10 MARZO 2025
LUNEDÌ DELLA I SETTIMANA DI QUARESIMA
Lv 19,1-2.11-18; Sal 18 (19); Mt 25,31-46
Colletta
Convertici a te, o Dio, nostra salvezza,
e formaci alla scuola della tua sapienza,
perché l’impegno quaresimale
porti frutto nella nostra vita
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Il giudizio definitivo - Catechismo degli Adulti [1199]: Il giudizio opera già in questo mondo, ma va verso un momento supremo: «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male» (2Cor 5,10). È il giudizio definitivo, che per le singole persone avviene al termine della vita terrena (“giudizio particolare”) e per il genere umano, nel suo insieme, al termine della storia (“giudizio universale”).
La retribuzione personale al termine della vita [1200]: La sopravvivenza dei defunti non è indifferenziata, ma felice per i giusti, triste per i malvagi. Lo indicano la parabola del ricco e del povero Lazzaro, le dichiarazioni dell’apostolo Paolo, la promessa di Gesù al ladrone pentito: «Oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43). Il magistero della Chiesa da parte sua insegna che subito dopo la morte i peccatori non convertiti “scendono all’inferno” e i giusti “salgono in cielo”, a meno che non abbiano ancora bisogno di purificazione: retribuzione immediata dunque nell’incontro con Cristo giudice. Davanti a lui, finito il tempo della prova, si manifesta e si fissa per sempre l’atteggiamento di ciascuno nei confronti di Dio: o con lui o contro di lui. Cadono le maschere; viene alla luce, con il bene e il male compiuto, anche la più profonda identità di ogni persona.
I Lettura: L’amore verso il prossimo è una legge eterna che Dio ha scritto con il suo Spirito nel cuore degli uomini. Un amore che trasforma l’uomo interiormente e lo apre alla sorgente della santità: Dio, fonte di santità e di misericordia.
Vangelo
Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
Gesù verrà nella sua gloria, alla fine del mondo, come Giudice di tutti gli uomini. Essi saranno giudicati sull’amore: Cristo, infatti, vaglierà attentamente soltanto le opere di misericordia (Cf. Is 58,7; Gb 22,6s; Sir 7,32s; ecc.) tralasciando le azioni eccezionali (Cf. Mt 7,22s). Gli eletti, i misericordiosi, entreranno beati nel regno di Dio. I reprobi se ne andranno al supplizio eterno.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Parola del Signore.
Parola del Signore.
Venite, benedetti del Padre mio - La descrizione del giudizio finale presenta Gesù come un re che viene a separare «gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre», avendo come criterio discriminante le opere di misericordia.
Davanti al Giudice saranno radunati tutti i popoli, espressione che include sia i pagani che i giudei. Prima della fine il «vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo» (Mt 24,14).
Il Re-Pastore separerà «le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra». Presso i giudei, il capro era l’animale che veniva immolato a Yavhé nel rito espiatorio (Cf. Es 30,10; Lv 4,22-23; Nm 7,16.22.28; ecc.). Nel grande giorno dell’espiazione, Aronne aveva posato le mani sul capo di un capro vivo, aveva confessato «sopra di esso tutte le iniquità degli Israeliti, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati» e li aveva, in questo modo, riversati sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di ciò, l’aveva mandato via nel deserto per essere offerto ad Azazel, un demone che gli antichi ebrei e cananei credevano abitasse il deserto (Cf. Lv 16,9-10). Il deserto, nella fantasia popolare, era la sede dei demoni (Cf. Lv 17,7; Is 13,21; 34,14; Bar 4,35; Mt 8,28; 12,43; Ap 18,2). Forse per questi motivi Gesù nel discorso del giudizio universale ha usato l’immagine del capro perché questo animale tout court poteva richiamare alla memoria degli ascoltatori la bruttura del peccato.
Il criterio di giudizio saranno le azioni di misericordia fatte a uno dei «fratelli più piccoli» di Gesù.
Tra i «più piccoli» forse vanno annoverati anche gli stessi discepoli di Gesù, accolti e rifocillati amorevolmente dagli uomini a cui portano la Buona Notizia (Cf. Mt 10,40-42; Lc 9,48; 10,16).
La sorpresa dei giusti è nel sentire che tutte le volte che hanno soccorso qualcuno nel bisogno lo hanno fatto al Signore. È la stessa sorpresa degli empi, ai quali Gesù dirà: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».
Gli uomini per ricevere in «eredità il regno» preparato per loro «fin dalla creazione del mondo» dovranno quindi superare un esame, la cui unica materia da vagliare sarà l’amore. Il regno di Gesù è un regno di santità, di pace e di amore e vi può entrare soltanto chi ama e compie opere di misericordia verso gli afflitti.
Il Re che siede sul trono della gloria e che raccoglie dinanzi al suo tribunale tutti gli uomini, afferma con chiarezza che atto formale di riconoscimento della sua regalità sono le attenzioni usate a quanti hanno fame e sete, ai forestieri, agli indigenti, ai poveri, ai malati e ai carcerati. Perché soltanto «questo è il punto che ci qualifica definitivamente davanti a Dio. Non contano tanto i sentimenti e le intenzioni, l’ideologia e le parole, cioè “Signore, Signore”, quello che uno fu e fece, che apprezzò e rappresentò, che lavorò o soffrì, creò e organizzò, quanto se amò o non amò i fratelli. Perché questa è la volontà di Dio, che chi lo ama, ami anche i fratelli» (Basilio Caballero). Solo l’amore può costruire all’uomo una casa eterna dove abitano la gioia e la pace.
Vocazione escatologica della chiesa - Lumen gentium 48 - La chiesa, alla quale siamo tutti chiamati in Cristo Gesù e nella quale per la grazia di Dio otteniamo la santità, avrà pieno compimento soltanto nella gloria del cielo. Quando sarà giunto il tempo del rinnovamento di tutte le cose (cf. At 3,21), allora anche l’intero universo verrà pienamente restaurato in Cristo insieme con l’umanità; esso infatti è intimamente unito all’uomo e raggiunge il suo fine per mezzo dell’uomo (cf. Ef 1,10; Col 1,20; 2Pt 3,10-13).
Elevato in alto da terra, Cristo attirò tutti a sé (cf. Gv 12,32 gr.). Risorgendo da morte (cf. Rm 6,9) infuse negli apostoli il suo Spirito vivificante, mediante il quale costituì la chiesa che è il suo corpo, quale sacramento universale di salvezza.
Assiso alla destra del Padre, continua ad operare nel mondo per condurre alla chiesa gli uomini, e unirli così più strettamente a sé, facendoli partecipi della sua vita gloriosa e nutrendoli del suo corpo e del suo sangue. Il rinnovamento promesso che stiamo aspettando è quindi già incominciato con Cristo, viene portato avanti con la missione dello Spirito Santo e per mezzo di lui continua nella chiesa. Nella chiesa noi veniamo istruiti dalla fede anche sul senso della nostra vita temporale, quando portiamo a termine il lavoro che il Padre ci ha assegnato da svolgere nel mondo con la speranza dei beni futuri, lavorando così per la nostra salvezza (cf. Fil 2,12).
La fine dei tempi è già dunque arrivata per noi (cf. 1Cor 10,11); il rinnovamento del mondo è stato irrevocabilmente deciso e in qualche modo realmente anticipato nel tempo presente: infatti la chiesa è insignita di vera santità già qui sulla terra, anche se in modo imperfetto. Ma fin quando non vi saranno i cieli nuovi e la terra nuova abitati dalla giustizia (cf. 2Pt 3,13), la chiesa pellegrinante continua a portare iscritta nei sacramenti e nelle istituzioni del tempo presente la figura fugace di questo mondo; e vive tra le creature che gemono nei dolori del parto e aspettano la manifestazione del figlio di Dio (cf. Rm 8,19-22).
Uniti dunque a Cristo nella chiesa e segnati dal sigillo dello Spirito Santo «che è caparra della nostra eredità» (Ef 1,14), siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente (cf. IGv 3,1); ma non siamo ancora apparsi con Cristo nella gloria (cf. Col 3,4), quando saremo simili a Dio perché lo vedremo così come egli è (cf. 1Gv 3,2). Pertanto, «finché abitiamo in questo corpo, siamo in esilio lontani dal Signore» (2Cor 5,6). Già in possesso delle primizie dello Spirito, gemiamo interiormente (cf. Rm 8,23) e desideriamo essere con Cristo (cf. Fil 1,23). È la carità che ci sprona a vivere più intensamente per lui che è morto e risorto per noi (cf. 2Cor 5,15).
Per questo ci sforziamo di piacere in tutto al Signore (cf. 2Cor 5,9), e indossiamo l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo e tenergli fronte nel giorno della lotta (cf. Ef 6,11-13). Ma poiché non conosciamo né il giorno né l’ora, bisogna vegliare assiduamente, come ci ammonisce il Signore, affinché, terminato l’unico corso della nostra vita terrena (cf. Eb 9,27), meritiamo di entrare con lui al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati (cf. Mt 25,31-46), anziché essere mandati, perché servi malvagi e pigri (cf. Mt 25,26), nel fuoco eterno (cf. Mt 25,41), nelle tenebre esteriori dove «ci sarà pianto e disperazione» (Mt 22,13 e 25,30). Prima infatti di regnare con il Cristo glorioso, noi tutti compariremo «davanti al tribunale di Cristo, perché ciascuno riceva la ricompensa delle opere che avrà fatto nella sua vita, sia del bene che del male» (2Cor 5,10). Alla fine del mondo «chi avrà operato il bene risusciterà alla vita, chi invece avrà operato il male risusciterà per la condanna» (Gv 5,29; cf. Mt 25,46).
Convinti che «le sofferenze del tempo presente non sono adeguate alla gloria futura che si manifesterà in noi» (Rm 8,18; cf. 2Tm 2,11-12), forti nella fede, aspettiamo «la beata speranza e l’avvento glorioso del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,13), «che trasformerà il nostro misero corpo, per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3,21); egli verrà «per essere glorificato nei suoi santi e ammirato da coloro che avevano creduto in lui» (2Ts 1,10).
Quanto avete fatto ad uno dei più piccoli…: «Avevamo una libera intelligenza per capire che in ogni povero era Cristo affamato che veniva nutrito, o dissetato quando ardeva dalla sete, o ricoverato quand’era forestiero, o vestito allorché era nudo, o visitato mentre era malato, o consolato con la nostra parola quand’era in carcere. Ma le parole che seguono: “Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40), non mi sembra siano rivolte genericamente a tutti i poveri, ma a coloro che sono poveri in spirito, a coloro ai quali, indicandoli con la mano, ha detto: “Ecco, mia madre e i miei fratelli sono coloro che fanno la volontà del Padre mio” [Mc 3,34-35; Lc 8,21]» (Girolamo, In Matth. IV, 22, 40)
Il Santo del Giorno - 10 Marzo 2025 - San Simplicio. Tra Vangelo e storia un “impasto” di speranza: Vangelo e storia, fede e politica sono dimensioni che s’intrecciano e si impastano: è compito dei cristiani fare in modo che da questo intreccio nasca un cammino fatto di giustizia e di solidarietà. Ecco il forte messaggio che ci arriva ancora oggi dalla vicenda di san Simplicio. Nato a Tivoli, questo antico testimone della fede fu Pontefice dal 468 al 483, negli anni in cui cadde l’Impero Romano d’Occidente, con la deposizione nel 476 dell’ultimo imperatore Romolo Augustolo da parte di Odoacre, esponente dell’eresia ariana. Nello stesso momento, però, anche la Chiesa di Oriente viveva un momento difficile, a causa della diffusione dell’eresia monofisita, secondo la quale in Cristo c’era unicamente la natura divina: Basilisco fece leva proprio su questa eresia per animare una rivolta contro l’imperatore d’Oriente, Zenone. Simplicio prese netta posizione contro l’eresia e non esitò neppure a condannare il tentativo di mediazione dello stesso imperatore, consapevole che il Vangelo non è uno strumento della politica ma un faro che tutto illumina e tutti guida. Il Papa, inoltre, prestò particolare cura alla vita della Chiesa di Roma, stabilendo turni di presbiteri nelle principali basiliche cimiteriali, restaurando e dedicando chiese; rispettoso della vera arte, salvò dalla distruzione i mosaici pagani della chiesa di Sant’Andrea. (Avvenire)
La partecipazione a questo sacramento, o Signore,
ci sostenga nel corpo e nello spirito,
perché, completamente rinnovati,
possiamo gloriarci della pienezza del tuo dono.
Per Cristo nostro Signore.
Orazione sul popolo ad libitum
Illumina con il tuo splendore, o Signore,
le menti dei tuoi fedeli,
perché possano riconoscere ciò che tu comandi
e sappiano attuarlo nella loro vita.
Per Cristo nostro Signore.