29 APRILE 2025
 
SANTA CATERINA DA SIENA, VERGINE E DOTTORE DELLA CHIESA,
 
PATRONA D’ITALIA E D’EUROPA – FESTA
 
1Gv 1,5-2,2; Salmo Responsoriale Dal Sal 102 (103); Mt 11,25-30
 
Colletta
O Dio, che in santa Caterina [da Siena],
ardente del tuo Spirito di amore,
hai unito la contemplazione di Cristo crocifisso
e il servizio della Chiesa,
per sua intercessione concedi al tuo popolo
di essere partecipe del mistero di Cristo,
per esultare quando si manifesterà nella sua gloria.
Egli è Dio, e vive e regna con te.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me … - Catechismo della Chiesa Cattolica 459 Il Verbo si è fatto carne per essere nostro modello di santità: « Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me ...» (Mt 11,29). «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). E il Padre, sul monte della trasfigurazione, comanda: «Ascoltatelo» (Mc 9,7). In realtà, egli è il modello delle beatitudini e la norma della Legge nuova: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati» (Gv 15,12). Questo amore implica l’effettiva offerta di se stessi alla sua sequela.
520 Durante tutta la sua vita, Gesù si mostra come nostro modello: è «l’uomo perfetto » che ci invita a diventare suoi discepoli e a seguirlo; con il suo abbassamento, ci ha dato un esempio da imitare, con la sua preghiera, attira alla preghiera, con la sua povertà, chiama ad accettare liberamente la spogliazione e le persecuzioni.
521 Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in lui e che egli lo viva in noi. «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo». Siamo chiamati a formare una cosa sola con lui; egli ci fa comunicare come membra del suo corpo a ciò che ha vissuto nella sua carne per noi e come nostro modello: «Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli stati e i misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a compimento in noi c in tutta la sua Chiesa. [ ... ] Il Figlio di Dio desidera una certa partecipazione e come un’estensione e continuazione in noi e in tutta la sua Chiesa dei suoi misteri mediante le grazie che vuole comunicarci e gli effetti che intende operare in noi attraverso suoi misteri. E con questo mezzo egli vuole completarli in noi».
 
I Lettura: L’unione con Dio, che è luce, amore e verità, si riconosce dalla fede e dall’amore fraterno. Il peccato che assedia l’uomo non deve essere una forza destabilizzante: il cuore dell’uomo deve aprirsi alla certezza che Dio è fedele e giusto tanto da perdonargli i peccati e purificarlo da ogni iniquità. Giovanni parla qui di mancanze passeggere, sebbene la comunione con Dio comporti di per sé una vita santa e senza peccato.
 
Vangelo
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
 
Bibbia di Gerusalemme: 11,25 Poiché questo brano (vv 25:27) è senza un chiaro nesso con il contesto in cui Matteo l’ha inserito (cf. il suo posto diverso in Luca), queste cose non si riferiscono a ciò che precede; si devono intendere invece dei «misteri del regno» in generale (13,10, rivelati ai piccoli, i discepoli (cf. 10,42), ma tenuti nascosti ai «sapienti», i farisei e i loro dottori.
11,27 La professione di relazioni intime con Dio (vv 26-27) e l’invito a diventare discepoli (vv 28-30) evocano parecchi passi dei libri sapienziali (Pr 8,22-36: Sir 24,3-9.19-20; Sap 8,3-4: 9,9-18: ecc.). Gesù si attribuisce anche il ruolo della sapienza (cf. 11,19+), ma in una maniera eminente, non più come una personificazione, ma come una persona; il «Figlio» per eccellenza del «Padre» (cf. 4.3+), Questo passo, di tono giovanneo (cf. Gv 1,18; 3,11.35; 6,46; 10,15; ecc.), esprime nel fondo più primitive della tradizione sinottica, come in Giovanni, la coscienza chiara che Gesù aveva della sua filiazione divina. La struttura di questo passo potrebbe essere stata influenzata da Sir 51 sul tema delle relazioni privilegiate con Dio (cf. anche Es 33,12-23).
11,28 stanchi e oppresse allusione alla Legge, il cui «fardello» è talvolta appesantito da alcune osservanze aggiunte successivamente (soprattutto dai farisei). Il «giogo della Legge»  è una metafora frequente presso i rabbini (cf. già Sof 3,9 LXX; Lam 3,27; Ger 2,20; 5,5; Is 14,251; Sir 6,24-30; 51,26-27) l’utilizza già in un contesto di sapienze. con l’idea di lavoro facile e riposante.
11,29 mite e umile di cuore: epiteti classici dei «poveri» dell’AT (cf. Sof 2,3+; On 3,87). Gesù rivendica per sé il loro atteggiamento religioso e se ne avvale per farsi loro maestro di sapienza, come era annunciato del «servo» (Is 61,1-2: Lc 4,18: cf. ancora Mt 12,18-21; 21,5), Per essi infatti egli ha pronunciato le beatitudini (5,3+) e molte altre istruzioni della buona novella.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
 
Parola del Signore.
 
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra... - L’espressione Signore del cielo e della terra, evoca l’azione creatrice di Dio (Cf. Gen 1,1). Il motivo della lode sta nel fatto che il Padre ha «nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli». Le cose nascoste «non si riferiscono a ciò che precede; si devono intendere invece dei “misteri del regno” in generale [Mt 13,11], rivelati ai “piccoli”, i discepoli [Cf. Mt 10,42], ma tenuti nascosti ai “sapienti”, i farisei e i loro dottori» (Bibbia di Gerusalemme).
Molti anni dopo Paolo ricorderà queste parole di Gesù ai cristiani di Corinto: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1Cor 1,26-29).
... nessuno conosce il Figlio... La rivelazione della mutua conoscenza tra il Padre e il Figlio pone decisamente il brano evangelico in relazione «con alcuni passi della letteratura sapienziale riguardanti la sophia. Solo il Padre conosce il Figlio, come solo Dio la sapienza [Gb 28,12-27; Bar 3,32]. Solo il Figlio conosce il Padre, così come solo la sapienza conosce Dio [Sap 8,4; 9,1-18]. Gesù fa conoscere la rivelazione nascosta, come la sapienza rivela i segreti divini [Sap 9,1-18; 10,10] e invita a prendere il suo giogo su di sé, proprio come la sapienza [Prov 1,20-23; 8,1-36]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli).
... nessuno conosce il Padre se non il Figlio... Gesù è l’unico rivelatore dei misteri divini, in quanto il Padre ne ha comunicato a lui, il Figlio, la conoscenza intera. Da questa affermazione si evince che Gesù è uguale al Padre nella natura e nella scienza, è Dio come il Padre, di cui è il Figlio Unico.
Venite a me... Gesù nell’offrire ai suoi discepoli il suo giogo dolce fa emergere la «nuova giustizia» evangelica in netta contrapposizione con la giustizia farisaica fatta di leggi e precetti meramente umani (Mt 15,9); una giustizia ipocrita, ma strisciante da sempre in tutte le religioni. Il ristoro che Gesù dona a coloro che sono stanchi e oppressi, in ogni caso, non esime chi si mette seriamente al suo seguito di accogliere, senza tentennamenti, le condizioni che la sequela esige: rinnegare se stessi e portare la croce dietro di lui, ogni giorno, senza infingimenti o accomodamenti: «Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”» (Lc 9,23). È la croce che diventa, per il Cristo come per il suo discepolo, motivo discriminante della vera sapienza, quella sapienza che agli occhi del mondo è considerata sempre stoltezza o scandalo (1Cor 1,17-31). Un carico, la croce di Cristo, che non soverchia le forze umane, non annienta l’uomo nelle sue aspettative, non lo umilia nella sua dignità di creatura, anzi lo esalta, lo promuove, lo avvia, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito Santo» (2Cor 3,18) ad un traguardo di felicità e di beatitudine eterna. La croce va quindi piantata al centro del cuore e della vita del credente.
Invece, molti, anche cristiani, tendono a porre al centro di tutta la loro vita, spesso disordinata, le loro scelte, non sempre in sintonia con la morale; o avvinti dai loro gusti e programmi, tentano di far ruotare attorno a questo centro anche l’intero messaggio evangelico, accettandolo in parte o corrompendolo o assoggettandolo ai propri capricci; da qui la necessità capricciosa di imporre alla Bibbia, distinguo, precetti o nuove leggi, frutto della tradizione umana; paletti issati come muri di protezione per contenere la devastante e benefica azione esplosiva della Parola di Dio (Cf. Mc 7,8-9).
Gesù è mite e umile di cuore: è la via maestra per tutti i discepoli, è la via dell’annichilimento (Cf. Fil 2,5ss), dell’incarnarsi nel tempo, nella storia, nel quotidiano dei fratelli, non come maestri arroganti o petulanti, ma come servi (Cf. 1Cor 9,22).
 
Il dono delle lacrime: Un tratto della spiritualità di Caterina è legato al dono delle lacrime. Esse «esprimono una sensibilità squisita e profonda, capacità di commozione e di tenerezza. Non pochi Santi hanno avuto il dono delle lacrime, rinnovando l’emozione di Gesù stesso, che non ha trattenuto e nascosto il suo pianto dinanzi al sepolcro dell’amico Lazzaro e al dolore di Maria e di Marta, e alla vista di Gerusalemme, nei suoi ultimi giorni terreni. Secondo Caterina, le lacrime dei Santi si mescolano al Sangue di Cristo, di cui ella ha parlato con toni vibranti e con immagini simboliche molto efficaci: “Abbiate memoria di Cristo crocifisso, Dio e uomo (…). Ponetevi per obietto Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso” (Epistolario, Lettera n. 21: Ad uno il cui nome si tace). Qui possiamo comprendere perché Caterina, pur consapevole delle manchevolezze umane dei sacerdoti, abbia sempre avuto una grandissima riverenza per essi: essi dispensano, attraverso i Sacramenti e la Parola, la forza salvifica del Sangue di Cristo. La Santa senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa, che chiamava “dolce Cristo in terra”, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa sempre e solo dal suo amore profondo e costante per la Chiesa. Prima di morire disse: “Partendomi dal corpo io, in verità, ho consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa Santa, la quale cosa mi è singolarissima grazia” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 363). Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa» (Benedetto XVI Udienza Generale, 24 Novembre 2010).
 
Cirillo di Alessandria (Frammento 148):  Chi vede il Figlio, che ha in sé l’immagine del Padre, vede proprio il Padre. Infatti il Figlio rivela il Padre in quanto si mostra a lui con la sua prima rappresentazione e insieme fa vedere nella propria forma il modello archetipo. Tali concetti devono essere intesi in modo degno di Dio.
Quanto poi a dire: Ogni cosa mi è stata data, affinché non sembri di essere di altro genere e inferiore rispetto al Padre, ha aggiunto tale affermazione, per mostrare che la sua natura è nascosta e incomprensibile come quella del Padre.
Solo la natura divina della Trinità conosce se stessa. Solo il Padre conosce il Figlio, frutto della sua stessa natura. Solo colui che è stato divinamente generato conosce colui dal quale è stato generato, solo lo Spirito Santo conosce «la profondità di Dio», cioè il pensiero del Padre e del Figlio.
 
Il Santo del giorno - 29 Aprile 2025 - Santa Caterina da Siena. Portare il «fuoco» in tutta Italia, profezia e missione affidata alla Chiesa - Mettere «fuoco in tutta Italia»: non è una minaccia ma l’auspicio che la patrona del nostro Paese, Caterina da Siena, oggi consegna in modo particolare alla comunità dei credenti. Chi, se non i cristiani, testimoni del Vangelo del Risorto, infatti, sa riconoscere le «cose grandi»? «Non accontentatevi delle piccole cose. Dio le vuole grandi», ci ammonisce ancora oggi santa Caterina. Era nata nel 1347 e non aveva frequentato scuole, anche se fin da piccola aveva coltivato un’intensa vita spirituale. Rifiutò il matrimonio cui voleva destinarla la famiglia e chiese solo di poter avere una stanzetta, la sua “cella” dove viveva da terziaria domenicana (o Mantellata, per l’abito bianco e il mantello nero). Lì si ritrovavano artisti, intellettuali, religiosi (che poi si chiamarono «Caterinati») trasformando quel luogo in un “cenacolo”. Lì arrivavano persone in cerca di ascolto, consolazione e incoraggiamento. Con i suoi messaggi (che venivano dettati, anche se lei aveva imparato a leggere e a scrivere) raggiungeva tutti: i potenti, così come i semplici, il popolo, gli ultimi, come i carcerati. Fu anche ambasciatrice presso il Papa ad Avignone per conto dei fiorentini e poi fu chiamata a Roma, dove morì nel 1380. Fu canonizzata da papa Pio II nel 1461 e nel 1939, per iniziativa di Pio XII, fu proclamata patrona principale d’Italia. Paolo VI nel 1970 la annoverò tra i dottori della Chiesa e nel 1999 Giovanni Paolo II la dichiarò compatrona d’Europa, indicandone così l’esempio a tutto il Continente. (Matteo Liut)
 
O Signore,
questo cibo spirituale,
che fu nutrimento e sostegno di santa Caterina nella vita terrena,
comunichi a noi la tua vita immortale.
Per Cristo nostro Signore.