31 Marzo 2020
Martedì della V Settimana di Quaresima
Nm 21,4-9; Sal 101; Gv 8,21-30
Colletta: Il tuo aiuto, Dio onnipotente, ci renda perseveranti nel tuo servizio, perché anche nel nostro tempo la tua Chiesa si accresca di nuovi membri e si rinnovi sempre nello spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna: Evangelium vitae 50: Guardando «lo spettacolo» della Croce (cfr. Lc 23,48), potremo scoprire in questo albero glorioso il compimento e la rivelazione piena di tutto il Vangelo della vita. Nelle prime ore del pomeriggio del venerdì santo, «il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra... Il velo del tempio si squarciò nel mezzo» (Lc 23,44.45). È il simbolo di un grande sconvolgimento cosmico e di una immane lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la vita e la morte. Noi pure, oggi, ci troviamo nel mezzo di una lotta drammatica tra la «cultura della morte» e la «cultura della vita». Ma da questa oscurità lo splendore della Croce non viene sommerso; essa, anzi, si staglia ancora più nitida e luminosa e si rivela come il centro, il senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana. Gesù è inchiodato sulla Croce e viene innalzato da terra. Vive il momento della sua massima «impotenza» e la sua vita sembra totalmente consegnata agli scherni dei suoi avversari e alle mani dei suoi uccisori: viene beffeggiato, deriso, oltraggiato (cf. Mc 15,24-36). Eppure, proprio di fronte a tutto ciò e «vistolo spirare in quel modo», il centurione romano esclama: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39). Si rivela così, nel momento della sua estrema debolezza, l’identità del Figlio di Dio: sulla Croce si manifesta la sua gloria! Con la sua morte, Gesù illumina il senso della vita e della morte di ogni essere umano. Prima di morire, Gesù prega il Padre invocando il perdono per i suoi persecutori (cf. Lc 23,34) e al malfattore, che gli chiede di ricordarsi di lui nel suo regno, risponde: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43). Dopo la sua morte «i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono» (Mt 27,52). La salvezza operata da Gesù è donazione di vita e di risurrezione. Lungo la sua esistenza, Gesù aveva donato salvezza anche sanando e beneficando tutti (cfr. At 10,38). Ma i miracoli, le guarigioni e le stesse risuscitazioni erano segno di un’altra salvezza, consistente nel perdono dei peccati, ossia nella liberazione dell’uomo dalla malattia più profonda, e nella sua elevazione alla vita stessa di Dio.
Dal Vangelo secondo Giovanni 8,21-30: In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.
Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): La lettura dal libro dei Numeri ricorda il popolo d’Israele, tormentato dalla scarsezza di acqua e di cibo mentre attraversava il deserto. Questa penuria suscita lamentele contro Dio e contro Mosè. Allora Dio, per punizione, fa apparire dei serpenti velenosi il cui morso è fatale per molti. Il popolo riconosce di aver peccato e prega Mosè di intercedere presso il Signore. La risposta di Dio è il perdono, segno del quale è il serpente di rame che Mosè per ordine del Signore colloca su un’asta. Chi era morso dai serpenti, guardandolo, guariva.
Grossolano rito magico? No, segno iniziale della salvezza di Dio per chi sa guardare con fede, cercando la sua grazia e il suo perdono, come è detto nel libro della Sapienza (16,6s).
Tuttavia, nel secondo libro dei Re, quando si parla della riforma religiosa del pio Ezechia (716-687 a.C.), leggiamo: «Egli eliminò le alture e frantumò le stele, abbatté il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, eretto da Mosè; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano incenso e lo chiamavano Necustan» (18,4).
Questo fatto ci mostra tracce del culto idolatrico al dio della salute, molto diffuso in tutto il Medio Oriente da tempi remotissimi. Anche i greci rendevano culto al dio della medicina, Esculapio o Asclepio, il cui emblema era il caduceo o bastone circondato da due serpenti, e al cui oracolo e santuario di Epidauro, nell’Argolide, accorrevano malati da tutta la Grecia. Intorno ai suoi «miracoli» nacque una leggenda molto conosciuta.
Nel vangelo di Giovanni si mette direttamente in relazione il segno del serpente di rame con la croce di Cristo, mediatore più insigne di Mosè. «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (3,14s).
La dipartita di Gesù - Felipe F. Ramos: Ritroviamo il tema dell’incomprensione: una nuova controversia nella quale ciascuna delle parti contendenti si attesta su un terreno diverso. Un’ottica puramente umana di Gesù fa sì che il suo linguaggio risulti incomprensibile e scandaloso. Gesù parla della sua dipartita, e lo fa per la seconda volta. In un primo tempo avevano intuito che sarebbe andato «all’estero», fuori della Palestina (7,35). Questa volta, pensano che voglia uccidersi. Nei due casi si tratta d’una incomprensione totale, incomprensione inevitabile finché non si conoscono la vera origine e il destino di Gesù.
Origine e destino di Gesù, realtà misteriosa, difficile da sondare. L’evangelista la descrive ricorrendo nuovamente a categorie spaziali: «di lassù - di quaggiù». E queste categorie spaziali non corrispondono alla forma mentis dei giudei. Essi esprimevano queste realtà con categorie temporali: il mondo o l’era presente e il mondo o l’era futura. Quello che essi attendevano per il futuro - espresso nel quarto vangelo con la categoria spaziale «di lassù» - è già avvenuto, è una realtà presente sebbene essi non lo credano, perché non ne hanno esperienza. E non hanno questa esperienza, perché non appartengono al mondo di lassù, a quello di Dio, ma a quello di quaggiù, a quello degli uomini. Il loro atteggiamento d’incredulità li esclude da questo mondo di lassù. Per il loro razionalismo religioso continuano ad appartenere al mondo di quaggiù, dove la morte continua ad avere piena giurisdizione.
Tu chi sei? È l’eterna domanda di chi si trova con Gesù. Chi dicono gli uomini che sia il Figlio dell’uomo? Le risposte date dall’uomo sono state molteplici e logiche almeno fino a un certo punto. Ma la domanda, così come è formulata, manca completamente di senso semplicemente perché Gesù si è già presentato. Egli è di lassù,
viene da Dio, è la luce, il pane della vita... La vera presentazione di Gesù può avvenire solo in questi termini o in altri simili. Chi non accetta questa presentazione che Gesù fa di sé, come facevano i giudei, si chiude completamente alla comprensione del mistero implicito nella persona di Gesù. Per questo, Gesù risponde: «Proprio ciò che vi dico».
Il peccato dei giudei consiste nel non credere. Morirete nei vostri peccati, perché non credete che «Io sono»: frase enimmatica e straordinariamente frequente nel quarto vangelo. Che significa e di dove viene?
a) In molti passi della letteratura antica, è usata dagli dèi, per esempio, dalla dea Iside, per descrivere le proprie virtù e i propri attributi: «Io sono la bontà...».
b) La frase compare nell’AT per presentare la maestà e la personalità del Dio unico (Es 3,14; ls 51,12) ed è messa anche in unione con la sapienza.
c) Questa formula caratteristica di Giovanni ha un punto di riferimento in altre espressioni che troviamo nei sinottici: Io sono venuto... Io dico... Il regno dei cieli è… Giovanni formula e raccoglie in questa frase tutti i possibili significati di Gesù.
La frase più vicina dell’AT e più atta a chiarire la nostra si trova in Is 43,11: «Io, io sono il Signore; fuori di me. non vi è salvatore». Il verbo «essere» nella prima persona singolare «sono» dev’essere inteso qui in senso stretto. Indica qualcosa o qualcuno che non ha principio, né fine. Quindi è collocato al livello di Dio, di colui che attendevano per il futuro e che è già presente in mezzo a loro.
Gesù continua a parlare dell”unità del Padre e del Figlio. Il Padre ha inviato il Figlio. E parla anche dell’impossibilità di comprenderlo da parte dei giudei. Lo conosceranno quando innalzeranno il Figlio dell’uomo. Quando questo avverrà, Gesù apparirà come il ponte fra i due mondi: quello di quaggiù e quello di lassù. In questo modo, si potrà vedere o almeno intuire che Gesù appartiene ai due mondi.
In conseguenza di queste parole, molti credettero in lui; ma la debolezza e l’insufficienza della loro fede si sarebbero rivelate assai presto.
Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo; accenno velato alla crocifissione ed alla glorificazione di Cristo secondo il linguaggio del quarto evangelista (cf. Giov., 3,14; 12,32, 34). Allora conoscerete che io sono; le parole richiamalo quelle usate dai profeti a conclusione degli oracoli di minaccia pronunziati contro il popolo infedele (cf. Esodo 10,2; Ezechiele, 6,7, 10,13,14; 7,4,9,27; 11,10; 12,16,20 ecc.). L’«elevazione» («Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo») di Cristo sulla croce, alla quale seguirà la glorificazione di lui, darà ai giudei increduli la risposta esatta alla loro precedente domanda («Chi sei tu?», vers. 25) e suggellerà la loro condanna (cf. Giov., 19,37; Apocalisse, 1,7; Mt., 26,64 e testi paralleli). Non faccio nulla da me; con questa dichiarazione il Maestro mette in evidenza la sua intima unione e la continua dipendenza dal Padre. Dico ciò che il Padre mi ha insegnato, cf. vers. 40.
In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità - Ad gentes 3: Cristo Gesù fu inviato nel mondo quale autentico mediatore tra Dio e gli uomini. Poiché è Dio, in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9); nella natura umana, invece, egli è il nuovo Adamo, è riempito di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14) ed è costituito capo dell’umanità nuova. Pertanto il Figlio di Dio ha percorso la via di una reale incarnazione per rendere gli uomini partecipi della natura divina; per noi egli si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà. Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto dei molti, cioè di tutti. I santi Padri affermano costantemente che non fu redento quel che da Cristo non fu assunto. Ora egli assunse la natura umana completa, quale essa esiste in noi, infelici e poveri, ma una natura che in lui è senza peccato. Di se stesso infatti il Cristo, dal Padre consacrato ed inviato nel mondo (cfr. Gv 10,36), affermò: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha consacrato con la sua unzione, mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito, ad annunziare ai prigionieri la libertà ed a restituire ai ciechi la vista» (Lc 4,18); ed ancora: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare quello che era perduto» (Lc 19,10).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono» (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Dio grande e misericordioso,
l’assidua partecipazione ai tuoi misteri
ci avvicini sempre più a te, che sei l’unico e vero bene.
Per Cristo nostro Signore.
l’assidua partecipazione ai tuoi misteri
ci avvicini sempre più a te, che sei l’unico e vero bene.
Per Cristo nostro Signore.