28 Gennaio 2025
 
San Tommaso d’Aquino, Presbitero e Dottore della Chiesa
 
Eb 10,1-10; Salmo Responsoriale Dal Salmo 39 (40); Mc 3,31-35
 
Colletta
O Dio, che hai reso grande san Tommaso [d’Aquino]
per la ricerca della santità di vita
e la passione per la sacra dottrina,
donaci di comprendere i suoi insegnamenti
e di imitare i suoi esempi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Benedetto XVI (Udienza Generale 2 Giugno 2010): Tommaso d’Aquino, alla scuola di Alberto Magno, svolse un’operazione di fondamentale importanza per la storia della filosofia e della teologia, direi per la storia della cultura: studiò a fondo Aristotele e i suoi interpreti, procurandosi nuove traduzioni latine dei testi originali in greco. Così non si appoggiava più solo ai commentatori arabi, ma poteva leggere personalmente i testi originali, e commentò gran parte delle opere aristoteliche, distinguendovi ciò che era valido da ciò che era dubbio o da rifiutare del tutto, mostrando la consonanza con i dati della Rivelazione cristiana e utilizzando largamente e acutamente il pensiero aristotelico nell’esposizione degli scritti teologici che compose. In definitiva, Tommaso d’Aquino mostrò che tra fede cristiana e ragione sussiste una naturale armonia. E questa è stata la grande opera di Tommaso, che in quel momento di scontro tra due culture - quel momento nel quale sembrava che la fede dovesse arrendersi davanti alla ragione - ha mostrato che esse vanno insieme, che quanto appariva ragione non compatibile con la fede non era ragione, e quanto appariva fede non era fede, in quanto opposta alla vera razionalità; così egli ha creato una nuova sintesi, che ha formato la cultura dei secoli seguenti.
Per le sue eccellenti doti intellettuali, Tommaso fu richiamato a Parigi come professore di teologia sulla cattedra domenicana. Qui iniziò anche la sua produzione letteraria, che proseguì fino alla morte, e che ha del prodigioso: commenti alla Sacra Scrittura, perché il professore di teologia era soprattutto interprete della Scrittura, commenti agli scritti di Aristotele, opere sistematiche poderose, tra cui eccelle la Summa Theologiae, trattati e discorsi su vari argomenti. Per la composizione dei suoi scritti, era coadiuvato da alcuni segretari, tra i quali il confratello Reginaldo di Piperno, che lo seguì fedelmente e al quale fu legato da fraterna e sincera amicizia, caratterizzata da una grande confidenza e fiducia. È questa una caratteristica dei santi: coltivano l’amicizia, perché essa è una delle manifestazioni più nobili del cuore umano e ha in sé qualche cosa di divino, come Tommaso stesso ha spiegato in alcune quaestiones della Summa Theologiae, in cui scrive: “La carità è l’amicizia dell’uomo con Dio principalmente, e con gli esseri che a Lui appartengono” (II, q. 23, a.1).
 
I Lettura: Tutta la vita di Gesù è contrassegnata da un’obbedienza filiale alla volontà salvifica del Padre. Il suo sacrificio cruento consumato sull’altare della croce è la nuova alleanza che il Padre stabilisce con tutti gli uomini e in questo modo abolisce il primo sacrificio. Gli uomini sono salvati per la generosa obbedienza di Gesù e per mezzo della sua offerta, eterna e inviolabile perché fatta una volta per sempre.
 
Vangelo
Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre.
 
La vera famiglia di Gesù - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): L’accento teologico di questo brano cade sulla comunità cristiana, che costituisce una vera famiglia di fratelli, vincolata dalla volontà del Padre, manifestata dall’insegnamento e dall’opera del suo Inviato. La sequela di Gesù per il regno implica il cammino sulla via della croce, con la rinuncia ad ogni interesse mondano e persino con il distacco dalla famiglia naturale, a imitazione del suo esempio. II dono del regno rappresenta un valore assoluto, al quale va subordinata ogni altra cosa.
 
Dal vangelo secondo Marco
Mc 3,31-35
 
In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.
Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».
Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».
 
Parola del Signore.
 
24. La vera parentela di Gesù (Mt. 12, 46-50; Lc. 8, 19-21) - Vincent Taylor (Marco): Questo apoftegma conserva la parola di Gesù secondo la quale la sua vera parentela è costituita da coloro che compiono la volontà di Dio. L’episodio è a sé stante e di una sobrietà essenziale: vi sono soltanto quei pochi dettagli che inquadrano il detto di Gesù. Dibelius, 63 s, che caratterizza la narrazione come un paradigma, ritiene che originariamente essa terminasse con le parole: « Ecco mia madre i miei fratelli », che il v. 35 sia una addizione posteriore. Bultmann, 29, invece trova l’elemento originario nel v. 35, mentre i vv. 31-34 formerebbero una « scena ideale ». Queste osservazioni non sono basate sul testo; ma quella di Dibelius acquista un interesse particolare se prendiamo in considerazione la storia analoga di Lc. 11, 27s. L’analisi di Bultmann è inutilmente radicale.
La scena è tutt’altro che «ideale »; l’accenno allo sguardo di Gesù su quelli che siedono attorno e le parole pronunciate scaturiscono spontaneamente dalle circostanze brevemente descritte ai vv. 31-33; l’insieme suscita una forte impressione di originalità. Questo episodio compiuto in se stesso sembra essere stato attirato nel gruppo 19b-35 dall’analogia con 21 s. Viene infatti intesa da Marco come una continuazione di quest’ultimo episodio, e serve eccellentemente allo scopo; ma molto tempo prima che egli lo incorporasse nel suo vangelo (o nel complesso dei vv. 19b-35) il racconto circolava e acquistava la sua forma nella tradizione orale. Si tratta di un insieme molto lavorato, dove diversi elementi sono caduti in forza del processo di logorio determinato dall’interesse per il problema della vera parentela di Gesù.
Da questo punto di vista possiamo dare la migliore spiegazione della storia parallela di Lc. 11, 27s: la benedizione della madre di Gesù: « Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte! Ma egli disse: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano! ». Le due narrazioni non sono varianti della stessa storia (Bultmann, 30), perché differiscono in dettagli, idee, vocabolario, In Mc. 3, 31-35 si esprime una valutazione spirituale nuova della parentela; in Lc. 11, 27s un grado più alto di benedizione che non la parentela. La convergenza tra l’idea del compiere la volontà di Dio (Mc. 3, 35) e quella dell’ascoltare e osservare la sua parola (Lc. 11, 28) potrebbe rafforzare l’ipotesi di Dibelius, che vede in Mc. 3, 35 un’aggiunta successiva; ma è anche possibile e, nell’insieme, più probabile, che idee come queste siano state espresse da Gesù liberamente in occasioni diverse. Ambedue le storie si sono forse trovate originariamente nelle raccolte di testimoni oculari, prima di raggiungere l’attuale forma stilizzata.
 
L’oggetto della volontà divina - Salvatore Alberto Panimolle (Volontà in Schede Biliche Pastorali): Cosa vuole Dio nei confronti dell’uomo? Il Signore vuole una sola cosa, la felicità della sua creatura, ossia la sua salvezza perfetta (1Tim 2,3s); egli è infatti il creatore nella cui volontà tutte le cose sussistono (Ap 4,11). Per tale scopo Iddio strappò per mezzo di Gesù i cristiani dal secolo presente (Gal 1,4), predestinandoli mediante il Cristo secondo il beneplacito della sua volontà ad essere suoi figli adottivi (Ef 1,3-6) ed eredi delle promesse celesti (Ef 1,11s.). Il Signore infatti usò misericordia all’uomo peccatore, chiamandolo a conversione (Mt 9,13). Tale salvezza piena viene raggiunta dal credente mediante la santità; Dio perciò vuole la santificazione dei cristiani (1Tess 4,3s), mediante ogni opera virtuosa (1Tess 5,18), operando il bene (1Pt 2,15), armandosi degli stessi sentimenti del Cristo sofferente (1Pt 4,1 s.). Gesù realizza l’azione salvifica del Padre, dando la vita a chi vuole (Gv 5,21); anche la volontà di Gesù ha per oggetto la salvezza eterna dell’uomo, in modo speciale la felicità dei suoi discepoli (Gv 17,24).
Ma per diffondere il messaggio salvifico del Cristo sono indispensabili i missionari, gli apostoli del Cristo, che evangelizzino tutte le genti; Paolo rivendica per sé tale qualità di apostolo e per volontà divina (1Cor 1,1; 2Cor 1,1 ecc.).
Nell’antica Alleanza la volontà del Signore si concretizzava nelle prescrizioni morali ed anche rituali contenute nella Thòrah. Nel nuovo Testamento  però assistiamo ad un superamento di tale posizione: lo Spirito santo rivela prima a Pietro (Atti 10-11), quindi fa capire agli apostoli ed ai presbiteri riuniti in Concilio (Atti 15) che vengono abolite le vecchie distinzioni tra puri ed impuri, tra giudei e gentili; lo Spirito infatti non tenne in nessun conto tali categorie, discendendo sia sugli apostoli (Atti 2) che sugli incirconcisi (Atti 10,44), segno evidente questo che d’ora innanzi ci si salva solo con la fede per la grazia del Signore Gesù (Atti 15,11); quindi la circoncisione e tutte le prescrizioni rituali mosaiche non hanno più alcun valore salvifico.
La conoscenza della volontà divina - Maria, la madre di Gesù, viene presentata da Luca come il modello della perfetta docilità alla volontà divina (Lc 1,38). David è elogiato da Dio stesso per aver adempiuto i voleri divini (Atti 13,22). Paolo si abbandona fiduciosamente alla volontà di Dio perfino nei suoi piani di evangelizzazione (Rom 1,10; 15,32; 1Cor 4,19; Atti 18,21), lasciandosi guidare nei suoi viaggi apostolici dallo Spirito santo (Atti 16,6). Ma in modo tutto speciale Pietro si mostra docile strumento nelle mani di Dio nell’adempiere i suoi sconcertanti disegni di salvezza a favore di tutta l’umanità (Atti 11,17).
Paolo fu predestinato dal Signore a conoscere la sua volontà (Atti 22,14), ossia il suo piano salvifico. Tale volontà, che un tempo si trovava espressa nella legge mosaica (Rom 2,18), i cristiani debbono discernerla nella rivelazione di Gesù, rinnovando la loro mente (Rom 12,2). Perciò l’autore della lettera agli Efesini esorta i suoi destinatari a ben comprendere esistenzialmente con una vita virtuosa la volontà del Signore (Ef 5,17). In realtà Iddio per mezzo di Gesù ha reso partecipi del suo piano di salvezza tutti i credenti (Ef 1,7-10).
La conoscenza di tale volontà divina appare tanto importante che Paolo ne fa oggetto della sua preghiera a favore dei suoi fedeli (Col 1,9).
La pratica della volontà divina - L’atteggiamento del cristiano di fronte a Dio che si rivela per mezzo del suo figlio unigenito deve essere quello di una docilità e di una fiducia cieca alla volontà divina. Tale situazione di fede appare indispensabile per  entrare nel Regno dei cieli (Mt 7,21; Lc 6,46) ed essere esauditi da Dio (Gv 9,31). L’autore della lettera agli Efesini perciò esorta i suoi destinatari a compiere la volontà di Dio con il cuore (Ef 6,6).
L’esecuzione della volontà di Dio appare di estrema importanza nella vita del discepolo, perché per mezzo di essa si diventa fratello, sorella e madre del Cristo (Mc 3,33ss.; Mt 12,48 ss.; Lc 8,20 s.), inoltre si conosce il vero e profondo valore divino della dottrina di Gesù (Gv 7,16s.) e si rimane in eterno (1Gv 2,17). Perciò i primi discepoli fanno oggetto delle loro preghiere la pratica fedele della volontà divina (Col 4,12; Ebr 13,20s.), affinchè perseverino tutta la vita ad adempiere la volontà di Dio per raggiungere la promessa (Ebr 10,36).
Data la resistenza umana e l’opposizione dell’orgoglio, il discepolo deve pregare che la volontà di Dio si compia sempre anche in terra (Mt 6,9s.); deve inoltre pregare ed augurare per i propri fratelli che la volontà di Dio si compia in loro, come fecero i cristiani di Cesarea nei confronti di Paolo (Atti 21,14). Il castigo per coloro che non adempiono la volontà di Dio è sicuro anche se proporzionato alle responsabilità personali (Lc 12,47s.). Non tutti gli uomini infatti vogliono conoscere ed eseguire la volontà divina, ossia il suo piano di salvezza; in modo particolare i farisei ed i dottori della legge hanno frustrato tale disegno salvifico (Lc 7,30)
 
Alessandro Pronzato: Parenti di Gesù sono quelli che avanzano dei diritti su di lui, una specie di monopolio-tutela. E considerano coloro che «stanno con lui» come abusivi.
Quando Gesù esce fuori, verso gli altri, i cosiddetti «suoi» si affrettano a riprenderselo, perché senza di lui non si sentono sicuri. Hanno bisogno di lui per dare una patente di onorabilità alla casa. Cristo non può non essere con loro. Anche se loro sono lontanissimi da lui.
Peggio dei nemici sono coloro che pretendono «annettersi» Cristo.
E non vogliono lasciarlo a gente che si è legata a lui col verbo «fare».
Eppure tutta la vita di Gesù si è svolta «fuori». Nasce «fuori» dal suo paese, addirittura dalla casa. Si lascia trovare dai magi, gente venuta da «fuori». Va in esilio «fuori» dalla sua patria. E anche a morire andrà « fuori» dalla città. E quando qualcuno è sicuro di trovarlo nel sepolcro, dove l’hanno «posto» (Gv 20, 15), lui è già fuori, altrove.
Senza voler forzare troppo le cose, possiamo dire che è più facile dire dove non lo troviamo, che dove possiamo trovarlo.
Ecco, non lo troviamo sicuramente dove ci aspetteremmo che fosse. Non lo troviamo, soprattutto, dove pretendiamo metterlo noi.
 Così pure occorre stare attenti a non decidere troppo frettolosamente chi è «dentro» e chi è «fuori ». Dentro e fuori, sovente, sono categorie che vengono fissate in base a luoghi che abbiamo costruito noi. Ma le cose non sono così semplici e comode.
Soltanto dopo aver accertato dove è lui è possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori.
 
Chi fa la volontà di Dio diventa fratello e madre del Signore - Gregorio Magno, Hom. in Ev., 3, 2: Non costituisce meraviglia che colui che fa la volontà del Padre sia detto fratello e sorella del Signore; per entrambi i sessi è infatti la chiamata alla fede. La meraviglia cresce piuttosto per il fatto che quegli venga anche detto «madre». Invero, (Gesù) si è degnato di chiamare fratelli i suoi fedeli discepoli, dicendo: "Andate, annunziate ai miei fratelli" (Mt 28,10). Ora però è il caso di chiedersi: Come può diventare sua madre chi, venendo alla fede, ha potuto divenire fratello del Signore? Quanto a noi, dobbiamo sapere che chi si fa nella fede fratello e sorella di Cristo, diventa sua madre nella predicazione. Quasi partorisce il Signore, chi lo ha infuso nel cuore dell’ascoltatore. E si fa sua madre, se attraverso la di lui voce l’amore di Dio viene generato nella mente del prossimo.
 
Il Santo del Giorno - 28 Gennaio 2025 - San Tommaso d’Aquino - Cerchiamo Dio ma è lui che alla fine trova noi: Cerchiamo Dio in migliaia di modi, cerchiamo lui in tutto ciò che circonda, ma alla fine, anche se alle volte non sappiamo nemmeno di cercarlo, è lui che ci trova e ci avvolge nel suo infinito amore. Questa fu l’esperienza anche di uno dei pilastri del pensiero cristiano occidentale, san Tommaso d’Aquino. L’autore della «Summa Theologiae» dedicò l’intera esistenza a costruire un pensiero su Dio, fino a quando, davanti all’Eucaristia la mattina del 6 dicembre 1273 nella cappella di San Nicola nel castello di Sanseverino, ebbe una visione che cambiò tutto. Dopo quel momento, che non fu l’unica sua esperienza mistica, infatti, il “dottore angelico” non scrisse più nulla, reputando “come paglia” tutto il lavoro svolto fino ad allora. L’autore di inni eucaristici come «Pange lingua» o «Adoro te devote», era nato nel 1224 a Roccasecca (Frosinone); entrato tra i Domenicani a Montecassino, si formò presso le scuole teologiche europee più importanti del suo tempo, avviando un’enorme opera di sintesi tra l’eredità di Aristotele e la tradizione cristiana. Tra il 1248 e il 1252 fu discepolo di sant’Alberto Magno a Colonia. A Parigi cominciò anche l’impegno dell’insegnamento che dal 1259 continuò in Italia. Morì a Fossanova nel 1274. Santo dal 1323, nel 1567 fu proclamato dottore della Chiesa. (Avvenire)
 
O Signore, che ci hai nutriti di Cristo, pane vivo,
nella memoria di san Tommaso [d’Aquino],
formaci alla scuola del Vangelo,
perché conosciamo la tua verità
e la viviamo nella carità fraterna.
Per Cristo nostro Signore.
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