2 Aprile 2020

Gen 17,3-9; Sal 104 (105); Gv 8,51-59

Colletta: Assisti e proteggi sempre, Padre buono, questa tua famiglia che ha posto in te ogni speranza, perché liberata dalla corruzione del peccato resti fedele all’impegno del Battesimo, e ottenga in premio l’eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Catechismo Tridentino (Art. II n. 40): Gesù Cristo è nostro Signore secondo le due nature - NOSTRO SIGNORE. Le sacre Scritture attribuiscono al Salvatore molteplici qualità, di cui alcune chiaramente gli spettano come Dio, altre come uomo, avendo Egli in sé, con la duplice natura, le proprietà rispettive. Rettamente dunque dicevamo che Gesù Cristo, per la sua natura divina, è onnipotente, eterno, immenso; mentre per la sua natura umana, diciamo che ha patito, è morto, è risorto. Ma, oltre questi, altri attributi convengono a entrambe le nature, come quando, in questo articolo, lo diciamo nostro Signore; a buon diritto del resto, potendosi riferire tale qualifica all’una e all’altra natura.
Infatti egli è Dio eterno come il Padre; cosi pure è Signore di tutte le cose quanto il Padre. E come egli e il Padre non sono due distinti Dei, ma assolutamente lo stesso Dio, cosi non sono due Signori distinti. Ma anche come uomo, per molte ragioni è chiamato Signore nostro. Innanzi tutto perché fu nostro Redentore e ci libero dai nostri peccati, giustamente ricevette la potestà di essere vero nostro Signore e meritarne il nome. Insegna infatti l’Apostolo: Si umiliò, fattosi ubbidiente fino alla morte e morte di croce; per cui Dio lo ha esaltato, conferendogli un nome, che è sopra ogni altro, onde al nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, in cielo, in terra, nell’inferno; e ogni lingua proclami che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre (Fil 2,8-11). Egli stesso disse di sé dopo la risurrezione: Mi è stato conferito ogni potere in cielo e sulla terra (Mt 28,18). Inoltre è chiamato Signore per aver riunito in una sola Persona due nature, la divina e l’umana. Per questa mirabile unione merito, anche senza morire per noi, d’essere costituito quale Signore, sovrano di tutte le creature in genere, e specialmente dei fedeli che gli obbediscono e lo servono con intimo affetto.

Dal Vangelo secondo Giovanni 8,51-59: In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno’’. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: ‘“È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

La disputa tra Gesù e i Giudei non ha sbocchi positivi. Gesù afferma di essere Dio, prima che Abramo fosse, Io Sono, e i Giudei lo vogliono lapidare come bestemmiatore. Gesù si nasconde ed esce dal Tempio perché la sua ora non è ancora giunta, quando scoccherà sul quadrante della salvezza si consegnerà spontaneamente ai suoi carnefici per la salvezza del mondo.

Un’alleanza e una parola di vita -  Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): La prima lettura ricorda l’alleanza di Dio con il nomade solitario Abramo, secondo la versione sacerdotale che è la più tardiva (VI secolo a.C.) delle quattro tradizioni bibliche che confluirono nella redazione dei cinque libri del Pentateuco. Quando nell’esilio babilonese (VI secolo a.C.) la nazione giudaica e l’alleanza sembravano cancellate, i circoli sacerdotali riaffermano l’alleanza eterna di Dio con il suo popolo e con tutta l’umanità nella persona di Abramo, che per essere padre di una moltitudine di popoli dovette credere alla parola di Dio contro ogni speranza.
La figura di Abramo, vista in riferimento a Cristo, ha un ruolo importante nel vangelo di oggi, come in quello di ieri. Gesù, nel quale Dio realizza la nuova e definitiva alleanza con l’umanità, afferma: «Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte». La reazione dei suoi ascoltatori continua a essere negativa perché manca loro la fede e perché capiscono questo «non morire» in senso fisico. Perciò accusano Gesù di essere indemoniato e gli ricordano che Abramo stesso mori, e anche i profeti. «Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?
Gesù, che si confessa ancora una volta Figlio di Dio Padre, finisce il suo discorso affermando nettamente la sua superiorità su Abramo, perché «“prima che Abramo fosse, Io Sono”. Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio». Così termina il capitolo 8 di san Giovanni, nel quale l’evangelista passa in rassegna i discorsi di autodifesa e i richiami di Gesù ai suoi oppositori, come abbiamo visto in questi ultimi giorni. L’ora della morte di Cristo non dipende da chi lo odia, ma è assoggettata alla volontà di Gesù stesso e alla sua libera accettazione del progetto del Padre, che vuole salvare l’uomo peccatore.

Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Con queste parole Gesù si presentò come il «sì›› di Dio alle sue promesse: egli è il preannunciato Messia. Ma la situazione è troppo tesa per essere capito e accolto. Le sue parole continuano a suonare come un assurdo: «Non hai ancora cinquant ‘anni e hai visto Abramo ?» (8,57). La domanda esige una risposta, e Gesù la dà: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, IO SONO» (8,58). Presero le pietre per lapidarlo (8,59). Questa reazione omicida, simile a quelle narrate in 5,18 e 7,30, dice che essi capirono le parole di Gesù non solo come espressione di messianicità, ma come espressione di un’autorità che lo rendeva troppo simile a Dio. I motivi c’erano, e la tradizione cristiana che, nella calma e sotto la guida dello Spirito, riflette e confronta le parole di Gesù con le Scrit-
ture, non può non sentire nell’IO SONO, un eco di Es 3,14: «Io sono colui che sono». Così si rivelò Dio a Mosè, aggiungendo: «Così dirai agli Israeliti: Io sono mi manda a voi››.
Gesù venne dopo Giovarmi, il Battista, ma era prima di Giovanni (1,l5.30). Ora possiamo dire: Venne dopo Abramo, ma era prima di Abramo; e con la tradizione ebraica aggiungere: Prima che esistesse il sole, apparve il suo nome. Gesù, il Messia, fu sempre il Determinante della storia umana, perché «Egli era in principio presso Dio. Egli era Dio» (1,l-2).
Il racconto di Giovanni finisce con una noticina che, dopo la grande rivelazione, ci riporta nel concreto scontro con i dirigenti giudei: presero le pietre per lapidarlo. Ma Gesù riuscì a nascondersi e a uscire dal tempio (8,59). Qui Gesù appare veramente uomo. Non è colui che va impavido verso la morte, che fa l’eroe. Anche lui, come abbiamo già osservato, cerca un riparo, si nasconde, fugge. Non ha forse detto ai suoi discepoli: «Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra››? Anche lui si è comportato così.

Richard Gutzwiller (Meditazioni su Giovanni): Essendo Figlio di Dio, Cristo è più grande di Abramo: «Abramo esultò di gioia al pensiero che avrebbe veduto il mio giorno, lo vide e ne tripudiò». L’alterco termina con una inaudita frase di Gesù: «Prima che Abramo fosse, io sono». Egli è dunque fuori del tempo, perciò era prima di Abramo, anzi non solo era, ma è di continuo: è semplicemente Colui che è.
I Giudei capiscono molto bene quel che Gesù intende dire e cioè che egli è al di sopra dell’essere puro e semplice dei mortali e s’attribuisce un’esistenza divina. Perciò afferrano le pietre per lapidarlo.
Così termina il colloquio che, dalla discussione sulla verità e sulla libertà, si è innalzato sino alla questione dei
figli di Abramo, giungendo da un lato alla filiazione divina e dall’altro alla discendenza diabolica, e quindi, alla vita eterna da una parte ed alla passione omicida dall’altra.
I capi dei Giudei sono schiavi del peccato, perciò non hanno né la verità né la libertà: non sono figli di Abramo, ma del demonio. Di conseguenza non hanno la fede, ma sono pieni di menzogna, di odio e di furia omicida. Gesù invece è il Figlio di Dio e quindi possiede la verità e la libertà; è più grande di Abramo e dona la vita
eterna, perché Figlio del Dio vivente ed eterno.
La progressiva autorivelazione di Gesù provoca dunque un rifiuto sempre più deciso ed aperto, che giunge sino ad un tentativo di lapidazione. Il passo evangelico termina con queste parole: «Gesù si nascose ed uscì dal tempio». Cosi la festa si chiude con una stridente dissonanza: la luce ha brillato tra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta; l’acqua è sgorgata dalla fonte viva del cuore del Signore, ma gli uomini non sono venuti ad attingerla. Gesù voleva portar loro la vita, ma essi vogliono la sua morte. Avrebbero potuto salutarlo giubilando, come la realtà attuata di ciò ch’era solo in tipo nella festa dei Tabernacoli, invece gli tirano dietro sassate, tanto che è costretto a nascondersi e ad uscire dal tempio.
Eppure la manifestazione del Signore non è ancora finita.

Gesù Cristo è il principio e la fine: Paolo VI (Omelia, 29 novembre 1970): Io devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo (Matth. 16,16); Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito d’ogni creatura, è il fondamento d’ogni cosa; Egli è il Maestro dell’umanità, è il Redentore; Egli è nato, è morto, è risorto per noi; Egli è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita; Egli è l’uomo del dolore e della speranza; è Colui che deve venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, noi speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra felicità . Io non finirei più di parlare di Lui: Egli è la luce, è la verità, anzi: Egli è «la via, la verità e la vita» (Io. 14,6); Egli è il Pane, la fonte d’acqua viva per la nostra fame e per la nostra sete; Egli è il Pastore, la nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, Egli è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore, disgraziato e paziente. Per noi, Egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha fondato un regno nuovo, dove i poveri sono beati, dove la pace è principio di convivenza, dove i puri di cuore ed i piangenti sono esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati, dove i peccatori possono essere perdonati, dove tutti sono fratelli. Gesù Cristo: voi ne avete sentito parlare; anzi voi, la maggior parte certamente, siete già suoi, siete cristiani. Ebbene, a voi cristiani io ripeto il suo nome, a tutti io lo annuncio: Gesù Cristo è il principio e la fine; l’alfa e l’omega; Egli è il Re del nuovo mondo; Egli è il segreto della storia; Egli è la chiave dei nostri destini; Egli è il mediatore, il ponte, fra la terra e il cielo; Egli è per antonomasia il Figlio dell’uomo, perché Egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito; è il Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, e madre nostra nella partecipazione allo Spirito del Corpo mistico. Gesù Cristo! Ricordate: questo è il nostro perenne annuncio, è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra (cfr. Rom. 10,18), e per tutta la fila dei secoli (Rom. 9,5). Ricordate e meditate: il Papa è venuto qua fra voi, e ha gridato: Gesù Cristo! 

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». (Vangelo)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Padre misericordioso, il pane eucaristico,
che ci fa tuoi commensali in questo mondo,
ci ottenga la perfetta comunione con te nella vita eterna.
Per Cristo nostro Signore.