24 Aprile 2024
 
MERCOLEDÌ DELLA IV SETTIMANA DI PASQUA
 
At 12,24-13,5; Salmo Responsoriale dal Sal 66 (67); Gv 12, 44-50
 
Colletta
O Dio, vita dei tuoi fedeli,
gloria degli umili, beatitudine dei giusti,
ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo,
perché coloro che hanno sete dei beni da te promessi
siano sempre ricolmati dell’abbondanza dei tuoi doni.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
 
Ha chi lo condanna: Catechismo della Chiesa Cattolica 679: Cristo è Signore della vita eterna. Il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in quanto Redentore del mondo. Egli ha “acquisito” questo diritto con la sua croce. Anche il Padre “ha rimesso ogni giudizio al Figlio” (Gv 5,22). Ora, il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare e per donare la vita che è in lui. È per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso, riceve secondo le sue opere e può anche condannarsi per l’eternità rifiutando lo Spirito d’amore.
Il Giudizio finale: Catechismo della Chiesa Cattolica 1038 La risurrezione di tutti i morti, “dei giusti e degli ingiusti” (At 24,15), precederà il Giudizio finale. Sarà “l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell’Uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Gv 5,28-29). Allora Cristo “verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli. . . E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra… E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna” ( Mt 25,31.32.46).
1039 Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio. Il Giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena.
1041 II messaggio del giudizio finale chiama alla conversione fin tanto che Dio dona agli uomini «il momento favorevole, il giorno della salvezza» (2Cor 6,2). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del regno di Dio. Annunzia la «beata speranza» (Tt 2,13) del ritorno del Signore il quale «verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto» (2 Ts l,10).
 
I Lettura: Inizia l’avventura di Paolo come apostolo e banditore del Vangelo di Cristo. Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera per la quale li ho chiamati, questo significa che l’iniziativa risale a Dio, ma anche alla Chiesa, infatti il mandato apostolico è bene espresso dalle imposizioni delle mani.
 
Vangelo
Io sono venuto nel mondo come luce.
 
Il dodicesimo capitolo del vangelo di Giovanni termina con l’ultimo discorso di Gesù sulla sua identità e il suo rapporto con il Padre. Tra il Padre e Gesù il legame è così profondo che vedere Gesù è vedere il Padre, e chi crede in Gesù crede in colui che lo ha mandato. Gesù è venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in lui non rimanga nelle tenebre: in questa ottica si comprende allora la radicalità del giudizio, il rifiuto di Gesù è un rigetto di Dio stesso, il rifiuto di Gesù è un precipitare nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti (Mt 22,13; 25,30).
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 12, 44-50
 
In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
 
Parola del Signore.
 
Il tema della luce è molto caro alla sacra Scrittura. L’essere di Dio è luce, in contrasto con l’essere umano che è tenebra. La Parola, l’insegnamento sono luce (cfr. Sal 119,5; Pr 6,23). Possiamo ricordare ancora l’invito rivolto a Israele: «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). In Is 42,6 e 49,6 Israele è chiamato «luce delle nazioni». Nel giudaismo l’immagine della luce «veniva riferita volentieri alla Legge o al Tempio, come anche ad eminenti personalità religiose. Qui si vuole insinuare che questa prerogativa passa al nuovo popolo di Dio» (Angelo Lancillotti). Per i cristiani convertirsi dalle tenebre alla luce (Atti 26,18) per credere alla luce (Gv 12,36) è un imperativo improrogabile, così è un impegno fruttuoso quello di far risplendere la propria luce davanti agli uomini, perché vedano le loro opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli. Essere luce della terra, ovvero camminare come figli della luce (Ef 5,9), è un servizio di alto valore costruttivo, rivolto a tutto il consorzio umano unicamente per la gloria Dio e non per amore di trionfalismo o per accaparrarsi i primi posti nella Chiesa e in mezzo agli uomini. Se vogliamo fare un inventario del come essere luce del mondo, possiamo dire che si è luce quando si spezza il pane con l’affamato;  quando si apre la casa e il cuore ai senza tetto, ai bisognosi, ai miseri; quando tra le pareti della propria casa domestica si è facitori di pace, di comunione; quando il cuore si apre alla grazia; quando si smette di tranciare giudizi, di condannare, di pettegolare, di ordire trame, di impastare la vita con la menzogna, la disonestà; quando si smette di parlare sporco, di usare parole equivoche, quando si smette di essere abili nel dire e nel non dire, nel dire sì e pensare no; quando si è onesti nell’andare al cuore del messaggio evangelico: “Gesù Cristo, e questi crocifisso”; quando si fonda la fede non “sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Sono praticamente le buone opere che devono essere viste dagli uomini e che illuminano il mondo.
 
Io sono venuto nel mondo come luce - Cristo luce del mondo - André Feuillet e Pierre Grelot: 1. Compimento della promessa. - Nel NT la luce escatologica promessa dai profeti è diventata realtà: quando Gesù incomincia a predicare in Galilea, si compie l’oracolo di Is 9,1 (Mt 4,16). Quando risorge secondo le profezie, si è per «annunziare la luce al popolo ed alle nazioni pagane» (Atti 26,23).
Perciò i cantici conservati da Luca salutano in lui sin dall’infanzia il sole nascente che deve illuminare coloro che stanno nelle tenebre (Lc 1,78 s; cfr. Mal 3,20; Is 9,1; 42,7), la luce che deve illuminare le nazioni (Lc 2,32; cfr. Is 42,6; 49,6). La vocazione di Paolo, annunziatore del vangelo ai pagani, si inserirà nella linea degli stessi testi profetici (Atti 13,47; 26, 18).
2. Cristo rivelato come luce. - Tuttavia vediamo che Gesù si rivela come luce del mondo soprattutto con i suoi atti e le sue parole.
Le guarigioni di ciechi (cfr. Mc 8,22-26) hanno in proposito un significato particolare, come sottolinea Giovanni riferendo l’episodio del cieco nato (Gv 9). Gesù allora dichiara: «Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo» (9,5). Altrove commenta: «Chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (8, 12); «Io, la luce, sono venuto nel mondo affinché chiunque crede in me non cammini nelle tenebre» (12,46). La sua azione illuminatrice deriva da ciò che egli è in se stesso: la parola stessa di Dio, vita e luce degli uomini, luce vera che illumina ogni uomo venendo in questo mondo (1,4.9). Quindi il dramma che si intreccia attorno a lui è un affrontarsi della luce e delle tenebre: la luce brilla nelle tenebre (1,4), ed il mondo malvagio si sforza di spegnerla, perché gli uomini preferiscono le tenebre alla luce quando le loro opere sono malvagie (3,19). Infine, al momento della passione, quando Giuda esce dal cenacolo per tradire Gesù, Giovanni nota intenzionalmente: «Era notte» (13,30); e Gesù, al momento del suo arresto, dichiara: «È l’ora vostra, ed il potere delle tenebre» (Lc 22,53).
3. Cristo trasfigurato. - Finché Gesù visse quaggiù, la luce divina che egli portava in sé rimase velata sotto l’umiltà della carne. C’è tuttavia una circostanza in cui essa divenne percepibile a testimoni privilegiati, in una visione eccezionale: la trasfigurazione.
Quel volto risplendente, quelle vesti abbaglianti come la luce (Mr 17,2 par.), non appartengono più alla condizione mortale degli uomini: sono un’anticipazione dello stato di Cristo risorto, che apparirà a Paolo in una luce radiosa (Atti 9,3; 22,6; 26,13); provengono dal simbolismo proprio delle teofanie del VT. Di fatto la luce che risplendette sulla faccia di Cristo è quella della gloria di Dio stesso (cfr. 2Cor 4,6): in qualità di Figlio di Dio egli è «lo splendore della sua gloria» (Ebr 1,3). Così, attraverso Cristo-luce, si rivela qualcosa della essenza divina. Non soltanto Dio «dimora in una luce inaccessibile» (1Tim 6,16); non soltanto lo si può chiamare «il Padre degli astri» (Giac 1,5), ma, come spiega S. Giovanni, «egli stesso è luce, ed in lui non ci sono tenebre» (1Gv 1,5). Per questo tutto ciò che è luce proviene da lui, dalla creazione della luce fisica nel primo giorno (cfr. Gv l, 4) fino alla illuminazione dei nostri cuori ad opera della luce di Cristo (2 Cor 4,6). E tutto ciò che rimane estraneo a questa luce appartiene al dominio delle tenebre: tenebre della notre, tenebre dello sheol e della morte, tenebre di Satana.
 
Tommaso d’Aquino: In Jo. ev. exp ., XII: Chi crede in Me, non crede in Me, ma in Colui che mi ha inviato: frase questa che sembra contraddittoria, perché dice: Chi crede in Me, non crede in Me. Per comprenderla bisogna notare, con Agostino, che il Signore disse così per distinguere in se stesso la natura divina dalla natura umana. Poiché oggetto della fede è Dio, noi possiamo credere nell’esistenza di una creatura, però non dobbiamo credere nella creatura, ma solo in Dio. Ora, in Gesù Cristo c’era una natura creata e una natura increata. Quindi la verità della fede esige che la nostra fede tenda a Cristo quanto alla sua natura increata; e per questo egli afferma: Chi crede in Me, ossia nella mia Persona, non crede in Me in quanto uomo, ma in Colui che mi ha inviato, cioè crede in Me in quanto Inviato dal Padre. Analogamente sopra (Gv. 7,16) aveva detto: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha inviato.
 
Il Santo del giorno - 24 Aprile 2023 - San Benedetto Menni, Sacerdote - Benedetto Menni al secolo Angelo Ercole è stato il restauratore dell’ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio (Fatebenefratelli) in Spagna, nonché il fondatore nel 1881 delle Suore ospedaliere del Sacro Cuore, particolarmente dedite all’assistenza dei malati psichiatrici. Nato nel 1841, lasciò il posto in banca per dedicarsi, come barelliere, ai feriti della battaglia di Magenta. Entrato tra i Fatebenefratelli, fu inviato a soli 26 anni in Spagna con l’improbo compito di far rinascere l’Ordine, che era stato soppresso. Ci riuscì tra mille difficoltà – tra cui un processo per presunti abusi a una malata di mente, concluso con la condanna dei calunniatori – e in 19 anni da provinciale fondò 15 opere.
Su suo impulso la famiglia religiosa rinacque anche in Portogallo e Messico. Fu poi visitatore apostolico dell’Ordine e anche superiore generale. Morì a Dinan in Francia nel 1914, ma riposa a Ciempozuelos, nella sua Spagna. È santo dal 1999. (Avvenire)
 
O Dio, salvezza eterna di chi crede in te,
fa’ che, confortati da questo sacramento pasquale,
giungiamo senza timore alla luce della tua casa.
Per Cristo nostro Signore.