31 Marzo 2025
 
Lunedì IV Settimana di Quaresima
 
Is 65,17-21; Sal 29 (30); Gv 4,43-54
 
Colletta
O Dio, che rinnovi il mondo
con i tuoi ineffabili sacramenti,
fa’ che la Chiesa si edifichi
con questi segni delle realtà del cielo
e non resti priva del tuo aiuto per la vita terrena.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo della Chiesa Cattolica 1814-1815: La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo in Dio e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato, e che la Santa Chiesa ci propone da credere, perché egli è la stessa verità. Con la fede «l’uomo si abbandona tutto a Dio liberamente». Per questo il credente cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio. «Il giusto vivrà mediante la fede» (Rm 1,17). La fede viva «opera per mezzo della carità» (Gal 5,6). Il dono della fede rimane in colui che non ha peccato contro di essa. Ma «la fede senza le opere è morta» (Gc 2,26). Se non si accompagna alla speranza e all’amore, la fede non unisce pienamente il fedele a Cristo e non ne fa un membro vivo del suo Corpo.
Le caratteristiche della fede: Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio 28: La fede, dono gratuito di Dio e accessibile a quanti la chiedono umilmente, è la virtù soprannaturale necessaria per essere salvati, L’atto di fede è un atto umano, cioè un atto dell’intelligenza dell’uomo che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio, dà liberamente il proprio consenso alla verità divina. La fede, inoltre, è certa, perché fondata sulla Parola di Dio; è operosa «per mezzo della carità» (Gal 5,6); è in continua crescita, grazie all’ascolto della Parola di Dio e alla preghiera, Essa fin d’ora ci fa pregustare la gioia celeste.
Io credo: Catechismo della Chiesa Cattolica 26: Quando professiamo la nostra fede, cominciamo dicendo: «Io credo» oppure: «Noi crediamo». Perciò, prima di esporre la fede della Chiesa, così come è confessata nel Credo, celebrata nella liturgia, vissuta nella pratica dei comandamenti e nella preghiera, ci domandiamo che cosa significa «credere». La fede è la risposta dell’uomo a Dio che gli si rivela e gli si dona, apportando nello stesso tempo una luce sovrabbondante all’uomo in cerca del senso ultimo della vita.
 
I Lettura: Un annuncio di pace che riempie i cuori di gioia e di ineffabile letizia. Il cuore del messaggio  è l’espressione: “Ecco, infatti io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente”. Al versetto 18 ritroviamo il verbo creare, è usato non solo per “cielo e terra” come al versetto 17, ma anche per Gerusalemme. Gerusalemme sarà creata come città santa, fonte perenne di pace e di giustizia per tutti i popoli. Il profeta Isaia intravvede un rinnovamento totale. È un mondo nuovo, nuovi cieli e nuova terra, quello che viene annunziato e descritto attraverso tutta la letteratura apocalittica (cf. Ap 21,1, 2Pt 3,13).
 
Vangelo
Va’, tuo figlio vive.
 
Il racconto evangelico, presente anche in Matteo (8,5-13) e in Luca (7,1-10), ma con sfumature diverse, esalta la potenza taumaturgica di Gesù: Egli è veramente il Signore della vita. Bisogna però superare la dimensione prodigiosa dei segni per giungere a una fede piena nel Signore: non più una fede legata ai miracoli, ma una fede viva nella parola di Gesù.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv4,43-54

In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato».
Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
 
Parola del Signore.
 
Marida Nicolaci (Vangelo secondo Giovanni): Il racconto del miracolo è racchiuso tra i due riferimenti al segno di Cana (vv. 46.54) che ne evidenziano il significato nel progredire del ministero di Gesù: «di nuovo» egli si trova ed agisce a Cana (v 46); «di nuovo» egli «fa un segno» (v 54); di nuovo la sua presenza provoca una richiesta di aiuto, persistente nonostante il suo tentativo iniziale di sottrarsi e, infine, esaudita (vv 47-49); di nuovo, dunque, la presa di distanza ammonitrice di Gesù (v, 48) risulta sopraffatta dalla sua percezione del bisogno e della fiducia di chi chiede; Gesù si trova a «fare» un segno prima non previsto e il suo agire suscita una risposta di fede (vv. 50.53). Come nel caso del miracolo di Cana, nello sviluppo del racconto risultano centrali la «parola» di Gesù e la configurazione temporale del prodigio: è alla «parola» efficace di Gesù che il funzionario regio «crede» e obbedisce senza indugio prima ancora di constatarne l’efficacia (v. 50); è la consapevolezza raggiunta riguardo all’«ora» della guarigione, proprio l’ora in cui Gesù ha pronunciato la parola della vita (vv. 52-53), che fa esplodere, come immediata, puntuale e consapevole reazione, la fede assoluta dell’uomo e di tutto il suo nucleo domestico.
Ciò che viene messo a tema alla fine della seconda sezione del vangelo, dunque, non è l’inadeguatezza di una fede basata sui «segni e prodigi» potenti del Dio liberatore (cf l’espressione in Es 7,3; 11,Qs; Dt 6,22; 11,3; 29,2; Sal 78,43; l35,9; Is 20,3; Ger 32,20s), quella dalla quale Gesù (e l’evangelista) prenderebbe polemicamente le distanze (v. 48), né la superiorità di una fede basata sulla parola rispetto a una fede basata sui segni, bensì il progressivo dispiegarsi della rivelazione di Gesù e, in lui, dell’amore e della volontà di vita di Dio verso il mondo nel segno di una «parola» di vita efficace sul corpo.
Ciò che emerge dal racconto del secondo segno compiuto a Cana di Galilea è la correlazione strutturale della fede a una parola incarnata e, dunque, la correlazione strutturale tra il segno e il significato, l’esperienza fisica e l’annunzio, il corpo e la parola. In questa correlazione non c’ è più e meno, ma la complessità della rivelazione di Dio al mondo nella persona del Verbo divenuto carne, uomo in relazione agli altri, riferimento ultimo dell’atto del credere.
Basterà, però, che Gesù compia uno, due o più miracoli perché il senso della sua missione sia riconosciuto e compreso fino in fondo e la sua rivelazione accolta e creduta?
 
La fede nel pensiero e nella vita di Gesù - Jean Duflacy (Fede in Dizionario di Teologia Biblica): 1. Le preparazioni. - La fede dei poveri (cfr. Lc 1,46-55) accoglie il prime annunzio della salvezza. Imperfetta in Zaccaria (1,18 ss; cfr. Gen 15,8), esemplare in Maria (Lc 1,35 ss. 45; cfr, Gen 18,14), condivisa a poco a poco da altri, l’umiltà delle apparenze non le vela l’iniziativa divina. Coloro che credono in Giovanni Battista sono pure dei poveri, coscienti del loro peccato, e non dei farisei orgogliosi (Mt 21,23-32). Questa fede li raduna a loro insaputa attorno a Gesù, venute tra essi (3,11-17 par.), e li orienta verso la fede in lui (Atti 19,4; cfr. Gv 1,7).
2. La fede in Gesù e nella sua parola. - Tutti potevano «sentire e vedere» (Mt 13,13 par.) la parola ed i miracoli di Gesù che proclamavano la venuta del regno (11,3-6 par.; 13,16-17 par.). Ma «ascoltare la parola» (11,15 par.; 13,19-23 par.) e «metterla in pratica» (7,24-27 par.; cfr. Deut 5,27), vedere veramente, in una parola: «credere» (Mc 1, 15; Le 8,12; cfr, Deut 9,23), fu la caratteristica dei discepoli (Lc 8,20 par.). D’altra parte, parola e miracoli ponevano la domanda: «Chi è costui?» (Mc 4,41; 6,1-6.14 ss par.). Questa questione fu una prova per Giovanni Battista (Mt 11,2s) ed uno scandalo per i farisei (12,22-28 par.; 21,23 par.). La fede richiesta per i miracoli (Le 7,50; 8,48) non vi rispondeva che parzialmente riconoscendo la onnipotenza di Gesù (Mt 8,2; Mc 9,22 s). Pietro diede la vera risposta: «Tu sei il Cristo» (Mt 16,13-16 par.). Questa fede in Gesù unisce ormai i discepoli con lui e tra di loro, facendoli partecipi del segreto della sua persona (16, 18-20 par. ).
Attorno a Gesù, che è un povero (Mt 11,29) e si è rivolto ai poveri (5,2-10 par.; 11,5 par.), si è così costituita una comunità di poveri, di «piccoli» (10,42), il cui legame, più prezioso di ogni cosa, è la fede in lui e nella sua parola (18,6-10 par.). Questa fede viene da Dio (11,25 par.; 16,17) e sarà condivisa un giorno dalle nazioni (8,5-13 par.; 12,38-42 par.). Le profezie si compiono.
3. La perfezione della fede. - Quando Gesù, il servo, prende la via di Gerusalemme per obbedire fino alla morte (Fil 2, 7 s), «fa il viso duro» (L 9,51; cfr. Is 50,7). In presenza della morte egli «porta alla perfezione la fede» (Ebr 12,2) dei poveri (Lc 23,46 = Sal 31,6; Mt 27,46 par. = Sal 22), mostrando una fiducia assoluta in «colui che poteva», con la risurrezione, «salvarlo dalla morte» (Ebr 5,7).
Malgrado la loro conoscenza dei misteri del regno (Mt 13,11 par.), i discepoli ebbero difficoltà a mettersi sulla via in cui, nella fede, dovevano seguire il figlio dell’uomo (16,21-23 par.). La fiducia che esclude ogni preoccupazione ed ogni timore (Lc 12,22-32 par.) non era loro abituale (Mc 4, 35-41; Mt 16,5-12 par.). Quindi, la prova della passione (Mt 26,41) sarà per essi uno scandalo (26,33). Ciò che allora essi vedono richiede molta fede (cfr. Mc 15,31 s). La fede dello stesso Pietro, senza sparire - perché Gesù aveva pregato per essa (Lc 22,32) - non ebbe il coraggio di affermarsi (22,54-62 par.). La fede dei discepoli doveva ancora fare un passo decisivo per diventare la fede della Chiesa.
 
La fede è capace di indurre uno a preferire la perdita della vita che si vede, per una vita che non si vede - Agostino, Sermo Guelferb. 28, 2: Quant’è grande, quant’è meravigliosa la fede! È cosa grande la fede, ma dov’è? Vediamo a vicenda le nostre facce, la nostra figura, i nostri vestiti, distinguiamo anche con l’orecchio le nostre voci e parole; ma dov’è questa fede di cui sto parlando? Ecco, nessuno la vede, eppure questa fede, che nessuno vede qui nella casa di Dio, ha fatto venire tutta questa folla. È grande, dunque, la fede, come dice anche il Signore nel Vangelo: “Ti sia fatto secondo la tua fede”. E poi lo stesso Signore nostro Dio, lodando la fede di certuni dice: “Non ho trovato tanta fede in Israele”. Non fa meraviglia, quindi, se per la fede, che non si vede, venga disprezzata la vita, che si vede, perché si possa conquistare una vita che non si vede.
 
Il Santo del giorno - 31 Marzo 2025 - Santa Balbina di Roma Martire: Di lei non si hanno molte notizie certe. Secondo la tradizione era figlia del tribuno romano e martire Quirino con cui venne uccisa intorno al 130 per poi essere seppellita sulla via Appia. Tuttavia il cimitero che vi si trova nonché la chiesa sul piccolo Aventino non avrebbe alcun legame con lei. Balbina era stata battezzata da Papa Alessandro I insieme al padre convertitosi al cristianesimo. Ammalatasi gravemente fu portata dal Pontefice che allora era imprigionato e ne venne guarita. Di estrazione nobile venne chiesta più volte in sposa ma rimase sempre fedele al suo voto di verginità.
Arrestata insieme col padre per ordine dell’imperatore Adriano venne decapitata dopo lunghe torture.
L’iconografia la raffigura con croce e scettro di gigli; talvolta anche con un angelo che indica il cielo. Altre immagini la rappresentano mentre tiene in mano una catena. Sarebbe infatti guarita dal mal di gola sfiorando le catene che tenevano imprigionato Papa Alessandro I. (Avvenire)
 
I tuoi santi doni, o Signore,
trasformino la nostra vita
e ci guidino ai beni eterni.
Per Cristo nostro Signore.
 
Orazione sul popolo ad libitum

Rinnova, o Signore, il tuo popolo nell’anima e nel corpo;
tu che non vuoi privarlo delle gioie della terra,
fa’ che si rafforzi nei desideri del cielo.
Per Cristo nostro Signore.