti religiosi il 24 agosto 1555. Le sue virtù, intanto, vengono conosciute anche fuori dal monastero tanto che il vescovo di Maiorca sovente le chiede consiglio. Trascorre la sua vita sempre più spesso in periodi di estasi mistiche fino all’ultima che termina il 4 aprile 1574. Morirà il giorno dopo. (Avvenire)   
 
Ci purifichino, o Signore, i tuoi sacramenti
e nella loro forza salvifica ci rendano a te graditi.
Per Cristo nostro Signore.
 
Orazione sul popolo ad libitum
 
Proteggi, o Signore, il tuo popolo
che si prepara alle feste pasquali
e accompagnalo con l’abbondanza della tua grazia,
perché attraverso le consolazioni terrene
sia guidato ai beni eterni.
Per Cristo nostro Signore.