25 Marzo 2025
 
Annunciazione del Signore - Solennità

Is 7,10-14.8-10; Salmo Responsoriale dal Salmo 39 (40); Eb 10,4-10; Lc 1,26-38
 
La Bibbia e i Padri della Chiesa (I Padri Vivi): L’inconcepibile mistero dell’Incarnazione: il Verbo Eterno riceve il corpo umano nel seno di Maria, il Redentore è vero Dio e vero uomo. Si compie il meraviglioso scambio: il Figlio di Dio assume la natura umana, affinché l’uomo possa partecipare alla natura di Dio stesso.
La Chiesa vede nell’Incarnazione del Figlio di Dio l’inizio della propria esistenza. Al centro di questo mistero sta Maria: Ella accoglie con fede le parole dell’angelo, concepirà dallo Spirito Santo e porterà nel suo grembo Colui che adempirà le promesse date ad Israele e sarà la salvezza delle nazioni. Ricordiamo il mistero dell’Incarnazione nel periodo della preparazione alla celebrazione del mistero pasquale del Redentore. Eccomi per fare la Tua volontà: le parole pronunciate da Cristo nel momento dell’Incarnazione si adempiranno sul Calvario. Il mistero dell’Incarnazione è inseparabilmente legato al mistero della Pasqua, con la morte e la risurrezione del Signore.
«Avvenga di me secondo la tua parola»: le parole di Maria di Nazareth la porteranno fino alla Croce di Gesù. Celebrare la solennità dell’Annunciazione significa credere alla parola di Dio, partecipare alla vita portataci da Cristo, sottomettersi all’azione dello Spirito in noi, dire sempre «sì» a Dio.
Ogni giorno, recitando l’«Angelus» ci poniamo di fronte all’avvenimento unico nella storia del mondo, di fronte all’Incarnazione del Figlio di Dio. Tre brevi frasi prese dal Vangelo raccontano ciò che era avvenuto a Nazareth: l’Annunciazione dell’angelo, la disponibilità di Maria piena d’obbedienza e la discesa del Verbo. La preghiera finale esprime l’unione interna tra l’Incarnazione, la Morte e Risurrezione di Cristo.
 
Colletta
 O Padre, tu hai voluto che il tuo Verbo
si facesse carne nel grembo della Vergine Maria:
concedi a noi, che professiamo la fede nel nostro redentore,
vero Dio e vero uomo,
di essere partecipi della sua natura divina.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
si facesse carne nel grembo della Vergine Maria:
concedi a noi, che professiamo la fede nel nostro redentore,
vero Dio e vero uomo,
di essere partecipi della sua natura divina.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
 
L’Annunciazione - Catechismo degli Adulti 760: L’angelo dell’annunciazione, rivolge a Maria un invito alla gioia: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). Una parafrasi vicina al senso originale di questo saluto potrebbe essere: «Esulta, tu che sei ricolmata dall’amore gratuito di Dio; il Signore è con te, come salvatore sempre fedele all’alleanza». A fondamento di tutto c’è l’amore gratuito del Padre, la sua grazia, che dona la salvezza «con ogni benedizione spirituale» (Ef 1,3) in Cristo, prima preparandola nell’eternità, poi attuandola nel tempo, infine portandola all’ultimo compimento. Tutti siamo pensati, amati, creati, redenti e glorificati come figli adottivi in comunione con il Figlio unigenito. Il primo atto della grazia del Padre, rivolta a noi in considerazione di Cristo, è l’elezione, la liberissima scelta del suo amore: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi» (Ef 1,4-5). Maria è «piena di grazia», amata e benedetta da Dio insieme a tutti i membri della famiglia umana, ma in modo assolutamente singolare, in quanto è predestinata ad essere la Madre del suo Figlio. «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42), è il saluto di Elisabetta. Dall’eternità nel disegno del Padre è associata all’evento dell’incarnazione redentrice come Madre di Dio fatto uomo.
 
I Lettura:  Un segno - Bibbia per la Formazione Cristiana: Ci troviamo di fronte a una delle profezie messianiche più importanti dell’Antico Testamento. Secondo l’interpretazione oggi più diffusa, il segno dato da Dio nonostante l’incredulità del re Acaz è la nascita del figlio di quest’ultimo, il principe Ezechia. Davide ha un successore, e questo fatto ravviva la speranza suscitata a suo tempo dalla profezia di Natan (2Sam 7,1ss).
Questo annuncio tuttavia può avere anche un significato più profondo: al di là delle circostanze presenti, il profeta intravede la nascita del Messia-re, il vero «Dio-con-noi ». Il testo ebraico dice che I’Emmanuele nascerà da una «giovane». La tradizione giudaica, ripresa dalla versione greca dei Settanta, darà al termine generico usato dall’autore il significato specifico di «vergine».
Il Vangelo di Matteo e tutta la tradizione cristiana vedranno realizzarsi questo annuncio di Isaia nella venuta di Gesù, il figlio della vergine Maria (Mt 1,23). Al contrario del re Acaz, Maria è colei che ha saputo veramente confidare in Dio e fare assegnamento su lui solo. Elisabetta la proclama beata perché «ha creduto» (Lc 1,45).
Il libro di Isaia preciserà in seguito il modo in cui questo bambino realizzerà la salvezza (9,1-6: 11,1-9).
 
II Lettura: L’autore della Lettera agli Ebrei commenta il salmo 39 (40) citato nella versione dei Settanta, e viene fatto pronunciare dal Figlio, Gesù Cristo, al momento della incarnazione. Solo il sacrificio di Cristo può espiare il peccato del mondo.
 
Vangelo
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
 
Nàzaret, una città della Galilea, posta in territorio che era ritenuto pagano e trascurato da Dio, quella Galilea dalla quale non sorge profeta (Gv 7,52). Da Nàzaret può venire qualcosa di buono? (Gv 1,46), eppure Dio sceglie di iniziare da questo oscuro villaggio il suo viaggio che lo porterà tra gli uomini, Dio sceglie il grembo di una vergine, sceglie ciò che non ha appariscenza, ciò che è umile e disprezzato dagli uomini. La legge dell’incarnazione è questa: Gesù svuotò se stesso... umiliò se stesso (Fil 2,7-8). Ora, nella pienezza del tempo (Gal 4,4), Dio elegge la sua dimora tra gli uomini (Gv 1,14), e Maria è il nuovo tempio, la nuova città santa, il popolo nuovo in mezzo al quale Dio prende dimora.
 
Dal Vangelo secondo  Luca
Lc 1,26-38
 
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
  
Parola del Signore.
 
Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù ... Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?»: Maria è pronta a fare la volontà di Dio, ma non sa come conciliare la verginità con la maternità: praticamente, come una vergine può essere madre senza conoscere uomo?
Se «Dio le ha ispirato di rimanere vergine, Dio le domanda oggi di diventare madre: Dio non si contraddice. Ma bisognava forse che, accettando un tempo di restare vergine, essa rinunciasse ad essere madre per poterlo diventare oggi. Come fu necessario che Abramo, perché potesse effettivamente diventare il padre di una posterità numerosa come le stelle del cielo e l’arena del mare, rinunciasse, accettando di immolarlo, all’unico figlio, sul quale riposavano le promesse divine... Ma tale è la legge stessa dell’ordine soprannaturale: che la vita nasca dalla morte, che solo salvi la sua vita colui che accetta di perderla, in altri termini, che l’uomo non possieda mai se non ciò che ha donato» (S. Lyonnet). Maria, comunque, decide di fidarsi di Dio; infatti, la risposta dell’angelo dissipa ogni dubbio, «nulla è impossibile a Dio».
Lo Spirito Santo ti coprirà con la sua ombra: una promessa dalla quale si evince che ora, ante tempus, in Maria si realizza una parola del Cristo: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che [...] dimora presso di voi e sarà in voi» (Gv 14,16-17).
Maria sarà adombrata dallo Spirito Santo. In Esodo 40,35 il verbo adombrare indica la nube che fa ombra sopra il Tabernacolo e simboleggia la gloria di Dio che riempie la Dimora. Su Maria scenderà lo Spirito Santo e questo non significa che lo Spirito Santo sarà il padre biologico del bambino, ma la nascita di quest’ultimo sarà il risultato di un’azione miracolosa della potenza divina. Al dire di P. Benoit, l’angelo «insinua chiaramente che lo Spirito Santo svolgerà il ruolo di principio creatore e produrrà la vita nel seno di Maria. Ciò che lo Spirito, questo soffio creatore, fa sin dalle origini del mondo, lo farà nel seno di Maria producendo una concezione verginale». Questa azione divina è allo stesso tempo una chiara attestazione della divinità del Bambino: «Colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio».
Ed ecco, Elisabetta..., Maria crede per fede, non per il segno che le viene dato. La sua fede è fondata sulla certezza che Dio è fedele alle sue promesse e che la parola di Dio, in ordine alla salvezza, è «viva ed efficace» (Eb 4,12). Con un atto di obbedienza e di fede da parte di Abramo era iniziata la storia della salvezza (Cf. Gen 12,1ss), ora è arrivata al suo pieno compimento nell’umiltà, nell’obbedienza e nella fede di una Vergine: «avvenga per me secondo la tua parola».
 
Maria - Augustin George - Il posto importante che la madre di Gesù occupa nella tradizione cristiana è già stato abbozzato nella rivelazione scritturale. Se i Dodici hanno accentrato il loro interesse sul ministero di Gesù, dal battesimo alla Pasqua (Atti 1,22; 10,37 5S; 13,24ss), lo hanno fatto perché non potevano che parlare dei fatti ai quali avevano assistito e dovevano rispondere a ciò che più premeva alla missione.
Era normale che i racconti sull’infanzia di Gesù non comparissero se non tardivamente; Marco li ignora, accontentandosi di ricordare due volte soltanto la madre di Gesù (Mc 3,31-35; 6,3). Matteo li conosce, ma li accentra su Giuseppe, il discendente di David che riceve i messaggi celesti (Mt 1,20 s; 2, 13. 20. 22) e dà il nome di Gesù al figlio della vergine (1,1-25). Con Luca, Maria entra in piena luce; è lei che, alle origini del vangelo, occupa il primo posto, in una vera personalità; è lei che, alla nascita della Chiesa, partecipa con i discepoli alla preghiera del cenacolo (Atti l, 14). Infine Giovanni inquadra la vita pubblica di Gesù tra due scene mariane (Gv 2,1-12; 19,25 ss): a Cana come sul Calvario, Gesù definisce con autorità la funzione di Maria dapprima come fedele, poi come madre dei suoi discepoli.
Questa progressiva presa di coscienza della funzione di Maria non dev’essere spiegata semplicemente con motivi psicologici: riflette una conoscenza sempre più profonda del mistero stesso di Gesù, inseparabile dalla «donna» dalla quale volle nascere (Gal 4,4).
 
Maria nel progetto salvifico di Dio: Helga Rusche: Il Nuovo Testamento non s’interessa di particolari bio­grafici (a differenza dei racconti dell’infanzia apocrifi del tempo posteriore), ma dell’inserimento di Maria nel progetto di Dio. Se ogni cosa è stata creata in vista di Cristo (Col 1,16), allora anzitutto Maria (vedi la genealogia di Gesù, Mt 1,16). In lei il logos si è fatto carne, cioè uomo (Gv 1,14) e la parola di Dio si è rivolta a lei. Ella è la vergine che partorisce l’Emmanuele (Is 7,14 LXX; Mt 1,23), l’arca dell’alleanza che viene adombrata dalla nube della presenza di Dio (Es 40,35; Le 1,35), e immagine della figlia di Sion del tempo nuovo (Lc 1-2, secondo Sofonia e Michea).
La sua fede: in maniera sovrana, Dio sceglie l’ora del suo intervento (la “pienezza dei tempi”, Gal 4,4). Così Maria deve concepire vergine, già fidanzata con Giuseppe, ma non ancora accolta in casa, senza intervento dell’uomo. Infatti “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Queste parole e il modo in cui Maria risponde ricorda Abramo (Gen 18,49 LXX). Entrambi i credenti - ciascuno nel suo tempo - percorrono una strada che essi non conoscono e passano attraverso l’offerta del loro figlio (Gen 22; la croce). A Maria viene sempre richiesto di stare attenta all’ora (Lc 2,40ss; Gv 2,lss). E lei si piega alla determinazione come “serva del Signore”. Dicendo “avvenga di me secondo la tua parola”, ella esprime la fede più profonda. Nel Magnificat ella unisce la sua voce al coro di oranti del tempo passato e professa che Dio l’ha “guardata” per prendersi cura nella sua misericordia di tutti i poveri e gli umili. 
 
Il mistero dell’incarnazione - Redemptoris Mater 11Nel disegno salvifico della santissima Trinità il mistero dell’incarnazione costituisce il compimento sovrabbondante della promessa fatta da Dio agli uomini, dopo il peccato originale, dopo quel primo peccato i cui effetti gravano su tutta la storia dell’uomo sulla terra (cfr. Gen 3,15). Ecco, viene al mondo un Figlio, la “stirpe della donna”, che sconfiggerà il male del peccato alle sue stesse radici: “Schiaccerà la testa del serpente”. Come risulta dalle parole del protoevangelo, la vittoria del Figlio della donna non avverrà senza una dura lotta, che deve attraversare tutta la storia umana. “L’inimicizia”, annunciata all’inizio, viene confermata nell’Apocalisse, il libro delle realtà ultime della chiesa e del mondo, dove torna di nuovo il segno della “donna”, questa volta “vestita di sole” (Ap 12,1).
Maria, Madre del Verbo incarnato, viene collocata al centro stesso di quella inimicizia, di quella lotta che accompagna la storia dell’umanità sulla terra e la storia stessa della salvezza. In questo posto ella, che appartiene agli “umili e poveri del Signore”, porta in sé, come nessun altro tra gli esseri umani, quella “gloria della grazia” che il Padre “ci ha dato nel suo Figlio diletto”, e questa grazia determina la straordinaria grandezza e bellezza di tutto il suo essere. Maria rimane così davanti a Dio, ed anche davanti a tutta l’umanità, come il segno immutabile ed inviolabile dell’elezione da parte di Dio, di cui parla la Lettera paolina: “In Cristo ci ha scelti prima della creazione del mondo, ... predestinandoci a essere suoi figli adottivi” (Ef 1,4-5). Questa elezione è più potente di ogni esperienza del male e del peccato, di tutta quella “inimicizia”, da cui è segnata la storia dell’uomo. In questa storia Maria rimane un segno di sicura speranza.
 
Ave, piena di grazia: “Poiché l’angelo salutò Maria con una formula nuova che non son riuscito a trovare in nessun altro passo delle Scritture sento di dover dire qualcosa a riguardo. Non ricordo dove si possa leggere altrove nelle Scritture la frase pronunciata dall’angelo: Ave, piena di grazia, che in greco si traduce Kecharitoméne. Mai tali parole, «Ave, piena di grazia», furono rivolte ad essere umano; tale saluto doveva essere riservato soltanto a Maria. Se infatti Maria avesse saputo che una formula di tal genere fosse stata indirizzata a qualcuno - ella possedeva infatti la conoscenza della legge, era santa, e conosceva bene, per le sue quotidiane meditazioni, gli oracoli dei profeti - non si sarebbe certo spaventata per quel saluto che le apparve così insolito. Sicché l’angelo le dice: Non temere, Maria, perché tu hai trovato grazia dinanzi al Signore. Ecco, concepirai nel tuo seno e partorirai un figlio, e gli darai il nome di Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo» (Origene, In Luc., 6, 7).
 
Il Santo del Giorno - 25 Marzo 2025 - Annunciazione del Signore. In quel «fiat» troviamo la pedagogia della fede: C’è bisogno di un sì, di un atto di fiducia iniziale che dia l’avvio all’opera: così funziona il rapporto tra Dio e l’uomo, così si è realizzato il progetto dell’Incarnazione. E solo così prende avvio il percorso che porta alla santità. La solennità di oggi, l’Annunciazione del Signore, contiene in sé tutta la “pedagogia della fede” e quindi ci mostra lo stile richiesto a ogni cristiano. Il Vangelo, infatti, è una proposta che richiede all’umanità un’adesione personale, un “fiat” che faccia crescere i suoi frutti in questo mondo e nelle singole vite degli esseri umani. Essere santi, quindi, significa compiere il più grande gesto di libertà, dando il proprio assenso al cammino che Dio ci offre. Un “sì” che va ripetuto ogni giorno, nella semplicità e nel “silenzio” della vita quotidiana. Proprio come fu per Gesù, che silenziosamente crebbe nel grembo di Maria.  (Matteo Liut)
 
O Padre, che ci hai accolti alla tua mensa,
conferma in noi il dono della vera fede,
perché, riconoscendo nel Figlio della Vergine
il tuo Verbo fatto uomo,
per la potenza della sua risurrezione
possiamo giungere alla gioia eterna.
Per Cristo nostro Signore.