19 MARZO 2025
 
 SAN GIUSEPPE, SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA - SOLENNITÀ
 
 2Sam 7,4-5a.12-14a.16; Salmo 88 (89); Rm 4,13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24a oppure Lc 2,41-51a
 
Colletta
Dio onnipotente,
che hai voluto affidare gli inizi della nostra redenzione
alla custodia premurosa di san Giuseppe,
per sua intercessione concedi alla tua Chiesa
di cooperare fedelmente
al compimento dell’opera di salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Patrono della Chiesa del nostro tempo - Redemptoris Custos 28: In tempi difficili per la Chiesa Pio IX, volendo affidarla alla speciale protezione del santo patriarca Giuseppe, lo dichiarò «Patrono della Chiesa cattolica» (S. Rituum Congreg., «Quemadmodum Deus», die 8 dec. 1870: «Pii IX P. M. Acta», pars I, vol. V, 283). Il Pontefice sapeva di non compiere un gesto peregrino, perché a motivo dell’eccelsa dignità concessa da Dio a questo suo fedelissimo servo, «la Chiesa, dopo la Vergine Santa, sposa di lui, ebbe sempre in grande onore e ricolmò di lodi il beato Giuseppe, e di preferenza a lui ricorse nelle angustie» (S. Rituum Congreg., «Quemadmodum Deus, die 8 dec. 1870: «Pii IX P. M. Acta+, pars I, vol. V, 282s).
Quali sono i motivi di tanta fiducia? Leone XIII li espone così: «Le ragioni per cui il beato Giuseppe deve essere considerato speciale Patrono della Chiesa, e la Chiesa, a sua volta, ripromettersi moltissimo dalla tutela e dal patrocinio di lui, nascono principalmente dall’essere egli sposo di Maria e padre putativo di Gesù... Giuseppe fu a suo tempo legittimo e naturale custode, capo e difensore della divina Famiglia... E’ dunque cosa conveniente e sommamente degna del beato Giuseppe, che, a quel modo che egli un tempo soleva tutelare santamente in ogni evento la famiglia di Nazaret, così ora copra e difenda col suo celeste patrocinio la Chiesa di Cristo» («Quamquam Pluries», die 15 aug. 1889: «Leonis XIII P. M. Acta», IX [1890] 177-179).
29. Questo patrocinio deve essere invocato ed è necessario tuttora alla Chiesa non soltanto a difesa contro gli insorgenti pericoli, ma anche e soprattutto a conforto del suo rinnovato impegno di evangelizzazione nel mondo e di rievangelizzazione in quei «paesi e nazioni dove - come ho scritto nell’esortazione apostolica “Christifideles Laici” - la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti», e che «sono ora messi a dura prova» (34). Per portare il primo annuncio di Cristo o per riportarlo laddove esso è trascurato o dimenticato, la Chiesa ha bisogno di una speciale «virtù dall’alto» (cfr. Lc 24,49; At 1,8), donazione certo dello Spirito del Signore non disgiunta dall’intercessione e dall’esempio dei suoi santi.
 
Prima Lettura: La profezia di Natan «è costruita su una opposizione: non è Davide che farà una casa (un tempio) a Jahve; è Jahve invece che farà una casa (una dinastia) a Davide. La promessa concerne essenzialmente la permanenza della dinastia davidica sul trono d’Israele. Così essa è compresa da Davide (vv 19.25.27.29, cfr. 2Sam 23,5 e Sal 89,30-38, Sal 132,11-12): è il testo della alleanza di Jahve con Davide e la sua dinastia. L’oracolo oltrepassa dunque la persona del primo successore di Davide, Salomone al quale è applicato dal v 13 e da 1Cr 17,11-14; 22,10; 28,6 e 1Re 5,19; 8,16-19. Il chiaroscuro della profezia lascia intravedere un discendente nel quale Dio si compiacerà. È il primo anello delle profezie sul Messia, figlio di Davide (Is 7,14; Mi 4,14; Ag 2,23); At 2,30 applicherà il testo a Cristo» (Bibbia di Gerusalemme).
 
Seconda Lettura: Per Paolo, la salvezza, culminante nella morte e risurrezione di Cristo, è per tutti gli uomini che credono con una fede che significhi, come Abramo, «sperare contro ogni speranza» (Rom 4,18). Poiché tutti gli uomini sono peccatori a nulla serve la legge per la salvezza. Essa è in sé buona e santa in quanto esprime la volontà di Dio (Rom 7,12-25; 1Tm 1,8), e tuttavia è incapace di conferire la giustizia (Gal 3,11.21s; Rom 3,20). Solo la fede in Cristo giustifica e Abramo è il modello della giustificazione per mezzo della fede perché egli fu giustificato non per le sue opere né per l’osservanza della legge, ma per aver creduto
 
Vangelo
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
 
Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto...: è giusto perché è desideroso di osservare la legge che obbligava il marito a sciogliere il matrimonio in caso di adulterio, è giusto perché vuole mitigare con la magnanimità il rigore della legge desiderando evitare di esporre la sua sposa alla pubblica diffamazione, è giusto perché accetta con gioia la volontà di Dio anche se misteriosa e umanamente inspiegabile. L’angelo pone fine ai dubbi di Giuseppe: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Nell’annuncio evangelico viene poi svelato il compito che attendeva Giuseppe, e cioè quello d’imporre il nome al bambino e assumerne la paternità legale. La nascita di Gesù è collocata all’interno del grande disegno divino della salvezza, e si incarna nella storia umana rivelandosi tra le mura di una famiglia umile e timorata di Dio.
 
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 1,16.18-21.24a

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
 
Parola del Signore.
 
Come è nato Gesù - Matteo 1,18-25 - Felipe F. Ramos (Commento della Bibbia Liturgica): La seconda parte del primo capitolo presenta la nascita di Cristo come un fatto assolutamente miracoloso. Maria concepì Gesù senza concorso d’uomo, per opera dello Spirito Santa. Menzionando lo Spirito Santo o Spirito di Dio, Matteo - come qualsiasi altro scrittore giudaico - pensa al potere creatore di Dio.
Affermato il fatto - concepimento miracoloso di Gesù - Matteo si sofferma alquanto nell’esporre le conseguenze. La prima è il naturale sconcerto di Giuseppe. Maria e Giuseppe erano fidanzati: secondo la legge giudaica, questo voleva dire che il contratto di matrimonio era stato stipulato seriamente e definitivamente. Mancava solo la cerimonia dello sposalizio, che culminava nel momento in cui la sposa era condotta a vivere nella casa dello sposo. La legge giudaica non considerava come peccato serio la relazione sessuale avvenuta fra i fidanzati nel tempo che intercorreva fra il fidanzamento e lo sposalizio; anzi, nel caso che, in questo tempo, fosse nato un figlio, la legge lo considerava come figlio legittimo.
Tenendo presenti la legge e le usanze giudaiche, lo stato di Maria creava un problema unicamente a Giuseppe. Perché? Crediamo che egli fosse al corrente di quello che era avvenuto; non vediamo ragioni per cui Maria, sua fidanzata, non dovesse informarlo di tutto.
E allora, perché il dubbio? Il dubbio di Giuseppe non si riferiva alla colpevolezza o all’innocenza di Maria, bensì al ruolo che egli personalmente doveva avere nell’avvenimento. Un intervento soprannaturale - compare il motivo dell’angelo - glielo rivela: egli dovrà imporre il nome al bambino, cioè, dovrà essere il suo padre legale (il nome era imposto dal padre).
E così, conosciuto il ruolo che gli era assegnato in quel matrimonio, egli si sentì libero dal turbamento, dallo sconcerto e dal dubbio. L’annunzio dell’angelo a Giuseppe è un riassunto completo del Nuovo Testamento: Gesù salverà il popolo dai suoi peccati.
Tanto nell’Antico come nel Nuovo Testamento, l’espressione «perdono dei peccati» non significa il perdono d’una mancanza completa, ma il riassunto di tutta l’azione salvifica di Dio. Questo vuol dire che, con la comparsa di Gesù, è stata superata la separazione tra Dio e l’uomo. Infatti, egli è il «Dio-cón-noi» per la nostra salvezza. Dire Gesù e dire salvatore è la stessa cosa. La nascita di Gesù, la sua vita e la sua attività furono e sono Dio con noi, come aveva annunziato il profeta Isaia.
 
San Giuseppe L’uomo della fede - Vincenzo Raffa (Liturgia Festiva): Dio aveva scelto Abramo come erede di tutte le promesse per la sua fede. Per la fede il grande patriarca divenne il padre di molte genti (Rm 4, 13. 16-18. 22; Eb 11, 17). Anche a san Giuseppe fu affidata la missione altissima di accogliere, nutrire, custodire Gesù in premio alla sua vivissima fede. Credette a Dio che attraverso l’Angelo gli annunciò il grande miracolo avvenuto in Maria, credette che colui che fu concepito dalla sua sposa e nacque da lei era il Salvatore, per questo accondiscese a imporgli il nome di « Gesù », « Salvatore ».
La fede di san Giuseppe fu messa a dura prova. Gli doveva infatti riuscire difficile capacitarsi che il re del mondo dovesse aver i suoi natali in modo così umile, in tanto disinteresse degli uomini e anzi in tanto disprezzo e lotte.
Come ammettere che quel fanciullo all’apparenza non diverso dagli altri, era il redentore atteso? È vero, i fatti prodigiosi erano una grande convalida, ma anche la loro vera finalità e il loro vero significato non potevano essere percepiti in ordine alla fede senza una sincera disponibilità interiore. I vangeli dimostrano che i grandi miracoli, operati da Cristo, non furono sufficienti a vincere l’incredulità di scribi e farisei e di altri. San Giuseppe, invece, credette fermamente e per questo rimase accanto a Maria e poi anche a Gesù, e svolse puntualmente la parte che Dio gli aveva assegnato.
 
Lawrence Mc Reavy: San Giuseppe non era indispensabile, come invece Maria, per la nascita di Dio fra gli uomini, ma lo era per la nascita di Dio in una famiglia umana. Perché una famiglia deve avere un capofamiglia, e Giuseppe, anche se infinitamente inferiore al suo figlio adottivo in dignità e alla sua sposa in santità, era il vero «capo» della Santa Famiglia. Dio stesso l’ha riconosciuto come capofamiglia: fu a lui che inviò l’angelo per avvertire la Santa Famiglia di fuggire in Egitto e, più tardi, di tornare in Palestina. Quando Giuseppe comandò, Gesù e Maria obbedirono. Il Figlio di Dio e la Regina del cielo gli furono sottomessi.
Se la gerachia in santità e in dignità era: Gesù, Maria e, infine, Giuseppe, in autorità era all’opposto: Giuseppe, Maria e, infine, Gesù.
Ma il suo rapporto con Gesù non era soltanto un rapporto di autorità: era anche un rapporto d’amore e di affetto familiare profondo. Non possiamo infatti dubitare che Gesù amasse, con tutto l’ardore del suo Sacro Cuore, colui che il Padre Eterno aveva designato perché fosse suo padre sulla terra. Maria, da parte sua, era piena di amore coniugale nei confronti di colui che lo Spirito Santo aveva scelto perché fosse suo sposo e protettore.
Più tardi Gesù avrebbe detto ai Giudei che molti profeti e re avevano desiderato poterlo vedere ed ascoltare, ma non avevano vissuto abbastanza per vedere esaudita la loro speranza.
A Giuseppe invece fu concesso non solo di vedere e di ascoltare il Figlio unigenito di Dio, ma anche di tenerlo fra le braccia (molte statue lo ritraggono in questo atteggiamento), di tenerlo per mano, di sentire il suo abbraccio affettuoso, di insegnargli a camminare e a parlare, di avviarlo al suo mestiere di falegname e di essere a parte delle sue confidenze mentre, per anni, lavoravano insieme fianco a fianco.
Possiamo affermare che, in tutta la lunga storia dell’umanità, nessuna creatura, eccetto Maria, fu mai ammessa ad un’intimità così stretta con Dio.
 
Giuseppe figura degli apostoli: «In seguito, morto Erode, Giuseppe è avvertito da un angelo di riportarsi in Giudea con il bambino e sua madre. Nel far ritorno, avendo appreso che il figlio di Erode, Archelao, era re, ebbe paura di andarvi, e venne ancora avvertito da un angelo di passare in Galilea e di fissare la sua dimora in una cittadina di quella regione, Nazareth [cfr. Mt 2,22-23]. Così, egli riceve avviso di far ritorno in Giudea e, ritornato, ha paura. E, ricevuto nuovo avviso in sogno, ha l’ordine di recarsi in paese di pagani. Tuttavia, non avrebbe dovuto aver paura, dal momento che aveva ricevuto un avvertimento, oppure l’avvertimento che in seguito sarebbe stato modificato non avrebbe dovuto essere apportato da un angelo. Ma è stata osservata una ragione tipologica. Giuseppe è figura degli apostoli, ai quali è stato affidato Cristo per essere portato dovunque. Siccome Erode passava per morto, cioè il suo popolo si era perduto in occasione della Passione del Signore, essi hanno ricevuto il comando di predicare ai Giudei. Erano infatti stati inviati alle pecore perdute della casa d’Israele [cfr. Mt 15,24], ma, permanendo il dominio dell’incredulità ereditaria, essi temono e si ritirano. Avvertiti da un sogno, ovvero contemplando nei pagani il dono dello Spirito Santo [cfr. Gl 2,28-31], portano Cristo a questi ultimi, pur essendo stato inviato alla Giudea, chiamato però vita e salvezza dei pagani» (Ilario di Poitiers, In Matth., 2,1).
 
Il Santo del Giorno - 19 Marzo 2025 - San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria - Custodire e generare la vita come Dio fa con l’umanità: Dio tocchi i cuori di tutti i padri, perché i gesti di un padre costruiscono il futuro dei figli, così come i gesti dei governanti gettano le basi del cammino dei popoli e delle nazioni. La figura di san Giuseppe, sposo e papà, ci spinge a riflettere su questo concetto allargato di paternità: come egli si prese cura di Maria e di Gesù, così oggi chiunque viva una forma di paternità, ovvero di responsabilità e guida nei confronti di qualcun altro, è chiamato a essere custode del tesoro che gli è affidato. Giuseppe nei racconti evangelici non è molto presente, eppure da sempre la sua eredità spirituale è particolarmente cara alla devozione popolare, che in lui scorge l’umiltà di chi porta avanti un compito altissimo e gravoso senza chiedere nulla per sé. Ecco il senso della paternità: cooperare con Dio per generare la vita attorno a noi. E così noi, come figli, sappiamo che nell’abbraccio sicuro di quel Padre possiamo trovare rifugio, accoglienza e protezione da tutte le intemperie della vita. (Matteo Liut)
 
Proteggi sempre la tua famiglia, o Signore,
che hai nutrito a questo altare
nella gioiosa memoria di san Giuseppe,
e custodisci in noi i doni del tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.