3 Febbraio 2025
 
Lunedì IV Settimana T. O.
 
Eb 11,32-40; Salmo Responsoriale Dal Salmo 30 (31); Mc 5,1-20
 
Colletta
Signore Dio nostro,
concedi a noi tuoi fedeli
di adorarti con tutta l’anima
e di amare tutti gli uomini con la carità di Cristo.
Egli è Dio, e vive e regna con te.
 
Giovanni Paolo II (Udienza Generale 20 Agosto 1986): Le nostre catechesi su Dio, Creatore delle cose “invisibili”, ci hanno portato a illuminare e ritemprare la nostra fede per quanto riguarda la verità sul maligno o satana, non certamente voluto da Dio, sommo amore e santità, la cui Provvidenza sapiente e forte sa condurre la nostra esistenza alla vittoria sul principe delle tenebre. La fede della Chiesa infatti ci insegna che la potenza di satana non è infinita. Egli è solo una creatura, potente in quanto spirito puro, ma pur sempre una creatura, con i limiti della creatura, subordinata al volere e al dominio di Dio. Se satana opera nel mondo per il suo odio contro Dio e il suo regno, ciò è permesso dalla divina Provvidenza che con potenza e bontà (“fortiter et suaviter”) dirige la storia dell’uomo e del mondo. Se l’azione di satana certamente causa molti danni - di natura spirituale e indirettamente di natura anche fisica - ai singoli e alla società, egli non è tuttavia in grado di annullare la definitiva finalità cui tendono l’uomo e tutta la creazione, il Bene. Egli non può ostacolare l’edificazione del regno di Dio, nel quale si avrà, alla fine, la piena attuazione della giustizia e dell’amore del Padre verso le creature eternamente “predestinate” nel Figlio-Verbo, Gesù Cristo. Possiamo anzi dire con san Paolo che l’opera del maligno concorre al bene (cf. Rm 8, 28) e che serve a edificare la gloria degli “eletti”  (cf. 2 Tm 2, 10).
2. Così tutta la storia dell’umanità si può considerare in funzione della salvezza totale, nella quale è iscritta la vittoria di Cristo sul “principe di questo mondo” (Gv 12, 31; 14, 30; 16, 11).
“Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai” (Lc 4, 8), dice perentoriamente Cristo a satana. In un momento drammatico del suo ministero, a chi lo accusava in modo sfacciato di scacciare i demoni perché alleato di Beelzebul, capo dei demoni, Gesù risponde con quelle parole severe e confortanti insieme: “Ogni regno discorde cade in rovina, e nessuna città o famiglia discorde può reggersi. Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso. Come potrà dunque reggersi il suo regno? ... E se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio” (Mt 12, 25-26. 28). “Quando un uomo forte, bene armato fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino” (Lc 11, 21-22). Le parole pronunciate da Cristo a proposito del tentatore trovano il loro compimento storico nella croce e nella risurrezione del Redentore. Come leggiamo nella Lettera agli Ebrei, Cristo si è fatto partecipe dell’umanità fino alla croce “per ridurre all’impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo ... e liberare così quelli che ... erano tenuti in schiavitù” (Eb 2, 14-15). Questa è la grande certezza della fede cristiana: “il principe di questo mondo è stato giudicato” (Gv 16,11); “il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo” (1 Gv 3, 8), come ci attesta san Giovanni. Dunque il Cristo crocifisso e risorto si è rivelato come quel “più forte” che ha vinto “l’uomo forte”, il diavolo, e lo ha spodestato.
 
I Lettura:  Il brano odierno della lettera agli Ebrei è rivolto ai molti cristiani provenienti dal giudaismo. Con entusiasmo avevano abbracciato la fede cristiana, ora, a motivo di dolorose prove, sono tentati di abbandonare la nuova fede. Per scongiurare questa dolorosa fuga, l’autore della Lettera ricorda loro la fede e le gloriose gesta degli antenati. Nondimeno gli antenati non erano in possesso della “promessa”, i credenti invece “oggi” hanno raggiunto la meta perfetta della salvezza, abbandonare ora la nuova “via” tracciata dal Cristo sarebbe una vera follia.
 
Vangelo
Esci, spirito impuro, da quest’uomo.
 
Il paese dei Geraseni è in territorio pagano: la Buona Notizia non è chiusa entro i confini di Israele. Un uomo posseduto da uno spirito impuro vive tra i sepolcri, fuori della città. L’indemoniato fa gesti folli, insensati e scomposti: “notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre”. È un povero uomo instabile nelle sue facoltà, non più padrone di sé. Il racconto mostra che l’incontro con Gesù non è soltanto una guarigione, ma una vera liberazione, un ritrovare se stessi, una riconquista della propria autenticità. Guarito l’indemoniato chiede a Gesù di rimanere con lui, ma Gesù non glielo permette. Pur non conoscendo il motivo del rifiuto, è da sottolineare che qui Gesù non impone il segreto messianico come lo impose, invece, ai giudei, e che l’uomo, mandato da Gesù ad annunciare la misericordia di Dio, se ne va in giro per la Decàpoli a proclamando quanto Gesù aveva fatto per lui. La Buona Notizia risuona in questo modo anche in terra pagana.
 
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 5,1-20
 
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
 
Parola del Signore.
 
Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): v. 1 È un versetto di transizione da un racconto all’altro. L’espressione «all’altra riva» (eis to péran) ricorre spesso come aggancio in Mc (4,35; 5,1.21; 6,45; 8,31). La città di Gerasa distava circa 55 km dal lago di Galilea; anche Gadara nominata da Mt sorgeva a 10 km circa. E attendibile la variante suggerita da Origene, «la regione dei gergeseni». Gergesa (attuale El-Kursi) era ubicata sulla sponda orientale del lago, vicino a un dirupo di una trentina di metri sullo specchio dell’acqua. Probabilmente Gergesa a fu sostituita con Gerasa, una delle città più importanti della Decapoli, per sottolineare il significato missionario dell’episodio (cf. Gnilka, pp. 273-274).
vv. 2-5 II territorio pagano, i sepolcri, l’allevamento dei porci sono elementi che nel linguaggio biblico esprimono la lontananza di un popolo da Dio, lo stato di impurità di un ambiente alienato dal Creatore.
v. 7 «Che (c’è) fra me e le, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro per Iddio, non tormentarmi!». Lo spirito immondo pronuncia il titolo che rivela l’identità trascendente di Gesù: la conoscenza del nome di una persona implicava per la mentalità orientale il potere magico su di essa. In occasione del primo esorcismo il diavolo aveva chiamato Gesù «Santo di Dio» (1,24); ora lo chiama «Figlio di Dio altissimo». Altissimo è un titolo di Dio che la Bibbia normalmente pone sulle labbra dei pagani. Evidentemente lo spirito immondo non si riferiva alla vera dignità divina di Gesù, ancora ignorata dai demoni: infatti, lo scongiurava di non scacciarlo «in nome di Dio».
v.9 «Qual (è) il tuo nome? ... ». «Il mio nome (è) Legione ...», Gesù, chiedendo allo spirito immondo il suo nome, dimostra la sua sovranità su di lui. La «legione» constava di seimila soldati circa; qui indica un gran numero di spiriti immondi, ma probabilmente con «un’allusione alla situazione politica della regione» (Gnilka, p. 278), la quale, oltre che essere infestata di demoni, era assoggettata ai romani.
vv. 10-13 La concessione accordata ai demoni di entrare nei porci è nota anche nella letteratura miracolistica pagana. L’affogamento dei porci indica la disfatta dei diavoli. Siccome la carne suina era proibita dalla Legge mosaica (Lv 11,7; Dt 14,8; secondo la Mishnàh era vietato anche l’allevamento), la loro distruzione comportava la purificazione della regione da questi animali immondi.
vv. 15-17 Gli abitanti della regione dapprima furono presi da timore sacro per l’accaduto, ma poi pregarono Gesù di andarsene dal territorio. L’attaccamento ai beni materiali impedì loro di rendersi disponibili al messaggio di salvezza.
vv. 18-20 Il risanato comprese il significato dell’atto miracoloso compiuto da Gesù e si aprì alla fede.
Tuttavia, Gesù non lo accolse al suo seguito come discepolo, ma lo mandò a proclamare la bontà misericordiosa del Signore nella sua regione, facendone il primo missionario in terra pagana, «l ‘autentico precursore della predicazione cristiana». Più tardi il cristianesimo si diffuse rapidamente nella Decapoli, che costituiva una federazione di dieci città, istituita da Pompeo Magno nel 63 a.C. Sembra che allo scoppio della guerra giudaica (66-70 d.C.) Pella, una città della Decapoli, sia divenuta un rifugio ospitale per i cristiani profughi dalla Giudea.
 
Demòni - César Vidal Manzanares (Dizionario di Gesù e dei Vangeli): Questo termine proviene dalla parola greca « dàimon» che, in origine, serviva solo per indicare esseri superiori, collocati, almeno in certi casi, tra gli dèi e gli uomini. Alle volte, il termine era usato anche per riferirsi ad esseri che parlavano dall’interno dell’uomo. Nelle Scritture, il termine va riferito a spiriti immondi a angeli decaduti, di carattere malvagi , i cui poteri si esercitano attraverso la magia.
L’Antico Testamento ha già vari riferimenti ai demoni che sono accusati di avere rapporti sessuali con donne (Gn 6,2-4) prima del diluvio e di essere capeggiati da Satana (letteralmente: l’avversario) che causa malattie (Gb 2) ed è nemico e accusatore dei servi di Dio (Zc 3,1ss). È inoltre il reggente spirituale occulto dei poteri del mondo opposti al popolo di Dio (mi 10,13ss). Nel giudaismo del Secondo Tempio era molto comune la credenza nei demòni e in possessioni diaboliche.
Non solo i demòni erano ritenuti origine di molte infermità, ma si affermava anche che essi stavano dietro alle divinità e ai poteri politici del paganesimo. Tali idee non furono abbandonate, ma anzi si svilupparono nel giudaismo del Talmud e della Cabala. I vangeli riflettono, per quanto concerne la demonologia, tesi molto simili a quelle del giudaismo del Secondo Tempio. Lungi dall’interpretare Satana e i demòni come simboli o archetipi (ancor meno come forze o energie impersonali), i vangeli li descrivono come esseri spirituali assolutamente reali. Così, si afferma che i demòni possono possedere le persone (Mc 5,1ss e paralleli, ecc.), o che Satana, il Diavolo controlla i poteri politici del mondo (Lc 4,5-8 e par.). I demòni sono implicati in molte situazioni di infermità (Mc 9,14-29). Satana, il loro capo, ricorre alla menzogna e alla violenza (Gv 8,44); strappa il messaggio del vangelo dal cuore di coloro che non lo incorporano nella loro vita (Mt 13,19); semina la zizzania nel Regno (Mt 13,38); suscita la cospirazione destinata ad uccidere Gesù (Gv 13,26-27). Ciò nonostante, è certo che il Diavolo e i suoi demòni furono sconfitti dal ministero di Gesù (Lc 11,20-23) e specialmente mediante il suo sacrificio sulla croce (Gv 16,32 - 17,26; cf anche Eb 2,14-15; Col 2,1315). Questa visuale di Gesù si trova anche negli altri scritti del Nuovo Testamento dove si dice che i cristiani devono opporsi (Ge 4,7; 1 Pt 5,8-9) agli attacchi del Diavolo rivestendosi dell’armatura di Dio (Ef 6,10ss) e che devono essere consapevoli che la loro lotta è un combattimento spirituale contro forze demoniache (2 Cor 10,3-5), ma sicuri che la vittoria sarà dei cristiani, dal momento che Cristo l’ha già riportata per loro. Di fatto, l’espulsione di demòni nel nome di Gesù - una cosa molto distinta dal concetto di esorcismo -, fa parte della predicazione vangelo (Mc 16,15-18).
La seconda venuta di Cristo comporterà la sconfitta definitiva di Satana e dei suoi demòni: essi, secondo Mt 25,41 e 46, saranno precipitati nel castigo eterno consapevole, cioè, nell’inferno.
 
Subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Lo spirito è detto impuro perché si è sottratto, volontariamente, dalla potestà di Dio che è santo. Anche se il regno di satana è stato definitivamente distrutto dalla gloriosa morte e risurrezione di Gesù Cristo, in attesa del giorno del giudizio, i demoni godono una certa libertà nella loro azione sulla terra. Dio può permettere che essi prendano possesso degli uomini o degli animali.
“Questa possessione è accompagnata spesso da una malattia, poiché questa, a titolo di conseguenza del peccato [Mt 9,2], è un’altra manifestazione dell’azione di Satana” (Bibbia di Gerusalemme). Così gli esorcismi del Vangelo, che a volte, come qui nel racconto di Marco, “appaiono allo stato puro [cfr. Mt 15,21-28; Mc 1,23-28; Lc 8,2], avvengono spesso in forma di guarigione [Mt 9,32-34; 12,22-24; 17,14-18; Lc 13,10-17]. Con il suo potere sui demoni Gesù distrugge l’impero di Satana [Mt 12,28; Lc 10,17-19; cfr. Lc 4,6, Gv 12,31] e inaugura il regno messianico, di cui lo Spirito santo è la promessa caratteristica [Is 11,2; Gl 3,1s). Se gli uomini rifiutano di comprenderlo, i demoni invece lo sanno bene [qui e Mc 1,24;  3,11; Lc 4,41; At 16,17; 19,15]. Questo potere di esorcismo, Gesù lo comunica ai suoi discepoli insieme con il potere delle guarigioni miracolose [Mt 10,1.10,8] che gli è connesso [Mt 8,3; 4,24; 8,16; Lc 13,32)” (Bibbia di Gerusalemme).
 
Che hai tu in comune con me ...: «Esci dall’uomo [Mc 5,8], entra nei porci [cfr. Mt 832; Mc 5,12-13; Lc 8,32-33], entra negli animali, va’ dove ti pare, va’ all’inferno. Ma lascia l’uomo che è proprietà esclusivamente mia. Esci dall’uomo, non voglio che tu prenda possesso dell’uomo, è un’offesa per me che tu te ne stia nell’uomo quando devo starci io. Sono io che ho assunto un corpo umano, io abito nell’uomo; questa carne che tu vuoi possedere è porzione della carne mia; esci dall’uomo» (Girolamo, Omelie sul Vangelo di Marco 2).
 
Il Santo del Giorno - 3 Febbraio 2025 - San Biagio. Dio guarisce le nostre ferite se ci affidiamo al suo amore: Non è superstizione quella che si fida e si affida a Dio per affrontare le ferite e le sofferenze che inevitabilmente segnano il nostro percorso esistenziale. Non c’è, infatti, un rapporto di “interesse reciproco” che funziona grazie alla recita di qualche “formula magica”: i cristiani sanno che l’unica cosa che sono chiamati a fare è aprire le braccia verso l’amore infinito di Dio. Tutto il resto ha senso a partire di questo atteggiamento.
Ed è questo il messaggio custodito nella devozione popolare per san Biagio. È uno dei 14 «santi ausiliatori», ai quali viene attribuita una speciale protezione contro alcuni malanni: essi sono i testimoni della vicinanza divina nella nostra quotidianità con i suoi imprevisti e le sue prove. Tra loro, appunto, c’è anche san Biagio, martire e vescovo di Sebaste, vissuto tra il III e il IV secolo: a lui è affidata la protezione dai mali della gola. Una devozione che deriva da un episodio della sua biografia: egli, infatti, avrebbe guarito miracolosamente un ragazzo (o un giovane) al quale si era conficcata una lisca di pesce proprio in gola. Secondo l’agiografia Biagio era un medico, divenuto poi vescovo; venne arrestato, torturato e ucciso nel 316 durante una persecuzione scoppiata a causa di alcuni contrasti tra gli imperatori Costantino e Licinio. Le reliquie di san Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea (Potenza), dove arrivarono nel 723. (Avvenire)
 
O Signore, che ci hai nutriti con il dono della redenzione,
fa’ che per la forza di questo sacramento di eterna salvezza
cresca sempre più la vera fede.
Per Cristo nostro Signore.