3 Aprile 2025
GIOVEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI QUARESIMA
Es 32,7-14; Salmo Responsoriale Dal Salmo 105 (106); Gv 5,31-47
Colletta
Padre buono, supplichiamo la tua misericordia
perché, purificati dalla penitenza
e santificati dalle buone opere,
possiamo camminare fedelmente nella via dei tuoi precetti
e giungere rinnovati alle feste pasquali.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Voi scrutate le Scritture - Si raccomanda la lettura della sacra Scrittura: Dei Verbum 25: Perciò è necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato, affinché non diventi «un vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta dentro di sé», mentre deve partecipare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina, specialmente nella sacra liturgia. Parimenti il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. «L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo». Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo; poiché «quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini». Compete ai vescovi, «depositari della dottrina apostolica», ammaestrare opportunamente i fedeli loro affidati sul retto uso dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e in primo luogo dei Vangeli, grazie a traduzioni dei sacri testi; queste devono essere corredate delle note necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa si familiarizzino con sicurezza e profitto con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito. Inoltre, siano preparate edizioni della sacra Scrittura fornite di idonee annotazioni, ad uso anche dei non cristiani e adattate alla loro situazione; sia i pastori d’anime, sia i cristiani di qualsiasi stato avranno cura di diffonderle con zelo e prudenza.
I Lettura: È la cronaca del desolante peccato di apostasia da parte del popolo d’Israele, stanco di attendere il ritorno di Mosè. Forse fu il tentativo di una fazione rivale del gruppo di Mosè di rimpiazzare con la figura di un vitello l’arca della alleanza segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Il toro Apis nell’antico Egitto era la divinità della generazione e della forza fecondatrice. Forgiandosi un dio di metallo fuso il popolo veniva ad infrangere la Legge di Dio che ne vietava la fattura (cfr. Es 34,17). Nel brano Mosè è presentato come il grande intercessore, un ruolo che prefigura quello del Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini (cfr. 1Tm 2,5).
Vangelo
Vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza.
L’unità tra il Padre e il Figlio consiste nella assoluta armonia che esiste tra l’attività del Padre e quella del Figlio, il che ovviamente esige radicalmente un’identità di natura. Il mistero delle Persone divine e del loro operare viene esplicitato in relazione alla salvezza: il Figlio, vero Dio e vero Uomo, si trova nel mondo per compiere l’opera del Padre, che è quella di portare agli uomini la salvezza. Il principio di questa comunanza di attività tra il Padre e il Figlio è l’amore: il credente che si fa raggiungere da questo amore riceve il dono immediato della vita e non incorre nel giudizio.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 5,31-47
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Parola del Signore.
Voi scrutate le Scritture ...: Giovanni Paolo II (Omelia, 17 marzo 1983): Oggi le parole del Vangelo secondo Giovanni ci introducono in uno dei momenti di quella disputa, che Cristo condusse con i suoi contemporanei sulla autenticità della propria missione messianica. L’azione si svolge sullo sfondo della guarigione di uno zoppo nei pressi della piscina di Betzata. Questa guarigione, compiuta in giorno di sabato, suscitò una reazione da parte degli osservanti della Legge mosaica. Gesù difende la giustezza del suo operato, sostenendo che in ciò si manifesta la potenza di Dio stesso, la quale non può essere limitata dalla lettera della Legge. Proprio questa potenza di Dio stesso rende testimonianza a Cristo.
“Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera; ma c’è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace” (Gv 5, 31-32).
Dio Padre dà testimonianza a Cristo. Una conferma dell’autenticità della sua missione messianica sono i segni, come questo appena fatto, che possono essere compiuti soltanto con la potenza di Dio.
Questo giudizio di Dio stesso su Cristo ha trovato un’eco fedele nella testimonianza data su di lui da Giovanni Battista nei pressi del Giordano: Cristo lo ricorda ai suoi ascoltatori, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse un profeta. Tuttavia aggiunge: “Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me” (Gv 5, 36-37).
Ci troviamo nel centro stesso di quella disputa, che Gesù di Nazaret conduce con i suoi contemporanei, rappresentanti di Israele. Proprio essi, più di qualsiasi altro, potevano riconoscere in Cristo la testimonianza di Dio stesso. Infatti, erano a ciò particolarmente preparati. Cristo dice: “Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita” (Gv 5, 39-40). Non volete... La controversia, che Cristo svolge con i suoi contemporanei in Israele, riguarda la promessa che quel popolo eletto aveva ricevuto nell’antica alleanza: Cristo viene come compimento di quella Promessa. Ed ecco, non vogliono accoglierlo. Quindi, egli disputa con essi, richiamandosi all’autorità che per essi era la più grande: Mosè. Dice: “Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me, perché di me egli ha scritto” (Gv 5, 46). E perciò aggiunge: “Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza” (Gv 5, 45). Così, dunque, si svolge una sorta di lite. Essa ha in un certo senso le caratteristiche di un processo giudiziario. Cristo si richiama ai testimoni. Testimone è Mosè e tutto il Vecchio Testamento fino a Giovanni Battista. Testimone è la Scrittura e testimone è tutta l’attesa del Popolo eletto. Ma, soprattutto, testimone sono le “opere” che Cristo compie per intervento del Padre. Dinanzi a questa testimonianza, i testimoni dell’antica alleanza, e soprattutto Mosè, assumono ancora un nuovo carattere: si prestano nel ruolo di accusatori. Sembrano dire: perché non accogliete Gesù di Nazaret, dato che tutto indica che proprio egli è Colui che Dio ha mandato conformemente alla Promessa? Con questa domanda, quei testimoni sembrano però non soltanto chiedere, ma addirittura accusare!
Su che cosa, tuttavia, si svolge questa lite? Soltanto sulla soggettiva autenticità della missione di Gesù di Nazaret come Messia promesso? Indubbiamente sì. Però la controversia va più in profondità e la liturgia odierna pure ce lo dimostra. La controversia giunge più a fondo, e riguarda lo stesso contenuto messianico della missione di Cristo. Si tratta qui di quel contenuto, in cui si manifesta la Verità sostanziale della Rivelazione. Infatti, la parola essenziale della Rivelazione è Dio nella sua stessa Verità Divina. “Rivelazione” vuol dire che Dio parla agli uomini di se stesso. Che comunica se stesso, in modo ovviamente accessibile agli uomini, adattandosi alle loro possibilità e facoltà conoscitive. Ma: comunica se stesso. E vuole che l’uomo lo accolga tale quale egli è. Che pensi a lui come a Colui che egli - Dio - è veramente!
In mezzo all’incredulità: Basilio Caballero (La parola per ogni giorno): A chi cerca il proprio interesse e la propria gloria, costa accettare un Dio amico dei peccatori e dei poveri, degli emarginati e degli ignoranti.
Questa fu l’immagine del Padre riflessa in Cristo, che dimostrò con la sua solidarietà e attenzione per l’uomo che è lui la gloria di Dio. Soprattutto costa accettare un Dio crocifisso, perché la croce di Cristo abbatte il piedistallo del vitello d’oro, cioè i falsi dèi creati dall’uomo: potere e superbia, ricchezza e benessere, sesso e consumismo.
Gesù dovette sopportare l’incredulità dei suoi contemporanei. Allo stesso modo, il suo discepolo di oggi dovrà vivere in mezzo al fenomeno attuale dell’incredulità che dalle minoranze intellettuali è passata alla massa.
Questo ci obbliga a riaffermare la nostra scelta personale di fede e a rivedere l’immagine che di Dio, di Cristo e del suo vangelo offriamo al mondo noi cristiani.
Qual è la reazione dei credenti alla sfida dell’incredulità attuale? Con i tempi che corrono, in alcuni si produce un ripiegamento per paura, pessimismo o complesso di persecuzione. Così si dimentica la storia. Tutti i tempi sono stati difficili per la fede, « tempi duri », come diceva santa Teresa d’ Avila. Altri, i più, si lasciano contagiare dai principi in voga. Perciò, sebbene le statistiche siano tra noi ampiamente favorevoli alla fede cattolica, le inchieste e l’esperienza dimostrano che i criteri e la condotta di molti che si dicono credenti non sono più religiosi di quelli di chi si dichiara non credente.
La risposta che si chiede oggi al discepolo di Cristo è di prendere la situazione d’incredulità come una sfida e un’opportunità che, mettendo allo scoperto anche le nostre deficienze, favoriscano una continua conversione evangelica, personale e comunitaria, per vivere e testimoniare meglio la nostra sequela di Cristo.
Per fare questo, dobbiamo prima di tutto ricostruire la nostra identità cristiana e approfondire la nostra esperienza di fede attraverso il contatto personale con Dio. San Paolo diceva: «Ho creduto, perciò ho parlato» (2Cor 4,13). L’incontro con Cristo risorto è annuncio di vita e di salvezza per il cristiano e per le persone che sono in contrasto con lui.
Alberto Magno: In ev. Jo. ex p ., V.: Non pensate che sia Io ad accusarvi: non sono infatti venuto a giudicare, ma a salvare ... E gli accusatori nel giudizio sono molti: accusa infatti la coscienza attraverso la testimonianza del peccato; accusa il Legislatore per la trasgressione alla Legge o per l’omissione del precetto; accusa l’Angelo custode per la perdita di effetto della sua protezione; accusa il sacerdote amorevole per la perdita del risultato delle sue cure; accusa il prossimo male istruito per il cattivo esempio ricevuto; accusano tutte le creature per la perdita di obbedienza delle proprie forze.
Il Santo del giorno - 3 Aprile 2025 - San Giuseppe l’Innografo, Monaco: Nacque in Sicilia nell’816 e al tempo dell’invasione araba dell’827, con la sua famiglia si rifugiò nella Grecia Meridionale. Nell’831 si recò a Tessalonica nella Macedonia, entrando nel monastero di Latomia. Consacrato sacerdote, ebbe come maestro spirituale San Gregorio il Decapolita, che verso l’840 lo condusse a Costantinopoli. L’anno successivo Giuseppe fu inviato a Roma dal papa Gregorio IV, per chiedere il suo aiuto nella lotta contro l’eresia iconoclasta.
La nave su cui era imbarcato, cadde però nelle mani di pirati arabi che lo condussero a Creta; riscattato e liberato nell’843 tornò a Costantinopoli dove trovò il suo maestro morto. Coinvolto nella vicenda della deposizione del patriarca Ignazio, nell’858, fu esiliato a Cherson in Crimea, dove rimase probabilmente fino al reintegro di Ignazio nell’867. L’imperatore Basilio I il Macedone (812-886) gli affidò la custodia di Santa Sofia a Costantinopoli. Morì nel 886. Sono celebri i suoi inni sacri da cui è derivato il nome «Innografo». (Avvenire)
Per la forza del sacramento che abbiamo ricevuto,
purificaci, o Padre, e concedi ai tuoi figli,
oppressi dalla coscienza del peccato,
di essere liberi da ogni colpa,
perché gioiscano in eterno della tua salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
Orazione sul popolo ad libitum
O Dio, che proteggi chi spera in te,
benedici, salva e difendi il tuo popolo,
perché, libero dai peccati e sicuro dalle suggestioni del maligno,
cammini sempre nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.