21 Marzo 2025

 Venerdì II Settimana di Quaresima

Gen 37,3-4.12-13a.17b-28; Salmo Responsoriale Dal Salmo 104 (105); Mt 21,33-43.45-46

Colletta
Dio onnipotente e misericordioso,
donaci di essere intimamente purificati
dall’impegno penitenziale della Quaresima
per giungere alla Pasqua con spirito rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.

Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in una cisterna!: Catechismo della Chiesa Cattolica - Quinto comandamento: Non uccidere (Es 20,13): 2258 « La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente ».

L’omicidio volontario 2268 Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l’omicidio diretto e volontario. L’omicida e coloro che volontariamente cooperano all’uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo. L’infanticidio, il fratricidio, il parricidio e l’uccisione del coniuge sono crimini particolarmente gravi a motivo dei vincoli naturali che infrangono. Preoccupazioni eugenetiche o di igiene pubblica non possono giustificare nessuna uccisione, fosse anche comandata dai pubblici poteri. 
2269 Il quinto comandamento proibisce qualsiasi azione fatta con l’intenzione di provocare indirettamente la morte di una persona. La legge morale vieta tanto di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave motivo, quanto di rifiutare l’assistenza ad una persona in pericolo.
Tollerare, da parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla morte senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa ingiustizia e una colpa grave. Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanità, commettono indirettamente un omicidio, che è loro imputabile.
L’omicidio involontario non è moralmente imputabile. Ma non si è scagionati da una colpa grave qualora, senza motivi proporzionati, si è agito in modo tale da causare la morte, anche senza l’intenzione di provocarli.

Prima Lettura: La storia di Giuseppe, il signore dei sogni, è gravida di disgrazie, di inaudite sofferenze generate dalla  gelosia, dalla invidia, dalla avversione gratuita. Sentimenti malvagi seminano dolore e morte, e tuttavia i progetti umani non sono mai decisivi, perché Dio ne capovolge l’esito, cavando il bene anche dal male.

Vangelo

Costui è l’erede. Su, uccidiamolo!

La parabola dei contadini omicidi arriva senza difficoltà al cuore di chi ascolta. Il padrone della vigna è il Padre, i servi sono i profeti e il figlio prediletto, cacciato fuori dalla vigna e ucciso da coloro che avrebbero dovuto accoglierlo, è Gesù. Alla ostinazione e alla malvagità del suo popolo, il padrone della vigna risponderà facendo uccidere i vignaioli e affidando ad altri la vigna. Il regno di Dio andrà a coloro che avranno creduto, i quali consegneranno a suo tempo al padrone del campo i frutti. Per convalidare questo annuncio, Gesù evoca il testo del salmo 117 attribuendolo a se stesso. L’immagine della pietra, scartata dai costruttori e scelta da Dio come testata d’angolo, sta ad indicare che ciò che è disprezzato dagli uomini, per il Signore diviene fondamento di salvezza.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 21,33-43.45-46

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Parola del Signore.

Presero il figlio, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero - La parabola dei contadini omicidi si divide in tre parti: vv. 33-34, il padrone della vigna manda i servi a ritirare il raccolto; vv. 38-41 i contadini maltrattano i servi, alcuni li uccidono; infine uccidono pure il figlio del padrone; vv. 42-46, Gesù spiega il senso della parabola, suscitando l’ira dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo.
L’immagine della vigna era familiare agli israeliti come figura di realtà spirituali. Allo stesso tempo, al linguaggio popolare suggeriva delle sentenze (Cf. Gdc 8,2; Ger 31,29) e ispirava ai profeti e agli scrittori biblici numerosissime metafore. Nell’Antico Testamento, la vigna appare talvolta come il simbolo della fertilità (Cf. Sal 128,3; Ez 19,10) e spesso designa il popolo d’Israele (Cf. Is 3,4; 5,1-7; Ger 2,21; 12,10; Ez 15,1; 17,6-10; 19,10-14; Os 10,1). Per esempio nel linguaggio del Cantico dei Cantici o dei Profeti, Israele è la vigna di Dio, l’opera del Signore, la gioia del suo cuore. Sempre nel libro sacro, il castigo di Dio è spesso rappresentato sotto l’aspetto della distruzione di una vigna (Cf. Os 2,14; Is 7,23; 32,10; Ger 8,13), mentre il suo perdono è talora contrassegnato dalla ricostruzione di una vigna fiorente (Cf. Gl 2,22; Mal 3,11). Questo canovaccio non è comunque mantenuto nel Nuovo Testamento.
Se nel cantico della vigna (Cf. Is 5,1-7) la casa d’Israele, a motivo della sua ingratitudine e della sua infedeltà, sarà ridotta a un deserto e abbandonata al suo miserevole destino; nella parabola deicontadini omicidi la vigna non sarà distrutta, ma sarà data ad altri che la faranno fruttificare. È una sorta di rigenerazione, un messaggio di speranza. Il testimòne dell’alleanza passerà alla Chiesa: essa in Cristo, suo Capo, sarà il nuovo Israele che consegnerà a Dio i frutti a suo tempo.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi..., chiara allusione ai profeti mandati da Dio ad Israele. Il raccolto, invece sta ad indicare le opere buone rivendicate dal Signore Dio. L’invio del figlio è l’ultimo tentativo che avrà un esito drammatico. La decisione di uccidere l’erede è in sintonia con la legge ebraica, la quale, nel caso in cui un proselito ebraico moriva, permetteva ai suoi fittavoli di reclamare le sue terre. Ma qui «viene denunciato non tanto un furto di prodotti quanto piuttosto la usurpazione dei diritti di Dio e la pretesa di prendere il suo posto; sta per ripetersi il peccato dei progenitori» (Bruno Barisan).
Alla fine del racconto, i farisei non si accorgono di essere gli accusati (Cf. 2sam 12,5-7) e rispondendo alla domanda di Gesù, si autodenunciano trasgressori e meritevoli del castigo. La sentenza non tarda ad arrivare: Io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.
Questo affidamento però non suggerisce un’idea di appropriazione; infatti, la vigna viene soltanto affidata alla Chiesa ed essa dovrà dare i frutti a tempo debito. È un dono che non porta il marchio della infallibilità; quindi, rimane possibile, anche per la Chiesa, la probabilità di un ripudio.
L’affermazione può sembrare temeraria, ma «ha il vantaggio di provocare una precisazione. La Chiesa è per sua natura santa perché corpo e sposa di Cristo e animata dallo Spirito Santo. Non potrà mai essere ripudiata perché è indefettibile [Mt 16,18]. Dio non può ripudiare suo Figlio di cui la Chiesa è corpo. Però se non c’è il pericolo del ripudio collettivo, rimane sempre quello del rigetto individuale, tanto più grave quanto maggiori sono i sussidi a disposizione di ognuno» (Vincenzo Raffa).
È la minaccia del Padre di resecare ogni tralcio che in Cristo non porta frutto: «Io sono la vera vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato» (Gv 15,1-2). Allora la parabola richiama il «bisogno di riacquistare il senso che la Chiesa è anzitutto dono di Dio e che noi stessi lo siamo, che in essa egli ha stabilito con noi un rapporto di amore e di fiducia e che ci domanda il contraccambio di tale rapporto come primo frutto» (Bruno Barisan).
 
Ortensio da Spinetoli (Matteo): L’aggiunta del v. 43 (vi sarà tolto il regno e sarà dato ad altri) da parte del primo evangelista mostra l’attualizzazione che egli sta facendo del testo. La promessa si è concretizzata nella storia con l’instaurazione del regno di Dio; esso è stato annunciato e proposto innanzitutto a Israele (cfr. 3, 2; 4, 17; 10, 7) ma poiché questi l’ha rifiutato, Iddio non ha desistito dal suo proposito, solo l’ha offerto a un popolo (ethnei) che ha preso il posto dell’antico. I cristiani non debbono sentirsi forestieri e stranieri, ma il vero popolo di Dio, il vero Israele. Essi non sono entrati per caso o abusivamente nella salvezza, ma chiamati dallo stesso Dio che aveva eletto Israele e ora l’ha rigettato per le sue colpe. Sono essi che compongono attualmente “il popolo” degli eletti (cfr. Dn 7, 27) «Ia gente (ethnos) santa» (1Pt 2, 9), regale, sacerdotale, si potrebbe aggiungere. Matteo non si preoccupa di segnalare i componenti del nuovo popolo di Dio quanto la sua missione salvifica. Con questa prospettiva ecclesiologica termina la parabola, ma l’evangelista non può chiudere senza un’applicazione parenetica.
 
Ilario di Poitiers (Comm. Matth., XXII, l): Si può intendere il padrone come Dio Padre, il quale ha piantato il vigneto del popolo d’Israele in vista della raccolta di frutti eccellenti... e,grazie ai meriti di Abramo, lsacco e Giacobbe, lo ha tenuto rinchiuso nel suo territorio come nel recinto di una protezione particolare. Ha disposto anche i Profeti, come una specie di buca per pigiare l’uva, dove scorresse per così dire la fecondità dello Spirito Santo, che fermenta come il vino nuovo. Ha poi costruito in forma di torre l’eminenza della Legge, che, innalzata dal suolo, si elevasse fino al cielo e dalla quale si potesse osservare la venuta di Cristo. I contadini invece sono figura dei capi dei sacerdoti e dei farisei, ai quali è stato concesso un potere sul popolo, perché fosse ammaestrato. I servi poi, che sono stati mandati a ritirare il raccolto, designano l’invio, sotto diverse forme e ripetuto spesso, dei Profeti … Essi, in epoche diverse, sono stati bastonati, lapidati e uccisi, poiché cercavano di ritirare il raccolto di un popolo formato e istruito. Il figlio, mandato per ultimo, designa la venuta e la Passione di nostro Signore, il quale è stato cacciato fuori da Gerusalemme, come dalla vigna, per subire una sentenza di condanna. La decisione dei vignaioli e il loro desiderio di avere l’eredità, dopo aver ucciso l’erede, rappresentano la speranza inconsistente che la gloria della Legge possa essere conservata dopo aver messo a morte Gesù. Il ritorno del padrone indica la gloria, al tempo del giudizio, della maestà del Padre che risiede nel Figlio. La risposta data ai capi dei sacerdoti e dei farisei (Mt. 2 1,41-43) indica che l’eredità della Legge viene data più meritatamente agli Apostoli.
Quanto poi alla pietra scartata dai costruttori, innalzata come testata d ‘angolo, mirabile agli occhi di tutti e punto di ricongiungimento tra la Legge e i pagani, che unisce all’edificio entrambi i lati, essa è il Figlio.
 
Il Santo del giorno - 21 Marzo 2025 - Santa Benedetta Cambiagio Frassinello, Religiosa:  Figlia di contadini, nacque il 2 ottobre 1791, nell’entroterra genovese. Nel 1804 si trasferì a Pavia. Pur sentendosi votata alla vita religiosa accettò, per esigenze familiari, di sposare Giovan Battista Frassinello, operaio e fervente cristiano, originario di Ronco Scrivia. Non ebbero figli. Allora Benedetta, con il consenso del marito, cercò di realizzare il desiderio di consacrarsi interamente a Dio. Accolta dalle suore Orsoline di Caprioglio, nel Bresciano, dovette lasciare per motivi di salute. Rifugiatasi nella preghiera, ebbe la visione di san Girolamo Emiliani che la guarì. Mentre il marito entrò come fratello laico tra i Somaschi, lei avviò un’opera di assistenza per le fanciulle povere. Nel 1827 fondò a Pavia la prima scuola popolare. Dalle ragazze che la frequentavano prese avvio la Congregazione delle Suore di Nostra Signora delle Provvidenza. Dodici anni dopo a Ronco Scrivia nascerà la Casa della Provvidenza. Morì a Ronco Scrivia il 21 marzo 1858. È stata canonizzata da Giovanni Paolo II il 19 maggio 2002. (Avvenire)
 
Il pegno dell’eterna salvezza,
che abbiamo ricevuto in questi sacramenti,
ci aiuti, o Signore,
a progredire nel cammino verso di te,
per giungere al possesso dei beni eterni.
Per Cristo nostro Signore.
 
ORAZIONE SUL POPOLO ad libitum
Dona al tuo popolo, o Signore,
la salvezza dell’anima e del corpo,
perché, perseverando nelle opere buone,
sia sempre difeso dalla tua protezione.
Per Cristo nostro Signore.